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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 99 (Suppl.), December 2005

 

 

L’accoglienza dei circensi e dei fieranti

da parte delle comunità cattoliche

 

 

S.E. Mons.Lino Bortolo BELOTTI

Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni

Conferenza Episcopale Italiana

 

 

Premessa

Il tema assegnatomi dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti per questo VII Congresso Internazionale è “l’accoglienza dei circensi e dei fieranti da parte delle comunità cattoliche”.

È quindi dell’accoglienza che devo parlare e delle caratteristiche che deve assumere una comunità cattolica, la Chiesa locale, la parrocchia, nei confronti di un popolo che gira continuamente per le vie del mondo e sosta nelle nostre piazze di paesi e città per offrire a piccoli e grandi il loro sano divertimento.

“Accoglienza”, secondo il dizionario della lingua italiana, è propriamente l’atto di ricevere un visitatore o un ospite e l’atteggiamento o il comportamento, generalmente cortese, assunto in quell’occasione, rivolto a mettere l’ospite a proprio agio e a fargli sentire gradita la sua presenza.

Nella Sacra Scrittura, Antico e Nuovo Testamento, troviamo che “l’accogliere l’ospite” diventa addirittura un obbligo, infatti l’ospite è considerato sacro, perché identificato con Dio stesso. Gesù in Mt 10,40 dice: “Chi accoglie voi, accoglie me, e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato” e ancora in Mt 18,5; Mc 9,37 e 9,41; Lc 9,48 e 10,16 identificandosi o con i fanciulli o con i poveri o con l’ospite sottolinea sempre l’importanza dell’accoglienza.

Ma non tocca a me parlare della “Sacralità dell’accoglienza della Bibbia”, tema già trattato dal biblista Mons. Bruno Maggioni.

Mi concedo solo di commentare brevemente Paolo al cap. 15 della sua Lettera ai Romani in cui il dovere dell’accoglienza ci viene presentato nei suoi tratti più salienti, che qui ricordo aggettivandola. Sia dunque l’accoglienza cristiana e profonda, che parte dal cuore (Dio… vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Gesù Cristo: v. 5); sia generosa e gratuita, non interessata e possessiva (Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso… si è fatto servitore: v. 3 e 8); sia benefica ed edificante (Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo: v. 2); sia attenta ai più deboli (Noi che siamo i forti abbiamo il dovere di sopportare l’infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi: v. 1).

Il tutto lo possiamo riassumere in uno slogan: “Accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio” (Rom 15,7). 

Sviluppo del tema: “Accoglienza dei circensi e dei fieranti da parte delle comunità cattoliche”

L’Istruzione di codesto Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, di quest’anno 2004, “Erga migrantes caritas Christi” (La carità di Cristo verso i migranti) al n. 39 parla di vera e propria “cultura dell’accoglienza” (cfr. EEu - Ecclesia in Europa di Giovanni Paolo II - n. 101 e 103) di cui i cristiani devono essere i promotori; una cultura dell'accoglienza cioè che sappia apprezzare i valori autenticamente umani degli altri, al di sopra di tutte le difficoltà che comporta la convivenza con chi è diverso da noi (cfr. EEu 85, 112, e PaG - Pastores Gregis di Giovanni Paolo II - n. 65).

La nota pastorale dei Vescovi italiani “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia,” approvata nel corso della LIII Assemblea Generale del maggio 2004, afferma che le “Parrocchie devono continuare ad assicurare la dimensione popolare della Chiesa, rinnovandone il legame con il territorio nelle sue concrete e molteplici dimensioni sociali e culturali: c’è bisogno di parrocchie che siano case aperte a tutti, si prendano cura dei poveri, collaborino con gli altri soggetti sociali e con le istituzioni, promuovano cultura in questo momento della comunicazione”.

E continua: “Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle persone, anche di passaggio, soprattutto degli adulti, da raggiungere nelle dimensioni degli affetti, del lavoro, del riposo; occorre in particolare riconoscere il ruolo germinale che per la società e per la comunità cristiana hanno le famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimonio, nell’attesa dei figli, nella responsabilità educativa, nei momenti di sofferenza”.

La stessa attenzione è rivolta anche ai circensi e lunaparchisti: questi infatti, pur vivendo il disagio della continua separazione da un contesto sociale e culturale, sono, pur nel breve periodo di permanenza, membri della comunità cristiana. “Per questo è importante educare le nostre comunità stanziali ad assumere anche nei loro confronti questi atteggiamenti e quei rapporti di vita che sono chiesti da Gesù alla sua Chiesa. La presenza di circensi e lunaparchisti è dunque un forte richiamo a tutte le Chiese locali affinché superino tentazioni e insidie in contrasto con il Vangelo”. Così si esprimeva Sua Eminenza il Card. Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze, allora Segretario Generale della CEI, in data 3 luglio 1998 nel suo messaggio ai convegnisti di Collevalenza (PG).

Quanto sottolineato dal Card. Antonelli fa eco ai documenti pontifici e agli interventi della Chiesa italiana, che riguardano i migranti in genere, compresi i circensi e fieranti, che costituiscono uno dei cinque settori della mobilità umana. 

Documenti pontifici e conseguenti applicazioni pratiche al mondo dei circensi e lunaparchisti

a) “Il diritto dei fedeli alla libera integrazione ecclesiale” (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante 1986).

Viene ripresentato il principio fondamentale della pastorale migratoria: il diritto del migrante alla conservazione della propria identità anche nell’espressione della propria fede e la progressiva integrazione nelle strutture anche territoriali della Chiesa locale.

Quello dei lunaparchisti ed in modo particolare quello dei circensi è un mondo interculturale, interconfessionale, interrazziale e nelle soste più o meno lunghe in una parrocchia deve essere atteso dalle comunità ospitanti con il dovuto rispetto che merita.

b) “Sia rispettata ogni persona e siano bandite le discriminazioni che umiliano la dignità delle persone umane” (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante 1998).

La comunità cristiana fa dell’attenzione verso i migranti una delle sue priorità pastorali, andando, se necessario, anche contro corrente e mettendo a loro disposizione quanto è necessario per lo sviluppo della loro vita cristiana e sociale.

Tutti i componenti il mondo del Circo e del Luna Park, esattamente come i sedentari, sono a tutti gli effetti, veri e propri cittadini e godono degli stessi diritti civili e politici stabiliti dalle Costituzioni di ogni paese e dalle leggi. Proprio queste ultime - e mi riferisco allo Stato italiano - garantiscono, ad esempio, il diritto al lavoro.

Quello che è necessario comprendere è che anche circensi e lunaparchisti svolgono un lavoro. Sono impegnati nel settore dello spettacolo il quale ricopre, nella sua specificità, una importante e indispensabile funzione sociale, dall’aggregazione alle proposte di un particolare aspetto della nostra cultura e della nostra tradizione.

La caratteristica fondamentale di tale tipo di attività è la necessità continua dello spostamento, del viaggio, del trasferimento da un luogo all’altro, per andare incontro al pubblico, a chi fruisce, e ben volentieri, delle feste e del divertimento proposti.

È evidente che tutto ciò certamente crea problemi di ogni tipo, sui quali poco o nulla riflettono il mondo dei sedentari e le autorità locali, con le conseguenti scarse disponibilità e attenzioni: le difficoltà riguardanti, ad esempio, il riconoscimento di diritti ben precisi, come un luogo attrezzato adeguatamente per il periodo di sosta; “i problemi relativi all’integrazione con gli abitanti di un paese o di una città che, pur affluendo numerosi al Circo e al Luna Park, non si preoccupano troppo di intrattenere, con i gestori delle attrazioni alcun tipo di relazione umana. Spesso prevale l’idea del “vagabondo” di passaggio o interessa solo il divertimento, senza pensare a tutte quelle persone che duramente lavorano, per molte ore al giorno, per presentare ai “clienti” della sera tutta una serie di possibilità di distrazione, di gioco, di festa, adatte ad ogni età e ad ogni gusto. Difficili risultano anche i rapporti tra i bambini circensi e fieranti e i coetanei del mondo sedentario, più che altro per mancanza di reali occasioni, tranne quelle offerte eventualmente dalla scuola.

Con tutto questo non si deve però intendere che esistano “razzismi” nei confronti di questi “nomadi” del lavoro; piuttosto indifferenza, un male che comunque, nella società, oggi, è molto diffuso, anche al di fuori del caso specifico di cui stiamo parlando.

c) “Il Giubileo porta il credente ad aprirsi al migrante” (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante 1999).

La parrocchia è il tema centrale del messaggio: essa è il luogo di incontro e di integrazione di tutte le componenti di una comunità.

Stupende le espressioni sulla parrocchia di Paolo VI, all’inizio del suo pontificato, rivolgendosi al clero romano: “Crediamo semplicemente che questa antica e venerata struttura della parrocchia ha una missione indispensabile e di grande attualità; ad essa spetta creare la prima comunità del popolo cristiano; ad essa iniziare e raccogliere il popolo nella normale espressione della vita liturgica; ad essa conservare e ravvivare la fede nella gente d’oggi; ad essa fornirle la scuola della dottrina salvatrice di Cristo; ad essa praticare nel sentimento e nell’opera l’umile carità delle opere buone e fraterne.

E perché i circensi e i fieranti nelle loro soste non potrebbero far parte di una parrocchia così ideata e strutturata da farli sentire in casa loro, accolti e partecipi di ogni iniziativa pastorale in atto?

Tornando alla definizione che i circensi e i fieranti sono cittadini e lavoratori uguali a tutti gli altri davanti alla legge, aventi gli stessi diritti e doveri e obbligati a pagare le tasse e le imposte, risulta evidente la necessità di sottolineare, in particolare, i “diritti”, frequentemente disattesi un poco da tutte le componenti della vita sociale: autorità ed enti pubblici, il “pubblico”, sui quali già ci siamo soffermati, la Chiesa e, in particolare, quelle locali.

La Chiesa, come istituzione, nel suo insieme, prevede una pastorale specifica per i circensi e i lunaparchisti, e da quanto mi risulta in tutte le nazioni, e si mostra interessata alla loro presenza nella comunità cristiana, alle loro esigenze, alla loro particolare cultura, tanto che - e mi riferisco in modo particolare all’Italia - per essi esistono: un Ufficio Nazionale, incaricati diocesani, volontari laici, religiosi/e dediti al loro cammino di fedeli a pieno titolo.

Nonostante questo, esistono ancora, purtroppo: trascuratezza, indifferenza, mancanza di iniziative e di impegno da parte delle Chiese locali, delle parrocchie per intenderci, che non si ritengono responsabili della catechesi, dell’offerta di riti liturgici (quali ad esempio la S. Messa), dei sacramenti, del semplice avvicinamento amichevole. Luna Park e Circhi arrivano, si fermano per brevi tempi e poi riportano; tutti sanno della loro presenza, ma il clero locale, i cristiani stanziali, impegnati in associazioni di vario genere, non riescono ancora ad entrare nella mentalità di uno spirito missionario verso questi fratelli; non recepiscono il dovere dell’accoglienza e dell’assistenza religiosa, anche se limitata a brevi periodi; non considerano i circensi e i lunaparchisti come nuovi parrocchiani che, certo, presto se ne andranno, ma pure presto torneranno.

Non si possono discriminare da quelli che abitano stabilmente in un luogo e sempre frequentano quella Chiesa, quell’oratorio ecc…, coloro che ne hanno necessità solo occasionalmente. La Chiesa non può disattendere le attese degli amici del Circo e del Luna Park.

d)  Â“La partecipazione dei fedeli laici alla vita della Chiesa”: esortazione apostolica post-sinodale “Christi fideles laici”.

Ci sono categorie di fedeli, come i migranti ed anche i circensi e i lunaparchisti, che non sono raggiunte, come si è sottolineato sopra, dalla cura pastorale. L’esortazione apostolica prevede il formarsi di piccole comunità ecclesiali di base, dette anche comunità vive, dove i fedeli possono comunicarsi a vicenda la Parola di Dio ed esprimersi nel servizio e nell’amore: queste comunità sono vere espressioni della comunione ecclesiale e centri di evangelizzazione, in comunione con i loro pastori.

Ho letto con interesse l’intervento di Liana Orfei, da tutti conosciuta come attrice e acrobata circense, al Congresso Internazionale di pastorale del Forum delle Organizzazioni cristiane, svoltosi a Padova nel marzo 1999. Liana Orfei ci offriva, tra alcune proposte, quella che mi sembra ci interessi particolarmente in questo punto della mia relazione, e cioè di un incremento del senso di appartenenza ecclesiale, suggerendo che nel Circo si favoriscano vocazioni di artisti cattolici al Diaconato permanente, uomini che pur sposati con famiglia, radunino periodicamente la comunità cristiana e che, all’arrivo del Circo in una determinata città, si facciano interpreti della presenza circense al Vescovo, al parroco del luogo in segno di comunione.

In altro punto del suo intervento auspicava l’istituzione nel Circo di vere scuole della Parola di Dio, non solo nei momenti di sosta, ma anche nella sua itineranza.

Nella “Christi fideles laici” Giovanni Paolo II sottolinea che “pure la famiglia cristiana, in quanto chiesa domestica, costituisce una scuola nativa e fondamentale per la formazione della fede; il padre e la madre ricevono dal Sacramento del matrimonio la grazia e il ministero dell’educazione cristiana nei riguardi dei figli, ai quali testimoniano e trasmettono insieme valori umani e valori religiosi”.

Questo ci obbliga a valorizzare il ministero proprio degli sposi come coniugi e come genitori.

In proposito è stato sottolineato nei vostri incontri pastorali che la famiglia circense e lunaparchista davvero può e deve diventare, da oggetto, soggetto di pastorale: la sua soggettività è già presente in potenza nella grazia ricevuta con il Sacramento.

La famiglia del Circo e del Luna Park è per sua natura, una famiglia unita; una famiglia aperta e sommamente disponibile verso le persone, specialmente verso i più indifesi; è una famiglia solidale, è la prima scuola per la vita.

Il primo sforzo degli operatori pastorali sarà quello di trasformare il focolare domestico in una scuola che sappia:

- creare persone e persone credenti: insegnare a vivere nell’amore;

- dare una formazione integrale che porti i figli ad una maturità umano-cristiana;

- trasmettere valori immortali;

- testimoniare il Vangelo, nonostante le difficoltà esistenti nel mondo del Circo e del Luna Park.

Linee pastorali di supporto alle Chiese locali per un’accoglienza cristiana dei fratelli del Circo e del Luna Park

1. La coincidenza del luogo di lavoro e della residenza della famiglia costituisce un punto di forza su cui far leva:

  1. per mantenere la famiglia unita, nella continuità generazionale (nonni, figli, nipoti) e nel segno di una tradizione cristiana che comunque va rinnovata;
  2. per considerare la famiglia una piccola Chiesa dove i genitori possono e devono sempre più assumere il ruolo di evangelizzatori;
  3. per coltivare il senso cristiano della realtà nel vicinato evitando spiacevoli concorrenze, invidie, gelosie, divisioni, promuovendo autentica solidarietà e preghiera comune.

2. Nella realtà composita dei Circhi e Luna Park è frequente la presenza di persone di altre razze. Facendo leva su questa è auspicabile promuovere:

  1. un'accoglienza cristiana del “diverso”, integrandolo a pieno titolo in una rete di solidarietà;
  2. il rispetto delle altre religioni, favorendo un dialogo ecumenico ed interreligioso.

3. Il prendere coscienza della mobilità in senso cristiano può favorire:

  1. il necessario distacco dalle realtà terrene (evitando la tentazione di “attaccarsi” al denaro) sapendo che su questa terra siamo solo “di passaggio”;
  2. coltivare il senso della presenza di Dio in ogni persona e in ogni luogo per adorarlo, al di là di spazi e tempi stabiliti, in spirito e verità;
  3. accogliere senza pregiudizi nuovi compagni di cammino;
  4. lanciare come messaggio agli “stanziati” nelle città l’essere Chiesa come popolo di Dio in cammino;
  5. coltivare il senso della provvidenza.

4. I Circhi e i Luna Park operano per favorire svago e riposo alla gente: sono costruttori di poesia, di sogni, di tempo disteso…facendo leva su questo:

  1. coltivare il senso gioioso della creatività, secondo uno stile semplice, sobrio, onesto, generoso;
  2. favorire il rapporto umano col pubblico, cogliendo ogni occasione per diffondere gioia e pace;
  3. privilegiare i più deboli: bambini, vecchi, disabili…;
  4. sentirsi collaboratori di Dio nel settimo giorno, per aiutare gli altri a trovare distensione;
  5. cercare e trovare un tempo per il riposo anche per sé, per onorare il settimo giorno.

5. La sosta è luogo di contatto vitale con la Chiesa locale:

  1. richiedere con insistenza in ogni tappa la presenza di un sacerdote e di operatori pastorali che visitino la “carovana” e incontrino in fasce orarie diverse le diverse categorie di persone;
  2. utilizzare specifici sussidi perché le mamme insegnino con coscienza il catechismo ai loro figli;
  3. chiedere la celebrazione eucaristica il sabato o la domenica al “campo”.

6. Il Circo e il Luna Park devono promuovere una politica di sostegno:

  1. sia uomini che donne impegnarsi nelle associazioni di categoria;
  2. cercare voci che, a livello nazionale, operino per la promozione di queste realtà, non solo perché non scompaiano, ma per assicurare una qualità di vita che rispetti la dignità umana.

7. Per elevare il grado di consapevolezza sociale e religiosa è utile promuovere tutte le forme di cultura:

  1. prolungare gli anni di formazione scolastica;
  2. richiedere corsi di approfondimento religioso a domicilio;
  3. saper utilizzare le persone che hanno una cultura superiore per migliorare la qualità della vita e l’organizzazione del lavoro.

Conclusione

Il Circo e il Luna Park è stato felicemente definito nel corso del vostro Congresso internazionale ecumenico di Rust (D) un “laboratorio di frontiera per un cammino cristiano nella fratellanza universale, nell’ecumenismo, nell’incontro con le altre religioni”.

Si parla innanzitutto di cammino cristiano.

* Forse il cammino cristiano non è che la “sequela Christi”, ripartire da lui, camminare con lui, imparare da lui, come gli apostoli sulle vie della Palestina, come i discepoli di Emmaus, come Paolo sulla via di Damasco.

* Gesù insegna la fratellanza universale, camminando con lui si impara a vivere da fratelli. Per Gesù, Dio è il Padre “mio”; per gli uomini il Padre “vostro”, che nella preghiera diventa Padre “nostro”. È quel “nostro” che mi sembra importante. Dio è Padre di tutti gli uomini, i quali non possono invocarlo Padre “nostro“ se non si riconoscono fratelli tra di loro. Siamo tutti figli dello stesso Padre e dobbiamo conoscerci, amarci e servirci a vicenda come fratelli, per essere nella pace e nella gioia.

Si parla di dialogo ecumenico ed incontro con le altre religioni.

Nel Circo e nel Luna Park il dialogo ecumenico e l’incontro con le altre religioni è considerato normale, perché ogni uomo è considerato e trattato come fratello e i circensi e i lunaparchisti riescono a parlare con lui, per comunicargli la loro ricchezza interiore e condividere le loro risorse, accogliendo anche quanto di buono può da loro essere offerto.

Si parla di laboratorio di frontiera.

Ho lasciato per ultimo il laboratorio di frontiera perché la definizione mi intriga particolarmente. Il laboratorio è, come dice il nome, un luogo in cui si lavora. In senso figurato è l’ambiente in cui si impara, si sperimenta, si fanno prove, si inventa e si prepara il nuovo. Lo Spettacolo viaggiante, il Circo e il Luna Park, sono certamente luoghi dove lo spettacolo si rinnova continuamente. Ma perché di frontiera? Che cos’è la frontiera? Sappiamo tutti che la frontiera è la linea di confine di uno Stato, sappiamo che per attraversarla, per passare da uno Stato all’altro, è necessario il passaporto (almeno per gli Stati che non fanno parte ancora dell’Unione Europea).

La frontiera crea una situazione per certi aspetti vantaggiosa e per altri di disagio, di paura e quindi di chiusura, di difesa del proprio modo di vivere.

Nel Circo e nel Luna Park questo non avviene perché si vive in una realtà che conosce solo apertura, allargamento di orizzonti; una realtà che affascina per la prospettiva della novità nella crescita della fraternità e del dialogo. 

Termino col Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale delle Migrazioni 2004:

Quando le “diversità” si incontrano integrandosi, danno vita a una “convivialità delle differenze”. Si riscoprono i valori comuni ad ogni cultura, capaci di unire e non di dividere; valori che affondano le loro radici nell’identico humus umano.

Ciò aiuta il dispiegarsi di un dialogo proficuo per costruire un cammino di tolleranza reciproca, realistica e rispettosa delle peculiarità di ciascuno. A queste condizioni, il fenomeno delle migrazioni contribuisce a coltivare il “sogno” di un avvenire di pace per l’intera umanità.

“Beati gli operatori di pace!”: così dice il Signore (cfr Mt 5,9 a). Per i cristiani, la ricerca di una fraterna comunione tra gli uomini trova la sua sorgente e il suo modello in Dio, Uno nella natura e Trino nelle Persone.

Auspico di cuore che ogni Comunità ecclesiale, formata dai migranti e rifugiati e da coloro che li accolgono, attingendo stimoli alle sorgenti della grazia, si impegni instancabilmente a costruire la pace. Nessuno si rassegni all’ingiustizia, né si lasci abbattere dalle difficoltà e dai disagi!

Se il “sogno” di un mondo in pace è condiviso da tanti, se si valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra Terra una reale “casa comune”. 

Ritengo opportuno aggiungere queste note di ringraziamento.

Terminando non posso non portare la vostra attenzione, per aprirci poi alla gratitudine e al ringraziamento, alle tante persone che lavorano per i fieranti e i circensi.

Il nostro primo e cordiale ringraziamento va al Santo Padre che non trascura occasione per dimostrare loro simpatia e ammirazione per il lavoro finalizzato alle comunità e alla gioia delle medesime.

Sono poi innumerevoli gli Orientamenti che il suo prezioso magistero rivolge frequentemente al popolo di Dio e ai fieranti e circensi, preoccupato di non lasciarli privi di aiuto pastorale. Il Pontificio Consiglio segue con interesse le problematiche di questi itineranti. Basterebbe questo convegno per convincerci.

Grazie quindi all’Eminentissimo Presidente del Pontificio Consiglio il Signor Card. Stephen Fumio Hamao e a tutto il personale del suo Consiglio. Chi non vede poi l’impegno della Conferenza Episcopale Italiana? Un ufficio nazionale con ramificazioni in parecchie diocesi, grazie alle quali è possibile conoscere i vari gruppi, seguirli, accompagnarli e prestare un servizio che abbia una certa continuità, considerato il facile spostamento dei fieranti e circensi.

Il grazie in questo caso si allarga non solo al Direttore dell’Ufficio nazionale della CEI e ai suoi collaboratori, ma a quello stuolo di persone che, sensibili al problema, dedicano tempo, carismi e gioiosa amicizia o vicinanza ai tanti componenti i circhi e i luna park. 

 

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