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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 101 (Suppl.), August 2006

 

 

ATTI DELLA XVII SESSIONE PLENARIA

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI SUL TEMA: “MIGRAZIONE E ITINERANZA DA E PER I PAESI

A MAGGIORANZA ISLAMICA”

(Città del Vaticano, Palazzo San Calisto, 15-17 maggio 2006)

 

Segno dei tempi, il fenomeno della mobilità umana pone non pochi problemi anche religiosi e spirituali, oltre che sociali, economici e politici. Quando poi si tratta di “Migrazione e itineranza da e per (verso) i Paesi a maggioranza islamica”, la complessità, l’attualità e l’importanza dell’argomento sono sotto gli occhi di tutti. Su tale problematica si è svolta la XVII Sessione Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, con la partecipazione dei Membri e Consultori del Dicastero, insieme a Operatori pastorali ed Esperti.

Oltre ai Superiori e agli Officiali dei vari Settori del Pontificio Consiglio, erano presenti 22 Membri (3 Cardinali, 7 Arcivescovi, 12 Vescovi), 19 Consultori, e 13 Operatori pastorali ed Esperti, provenienti da 12 Paesi (Algeria, Belgio, Brunei, Francia, Germania, Gran Bretagna, India, Italia, Libano, Nigeria, Spagna, USA). 

Membri:

Le Loro Eminenze Reverendissime:

 

Cardinale Adam Joseph MAIDA – U.S.A.

Cardinale Georg Maximilian STERZINSKI – GERMANIA

Cardinale Pedro Rubiano SAENZ – COLOMBIA

 

Le Loro Eccellenze Reverendissime:

Arcivescovo Giovanni LAJOLO – Segretario per i Rapporti con gli Stati

Arcivescovo Robert SARAH – Segretario, Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli

Arcivescovo Csaba TERNYAK – Segretario, Congregazione per il Clero

Arcivescovo Piergiorgio Silvano NESTI – Segretario, Congregazione Istituti Vita Consacrata

Arcivescovo Raul Nicolau GONSALVES – INDIA

Arcivescovo Pier Luigi CELATA – Segretario, Pontificio Consiglio Dialogo Inter-Religioso

Arcivescovo Marian GOŁĘBIEWSKI – POLONIA

 

Vescovo Josef CLEMENS – Segretario, Pontificio Consiglio per i Laici

Vescovo Szilárd KERESZTES – UNGHERIA

Vescovo José SANCHEZ GONZALEZ – SPAGNA

Vescovo Pierre MOLERES – FRANCIA

Vescovo Béchara RAI – LIBANO

Vescovo Salvatore BOCCACCIO – ITALIA 

Vescovo Petru GHERGHEL – ROMANIA

Vescovo Precioso D. CANTILLAS – FILIPPINE

Vescovo Nicolas A. DiMARZIO – U.S.A.

Vescovo Lino Bortolo BELOTTI – ITALIA 

Vescovo Leo CORNELIO – INDIA

Vescovo Jean-Luc BRUNIN – FRANCIA

 

Consultori:

 

I Reverendi:

Mons. James E. DILLENBURG – U.S.A.

Mons. Guerino DI TORA – ITALIA

Mons. Roberto A. ESPENILLA – FILIPPINE

Mons. Aldo GIORDANO – ITALIA

Rev.do Prof. Patrick ADESO – CAMEROUN

Rev.do Don Giorgio RIZZIERI – ITALIA

Rev.do P. Bernard LAPIZE DE SALÉE – ALGERIA

Rev.do P. Lluís MAGRIÑÁ – SPAGNA

Rev.do Cyril VASIL’ – SLOVACCHIA

Rev.do Anthony ROGERS – MALESIA

Rev. Madre María do Rosario ONZI – BRASILE

Sig. Commodoro Christopher YORK – GRAN BRETAGNA

Mr. John Lloyd SACKEY – GHANA

Mr. José Roberto ZEPEDA – AUSTRALIA

Sig.na Margret BRETZEL – GERMANIA

Sig.ra Alžbeta KOVÁLOVÁ – SLOVACCHIA

Sig.ra Brigitte PROKSCH – AUSTRIA

Dott. Chiara Amirante – ITALIA

Dott. Rolando G. SUÁREZ COBIÁN – CUBA 

 

Operatori pastorali ed Esperti:

 

R.P. Maurice BORRMANS – FRANCIA

Prof. Stefano ZAMAGNI – ITALIA

Dr. Michael GALLIGAN-STIERLE – U.S.A.

Sig.ra Hannelore VALIER – GERMANIA

Diacono Ricardo Rodriguez MARTOS – SPAGNA

Sr. Patricia EBEGBULEM – NIGERIA

Rev. Pascal RYAN – GRAN BRETAGNA

Sig.ra Thérèse FARRA – LIBANO

S.E. Mons. Cornelius SIM – BRUNEI

R.P. Xavier PINTO – INDIA

R.P. Martín McDERMOTT – LIBANO

Mons.Liberio ANDREATTA – ITALIA

 

Si sono scusati:

S.E. Cardinale Geraldo Majella AGNELO – BRASILE

S.E. Cardinale Aloysius Matthew AMBROZIC – CANADA

S.E. Cardinale Keith Michael Patrick O’BRIEN – GRAN BRETAGNA

S.E. Cardinale Theodore Edgar McCARRICK – U.S.A.

S.E. Mons.Emilio C. BERLIÉ BELAUNZARAN – MEXICO

S.E. Mons.Giampaolo CREPALDI – Segretario, Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

S.E. Mons.Nicola DE ANGELIS – CANADA

S.E. Mons.Leonardo SANDRI – Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato

S.E. Mons. J. Michael MILLER – Segretario, Congregazione Educazione Cattolica

S.E. Mons.Francesco MONTERISI – Segretario, Congregazione per i Vescovi

S.E. Mons.Ramón Benito de la ROSA y CARPIO – REPUBBLICA DOMINICANA

S.E. Mons. Patrick Joseph HARRINGTON – KENYA

S.E. Mons.Anselme Titianma SANON – BURKINA FASO

P. Hans VÖCKING – GERMANIA

 

 

Lunedì 15 maggio 2006, seduta mattinale 

Apertura:

Il Presidente del Dicastero, il Cardinale Renato Raffaele Martino, ha aperto formalmente la Sessione Plenaria alle 9.00 del 15 maggio, dopo la recita dell’Ora Terza. Dato il benvenuto a tutti i partecipanti, egli ha ricordato che il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto affidargli la responsabilità del Dicastero della Pastorale della Mobilità Umana che va ad aggiungersi a quella per il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Ha espresso quindi fiducia nell’aiuto e nel consiglio di tutti.

Dopo aver salutato i presenti, il Segretario del Pontificio Consiglio, l’Arcivescovo Agostino Marchetto, ha comunicato che l’Udienza con il Santo Padre avrebbe luogo alle 11.45 di quel giorno e che è stato costituito un Comitato di Redazione del documento finale.

È stato distribuito nel frattempo un rapporto sulla situazione della pastorale delle migrazioni, con base nelle risposte ricevute dalle Commissioni Episcopali dei vari Paesi. Il Documento offre l’aggiornamento dei dati del fenomeno migratorio su scala internazionale, in articolazione di cause e tendenze, che attualmente lo configurano.

Introducendo, quindi, i lavori con una prolusione su “Il tema della Plenaria dai nostri recenti documenti e congressi”, il Cardinale Renato Raffaele Martino ha rilevato che, per risolvere positivamente i problemi posti dal numero sempre crescente di migranti e itineranti da e verso i Paesi a maggioranza islamica, è necessario un franco e leale dialogo interreligioso, una vissuta testimonianza di carità e di accoglienza, lo scrupoloso rispetto della libertà religiosa, una giusta integrazione sociale e culturale con osservanza delle leggi civili vigenti, una reciprocità rettamente intesa. Tra i punti salienti del discorso del Porporato, vi è l’auspicio che, non solo da parte cattolica, ma anche da quella musulmana, vi sia una maggiore “presa di coscienza che è imprescindibile l’esercizio delle libertà fondamentali, dei diritti inviolabili della persona, della pari dignità della donna e dell’uomo, del principio democratico nel governo della società e della sana laicità dello Stato” (Istruzione Erga migrantes caritas Christi – d’ora in poi EMCC – 66). Il Cardinale ha infine ricordato che, da Nunzio Apostolico in Tailandia, nelle sue visite ai campi di rifugiati, di fronte al proselitismo di altri, egli raccomandava sempre ai cattolici di non farlo, pur avendo visto numerose conversioni alla nostra religione tra i rifugiati reinsediati, grazie all’amore “convincente” di Cristo manifestato.

Dal canto suo, l’Arcivescovo Agostino Marchetto, nel suo intervento (letto in forma ridotta, a motivo dell’Udienza Pontificia), dal titolo “I cambiamenti, il pensiero e l’opera del Pontificio Consiglio, dall’ultima Sessione Plenaria”, ha sottolineato che fra gli obiettivi di questa Riunione vi è quello di convincere dell’importanza di un vero dialogo, sempre a più ampio raggio, traendosi alcune concrete conclusioni per assicurare accoglienza e comprensione a chi è in mobilità umana anche da e verso i Paesi a maggioranza islamica. A queste persone, o gruppi, poi, è pure chiesto di offrire il loro contributo leale e generoso al bene della comunità che li ospita e alla stessa Chiesa locale. Mons. Marchetto ha quindi aggiunto che le comunità più stabili sono invitate a comprendere i bisogni particolari degli “ospiti” o degli immigrati, sviluppando un senso grande di solidarietà. In questo modo tutti insieme, locali e nuovi arrivati, possono contribuire a realizzare una cultura di convivenza, di comprensione e di pace, nel rispetto dei diritti umani di ciascuno. Mons. Segretario, quindi, partendo da un’analisi più critica degli avvenimenti storici che oggi condizionano ancora la mobilità, ha attestato che è possibile per le Chiese (a qua e ad quam) offrire un contributo indispensabile alla società, per un giusto regolamento della mobilità stessa e la protezione delle persone che vi sono coinvolte, e di tutti. Ne sono fondamento il rispetto reciproco e la giustizia nei trattamenti giuridico‑religiosi. “La reciprocità è anche un atteggiamento del cuore e dello spirito, che ci rende capaci di vivere insieme e ovunque in parità di diritti e di doveri” (EMCC 64).

L’Assemblea ha quindi aggiornato i propri lavori per prendere parte all’Udienza Pontificia nella Sala Clementina, in Vaticano. Nel salutare i partecipanti (v. discorso pubblicato a parte), Sua Santità Benedetto XVI ha affermato che il dialogo interreligioso è parte integrante dell’impegno ecclesiale a servizio dell’umanità oggi, e costituisce quasi il “pane quotidiano” per chi opera a contatto con migranti, rifugiati e itineranti. I singoli cristiani – ha aggiunto il Santo Padre – “sono chiamati ad aprire le loro braccia e il loro cuore a ogni persona – specialmente ai piccoli e ai poveri – da qualunque Paese provenga, lasciando poi alle autorità responsabili della vita pubblica di stabilire in merito le leggi ritenute opportune per una sana convivenza”, nel rispetto dei diritti umani di tutti. Papa Benedetto XVI così ha concluso: “C’è da sperare che anche i cristiani che emigrano verso Paesi a maggioranza islamica trovino là accoglienza e rispetto della loro identità religiosa”. Egli ha altresì definito la pastorale per i migranti e gli itineranti “una frontiera significativa della nuova evangelizzazione nel mondo attuale globalizzato”. 

Lunedì 15 maggio 2006, seduta pomeridiana

Il P. Maurice Borrmans, M. Afr., Professore emerito del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica (Roma), ha offerto un quadro completo (numericamente e geograficamente) e dettagliato (statisti-camente) delle attuali dimensioni “del ‘vivere insieme’ nei Paesi di popolazione musulmana maggioritaria e di presenze cristiane minoritarie, antiche o recenti”. Secondo P. Borrmans, per il futuro, la possibilità di un tale ‘vivere insieme’ è resa molto precaria dagli scontri tra diverse fazioni e dagli attentati terroristici degli ultimi anni. Infatti – egli ha affermato – “sono sempre le minoranze, che rischiano di diventare ‘capri espiatori’ in seguito a facili generalizzazioni e agli amalgami semplicistici che ridanno vita a vecchi pregiudizi e a sogni di crociate o di jihâd”. Il mondo islamico non è monolitico. La mobilità umana ha rinnovato le problematiche delle convivenze. Ne risulta un rapporto originale e talvolta contraddittorio tra religione, cultura, Stato e ordinamento giuridico, tanto più che nella ricezione della modernità, della democrazia e della laicità, ogni Paese realizza una sintesi del tutto contestualizzata.

Il Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, l’Arcivescovo Pier Luigi Celata, intervenuto successivamente, ha osservato che “il crescente fenomeno della mobilità umana continua a determinare il superamento di quei confini geo-politici che un tempo costituivano, in molti casi, anche le linee di separazione tra il mondo cristiano e quello islamico”. Per giungere a una pacifica convivenza, Mons. Celata ha ricordato l’affermazione del Santo Padre Benedetto XVI: “il dialogo è una necessità vitale”, soprattutto per i cristiani, che sono chiamati ad amare il prossimo, nella forza e sull’esempio di Cristo. Richiamandosi all’insegnamento del Papa nel discorso rivolto ai musulmani a Colonia lo scorso anno, il Presule ha messo in luce le sfide comuni alle quali cristiani e musulmani sono chiamati a dare una risposta. Tra queste vi è, anzitutto, il terrorismo, per combattere il quale, si deve riuscire “a estirpare dai cuori il sentimento di rancore, a contrastare ogni forma di intolleranza e a opporci a ogni manife-stazione di violenza”. Mons. Celata ha quindi sottolineato l’importanza della collaborazione tra cristiani e musulmani per assicurare i valori che attengono alla dignità della persona umana, come la libertà religiosa, il rispetto reciproco, la solidarietà e la pace. Riferendosi, poi, alle tensioni ereditate dal passato, il Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha invitato a far nostra la volontà espressa dal Santo Padre a “ricercare vie di riconciliazione e imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro”. Inoltre, nel relativismo conoscitivo e morale, e nel secolarismo immanentistico, oggi così diffusi nelle nostre società, Mons. Celata ha visto una sfida, per cristiani e musulmani, a testimoniare insieme il trascendente. Di fronte, poi, alla difficoltà, piuttosto diffusa tra i musulmani, a comprendere e vivereil principio di una sana laicità, come pure in considerazione della necessità di una loro corretta integrazione nelle società occidentali, come cristiani e ‘cittadini’ “siamo interpellati perché, attraverso un’opportuna opera di dialogo, offriamo loro, in atteggiamento di rispettosa amicizia”, la testimonianza della nostra esperienza. 

Dialogo sugli interventi del primo giorno, su vari argomenti, e cioè:

● La presenza dei migranti musulmani in America Latina va aumentando (anche grazie agli studenti esteri), ma ancora senza statistiche esatte sul fenomeno. Nella Repubblica Dominicana, ad esempio, è stata costruita una moschea e i giornali scrivono a difesa dei diritti della popolazione musulmana. La difficoltà ad avere statistiche precise sta nel fatto che, nelle inchieste ufficiali, l’Occidente in genere non considera l’appartenenza religiosa. Le Conferenze Episcopali dell’America del Sud hanno deciso comunque di avere, in linea di principio, un segretariato particolare (Comitato islamico). Con la fondazione di istituzioni islamiche nazionali si cerca oggi di utilizzare le diaspore già createsi per fini più ideologici. Esiste, poi, un rischio di islamizzazione per fini specifici.

● In Nigeria il conflitto anti-religioso è sanguinario. Nelle strade è stata scatenata una serie di attacchi contro i cristiani o contro i musulmani, a risposta. La difficoltà sta nel trovare la maniera di portare, o mantenere, la pace. 

● I Vescovi dei Paesi a maggioranza musulmana – è stato notato – sono interpellati dalle Università musulmane per realizzare progetti universitari comuni per discutere sulla modernità. Se si desidera reciprocità nel rispetto, l’Islam deve confrontarsi con la modernità in Europa, quella giusta e sana.

● La convivenza tra cristiani e musulmani non è facile, ma è questione di buona volontà, rispetto reciproco e collaborazione. Il problema è politico. Finché l’Islam rimarrà un regime teocratico, la convivenza sarà sempre difficile. Alcuni Governi però tentano di fare una distinzione tra politica e religione e, poco a poco, nei Paesi musulmani sta “passando” il linguaggio dei diritti dell’uomo. Dipende da noi giudicare le varie correnti interpretative. La Chiesa minoritaria non deve lasciare nulla di intentato affinché non si imponga ad altri la situazione dell’Arabia Saudita. La presenza musulmana in Africa nera e le diaspore in America Latina possono essere occasione per ripensare le cose. Nell’Erga migrantes caritas Christi (EMCC) c’è un appello ad aprirsi, da parte musulmana, a ciò che è accettabile della modernità. Bisogna parlare con rispetto e amicizia per quanto possibile, ma allo stesso tempo non restare in silenzio su questioni che riguardano i diritti umani. In ogni caso è importante che la Chiesa si assuma le proprie responsabilità con coraggio e saggezza.

● Per quanto riguarda la richiesta della Turchia di entrare in Europa, come cristiani dovremmo poter esprimere il nostro pensiero. Le comunità cristiane colà sono minoritarie e quindi l’ingresso in Europa significherebbe una garanzia dei loro diritti. I turchi, poi, vogliono dimostrare che il loro Islam non è intransigente. Respingere la Turchia potrebbe spingerla verso l’Asia Centrale, e ciò risulterebbe una occasione persa per le nostre piccole comunità.

● I musulmani sono molto sensibili ai nostri Incontri perché leggono gli eventi cristiani nell’ottica della crociata. In occasione della convocazione del Sinodo per il Libano, Giovanni Paolo II invitò anche le autorità musulmane libanesi perché comprendessero la portata di quell’evento. Bisogna, cioè, avere il coraggio di discernere insieme i problemi che li riguardano.

● Ogni iniziativa, con coloro che possono comprendere la nostra preoccupazione per il bene comune in materia di migranti, deve essere intrapresa nella trasparenza ed evitando ogni forma di generalizzazione. La laicità positiva, in Europa occidentale, è un’opportunità per la diaspora musulmana. Occorre svilupparla al massimo.

● La strada giusta per il dialogo è il ritorno alle radici e la testimonianza a Cristo per essere in verità con i nostri fratelli musul-mani.

● Per quanto riguarda le reazioni alle caricature di Mahammad, non sta a noi fare un processo, ma conviene passare oltre. Da parte musulmana ci sono iniziative anche di alto livello dirette a coinvolgere la S. Sede in azioni comuni per ottenere una garanzia giuridica al rispetto dovuto ai simboli delle due religioni. La libertà di espressione deve comunque avere un limite e non offendere il diritto degli altri. Si devono commiserare i cristiani europei che non reagiscono a queste cose. Dove erano i cattolici quando Giovanni Paolo II faceva sentire la sua voce perché fossero riconosciute le radici cattoliche dell’Europa? Dove erano i pastori e i politici?

Martedì 16 maggio 2006, seduta mattinale

I° sotto-tema: “Migrazione e itineranza dai Paesi a maggioranza islamica” (nei vari settori della mobilità umana)

Nella seconda giornata, il Segretario Generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, Mons. Aldo Giordano, a nome del P. Hans Vöcking, M. Afr., impossibilitato a partecipare, ha presentato la situazione degli immigrati musulmani in Europa. La loro presenza è infatti cresciuta fortemente, contribuendo a rendere la società europea multi-religiosa. Il crocevia con cui i musulmani sono confrontati nella diaspora europea è quello della modernità e post-modernità. Certo alcuni musulmani intravedono la via di una “inculturazione” nella società europea (“Islam dei lumi”), ma la maggioranza vede in termini molto problematici la cultura europea e aspira a un ritorno del modello medievale dell’Islam, con un forte legame tra religione, società e politica. Secondo P. Vöcking, per trovare una strada di integrazione appare importante la garanzia della libertà religiosa, l’indipendenza dai finanziamenti esteri, la creazione di strutture per la formazione dei responsabili, l’attenzione per l’educazione civica, la democrazia e i diritti dell'uomo, il dialogo tra le religioni e anche una corretta informazione sui media. In questo modo – egli conclude – si troverà la strada per un’interpretazione dell’islam che tenga conto dei valori più che delle leggi, delle scelte personali più che della nostalgia di una “età dell’oro”.

Il Dott. Michael Galligan-Stierle, Assistente Segretario per la Pastorale Universitaria della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America, ha presentato la realtà degli studenti esteri (internazionali) negli USA provenienti da Paesi islamici. Egli ha riassunto brevemente la storia dei molteplici incontri, delle consultazioni e dichiarazioni congiunte, in dialogo fra musulmani e cattolici, a partire dal 1987. Ha quindi sottolineato i dati statistici relativi ai 16,3 milioni di studenti universitari del suo Paese, di cui 591.188 sono esteri (internazionali). Ha poi delineato alcune delle maggiori preoccupazioni che toccano quelli musulmani, con considerazione prioritaria per il luogo in cui pregare nei Campus, elencando un gran numero di programmi offerti per la popolazione studentesca musulmana, grazie alle risposte a un questionario inviato ai 1.200 cappellani della pastorale universitaria. Infine, ha raccomandato che tutti i progetti pastorali per gli studenti esteri (internazionali) siano espressione di rispetto, dialogo, apertura culturale e libertà.

Sulla problematica dei Rom, la Dott.ssa Hannelore Valier, dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, ha rilevato che, escludendo l’India, per la maggior parte essi vivono in Europa centrale e orientale. Nonostante siano comunemente associati al nomadismo, essi si trovano stabilmente in Paesi europei da centinaia di anni. Fra i problemi cui devono far fronte vi sono emar-ginazione, xenofobia e razzismo, nonché basso livello di istru-zione, elevata disoccupazione (50-90%), insufficiente assistenza sanitaria e condizioni molto povere di alloggio. Malgrado tutto ciò, la volontà di sopravvivere è stata la spinta che ha guidato i Rom nel corso dei secoli. La comunità internazionale sta lavorando, comunque, per migliorare la loro integrazione sociale, nel rispetto della loro identità culturale, basandosi sul principio di un trattamento equo. È necessario dunque rafforzare la maturità delle società democratiche e la loro capacità di comprendere e rispettare la diversità sociale, culturale e religiosa degli Zingari.

Il Prof. Stefano Zamagni, Presidente della Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni, intervenendo sull’accoglienza odierna di un gran numero di rifugiati musulmani, ha notato come essi portino con sé concezioni di vita e credenze religiose profonda-mente diverse da quelle degli autoctoni. Egli ha quindi invitato a evitare i due scogli che intralciano un loro armonioso inserimento nel tessuto sociale, cioè il sincretismo relativista – per cui tutte le religioni sono uguali – e l’assimilazionismo più o meno forzato. Ha poi spronato a elaborare un modello di dialogo interculturale che pro-porzioni la risposta, anche in risorse pubbliche, al grado di “accettabilità” (“morale consequenziale”) delle loro richieste.

Dialogo sui precedenti argomenti

● Quando ci si riferisce ai musulmani che, avendo abbracciato il Cristianesimo, devono lasciare il proprio Paese, si può parlare di rifugiati religiosi? Il titolo, diciamo così, di rifugiato religioso esiste ed è riconosciuto dallo statuto dell’ACNUR.

● La maggior parte dei rifugiati riporta traumi da eventi post-bellici o fenomeni analoghi. In Europa non c’è ancora nessuna consapevolezza della realtà dei rifugiati religiosi o psicologici, ragione comprensibile, legata al fatto che fino alla caduta del muro di Berlino il fenomeno avveniva soprattutto per ragioni politiche. Ora questo tema sta entrando nella discussione. Quando gli italiani, per es., andavano in America il problema non si poneva. Al giorno d’oggi, quando i musulmani arrivano nei nostri Paesi, sono essi a chiedere di vedere verificate nella vita pubblica le loro istanze. Questo è il vero problema. Di fronte alla richiesta della comunità musulmana, per es., che nelle scuole si insegni il Corano, non possiamo distinguere il dialogo religioso da quello civile, perché nei loro Paesi tale distinzione non esiste. In spirito di verità e carità dobbiamo quindi fare in modo che capiscano come certe richieste non possono essere accettate. Si creano pertanto nuove forme di “precariato” perché essi ritirano i figli dalle scuole. Occorre perciò proporre un’alternativa che sia da loro compresa e che permetta di procedere.

● Occorre distinguere tra istanza civile e religiosa, altrimenti il rischio diventa troppo elevato. Lo Stato, certo, non ha il compito di stabilire quale è la religione da seguire, ma spetta alla Chiesa combattere il relativismo religioso. È necessario dunque un impegno diverso e più vigoroso per dare identità e convinzioni più forti ai cristiani. Occorre pure distinguere il dialogo inter-religioso da quello che lo Stato deve e cerca di fare. Come cristiani ci muoviamo, nel dialogo, con atteggiamenti di carità e rispetto della libertà degli altri, convinti di trovare in essi i frutti dell’azione dello Spirito.

● Grazie anche aifinanziamenti della Fondazione Soros v’è una nuova “generazione” di zingari. Sono stati formati in America, sono in tran-sigenti, integralisti liberali ed è chiaro che non vogliono un’assistenza ecclesiale internazionale. Mentre gli zingari sono religiosi per natura ed hanno l’esigenza di appartenere ad un gruppo religioso, la nuova “generazione” vuole un programma di integrazione puramente laica. Integrazione, lavoro e casa sono comunque i problemi più acuti. Questa nuova leadership è “indottrinata” da alcune Organizzazioni internazionali e oggi rivendica diritti che le sono mancati. Un esempio. Uno degli appelli a creare strutture per l’assistenza degli omosessuali è venuto proprio dalla comunità rom.

● L’entrata di Paesi con una grande minoranza di zingari è una questione molto discussa nell’UE. In seno al Consiglio d’Europa è stato invece creato l’ “European Roma and Travellers Forum” ed è stata discussa la possibilità di una sua presenza “religiosa” al suo interno. Attualmente si è giunti ad avere un rappresentante della Chiesa cattolica in qualità di Osservatore. La questione delle sette, comunque, interpella le Organizzazioni internazionali.

Dopo la pausa, la seduta mattinale è ripresa con attenzione a quattro sotto-temi riguardanti altrettanti settori della mobilità umana.

In quello dell’Apostolato del Mare, il Diacono Ricardo Rodriguez Martos, di Barcellona (Spagna), ha riferito che tale azione pastorale offre servizi fondamentalmente uguali a tutti i marittimi, qualunque sia la loro religione. Secondo calcoli statistici, il 18% dei marittimi mercantili sarebbero musulmani, ovvero circa 200 mila persone. In genere essi sono molto religiosi e praticanti. I musulmani non chiedono comunque assistenza spirituale ai cristiani e, se viene loro proposta (per es. fornendo un contatto con una Moschea), generalmente la declinano. Essi apprezzano tuttavia un aiuto materiale – quando necessario – e testimonianze di carità e amicizia. L’Apostolato del Mare ha sollecitato, nell’ultimo decennio, una colla-borazione con le moschee di Barcellona, ma senza successo. Recentemente, tuttavia, il Consiglio Islamico della città si è mostrato favorevole a una collaborazione che vedrà l’AM indirizzare i marittimi musulmani, che chiedono assistenza religiosa, alla loro comunità locale.

Sr. Patricia Ebegbulem, SSL, con riguardo all’assistenza alle “donne di strada” nigeriane, sia in patria che in terra straniera, ha riferito che la maggior parte di esse si avviano al triste commercio del loro corpo per ragioni di povertà e discriminazione. La Chiesa cattolica è all’avanguardia nella riabilitazione e promozione della dignità delle donne e della femminilità (con citazione di Giovanni Paolo II, nell’Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa, n. 121). Sr. Ebegbulem ha proposto che il 2010 venga dichiarato anno della Dignità delle Donne e ha rivolto un invito a sostenere tale proposta.

Nel suo intervento, la Sig.ra Thérèse Farra, libanese, ha indicato nei pellegrinaggi cosiddetti “condivisi” – cioè fatti insieme – tra cristiani e musulmani, un’occasione per allacciare amicizie durevoli e stabilire una rete di relazioni costruttive. L’organizzazione “Darb Maryam” (Il cammino di Maria), operante in questo campo, si propone di offrire un ambito per incontri dove esercitarsi al “dialogo della vita” e incoraggiare alla ricerca dei valori comuni. I partecipanti vi scoprono la religione degli altri, camminando e pregando assieme per la pace, fianco a fianco, cercando di costruirla fra di loro e diffonderla attorno a sé.

Nel campo dell’apostolato dell’aviazione civile, Don Paschal Ryan, cappellano dell’aeroporto di Heathrow, a Londra, ha osservato che, per la “mondializzazione”, gli aeroporti sono diventati anche crocevia della civiltà contemporanea. Essi non riflettono soltanto la propria comunità locale, ma anche quella globale. Negli aeroporti transitano anche numerosi credenti di diverse religioni, che viaggiano pure per motivi religiosi, in quanto la nozione di pellegrinaggio è comune a cristiani, ebrei, induisti, musulmani e altri. Nell’Islam, inoltre, i credenti sono proprio esortati a recarsi nei santuari legati al loro profeta Muhammad, almeno una volta in vita. Nell’aeroporto di Heathrow, inoltre, lavorano 65/70.000 persone di diverse religioni. Certamente la caratteristica degli aeroporti risiede nella natura fugace di tanti incontri fra persone, in quanto milioni di passeggeri vi transitano, velocemente, ogni anno. Ciononostante, questa situazione insolita consente, di incontrare lo straniero e di capire come i contatti fra cristiani e credenti di altre religioni possono portare finanche a una feconda collaborazione. Inoltre, vedendo uomini e donne di diverse religioni, razze e classi sociali, lavorare insieme, oppure condividere lo stesso spazio di preghiera multi-religiosa, si può immaginare come potrebbe, meglio dovrebbe, essere il mondo.

Dialogo sui precedenti interventi:

● E’ stata espressa gratitudine alle religiose che, in tutto il mondo, si dedicano alla liberazione delle donne dalla schiavitù della strada. In Italia esse sono tra le 100 e le 200. Si tratta di una schiavitù sempre più presente nelle nostre società.

● Ci sono Paesi che sostengono la presenza di comunità musulmane in Occidente con la creazione di moschee, centri commerciali, ecc. Le confraternite musulmane inviano fondi alle organizzazioni islamiche per diversi scopi. Per quanto riguarda gli studenti musulmani, ci si preoccupa di accoglierli bene, ma cosa si fa a livello pastorale per preparare i nostri Operatori pastorali e i nostri studenti ad un dialogo costruttivo con loro? La presenza di musulmani nelle nostre strutture pone problemi di preparazione da parte nostra.

● Nei centri “Stella Maris”, dell’Apostolato del Mare, ci si preoccupa di soddisfare tutti i bisogni dei marittimi, compresi quelli religiosi. Per quanto riguarda l’accoglienza dei marittimi musulmani, come cristiani dobbiamo aiutarli a mantenere la loro apertura al trascendente (v. EMCC n. 59). 

Martedì 16 maggio 2006, seduta pomeridiana

II° sotto-tema: “Migrazione e itineranza per (verso) i Paesi a maggioranza islamica” (secondo i vari settori della mobilità umana)

Dopo la pausa per il pranzo, i lavori sono proseguiti con altri interventi.

Nel Brunei la presenza dei migranti rappresenta per la Chiesa locale una sfida a esprimere la sua solidarietà in modo tangibile e fraterno, anzi – ha sottolineato il Vescovo Cornelius Sim, Vicario Apostolico – la Chiesa, rispondendo alle loro necessità spirituali, garantisce un servizio ancor più necessario dell’aiuto materiale. “I lavoratori migranti trovano nella Chiesa una strada per servire i compagni cattolici, arricchendo così la mutua esperienza dell’essere Chiesa”, partecipando anche alla promozione culturale ed economica del Paese.

L’Arcivescovo di Bobo-Dioulasso, in Burkina Faso, S.E. Mons. Anselme T. Sanon, – nell’impossibilità di essere presente – ha inviato la sua relazione sul tema dell’accoglienza dei rifugiati cristiani nei Paesi dell’Africa Occidentale a maggioranza islamica. L’ha letta l’Ecc.mo Mons. Béchara Raï, Vescovo di Jbeil, in Libano. Si sono così evidenziate e sintetizzate, in un articolato prospetto, le diverse situazioni che connotano tali ingressi. Sottolineando, inoltre, l’importante ruolo che alla Chiesa spetta svolgere in questo ambito, si è offerta una gamma di risposte pastorali da dare, tra cui, in particolare, la creazione, nelle diocesi, di una cappellania per i rifugiati, per cercare di rispondere alle loro richieste. Si sono sollecitati, allo stesso tempo, un responsabile impegno da parte delle Istituzioni internazionali e una preziosa opera di sensibilizzazione dei mezzi di comunicazione.

P. Bernard Lapize de Salée, S.J., illustrando la situazione degli studenti esteri (internazionali) in Algeria, il cui numero è in crescita, ha riferito che colà la Chiesa considera la loro presenza una grande grazia e un’ottima testimonianza cristiana nell’Algeria musulmana. Infatti, anche se i musulmani sono più numerosi, molti sono i cristiani, provenienti essenzialmente dai Paesi francofoni dell’Africa occiden-tale. Tali studenti partecipano attivamente alla vita della Chiesa e costituiscono l’elemento più giovane delle comunità cristiane nel Paese. Inoltre essi offrono la loro esperienza diretta della gioventù algerina musulmana, con la quale vivono a contatto nelle città universitarie. P. Lapize de Salée ha concluso che sarebbe auspicabile una collaborazione, o almeno avere dei contatti, tra le Chiese dei Paesi di provenienza e quelle del Maghreb (Africa del Nord), cosa che peraltro già in parte avviene.

Dialogo, prendendo lo spunto dai precedenti interventi

● Non possiamo universalizzare l’esperienza dell’Algeria, ma dobbiamo tenerla presente perché essa è una Chiesa martire.La situazione universitaria in Marocco e in Tunisia è più o meno la stessa. In Marocco ci sono sacerdoti neri che aiutano nella pastorale per gli studenti della propria regione. Non essendovi però una chiesa formata da autoctoni, si ha difficoltà ad aiutare i musulmani nella loro clandestinità. Si chiede che la Santa Sede faciliti un appello ai Paesi d’origine dell’Africa nera e a quelli europei affinché si trovi una soluzione globale per questo “esilio organizzato”.

● Oggi la situazione migratoria è fenomeno strutturale. In ogni Paese ci si rende sempre più conto di non poter risolvere in maniera solitaria questo problema. La necessità di un certo controllo ha portato comunque i Paesi del nord del Mediterraneo ad intavolare un dialogo con quelli del sud. Non si può risolvere, cioè, il problema della migrazioni senza una cooperazione internazionale. La globalizzazione è imposta al mondo e aumenterà nel futuro. Ci sono servizi tecnici che richiedono la presenza di persone migranti.

● In Europa le cappellanie degli studenti fanno un lavoro importante. Esse sono un laboratorio di dialogo.

● E’ stata fatta presente la necessità di una rete di informazioni affinché si possano aiutare i lavoratori esteri a trovare un posto di lavoro. La soluzione al problema della pastorale migratoria sta nel dialogo tra Vescovi. È comunque difficile poter organizzare una rete informazioni su come trovare un lavoro, ma ci sono canali internazionali che informano sulla realtà dei vari Paesi al riguardo.

● In Francia si vivono tensioni molto forti. Le Chiese hanno scritto una lettera al primo Ministro circa l’imposizione di leggi sul controllo e la regolamentazione migratoria. Lo Stato deve, sì, controllare, ma la migrazione implica anche integrazione. I migranti possono quindi diventare Â– e lo sono – elementi di sviluppo per i Paesi di arrivo.

● Oggi in Francia, e non solo, le Chiese parlano e sono ascoltate come mai prima d’ora. Il CCEE cerca di organizzare una rete tra le Conferenze Episcopali in tema di migrazione. Ogni anno nel suo seno si svolge un incontro dei direttori della pastorale migratoria. Nella COMECE esiste un gruppo di esperti che segue tale questione. Vi è anche una rete di cappellani universitari, e se ne sta creando una di studenti e di professori. Il rappresentante del CCEE si è impegnato a portare il dibattito migratorio in queste reti.

● Quanto detto per il Brunei vale per il Kuwait, gli EAU e per tutto il Golfo Persico. Nei flussi migratori in Europa, oggi, vanno distinti i migranti regolari e irregolari. Nella visione europea globale si tende a far sì che essi diventino cittadini. Nel Golfo questa propensione non esiste.

Dopo il dialogo, i lavori sono ripresi con altri interventi.

Il Rev. P. Xavier Pinto, C.Ss.R., Direttore nazionale dell’Apostolato del Marein India, ha quindi dichiarato che il 70% dei marittimi che colà visitano i centri Stella Maris sono filippini, mentre indiani, bangladesi e pachistani – nell’ordine – si contendono la maggior parte del restante 30%. Secondo il relatore, per numerosi musulmani, Gesù è un esempio di santità e di pietà, che avrebbe vissuto il vero Islam. Questo sarebbe il punto di partenza che permette di interagire con i musulmani e lavorare insieme. Egli ha aggiunto che, per poter esercitare l’apostolato per i marittimi in navigazione e in sosta nei porti, è necessario anzitutto rispettare le leggi del Paese ospitante e riuscire a integrare l’Apostolato del Mare nella pastorale d’insieme della Chiesa locale, anche nei Paesi a maggioranza islamica.

Il P. Martin McDermott, S.J., con riferimento al Libano, ha rilevato che attualmente ci sono colai, due tipi di “donne di strada” le ex-domestiche, alla mercé dei loro “protettori”, sia musulmani che cristiani, e le cosiddette artiste. La prostituzione viene teoricamente proibita, ma in pratica regolamentata. Tali donne, una volta giunte in Libano, si trovano nell’impossibilità di cambiare vita e, perfino, di spostarsi all’interno del Paese, con un meccanismo che le priva dei diritti, dei documenti e quindi della libertà.

Mons. Liberio Andreatta, Amministratore Delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, affrontando l’argomento di quelli cattolici nei Paesi a maggioranza islamica, ha fatto notare come l’incontro con i musulmani sia abbastanza frequente in varie tappe del pellegrinaggio. In tali occasioni si avviano conversazioni, dialoghi, a volte anche discussioni, che non portano, però, a un avvicinamento delle posizioni religiose o delle idee, a motivo di convinzioni molto radicate. È possibile, inoltre, anzi doveroso, che i cristiani, nel pellegrinaggio, riscoprano la loro identità, cioè il loro essere discepoli di Gesù Cristo e impegnati nella “Missione ad Gentes”. Certo che l’archetipo del pellegrinare risiede nell’andare alla ricerca del volto di Cristo nella persona dei fratelli.

Dialogo, prendendo lo spunto dai precedenti interventi

● Non possiamo ridurre l’Islam alla descrizione rituale fatta da uno dei relatori perché essa non tiene conto della credenza che conosciamo. L’Islam contiene una verità spirituale ed esigere di carità verso gli altri. Se venisse ridotto all’aspetto rituale, non ci potrebbe essere il piacere del dialogo.

● Si rende omaggio a Don Andrea Santoro, sacerdote romano che ha perso la vita in Turchia. Predicatore avvincente, egli credeva che i musulmani lo avrebbero accettato e apprezzato. Il senso del trascendente che essi hanno si trasforma in frustrazione, in Europa, dove vige il secolarismo e l’indifferenza. Crediamo che il sangue dei martiri diventa seme di nuovi cristiani.

● In Libano, alcune Missionarie Francescane di Maria aiutano le prostitute. C’è una mafia che le controlla e c’è una complicità che permette la prostituzione. Si potrebbero mobilitare le madri di famiglia affinché cooperino a porre termine a questa situazione. Esiste un accordo tra la Caritas e il Libano per aiutare le donne oggetto di tratta.

L’Ecc.mo Mons. Segretario ha informato, poi, che il Comitato di Redazione si sarebbe riunito per preparare il documento finale. La prima parte conterrà la cronaca di cosa si è fatto in questi giorni (l’Evento). Ha chiesto quindi di mettere per iscritto eventuali suggerimenti, raccomandazioni e appelli che si desidera inserire nel Comunicato Finale.

Sua Eminenza il Presidente ha ringraziato, infine, i presenti per la pazienza, la partecipazione e l’attenzione. Ha espresso il proprio apprezzamento per gli interventi che hanno contribuito ad arricchire l’incontro e a fornire una visione d’insieme di quella pastorale specifica che è stata la grande intuizione di Papa Pio XII.

Mercoledì 17 maggio 2006, seduta mattinale

III° sotto-tema: Come migliorare la situazione? Prospettive

Nella giornata conclusiva, il Cardinale Presidente ha chiesto un rinnovato sforzo affinché il Comunicato Finale sia frutto della concertazione, dell’approvazione e del contributo di tutti. Ha comuni-cato quindi la riconferma “ad quinquennium” a Membro del Pontificio Consiglio di S.E. il Cardinale Rubiano Saenz, uno dei vete-rani del Dicastero. Ha infine richiamato all’attenzione di tutti il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa in cui sono presenti molte indicazioni per quanto riguarda i problemi affrontati da questa sessione e in genere dal Pontificio Consiglio. Il Compendio è stato tradotto in 16 lingue, ultima delle quali il catalano, ed è stato presentato in molti Paesi.

Nel suo intervento (letto in forma ridotta) l’Arcivescovo Giovanni Lajolo, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, ha affermato che, al di là di timori e titubanze, una gestione accorta e trasparente delle migrazioni potrebbe recare benefici sia ai Paesi di origine che a quelli di destinazione. Egli ha affrontato così un tema dibattuto in varie Nazioni europee, timorose di aprire l’acceso al proprio territorio e, tuttavia, in cronica necessità di manodopera giovane, flessibile e a buon mercato, il cui impiego lavorativo sembra avere limitate ricadute negative sull’occupazione dei lavoratori autoctoni. “La Chiesa – ha detto il Presule – in conformità alla natura cattolica della sua missione e alla sua scelta preferenziale per i poveri, è in favore dell’affermazione del diritto a emigrare e alla tutela dei diritti dei migranti. Ciò non toglie che sia grave compito dei politici regolare la consistenza e la forma dei flussi migratori, così che gli immigrati possano sentirsi accolti umanamente con dignità e la popolazione del Paese che li riceve non sia posta in condizioni oggettivamente favorevoli al rigetto, con conseguenze nefaste per gli immigrati, ma non meno per la cultura umana della popolazione ospitante e per i rapporti tra i popoli”. Notando che la religione costituisce per varie persone provenienti dai Paesi a maggioranza islamica, un elemento di profonda identificazione, il Presule ha riaffermato la necessità di un rigoroso e reciproco rispetto della libertà religiosa, con conseguente difesa delle minoranze e dei loro diritti umani. “Se da più parti – ha rilevato Mons. Lajolo – si invoca almeno la reciprocitàdel rispetto e delle concessioni (libertà di culto, costruzione di luoghi di culto, ...), tuttavia questo concetto, tra numerosi Stati di vari continenti, sembra per ora estraneo in materia religiosa a gran parte dei Paesi musulmani, che invocano per i loro cittadini all’estero la pienezza dei diritti che non riconoscono, invece, ai migranti di altre fedi sul proprio territorio”. Secondo Mons. Lajolo, la Santa Sede continuerà a dichiarare la propria ferma opposizione a ogni tentativo di usare la religione per giustificare il terrorismo e la violenza. Da ultimo il Segretario per i Rapporti con gli Stati ha fatto cenno al delicato problema della protezione dei cristiani in Paesi a maggioranza islamica, la cui mancanza sta inducendo migliaia di fedeli a lasciare la loro patria.

Il Card. Martino ha ringraziato per l’ampia panoramica, che sarà completata dalla lettura integrale dell’intervento, e grandemente aiuterà nel considerare tutto l’andamento di questa assemblea. L’Arcivescovo Lajolo ha sottolineato poi l’importanza del Compendio, di cui la Santa Sede fa grande uso anche nei doni, ai visitatori.

Corrispondente discussione

● Esiste un certo dialogo riuscito, ispiratore di pace. A livello internazionale occorre fare molta attenzione a ciò che avviene sul terreno dove ci sono a volte iniziative limitate, ma portatrici di avvenire. Occorre riunire tutte le micro-iniziative e considerare l’importanza delle donne e delle associazioni femminili. Nel settore dell’Apostolato del Mare, molte cose sono progredite grazie alle mogli dei marittimi. Le Università cattoliche in Paesi come il Libano, ad es., dovrebbero creare scuole di scienze politiche di ispirazione cristiana per un’élite sul piano dell’antropologia e della interpretazione dei testi, una sorta di ecumenismo di ispirazione cristiana aperta a tutti. Nei Paesi musulmani ci sono giovani di buona volontà.

● Esistono settori della società, anche in quella indù, aperti e ricettivi all’apporto della cultura cristiana e quindi desiderosi di dialogo e conoscenza. Converrebbe far leva su di essi. Si sono aperte strade interessanti dal punto di vista culturale, e che si possono utilizzare per comunicare e far crescere il rispetto reciproco. Le iniziative locali sono importanti, così come le associazioni femminili e la promozione delle donne. Sicuramente è importante il ruolo delle Università cattoliche, e della formazione a livello antropologico e giuridico, per fare evolvere la situazione. Si tratta di realtà per cui sarà necessario molto tempo. Anche qui è importante il ruolo delle ONG e delle famiglie cattoliche perché si trovano ogni giorno a contatto con il mondo islamico. È necessario che i Pastori sostengano questi sforzi e indirizzino la vita quotidiana delle associazioni di donne, di famiglie, delle ONG che si trovano anche a lavorare nel settore umanitario. Prezioso è l’auspicio per le Università cattoliche di diffondere la conoscenza cristiana.

● Le famiglie miste costituiscono un fenomeno rampante anche nel mondo migratorio, di cui non ci si occupa abbastanza. Sempre più esse rappresentano una fonte di conflitto potenziale in materia di diritto internazionale privato. La Chiesa può far ascoltare la propria voce per la salvaguardia dei bambini. La CEI ha approvato una direttiva al riguardo, nella linea dell’Istruzione EMCC. Le Chiese devono far sentire la loro voce e far conoscere la posizione ecclesiale su questi temi. Ogni Conferenza episcopale ha la possibilità di calibrare i principi da applicare in un modo rispondente alle esigenze del proprio Paese. I problemi esistono soprattutto quando gli sposi tornano in patria. Occorrerebbe far pensare, prima di concedere la dispensa canonica per il matrimonio.

● E’ stato suggerito che si potrebbe proporre una nuova redazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo in cui si parli anche dei doveri. Quando la Dichiarazione fu redatta, però, – è stato osservato – si usciva da una Guerra Mondiale e c’era una sensibilità umana che adesso non c’è più. Non si ricreerebbe cioè facilmente una situazione come quella e il rischio è che vi vengano inclusi nuovi tipi di famiglia e, di conseguenza, nuovi diritti che tali non sono. Andrebbe comunque ritoccata la Dichiarazione, con alcune precisazioni.

● In materia di dialogo interreligioso, ci sono già buoni contatti con gli indù, che vanno fatti nella misura del possibile. Il problema è complesso, culturale e politico. L’invito a riunire le micro-iniziative è buono e si cerca di farlo, ma sono necessarie informazioni specialmente da parte dei Vescovi. Informazioni più pubbliche ci consentirebbero di avere un quadro più generale per rafforzare la nostra azione.

● Quando si realizzano attacchi, sia in Paesi musulmani che indù, la Chiesa locale deve protestare e le altre Chiese locali nel mondo dovrebbero appoggiarla, affinché essa non rimanga sola a sopportare quella situazione. L’opinione pubblica mondiale può contribuire, molte volte, a calmare le acque come ad agitarle. Quanti sono ogni anno i moderni martiri uccisi nell’esercizio del loro apostolato? La Chiesa dei martiri è ancora viva oggi. La loro testimonianza è molto importante perché questo sangue è seme di cristiani.

Infine il Segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, l’Arcivescovo Robert Sarah, dopo aver tracciato un profilo dei migranti che provengono dall’Africa sub-sahariana, ha spiegato che le cause del loro esodo sono legate alla storia, alla situazione socio-politica, a situazioni drammatiche di insicurezza e guerra, alle condizioni economiche, a fenomeni culturali come la globalizzazione. A seguito poi delle guerre civili in alcuni Paesi, più di 4 milioni di persone sono fuggite altrove. Il Presule ha quindi spiegato che il cronico stato di povertà e insicurezza che rende il continente africano prono al sottosviluppo permanente, influisce negativamente sulle persone e le istituzioni, riduce gli investimenti esteri, incentiva la criminalità, ecc. Nel delineare poi il percorso che i migranti compiono per recarsi nel Maghreb, Mons. Sarah definisce una vera via crucis la tragedia vissuta da queste persone, trattate poi, all’arrivo, in modo umiliante e inumano. Mons. Sarah, dopo aver delineato i maggiori problemi che i migranti si trovano ad affrontare, ha offerto alcune soluzioni e prospettive. “La Chiesa, particolarmente quella d’Africa, ha il dovere di assumere sempre più integralmente il ruolo del buon samaritano”. I cristiani, da parte loro, sono invitati a svolgere con chiarezza e dedizione il loro ruolo nei confronti degli immigrati e dei rifugiati. Le Conferenze episcopali dei Paesi di partenza e di arrivo potrebbero dare il loro contributo, informando, aiutando e accompa-gnando chi vuole migrare nella legalità. Attenzione particolare andrebbe rivolta all’aiuto per l’integrazione, nel rispetto della cultura, della religione e dei valori umani fondamentali. Mons. Sarah ha invitato quindi a favorire il dialogo sociale, interculturale e anche inter-religioso.

Corrispondente dialogo

● L’intervento di Mons. Sarah ci ha dato realisticamente l’immagine delle sofferenze di quanti abbandonano la patria e, attraverso un vero calvario, arrivano alle spiagge della speranza. In genere questi viaggi giungono sulle pagine dei giornali quando succede qualcosa, cioè se una barca affonda e muoiono tante persone che speravano di ottenere un avvenire migliore. Chi arriva deve trovare soldi per pagare il viaggio ai “commercianti di carne umana”. Spesso quelli che non si muovono sono tanto poveri da non poter nemmeno affrontare un viaggio simile. La solidarietà internazionale deve arrivare lì dove c’è bisogno, affinché questa popolazione non abbia bisogno di partire. La globalizzazione deve essere soprattutto una globalizzazione della solidarietà, come diceva Papa Giovanni Paolo II.

● Bisogna fare tutto il possibile perché la gente non emigri, prepa-rando posti di lavoro in patria. A Tripoli (Libano) è stato creato un “college” ove oltre 1500 giovani, specialmente dell’Africa sub-sahariana, vengono formati per poi tornare nel proprio Paese con un mestiere e un’educazione religiosa. Parlando con i Vescovi africani ci si è chiesti perché le nostre opere per l’istruzione religiosa e l’avvio ad un mestiere vanno a rilento. Il fatto è che i Vescovi non hanno più fondi. La CEI è molto generosa nei confronti di queste Chiese ma non dà sovvenzioni per iniziative con “etichetta” religiosa. Il contributo dell’educazione è invece essenziale per limitare il fenomeno migratorio.

● L’opinione pubblica riflette su questioni teoriche e ciò porta al varo di leggi che non tengono conto dei problemi di giustizia internazio-nale e aumentano le cause di guerra. Quali iniziative a lungo termine si possono intraprendere a livello europeo? La presenza di 40 mila senegalesi in Italia è una sfida. Il loro viaggio viene garantito dalle confraternite musulmane. La responsabilità della Chiesa di partenza è molto importante per organizzare, accompagnare e facilitare questa migrazione di lavoro. È necessario operare nel senso della cooperazione tra Chiese di arrivo e di partenza.

● Il problema della scuola è molto importante in Africa, purtroppo mancano i mezzi. Quando i Vescovi chiedono un aiuto incontrano un rifiuto totale e molti di loro, di conseguenza, non fanno ruotare più la loro pastorale attorno al settore educativo, anche se esso è d’importanza capitale per uscire dalla povertà. Il Pontificio Consiglio potrebbe fare da intermediario, suscitando una sorta di collaborazione tra Chiese di partenza e di arrivo, e studiare le iniziative per migliorare l’accoglienza rispettiva. È importante che si superi la questione unicamente finanziaria, che si vada oltre, per condividere questioni umane e pastorali. La globalizzazione ci costringe a cambiare questa pastorale. 

● Il Pontificio Consiglio realizza una sempre maggiore collaborazione interdicasteriale con la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, come risulta da una lettera congiunta per far conoscere la nostra Istruzione. C’è anche una maggiore presenza nella nostra sede dei Vescovi africani in visita “ad limina”. Il nostro documento (EMCC) può fare riflettere e ci sono altresì suggerimenti concreti per l’accoglienza.

Al termine della Sessione Plenaria, il Cardinale Presidente ha sottolineato che, da queste tre giornate di lavoro, è emersa in modo particolare la necessità di interazione tra gli Organismi della Santa Sede, tra di loro e con le Chiese locali e tra Chiese locali. Non è più possibile vivere isolati nella propria nicchia. Egli ha poi ringraziato gli oratori per la ricca apertura della loro esperienza e tutti i presenti per aver attivamente partecipato alle discussioni, con pazienza. Ha espresso gioia e gratitudine al Santo Padre per aver ricevuto tutti personalmente e rivolto parole di incoraggiamento e indicazioni per la nostra pastorale. Un grazie anche a tutti i collaboratori, specialmente ai membri della “task force” che hanno reso possibile la realizzazione della Sessione, a cominciare dall’Ecc.mo Segretario che ha effetti-vamente guidato la discussione. Un ringraziamento speciale a coloro che hanno preparato il Comunicato finale e alle interpreti. Un apprezzamento particolare a S.E. Mons. Celata che ci ha aiutati a tenere il tema della nostra Plenaria collegato all’interesse e all’azione del Pontificio Consiglio per il dialogo inter-religioso, sottolineando e precisando alcune espressioni. L’Em.mo Presidente ha invitato a tornare nei rispettivi Paesi ricchi di quanto appreso e pronti ad incoraggiare quanti sono incaricati di questa pastorale. Se Dio è con noi chi sarà contro di noi? Soprattutto lineare è stato il bisogno di interazione e collaborazione tra i vari Dicasteri della Curia e tra le Chiese locali. In un mondo globalizzato non possiamo dispensarci dal farlo.

S.E. Mons. Marchetto ha, a sua volta, ringraziato il Presidente, il cui peso di direzione di due Pontifici Consigli è molto grave. Il Santo Padre gli ha chiesto un grosso sacrificio. Tutti gli hanno quindi augurato un proficuo lavoro e si sono detti disposti ad aiutarlo, in quanto possibile, a portare questa croce, che è però gloriosa.

L’assemblea, infine, ha espresso la propria riconoscenza al Card. Stephen Fumio Hamao per il lavoro compiuto durante il suo mandato di Presidente del Pontificio Consiglio. 

La Sessione Plenaria si è chiusa con la recita dell’Agimus.

Al termine degli interventi sopra riferiti, i Partecipanti hanno ancora dialogato sul tema loro proposto quest’anno, in vista della stesura di alcune conclusioni e raccomandazioni, approvando infine il testo seguente. 

Conclusioni e raccomandazioni

Migranti musulmani nei Paesi a maggioranza cristiana

1) A tale proposito si è osservato un aumento nella immigrazione dei musulmani verso i Paesi europei e il Nord America, di antica tradizione cristiana (v. EMCC 59 e 65), alla ricerca di lavoro o di democrazia, o a motivo di ricongiungimento familiare.

2) Da ciò è emerso l’incoraggiamento a favore di una integrazione (non assimilazione) dei musulmani immigrati (v. EMCC 2, 60-61).

3) Di conseguenza, specialmente i cattolici sono chiamati a essere solidali e aperti alla condivisione con gli immigrati musulmani, conoscendo meglio la loro cultura e religione, testimoniando al tempo stesso i propri valori cristiani, anche nella prospettiva di una nuova evangelizzazione, rispettosa – certo – della libertà di coscienza e di religione (v. EMCC 59 e 69).

4) I cristiani, cioè, devono approfondire la loro identità (v. EMCC 60) di discepoli di Cristo, testimoniandola nella vita e riscoprendo il loro ruolo in tale nuova evangelizzazione (v. EMCC 86-88).

5) È risultato dunque importante affermare la necessità del rispetto mutuo e della solidarietà umana, in un clima di pace, con base nella centralità della persona umana, della sua dignità e dei suoi diritti-doveri.

6) Naturalmente i diritti umani e le libertà di ognuno vanno insieme con quelli delle altre persone. 

Dialogo

7) Fra i Partecipanti alla Plenaria si è manifestata fortemente la coscienza della necessità di un dialogo autentico fra credenti di varie religioni e specialmente tra cristiani e musulmani (v. EMCC 69).

8) In tale contesto si è ritenuto importante un rapporto basato sulla “emulazione spirituale”.

9) Così, se il dialogo fra cristiani e musulmani è necessario ovunque, lo è specialmente nelle società occidentali per migliorarvi la conoscenza reciproca, la comprensione, il mutuo rispetto e la pace.

10) In ogni caso, mentre risulta necessario accogliere gli immigrati musulmani con rispetto della loro libertà religiosa, è pure imprescindibile che essi rispettino la identità culturale e religiosa delle società che li accolgono.

11) È parso inoltre rilevante saper distinguere quel che tali società possono tollerare o no della cultura islamica, quel che va rispettato o condiviso, in relazione ai credenti di altre religioni (v. EMCC 65 e 66), con possibilità di dare indicazioni, a tale riguardo, anche ai politici, per una giusta formulazione della legislazione civile, nel rispetto delle competenze di ciascuno.

12) Ciò significa che si deve anche proporre un modello di dialogo religioso che non sia una mera conversazione, o un semplice ascoltarsi, ma che giunga a rivelare reciprocamente le proprie profonde convinzioni spirituali.

13) Risulta quindi importante accompagnare il partner dialogante nel processo di riflessione sulle dimensioni etiche e attuali, e non solo teologiche e religiose, delle conseguenze di richieste fatte alla società civile, pur nel rispetto della distinzione fra dialogo civile e dialogo religioso.

14) Data l’importanza, riaffermata, del principio di reciprocità (v. EMCC 64), confermato dal Santo Padre nel suo discorso ai Partecipanti alla Plenaria, risulta necessario dunque procedere verso una distinzione fra la sfera civile e quella religiosa anche nei Paesi islamici.

15) In ogni caso è fondamentale, in tale contesto, distinguere Occidente e Cristianesimo, poiché spesso i valori cristiani non ispirano più atteggiamenti, posizioni o azioni (in relazione anche all’opinione pubblica) nel cosiddetto mondo occidentale (v. EMCC 60).

16) I Partecipanti alla Plenaria hanno espresso altresì la speranza che, dove cristiani e musulmani vivono insieme, essi possano unire i loro sforzi con quelli degli altri concittadini, per garantire a tutti, senza distinzione di religione, il pieno esercizio dei propri diritti e delle singole libertà, in quanto individui e membri di una comunità. 

Situazione in alcuni Paesi a maggioranza islamica

17) D’altra parte, in Paesi a maggioranza islamica, risulta che cristiani e, generalmente, lavoratori immigrati poveri e senza vero potere contrattuale, sperimentano gravi difficoltà per il riconoscimento dei loro diritti umani. Questi ultimi, inoltre, hanno poca possibilità di far valere la loro causa in giustizia, poiché possono essere facilmente puniti o espulsi.

18) La Chiesa è dunque chiamata ad aiutare i migranti cristiani in tali Paesi, come pure nell’universo mondo, nel rispetto della legalità e con interesse per la stesura di una giusta legislazione in rapporto alla mobilità umana e nella protezione legale di quanti vi sono coinvolti. Non è mancato comunque chi ha ricordato che, all’interno dei vari Paesi, vi dovrebbe essere una situazione tale da non esigere l’andata all’estero dei propri cittadini, per sopravvivere.

19) Inoltre, conformemente al dettato del Decreto Conciliare Christus Dominus (N. 18), la Chiesa deve assicurare, anche a coloro che hanno difficoltà o non possono usufruire della cura pastorale ordinaria, e cioè territoriale, a causa della loro mobilità, una pastorale specifica e anche integrata. E ciò vale pure per i Paesi a maggioranza islamica.

20) In essi il compito della Chiesa locale è quello dell’accoglienza degli immigrati e itineranti, nonostante la scarsità di personale e l’inadegua-tezza, magari, delle proprie strutture.

21) A tale riguardo sono necessari il dialogo e la collaborazione tra Chiese locali di origine dei migranti e itineranti e quelle di destinazione, per la loro assistenza spirituale, e ciò è del resto regola generale per tutti i Paesi (v. EMCC 70 e 50-55).

22) Si devono inoltre aiutare i migranti internazionali a dare il loro contributo alla comunità dove essi vivono e alla porzione locale del Popolo di Dio.

23) Al tempo stesso la comunità di accoglienza deve sviluppare un senso di solidarietà verso gli immigrati o chi si trova in simili circostanze. 

Sollecitudine della Chiesa nei vari settori 

della mobilità umana 

I Partecipanti alla Plenaria si sono inoltre soffermati a considerare i vari settori di migrazione e itineranza. Per tutti vale la convinzione che, per i migranti

24) La Chiesa deve vegliare per una giusta loro integrazione, con dovuto rispetto della cultura e religione di ciascuno (v. Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, 8, e Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2005, 3).

25) Perciò la Chiesa incoraggia un dialogo che sia interculturale, sociale e religioso, nel rispetto delle debite distinzioni (v. Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, 12).

Per i vari settori si è rilevato anzitutto

26) La necessità di creare legami di amicizia, in un’atmosfera di considerazione per le differenze culturali e religiose, anche con coloro che pensano, come migranti, a un ritorno ai luoghi di origine o con gli studenti esteri (internazionali), che saranno i futuri leader dei loro Paesi.

27) Per i rifugiati e gli studenti esteri, ma non solo, è stata auspicata la creazione di cappellanie.

28) Per i pellegrinaggi si è sottolineata la necessità che i pellegrini siano invitati a ricercare il volto di Dio anche nei credenti delle altre religioni.

29) Negli aeroporti, crocevia di genti diverse, e nelle stazioni ferroviarie, è stata auspicata la presenza di cappelle specificamente cattoliche, o luoghi di preghiera, anche multi-religiosi, quando solo ciò sia possibile.

30) Nei centri “Stella Maris” (Apostolato del Mare) varrà continuare nell’accoglienza anche dei marittimi musulmani, con rispettoso aiuto spirituale, quando richiesto.

31) Nei riguardi della popolazione zingara, oggetto di emarginazione, xenofobia e razzismo, si ritiene necessario rafforzare la coerente maturità delle società democratiche, nonché la loro capacità di comprendere e rispettare la diversità sociale, culturale e religiosa degli Zingari (v. Orientamenti per una Pastorale degli Zingari 50).

32) Per le “donne di strada” – considerato che molte volte la povertà e il traffico di esseri umani portano al commercio del proprio corpo, e che la prostituzione può dipendere da cristiani e da musulmani – si reputa necessario formare una coscienza che miri a tutta la società.

33) Comunque un rinnovato impegno va posto per coinvolgere le donne specialmente nelle decisioni che le riguardano, così come nell’opera di convincimento dei genitori a dare anche alle ragazze una educazione equipollente a quella dei maschi, che includa natural-mente la formazione etica. 

Scuole ed educazione

I Partecipanti alla Plenaria hanno fortemente sottolineato il fatto che

34) È importante assicurare l’educazione delle nuove generazioni, anche perché la scuola ha un ruolo fondamentale per vincere il conflitto dell’ignoranza e dei pregiudizi e per conoscere correttamente e obiettivamente la religione altrui, con speciale attenzione alla libertà di coscienza e religione (v. EMCC 62). Per i cristiani, poi, si provvederà a fornire la base di un discernimento evangelico dell’esperienza religiosa degli altri credenti (v. EMCC 65) e dei segni dei tempi.

35) Risulta perciò indispensabile lavorare per una verifica nei testi scolastici anche per quanto riguarda la presentazione storica legata alle religioni, che forgia la propria identità e trasmette una immagine di quella religiosa altrui.

36) Si ritiene comunque necessario approfondire studi, insegnamenti e ricerche per ciò che concerne i vari volti dell’Islam storico e/o contem-poraneo, pure nella sua variegata accettazione di una sana modernità (v. EMCC 66).

37) I genitori musulmani, e i loro responsabili religiosi, vanno aiutati a comprendere le rette intenzioni dei sistemi educativi occidentali e le concrete conseguenze di un rifiuto dell’educazione impartita nelle scuole di tali sistemi, nel cui seno i loro figli vivono. 

Gli Stati e la libertà religiosa

38) Poiché molto spesso è lo Stato a dare “forma” all’Islam in una certa Nazione a maggioranza islamica, a organizzare il culto, a inter-pretarne lo spirito, a trasmetterne il patrimonio, dando alla società un carattere globalmente islamico, i non musulmani vi si sentono molto spesso cittadini di seconda classe. Per gli immigrati cristiani la difficoltà è quindi ancora maggiore.

39) È perciò necessario impegnarsi ovunque perché prevalga la cultura del convivere fra autoctoni e immigrati, in spirito di mutua comprensione civile e di rispetto dei diritti umani di tutti. Bisogna cercare poi cammini di riconciliazione e di purificazione delle memorie (v. EMCC 65), come pure procurare di farsi avvocati in difesa della libertà religiosa – nostro costante imperativo – e del bene comune per tutti nel rispetto delle minoranze. Si tratta in tal caso di un chiarissimo segno di autentica civiltà.

40) Con soddisfazione si è costatato che molti Stati a maggioranza islamica hanno stabilito relazioni diplomatiche con la Santa Sede, diventando con ciò più sensibili verso i diritti umani e mostrandosi desiderosi di un dialogo interculturale e interreligioso, in una cornice di sana pluralità.

41) In tale contesto vanno deplorate, in alcuni Paesi, le restrizioni dei diritti umani, specialmente legati alle differenze religiose, e l’assenza della libertà anche di cambiare religione. Si spera comunque che le Autorità pubbliche dei Paesi di origine degli emigrati cristiani aiutino i loro cittadini, nei Paesi islamici, a ottenere di poter esercitare effettivamente il diritto di libertà religiosa.

42) Tali Paesi sono quindi incoraggiati a creare spazi di dialogo con quelli a maggioranza islamica su questioni riguardanti il bene comune universale, il rispetto delle minoranze, i diritti umani e specialmente la libertà religiosa, fondamento di tutte le libertà.

43) La Chiesa comunque deve proseguire nelle iniziative di dialogo interculturale e interreligioso a vari livelli, soprattutto quando questo viene facilitato dai responsabili politici.

44) La cooperazione fra istituzioni cristiane e musulmane nell’aiuto a individui e popolazioni in necessità, senza alcuna discriminazione, è un segno efficace atto a superare pregiudizi e chiusure per giungere a una mutua e ragionevole apertura.

45) La crescente estensione del convivere di musulmani e cristiani può offrire una opportunità per collaborare insieme in vista di un mondo più pacifico, rispettoso dell’identità di ciascuno e più unito nel servizio del bene comune, dato che formiamo un’unica famiglia umana, che ha bisogno di speranza (v. EMCC 101-103).

46) In tale contesto, la collaborazione è di capitale importanza anche tra i vari Dicasteri della Curia Romana, le Conferenze episcopali e le Chiese particolari.

47) Fattore di unità, nelle legittime diversità, sarà la coscienza della dignità di ogni persona umana, di qualsiasi etnia, cultura, cittadi-nanza o religione. È valore che si afferma sempre più universal-mente, nonostante tante incoerenze e concreti rinnegamenti nell’agire quotidiano.

48) In tale contesto i Partecipanti alla Plenaria hanno dedicato particolare attenzione al Continente africano, specialmente bisognoso di stabilità politica e di cooperazione multilaterale, in vista di un suo sviluppo pacifico e integrale.

49) Anche a tale riguardo sono state considerate alcune cause di tensione e conflitto, con auspicio a risolvere con giustizia e prontamente tali situazioni, altresì per prevenire guerre, violenza e terrorismo. Bisognerà evitare comunque che la religione sia usata abusivamente per inculcare odio verso i credenti di altre religioni o per ragioni politiche o ideologiche.

50) Si spera dunque che intellettuali musulmani e cristiani, a nome di un comune umanesimo e delle loro rispettive credenze, si pongano le drammatiche questioni legate all’uso della violenza, spesso ancora perpetrata in nome della religione. 

Ruolo dei media

51) Particolare importanza a essi si riconosce nella creazione di un clima adatto di comprensione e di rispetto nell’informazione sui fenomeni religiosi. I giornalisti e gli operatori dei mass media in genere devono assumersi quindi le proprie responsabilità, non solo riguardo alla libertà di espressione, in un mondo sempre più globa-lizzato, specialmente per quel che concerne l’informazione.

52) I mass media possono anche offrire un importante contributo alla “formazione” (e, purtroppo, viceversa, alla deformazione) di cristiani e musulmani. 

Si rileva, infine, umilmente, la viva soddisfazione dei Partecipanti alla Plenaria per contenuto, metodo di lavoro e attualità di questa Ses-sione, che ha suscitato vivo interesse anche nei mezzi di comunicazione sociale.

 

Città del Vaticano, 19 giugno 2006

 

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