Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People People on the Move N° 101 (Suppl.), August 2006 L Esperienza del Pellegrinaggio nei Paesi Islamici Rev. Mons. Liberio ANDREATTA Amministratore Delegato Opera Romana Pellegrinaggi 1. Premessa La parola ÂÂÂIslam è un termine arabo che significa ÂÂÂsottomissione a Dio. La Fede e la vita etico-morale dellÂÂÂIslam poggiano su 5 pilastri: 1) La professione di fede: non esiste altro Dio che Allah e Maometto è il suo Profeta. 2) La preghiera rituale fatta 5 volte al giorno. 3) LÂÂÂelemosina. 4) Il digiuno nel mese del Ramadan. 5) Il pellegrinaggio alla Mecca, da compiere almeno una volta nella vita. CÂÂÂè una differenza essenziale tra la pratica musulmana dellÂÂÂetica e la spiritualità cristiana: la preghiera, il digiuno, lÂÂÂelemosina, la purificazione sono nellÂÂÂIslam un atto giuridico, non spirituale. Tutto viene concepito alla maniera dellÂÂÂAntico Testamento. Gesù entra in contrasto con questo legalismo religioso esteriorizzante: ÂÂÂNon sapete che tutto ciò che entra nella bocca passa nel ventre e va a finire nella fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore: questo rende immondo lÂÂÂuomo (Mt 15, 17-18). CÂÂÂè però una differenza ancora più essenziale e fondamentale tra Islam e Cristianesimo. Scrivono i Vescovi dellÂÂÂEmilia Romagna a proposito delle conversioni di cristiani allÂÂÂIslam: ÂÂÂPer chi è veramente cristiano, per chi si è donato al Signore Gesù con tutto il suo essere, per chi ha assaporato la gioia di appartenere alla Santa Chiesa Cattolica, per chi sa di essere destinato a partecipare al destino di gloria del crocefisso risorto ed entrare nellÂÂÂintimità della Trinità augustissima, per chi ha accolto come norma totalizzante del suo agire la legge evangelica dellÂÂÂamore, quella di farsi musulmano è lÂÂÂultima e la più improbabile delle tentazioni che gli possano capitareÂÂÂ. E non già perché il cristianesimo sia una religione migliore dellÂÂÂislam: è semplicemente imparagonabile. È imparagonabile perché non è soltanto una religione, ma è un ÂÂÂfatto coinvolgente e deificante: non è soltanto una comunicazione di idee, un insieme di precetti, una pratica rituale. È una totale trasfigurazione della realtà umana che progressivamente ci assimila a cristo, Colui nel quale ÂÂÂabita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9) ed è il compendio di ogni verità, di ogni giustizia, di ogni bellezza (cfr. ÂÂÂIslam e cristianesimoÂÂÂ, Documenti Chiese Locali 99, EDB). Benedetto XVI, nella sua recente Enciclica Deus Caritas est, afferma: ÂÂÂAllÂÂÂinizio dellÂÂÂessere cristiano, non cÂÂÂè una decisione etica, o una grande idea, ma lÂÂÂincontro con un ÂÂÂavvenimentoÂÂÂ, con una ÂÂÂpersonaÂÂÂ, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò una direzione decisivaÂÂÂ. Concludendo questa prima riflessione possiamo dire che lÂÂÂIslam ha come fondamento il Corano; e la rivelazione coranica è un dogma essenziale per il musulmano. Il Corano non è soltanto un testo rivelato ma ÂÂÂmunzalÂÂÂ, vale a dire ÂÂÂdisceso su Maometto. Se il Corano è ÂÂÂdisceso non vi è alcuna possibilità di interpretazione critica o storica. Il Cristianesimo non ha come fondamento un libro, i Vangeli, ma un ÂÂÂavvenimentoÂÂÂ: ÂÂÂil Verbo si è fatto carne e ha posto la Sua tenda in mezzo a noiÂÂÂ, entra nella nostra storia e con la sua Pasqua dà senso alla storia dellÂÂÂuomo, liberandolo dalla schiavitù e aprendo un cammino verso la libertà. ÂÂÂPer i musulmani il Corano si può paragonare a Cristo. Cristo è il Verbo di Dio incarnato, il Corano  mi si perdoni il gioco di parole  è il Verbo incarnato, fissato sulla carta (Samir Khalil Samir). 2. Luoghi del pellegrinaggio Sono molti i paesi del mondo, visitati dai pellegrini dellÂÂÂOpera Romana Pellegrinaggi, dove gli islamici costituiscono la totalità o una discreta percentuale della popolazione. Possiamo dividere in tre categorie i paesi islamici dove lÂÂÂOpera realizza i suoi itinerari:
- Paesi dove non si attuano pellegrinaggi veri e propri, ma solo degli itinerari religioso-turistico-culturali, per cui non ci sono approcci con la realtà socio-religiosa del territorio (ad esempio lÂÂÂIran, lÂÂÂAzerbaijan, il Pakistan o lÂÂÂIndonesia);
- Paesi dove vengono organizzate delle iniziative a carattere missionario, incontrando comunità cattoliche rette da sacerdoti indigeni, da missionari europei o da religiosi (come le Suore di Madre Teresa presenti in India), con particolare attenzione verso quelle opere di carità che sono al servizio degli ÂÂÂultimiÂÂÂ (ad esempio Filippine, India, Kenya e Marocco).
- Paesi del Medio Oriente, o Vicino Oriente, dove si compiono veri e propri pellegrinaggi verso le origini della nostra storia e le radici della nostra fede (Terra Santa, Egitto, Turchia, Siria, Giordania, Libano, Libia e Tunisia).
LÂÂÂincontro con i musulmani si fa concreto nelle varie tappe del pellegrinare, con fatti storici, con persone, con monumenti, con lÂÂÂarcheologia, soprattutto nelle terre bibliche del Medio Oriente. Oggi si parla molto di ÂÂÂdialogoÂÂÂ ma non sempre si approfondisce il contenuto della parola che diventa per molti un termine alla moda che ha perso il suo profondo significato di colloquio, conversazione, incontro, o quello più polemico di disputa, discussione. È inutile porsi sul piano della disputa o della discussione: le convinzioni dei musulmani sono molto radicate e, dal punto di vista del ragionamento, è impossibile arrivare ad una conclusione condivisa. La sicurezza, nei musulmani, della verità dellÂÂÂislam e della falsità del cristianesimo, parte dal fatto che lÂÂÂislam è stato rivelato dopo Gesù Cristo. ÂÂÂCome Mosè è stato superato da Cristo e gli Ebrei si sono convertiti a Cristo, così Cristo è stato superato da Maometto e perciò noi dobbiamo convertirci allÂÂÂIslamÂÂÂ. Dialogare, nel senso di colloquio, conversazione, incontro, è possibile e utile, ma è molto difficile ottenere risultati di avvicinamento di posizioni religiose o di idee. Quello che noi, come cristiani pellegrini, siamo chiamati a fare è: essere noi stessi, perché soltanto essendo se stessi si può essere un servizio per i musulmani dal punto di vista della verità, della storia della salvezza e dal punto di vista del rispetto per lÂÂÂuomo, immagine del Dio vivente. È questo il nostro modo di evangelizzare: lÂÂÂautenticità nella verità e nella carità. Il pellegrino che percorre le orme dei Padri, di Cristo, degli Apostoli, entra nella storia della salvezza: si fa intimo di Cristo, vive la Chiesa e come Chiesa è buona notizia per il mondo, facendo presente nella sua vita lÂÂÂamore di Dio per i peccatori. Non si tratta tanto di parlare di Cristo, ma essere Cristo. I pellegrini, infatti, non percorrono queste ÂÂÂTerreÂÂÂ come storici, teologi, biblisti, ma soprattutto come persone che, alla ricerca del volto di Dio, desiderano scoprire il senso della loro vita alla luce della Storia della Salvezza. In Egitto, per esempio, si fa presente lÂÂÂesodo: un cammino dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dallÂÂÂegoismo allÂÂÂamore che Dio ha operato nella storia per lÂÂÂuomo di ogni tempo e di ogni razza. Questo cammino che si compie nel deserto, immagine della vita dellÂÂÂuomo che uscendo dalla confusione delle sue megalopoli e della sua vita, cerca il silenzio e lÂÂÂintimità con la parola. Il deserto è una grande palestra di disalienazione per lÂÂÂuomo: ÂÂÂRicordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere per 40 anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avessi osservato o no i suoi camminiÂÂÂ
per farti capire che lÂÂÂuomo non vive soltanto di pane, ma che lÂÂÂuomo vive di quanto esce dalla bocca di DioÂÂÂ (Dt 8,2-3). Il deserto diviene così il memoriale-archetipo dellÂÂÂuomo-pellegrino, del suo rapporto con se stesso, con Dio e con gli altri. Bisogna imparare a vivere liberi da fronzoli, accettando la precarietà del quotidiano e lÂÂÂessenzialità della vita. Questo cammino nel deserto è per salire verso la santa montagna dove il Signore aspetta lÂÂÂuomo per elevarlo alla sua intimità: lasciare il modo di vivere che ci insegna a guardare ÂÂÂin bassoÂÂÂ. Paolo grida ai cristiani: ÂÂÂSe dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo, seduto alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terraÂÂÂ
Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi, e quellÂÂÂavarizia insaziabile che è idolatriaÂÂÂ (Col 3,1-5). NellÂÂÂascesa al monte, il pellegrino percorre il suo esodo pasquale, dalla morte alla risurrezione, dallÂÂÂuomo vecchio schiavizzato dai vizi, allÂÂÂuomo nuovo. Anche in Giordania, salendo soprattutto al Monte Nebo, il pellegrino è chiamato a vivere nella verità il suo rapporto con Dio con se stesso e con gli altri. ÂÂÂDa questo monte, Mosè poté guardare la Terra Promessa, senza la gioia di toccarla, ma con la certezza dÂÂÂaverla ormai raggiunta. Il suo sguardo dal Nebo è il simbolo stesso della SperanzaÂÂÂ (Giovanni Paolo II, Lettera sul Pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza - 29 giugno 1999). Agli occhi di tutti noi la morte di Mosè prima di entrare nella Terra Promessa potrebbe apparire come lÂÂÂingiustizia terribile di un Dio mostro, che non riconosce i meriti dei suoi eletti. E invece si manifesterà come la proclamazione assoluta dellÂÂÂamore di Dio che lotta contro ogni forma di idolatria che schiavizza il nostro cuore. Nella contemplazione della Terra Promessa dal Monte Nebo, oltre la proclamazione della Parola, meditiamo sempre con i pellegrini un Midrash ebraico sulla morte di Mosè. È una citazione abbastanza lunga, ma estremamente proficua. Vi invito a meditarla. ÂÂÂQuando il Santo, sia Egli Benedetto, disse a Mosè: «Ecco si avvicina per te il tempo di morire», il cuore di Mosè si spaventò, le viscere gli tremarono, cominciò a piangere e implorò il Santo, sia Egli Benedetto, dicendo: «Ti prego Signore, fa che io possa passare a vedere la Terra che Tu hai promesso». Ma il Signore non risposeÂÂÂ
«Eterno Dio del mondo! Tutto ti è rivelato, nulla ti è nascosto. Tu conosci la mia angoscia e tutto ciò che ho dovuto sopportare per il Tuo Popolo in questi quarantÂÂÂanni nel deserto: ho insegnato loro la Tua Torah, facendo nascere nei loro cuori la Fede in Te. Ed ora, quando stanno per entrare nella Terra che Tu hai promesso, Tu mi dici: devi morire! Non ho camminato, forse, nel Tuo sentiero? Che colpa ho commesso per essere trattato in questo modo?». Umanissima e tragica, questa richiesta di Mosè! Raccontando questo episodio sul Monte Nebo i pellegrini, i Vescovi e i presbiteri si commuovono fino alle lacrime. Tutta una vita dedicata a Dio e spesa per il Suo Popolo e quando ti aspetti di raggiungere la ricompensa, ti senti respinto, messo da parte proprio nel momento di raccogliere i frutti del lavoro fatto con tanti sacrifici. Ci si sente come dei falliti, dei riprovati forse a causa dei propri peccati, delle mancanze per debolezza, si dubita di Dio e della Sua misericordia. ÂÂÂIl Santo, sia Egli Benedetto, rispose: «Ricerca il tuo peccato Mosè!». «È forse perché al roveto Ti ho chiesto di mandare un altro?» chiese. «Questo peccato è figlio di un altro peccato», rispose il Signore. «Perché presso la roccia di Meriba ho dubitato della Tua Provvidenza?». «Questo peccato è figlio di un altro peccato. Ricerca Mosè». Implorò Mosè: «Signore, dimmi qualÂÂÂè questo peccato». Allora Dio disse: «Hai dubitato di me e ti perdono; hai dubitato di te e ti perdono; ma tu hai dubitato della tua comunità, non hai mai avuto veramente fiducia che si convertisse: perciò non puoi entrare nella Terra Promessa. Questo è ciò che bisogna sperare con tutto il cuore, con tutta lÂÂÂanima, con tutte le forze ». «Ho creduto e credo in loro Signore, ma mi hanno deluso tante volte! Sono forse io, Dio che debba avere la Tua stessa Pazienza?». «Ecco il tuo peccato, Mosè, ci sei arrivato finalmente! Chiunque vorrà aiutarmi a salvare lÂÂÂuomo, deve avere la mia stessa Pazienza, perché la mia Pazienza ha un nome: Amore». Allora Mosè si ricordò della preghiera che aveva rivolto al Signore, in favore dei figli dÂÂÂIsraele e la ripeté: «Signore, Signore, Dio clemente, misericordioso, lento allÂÂÂira e ricco di graziaÂÂÂ
». «Quel giorno tu mi hai pregato di perdonare al tuo popolo e Io lÂÂÂho fatto. Ma ho giurato anche di non farti entrare nella terra che ho promesso a Israele, nella quale fra un po entreranno. Però voglio lasciarti unÂÂÂultima opportunità: decidi Tu. O nella Terra entra Israele e tu muori; oppure tu entri nella Terra e Io cancello Israele dalla faccia della Terra, poiché è e resterà una comunità di dura cervice! Ma io così voglio amarla. Chi devo salvare dunque, te o loro?». A quelle parole Mosè si sentì ancora più angosciato, ma capì in quel momento il vero significato di tutta la sua vita, la sua missione, di tutto il cammino nel deserto, e del perché, il Santo, sia Egli Benedetto, avesse chiamato proprio lui, quel giorno, dal roveto ardente. Piangendo, ma senza esitare rispose: «Periscano mille Mosè e mille ancora come lui, ma non perisca nessuno del Tuo Popolo Israele» (V. Brosco, Roveto Ardente, Chirico, pp. 275 ss). Anche lÂÂÂapostolo Paolo, nel suo amore verso il Popolo chiamato da Dio, afferma con forza: ÂÂÂVorrei io stesso essere anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli (Rm 9,3). Sulla croce Cristo diventa anatema in favore nostro. Sul Monte Nebo è innalzata una croce: essa rende presente il fine e la spiritualità del nostro pellegrinaggio religioso e laico: rassomigliarsi a Cristo senza il quale tutta la nostra vita manca di Luce e di Sapienza; e arrivare così alle radici profonde del nostro essere uomo. In Turchia, per esempio, visitando le moschee si può evangelizzare facendo una comparazione tra i pilastri dellÂÂÂIslam e la spiritualità cristiana. La professione di fede NellÂÂÂIslam basta che pronunci la formula con la bocca. Nel Cristianesimo è adesione esistenziale a Cristo: essere come Lui. Il pellegrinaggio NellÂÂÂIslam è verso un luogo vuoto: tutto resta come prima di averlo fatto, hai una medaglia in più. Nel Cristianesimo, come abbiamo visto, il pellegrinaggio esteriore è lÂÂÂoccasione di un rinnovato rapporto con Dio e con i fratelli nella tua storia di ogni giorno. La preghiera NellÂÂÂIslam è piena di timore; una preghiera fatta da servi. Non a caso il nome più diffuso tra i musulmani è ÂÂÂabd che significa ÂÂÂservoÂÂÂ. Prostràti davanti ad Allah. Nel Cristianesimo siamo realmente Figli di Dio e preghiamo il Padre. Nella Eucarestia, mangiando Cristo, diventiamo Lui. Che meraviglia di Buona Notizia: sederci a Mensa con Dio e diventare suoi intimi. Il digiuno NellÂÂÂIslam è rituale, legale. Si attua nel mese del Ramadan, dallÂÂÂalba al tramonto. Nel Cristianesimo è pasquale. Quando sarà tolto lo sposo, non è penitenziale né di purificazione, ma è lÂÂÂannuncio della vita sulla morte; partecipando alla Sua morte risorge-remo con lui. LÂÂÂelemosina NellÂÂÂIslam è obbedienza ad una prescrizione del Corano. Nel Cristianesimo è lÂÂÂagape, come anche il Papa afferma nella sua prima Enciclica: è lÂÂÂespressione della carità verso i fratelli. Fa presente la fede: ÂÂÂla fede senza le opere è morta (Gc 2,17). Ad Istanbul, ad esempio, visitando il gioiello di architettura e iconografia che è il S. Salvatore in Chora, riscontriamo sempre la gioia e la curiosità interessata delle guide turche nellÂÂÂascoltare i Vangeli dellÂÂÂInfanzia di Gesù. In Cappadocia sperimentiamo le origini ricche di fede delle comunità primitive, visitando le chiese rupestri e immergendoci nella novità antica della Basiliade: una città della gioia, fondata da Basilio il Grande nel IV secolo. Il Vangelo è sempre fecondo di Fede e di Carità. Credo che questi esempi possano essere sufficienti per evidenziare, un poÂÂÂ, lÂÂÂesperienza del pellegrinaggio nei paesi islamici, e quello che lÂÂÂOpera Romana Pellegrinaggi fa in questi paesi. Per gli itinerari negli altri paesi può essere utile consultare le schede pastorali nella pubblicazione dellÂÂÂOpera: ÂÂÂI nuovi Itinerari dello SpiritoÂÂÂ. 3. Conclusione Mi si permetta ora, come conclusione, una riflessione a margine di questa esperienza nei paesi islamici. LÂÂÂimmigrazione a causa della povertà e della ricerca di sicurezza di un lavoro, ha portato migliaia di islamici in Europa, nelle nostre nazioni di antica tradizione cristiana, creando non pochi problemi sociali anche al di là della tanto diffusa paura del terrorismo fondamentalista. Il problema, però, appare più serio. In Europa si è passati dalla presenza dei musulmani alla presenza dellÂÂÂIslam. Questa presenza non si prospetta come transitoria. Con lÂÂÂabbandono del Cristianesimo da parte dellÂÂÂEuropa e la crescente crisi sociale che nella mancanza dei valori porta sempre più le nuove generazioni a rifiutare culture tradizionali e lavori umili, le immigrazioni di musulmani andranno sempre più aumentando, anche per il fenomeno dei ricongiungimenti familiari. Anzi molti si chiedono se lÂÂÂIslam, soprattutto attraverso lÂÂÂimmigrazione e una natalità superiore alla media, non stia invadendo a poco a poco lÂÂÂEuropa per trasformarla in ÂÂÂterra islamicaÂÂÂ. E allora poniamo alla nostra attenzione questa domanda: «Quale pellegrinaggio attuare in questa ÂÂÂnuova terra islamica?». Una risposta a questa domanda potremmo trovarla nellÂÂÂesperienza che abbiamo fatto nei paesi islamici:
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È indispensabile che i cristiani riscoprano lÂÂÂidentità di essere discepoli di Gesù Cristo e allo stesso tempo la ÂÂÂMissione ad GentesÂÂÂ. Dio ha voluto i cristiani anche per i musulmani, nel testimoniare loro la Buona Notizia del Vangelo fino al martirio: pensiamo al nostro assistente spirituale Don Andrea Santoro. Dio ha permesso i musulmani per i cristiani, perché vivessero in continua conversione: riscoprendo che non sono chiamati a contrapporsi a nessuno, ma sono chiamati a vivere per gli altri.
- Ma tutto questo non è possibile se non si abbandona la secolarizzazione, male oscuro dellÂÂÂEuropa, e si rinnova il nostro rapporto con Dio, vivendo la Fede nella Preghiera e nella Carità.
- Vivere come pellegrini, in questo mondo, come i nostri padri, in continuo esodo cercando la città il cui costruttore è Dio: ÂÂÂPerciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori dalla porta della città. Usciamo dunque anche noi dallÂÂÂaccampamento, e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio, perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura. Per mezzo di lui dunque offriamo continuamente un sacrificio di lode a Dio, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nomeÂÂÂ (Eb13,12-14)
La lettera agli Ebrei ci mostra lÂÂÂarchetipo del pellegrinare: andare alla ricerca del volto di Cristo nella persona dei fratelli. Cercare lÂÂÂintimità con Dio rinunciando alle nostre sicurezze blasfeme. Spiantare continuamente le tende per vivere un esodo dai nostri schemi schiavizzanti alla Parola liberante di Dio. |