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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 101 (Suppl.), August 2006

 

 

Il tema della Plenaria

dai nostri recenti documenti e congressi

 

 

Cardinale Renato Raffaele MARTINO

Presidente

Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

 

 

Eminenze, Eccellenze,

Reverendi Monsignori, Padri, Sorelle,

Signori e Signore, 

E’ con grande gioia che vi porgo il mio più cordiale benvenuto a questa XVII Assemblea Plenaria del nostro Pontificio Consiglio: è la prima mia come Presidente di questo Dicastero. Il tema che vogliamo affrontare è “Migrazione e itineranza da e per i Paesi a maggioranza islamica”.

Per costatare quanto esso sia stato già oggetto di considerazione, in un certo senso, da questo Pontificio Consiglio, per cui non procediamo su terreno del tutto sconosciuto, riprenderemo qui specialmente i documenti pubblicati per la pastorale dei nostri vari Settori, o le conclusioni di Congressi o Riunioni da noi “animati” e organizzati. Materiale utile ci è fornito soprattutto dall’Istruzione Erga migrantes caritas Christi, pubblicata con approvazione pontificia il 3 maggio 2004, specificatamente per la pastorale delle migrazioni, compresi rifugiati e studenti esteri, ma anche recentissimamente dagli Orientamenti per una Pastorale degli Zingari, dell’otto dicembre 2005, e dalle, non proprio vicine nel tempo, Direttive per la Pastorale Cattolica dell’Aviazione Civile (1995) nonché dalla pubblicazione congiunta con il Pontificio Consiglio “Cor Unum” dal titolo I Rifugiati: Una Sfida alla Solidarietà (1992).

Per quanto riguarda i Congressi e Riunioni, considereremo specialmente quelli realizzati dopo l’ultima Plenaria, ma rivisitando “perfunctorie” anche alcuni già analizzati in precedenza, questa volta partendo, naturalmente, dallo specifico punto di vista del tema odierno. Abbiamo dunque rivisitato i documenti finali del II Congresso Mondiale di Pastorale per gli Studenti Esteri (Roma, 13-16 dicembre 2005) e del I Incontro Internazionale di Pastorale per la Liberazione delle Donne di Strada (Roma, 20-21 giugno 2005), come anche del XII Seminario Internazionale dei Cappellani Cattolici e degli Operatori Pastorali dell’Aviazione Civile (Sacrofano, Roma, 19 - 24 Aprile 2005), del VII Congresso Internazionale della Pastorale per i Circensi e i Lunaparchisti (Roma, 12-16 Dicembre 2004) e del I Incontro Internazionale per la Pastorale dei Ragazzi di Strada (Roma, 25-26 ottobre 2004), nonché del V Congresso Mondiale della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati (Roma, 17 – 22 Novembre 2003), del V Congresso Mondiale della Pastorale per gli Zingari (Budapest, 30 giugno-7 luglio 2003) e del XXI° Congresso Mondiale dell’Apostolato del Mare (Rio de Janeiro, 29 Settembre-5 Ottobre 2002). Due Incontri regionali sono stati significativi proprio perché organizzati per due regioni importanti per l’Islam e per questo li terremo presenti. Si tratta del II Congresso Asiatico di Pastorale dei Pellegrinaggi e Santuari (Seoul, 21-23 Novembre 2005) e del I Incontro sulla Pastorale del Turismo nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa (Fatqa, Libano, 6-7 marzo 2003).

In sintesi ecco dunque il risultato della nostra ricerca, articolato in vari capitoletti specificatamente titolati per facilitare l’ascolto e la lettura. 

Il dialogo interreligioso: missione della Chiesa

L’affermazione principale è la seguente: “In questi ultimi tempi è andata sempre più rafforzandosi, in Paesi di antica tradizione cristiana, la presenza di immigrati di altre religioni” (EMCC 59). La grande diversità della loro origine culturale e religiosa ha posto dunque anche la questione del dialogo inter-religioso visto “al centro della pastorale dei migranti e rifugiati, facendo di esso non un’opzione, ma un obbligo inerente alla missione della Chiesa nel mondo della migrazione” (MR Racc Dialoghi n. 2).

La Chiesa è quindi chiamata a entrare in dialogo con gli immigrati di altra religione, “dialogo che deve essere condotto e attuato con la convinzione che la Chiesa è la via ordinaria di salvezza e che solo essa possiede la pienezza dei mezzi di salvezza” (EMCC 59). Al tempo stesso, “i migranti di diversa religione vanno sostenuti, per quanto possibile, affinché conservino la dimensione trascendente della vita” (EMCC 59). Nell’ambito della mobilità umana, infatti, la Chiesa offre il suo amore e la sua assistenza a tutti senza distinzione di religione e di razza: rispetta in ciascuno di loro l'inalienabile dignità della persona umana creata a immagine di Dio (cf. Rif 25). 

Settori della pastorale della mobilità umana e dialogo inter-religioso

Nei nostri documenti si ribadisce l’idoneità, negli ambienti in cui operiamo, al dialogo con le altre religioni, incoraggiando così la sua inclusione nella programmazione pastorale. Si veda del resto le testimonianze che ne abbiamo avuto durante l’ultima nostra sessione Plenaria [v. People on the Move, XXXVI (2004), N. 96, pp. 3-193].

A conferma, il circo e il lunapark, per esempio, “sono stati felicemente definiti un ‘laboratorio di frontiera per un cammino cristiano nella fratellanza universale, nell’ecumenismo e nell’incontro con le altre religioni” (Cir Lun II), per cui, tra le proposte pastorali fatte dal relativo Congresso del 2004, figura l’esortazione al dialogo interreligioso (Cir Lun Prop 3). Pure i santuari furono visti come luoghi che “favoriscono anche il dialogo … interreligioso; infatti, nei santuari d’Asia, specialmente, giungono … credenti di varie convinzioni religiose” (Pel 1).

Nell’opera fra i rifugiati, si prevede altresì che “la collaborazione tra … le varie religioni non cristiane … porterà a nuove tappe nella ricerca e nella realizzazione di una più profonda unità della famiglia umana” (Rif 34). Per la liberazione delle donne di strada, poi, si ritiene opportuno “rafforzare una ‘rete’ tra tutti i gruppi impegnati nella pastorale in questo campo”, fra cui quelli “ecumenici e inter-religiosi” (LibDon Racc 23).

Inoltre, nella pastorale per gli Zingari, si raccomanda di proseguire in tale dialogo, secondo le direttive della Santa Sede (cf. ZinC 5), mentre i relativi recenti “Orientamenti” considerano necessario che si imposti “la pastorale con giusta prospettiva … inter-religiosa, sia nel modo di presentare il messaggio evangelico, sia nel rapporto con i credenti delle altre … religioni” (ZinOr 77), dato che le loro “frequenti migrazioni li mettono in contatto con gağé (non-Zingari) e Zingari appartenenti ad altre … religioni" (ZinOr 77).

Nella pastorale dell’Aviazione Civile, poi, si propone di “iniziare e creare in aeroporto un forum per … il dialogo con altre … religioni, al fine di assicurare maggiore comprensione per il ministero aeroportuale, testimoniando quanto è in comune, senza perdere [però] l’identità propria di ciascuno” (AC Sem 3.b).

Anche nella pastorale per gli Studenti Esteri si incoraggiano “i Cappellani universitari ad impegnarsi in un dialogo … inter-religioso appropriato” (StuE Racc Pont Cons Mig-Itin 3), riconoscendo il bisogno in questo campo di “lavorare … con la prospettiva di una educazione inter-confessionale aperta al dialogo inter-religioso, senza dimenticare la identità propria di ciascuno” (StuE Racc Cappellani 14).

Dialogare con gli altri, in effetti, presuppone che i partner nel colloquio siano ben consapevoli della loro identità culturale e ben formati nella loro religione (cf. MR Racc Introd). “Questo esige che le comunità cattoliche di accoglienza apprezzino ancora di più la loro identità, verifichino la loro fedeltà a Cristo, conoscano bene i contenuti della fede, riscoprano la missionarietà e quindi si impegnino nella testimonianza a Gesù, il Signore, e al suo Vangelo. Ciò è … presupposto necessario per una disponibilità al dialogo sincero, aperto e rispettoso con tutti, che non sia peraltro né ingenuo, né sprovveduto” (EMCC 60). 

Accoglienza e testimonianza della carità

La testimonianza vissuta dell'amore e dell'accoglienza, insieme al dialogo fraterno e al rispetto reciproco, prepara e costituisce – ne siamo convinti – “la prima e indispensabile forma di evangelizzazione” (EMCC 99). Tale testimonianza, infatti, ha già di per sé un valore evangelizzatore, essendo “atta ad aprire i cuori all'annuncio esplicito del Vangelo, fatto con la dovuta cristiana prudenza e totale rispetto della libertà” (EMCC 59).

Del resto, “i cristiani sono chiamati ad affrontare un capitolo sostanzialmente inedito e fondamentale del compito missionario: quello di esercitarlo nelle terre di antica tradizione cristiana” (EMCC 100). Essi perciò sono fortemente invitati, con molto rispetto e attenzione per le tradizioni e culture dei migranti, “a testimoniare il Vangelo della carità e della pace … e ad annunciare esplicitamente pure ad essi [cioè ai migranti] la Parola di Dio, in modo che li raggiunga la Benedizione del Signore promessa ad Abramo e alla sua discendenza per sempre” (EMCC 100).

E’ perciò “soprattutto con la testimonianza della vita [che] i cristiani sono … chiamati a denunciare certi disvalori presenti nei Paesi industrializzati e ricchi (materialismo e consumismo, relativismo morale e indifferentismo religioso), che potrebbero scuotere le convinzioni religiose degli immigrati (EMCC 60).

Nel caso degli Zingari, la testimonianza, soprattutto da parte degli operatori pastorali, diventa “determinante quando si è impegnati con Zingari non-cristiani. In queste situazioni risulta conveniente puntare in modo speciale sui valori etici della vita, sul miglioramento della loro condizione sociale, ecc.” (ZinC Res 11.f.), infatti “evangelizzazione e promozione umana vanno insieme” (ZinC Res 11.f.). “Anche per gli immigrati non-cristiani la Chiesa si impegna nella promozione umana” (EMCC 59).

Ciò è confermato nell’opera stessa di ricupero umano del ragazzo di strada, intesa “a restituirgli equilibrio e normalità, piena identità umana” (RS Racc 3), che va accompagnata “con proposte e riferimenti religiosi, nella misura in cui ciò sia compatibile con la condizione del ragazzo stesso, e del Paese dove egli si trova” (RS Racc 3).

E' ancora compito, in modo particolare, dei cristiani “aiutare gli immigrati a inserirsi nel tessuto sociale e culturale del Paese che li ospita, accettandone le leggi civili” (EMCC 60), al tempo stesso i cristiani sono “chiamati a intraprendere un itinerario di comunione che implichi … accettazione delle legittime diversità. La difesa dei valori cristiani infatti passa … pure attraverso la non discriminazione degli immigrati, soprattutto grazie a un vigoroso recupero spirituale dei fedeli stessi” (EMCC 99).

Similmente, questo Dicastero ha incoraggiato la società civile e i suoi singoli membri ad “apprezzare le origini culturali di ogni persona, e rispettare le diverse abitudini culturali, nella misura in cui non contraddicano i valori etici universali inerenti al diritto naturale o ai diritti umani e aiutare i migranti e rifugiati a sentirsi il più possibile a casa nel Paese d'accoglienza, nonostante la loro situazione” (MR App VI. 2,4).

A questo proposito, risulta interessante l’impegno preso dai Rettori di Santuari e Direttori di Pellegrinaggi in Asia di accogliere “i non cristiani, affinché nei nostri santuari possano conoscere l’amore di Dio, la pace e la bellezza della vita, in un ambiente in cui ciascuno possa sentirsi a casa e benvenuto” (Pel 2.3).

Anche i rifugiati hanno “diritto ad un'assistenza che includa le loro esigenze spirituali durante il periodo di asilo nei campi e durante il processo d'inserimento nel paese ospitante. Così, essi potranno trovare quel conforto per sostenere la dura prova e per maturare la propria esperienza religiosa. A tal fine i ministri di diverse religioni debbono avere piena libertà di incontrar[li e] … condividere le loro vite per offrir loro un'assistenza adeguata” (Rif 28).

Fin qui abbiamo considerato soprattutto la situazione nei Paesi di antica tradizione cristiana. L’Erga migrantes caritas Christi però non esita a enunciare, almeno in parte, ciò che ci si aspetta dai Paesi di arrivo a maggioranza islamica, così: “Tenendo in considerazione specialmente i diritti umani, auspichiamo … che avvenga, da parte dei nostri fratelli e sorelle musulmani, una crescente presa di coscienza che è imprescindibile l'esercizio delle libertà fondamentali, dei diritti inviolabili della persona, della pari dignità della donna e dell'uomo, del principio democratico nel governo della società e della sana laicità dello Stato” (EMCC 66). 

Appello ai migranti

A tutti i migranti e rifugiati, comunque, indipendentemente dalla religione maggioritaria nel Paese di arrivo, si fece appello affinché “siano protagonisti nel costruire una società che cresca nel rispetto reciproco e nel riconoscimento dell’inalienabile dignità di ogni essere umano; apprendano, per quanto è possibile, la lingua locale del Paese di accoglienza; si impegnino nel dialogo con la popolazione autoctona e ad interessarsi alla sua cultura; prendano conoscenza dei propri diritti nel Paese di arrivo e a quali autorità rivolgersi per la presentazione delle loro rimostranze, in caso di torto subíto; aiutino i propri figli e nipoti nei loro sforzi verso una piena integrazione nel Paese di accoglienza, preservando nel contempo la loro identità culturale” (MR App V.2-6). Questo naturalmente vale soprattutto per i migranti non temporanei perché la situazione di quelli temporanei va pure considerata. Qualunque sia la loro religione, si chiede loro “di apprezzare il Paese d'accoglienza e rispettarne le leggi e l’identità culturale” (cf. MR App V.7.).

Per i cristiani che si trovano in un Paese dove sono in minoranza, è doveroso “siano autentici testimoni della loro fede” (MR App V.1.). A questo scopo “varrà … qui ricordare la necessità di una assistenza pastorale specifica anche nei riguardi di tecnici, professionisti e studenti esteri provvisoriamente insediati in Paesi a maggioranza musulmana o di altra religione. Abbandonati a se stessi e senza guida spirituale, anziché offrire una testimonianza cristiana, essi possono diventare, invece, causa di erronei giudizi nei confronti del Cristianesimo” (EMCC 51). Va comunque detto che nei Paesi in parola, ci sono”migliaia e migliaia di cristiani che vi danno buona testimonianza” (EMCC 51). Si può anche verificare un benefico influsso di immigranti in zone intensamente cattoliche che tornano ai loro Paesi di origine a minoranza cristiana (cf. EMCC 51).

Il Concilio Vaticano II invita tutti “a purificare la memoria dalle incomprensioni del passato, a coltivare i valori comuni e a chiarire e rispettare le diversità, senza rinuncia dei principi cristiani. Le comunità cattoliche sono dunque invitate al discernimento. Si tratta di distinguere, nelle dottrine e pratiche religiose e nelle leggi morali dell'Islam, ciò che è condivisibile da quello che non lo è” (EMCC 65). 

Considerare i valori in comune e le divergenze

Ci sono in effetti valori in comune tra fede cristiana e credenza musulmana. Il nostro Dicastero ricorda a questo proposito “la credenza in Dio Creatore e Misericordioso, la preghiera quotidiana, il digiuno, l'elemosina, il pellegrinaggio, l'ascesi per il dominio delle passioni, la lotta all'ingiustizia e all'oppressione, [che] sono valori … presenti anche nel Cristianesimo, peraltro con espressioni o manifestazioni diverse” (EMCC 66). Va comunque tenuto presente che “accanto a queste convergenze, ci sono anche delle divergenze, alcune delle quali riguardano le acquisizioni legittime della modernità” (EMCC 66).

Si possono scoprire comunque i valori in comune al contatto diretto con gli appartenenti alle diverse religioni, come capita per esempio nella regione del Medio Oriente e Nord Africa. “Il contatto diretto con l’Islam e con le altre religioni asiatico-africane … favorisce la convivenza, la scoperta di valori comuni, la mutua conoscenza … Infatti, molti non-cristiani fanno spesso visita ai santuari, assistono alle celebrazioni liturgiche, si informano sui luoghi santi e condividono i valori religiosi in comune con il cristianesimo” (Tur 9). A questo proposito è interessante conoscere le iniziative del “Movimento dei pellegrinaggi islamo-cristiani (la ‘Via di Maria’) che organizza incontri e scambi all’interno di un percorso in cui cristiani e musulmani fanno pellegrinaggi sulle orme di Maria” (Tur 9). L’esperienza sarà presentata più specificatamente proprio durante questa nostra sessione. 

Circa le famiglie miste

Con la migrazione, vi è anche più possibilità che un musulmano sposi una donna cristiana, e vice-versa. Al riguardo l’Istruzione Erga migrantes caritas Christi dà le seguenti indicazioni generali:

“Per quanto riguarda … il matrimonio fra cattolici e migranti non-cristiani lo si dovrà sconsigliare, pur con variata intensità, secondo la religione di ciascuno, con eccezione in casi speciali, secondo le norme del CIC e del CCEO. Bisognerà infatti ricordare, con le parole di Papa Giovanni Paolo II, che ‘nelle famiglie in cui ambedue i coniugi sono cattolici, è più facile che essi condividano la propria fede con i figli. Pur riconoscendo con gratitudine quei matrimoni misti che hanno successo nel nutrire la fede sia degli sposi sia dei figli, [la Chiesa] … incoraggia gli sforzi pastorali volti a promuovere matrimoni tra persone della stessa fede’” (EMCC 63).

“In caso poi di richiesta di matrimonio di una donna cattolica con un musulmano – fermo restando quanto è espresso al n. 63, pur tenendo presenti i giudizi pastorali locali –, per il frutto anche di amare esperienze, si dovrà fare una preparazione particolarmente accurata e approfondita durante la quale i fidanzati saranno condotti a conoscere e ad ‘assumere’ con consapevolezza le profonde diversità culturali e religiose da affrontare, sia tra di loro, sia in rapporto alle famiglie e all'ambiente di origine della parte musulmana, a cui eventualmente si farà ritorno dopo una permanenza all'estero. In caso di trascrizione del matrimonio presso un Consolato dello Stato di provenienza islamico, la parte cattolica dovrà però guardarsi dal pronunciare o dal firmare documenti contenenti la shahada (professione di credenza musulmana). I matrimoni tra cristiani e musulmani, avranno comunque bisogno, se celebrati nonostante tutto, oltreché della dispensa canonica, del sostegno della comunità cristiana, prima e dopo il matrimonio. Uno dei servizi importanti dell'associazionismo, del volontariato e dei consultori cattolici, sarà quindi l'aiuto a queste famiglie nell'educazione dei figli ed eventualmente il sostegno verso la parte meno tutelata della famiglia musulmana, cioè la donna, nel conoscere e perseguire i propri diritti” (EMCC 67).

“Per il battesimo dei figli, infine, le norme delle due religioni (cattolica e musulmana) sono – come si sa – fortemente in contrasto. Il problema va posto quindi con grande chiarezza durante la preparazione al matrimonio e la parte cattolica dovrà impegnarsi su quanto la Chiesa richiede” (EMCC 68).

“La conversione e la richiesta del battesimo di musulmani adulti esigono pure una ponderata attenzione, sia per la natura particolare della religione musulmana che per le conseguenze che ne derivano” (EMCC 68). 

Istruzione nella fede e libertà religiosa

Se ritorniamo a considerare i nomadi, troviamo che nell’identità della popolazione zingara la religiosità occupa un posto di grande rilievo. Essa però “si inserisce abitualmente nella religione o nella confessione maggioritaria del Paese dove gli Zingari si trovano, sia essa luterana, riformata, cattolica, ortodossa, musulmana o altra, spesso senza troppi interrogativi sulle loro differenze” (ZinOr 15). Da questo si vede anche l’importanza di un’adeguata istruzione alla fede, e non solo per gli Zingari.

Per essa le scuole cattoliche giocano un ruolo importante. Perciò nella prospettiva di dialogo inter-religioso è importante ricordare che “non devono rinunciare alle loro caratteristiche peculiari e al proprio progetto educativo, cristianamente orientato, quando vengono in esse accolti figli di migranti di altre religioni” (EMCC 62). Per dialogare con chi non è cristiano o rispettarlo non si deve perdere la propria identità o tralasciare l’istruzione nella propria fede.

E’ necessario dunque essere chiari ed informare a tale proposito i genitori che volessero iscrivere i propri figli alla scuola cattolica. Comunque “nessun bambino dovrà essere obbligato a partecipare a liturgie cattoliche o a compiere gesti contrari alle proprie convinzioni religiose” (EMCC 62). Similmente, nel caso dei marittimi che frequentano o si trovano nei Centri “Stella Maris”, bisogna evitare di fare pressione affinché partecipino alle celebrazioni religiose o nelle preghiere. Si deve invece avvisarli che c’è disponibilità di tempo e spazio perché possano anch’essi pregare (cf. AOS Workshops, VII). La Chiesa inoltre “deplora ogni forma di proselitismo tra i rifugiati che tragga profitto dalla loro situazione di vulnerabilità, e riafferma il principio della libertà di coscienza anche nelle difficoltà dell'esilio” (Rif 28).

Per prevenire pregiudizio ed intolleranza è necessario però conoscere le religioni diverse dalla propria. Così, per esempio, nella pastorale dell’Aviazione Civile si afferma la necessità di “fornire a tutti coloro che [vi] sono impegnati … un’informazione sufficiente sulle altre chiese, comunità ecclesiali e religioni, come pure sui bisogni specifici dei loro fedeli” (AC Dir 61). Nelle scuole cattoliche, poi, “le ore di religione previste dal programma, se effettuate con carattere scolastico, potrebbero liberamente servire agli alunni per conoscere una credenza diversa dalla loro. In queste ore si dovrà comunque educare tutti al rispetto – senza relativismi – delle persone di altra convinzione religiosa” (EMCC 62). In generale, pure per gli studenti esteri, occorre “trovare tempo durante il quale [essi] possono parlare della fede con orgoglio ed umiltà, mentre tutti ascoltano con rispetto. Il dialogo è vitale anche in questi casi” (StuE Racc Cappellani 14). 

Luoghi di culto e preghiera

La chiarezza di posizione è necessaria altresì per quel che concerne i luoghi di culto. Tra i migranti, per evitare “fraintendimenti e confusioni, considerate le diversità che reciprocamente riconosciamo, per rispetto ai propri luoghi sacri e anche alla religione dell'altro, non riteniamo opportuno che quelli cristiani – chiese, cappelle, luoghi di culto, locali riservati alle attività specifiche della evangelizzazione e della pastorale – siano messi a disposizione di appartenenti a religioni non cristiane, né tanto meno che essi siano usati per ottenere accoglienza di rivendicazioni rivolte alle Autorità Pubbliche. Gli spazi di tipo sociale, invece, – quelli per il tempo libero, il gioco ed altri momenti di socializzazione – potrebbero e dovrebbero rimanere aperti a persone di altre religioni, nel rispetto delle regole seguite in tali spazi. La socializzazione che ivi avviene sarebbe in effetti un'occasione per favorire l'integrazione dei nuovi arrivati e preparare mediatori culturali capaci di favorire il superamento delle barriere culturali e religiose promuovendo una adeguata conoscenza reciproca”. Così attesta l’Erga migrantes caritas Christi al numero 61.

Nell’ambito della pastorale dell’Aviazione Civile, si considera altresì auspicabile che, oltre alla cappella cristiana negli aeroporti, “quando è opportuno, e le strutture sono sufficienti, … venisse messo a disposizione delle comunità di credenti di altre religioni uno spazio per una cappella inter-religiosa”, che “non è … una chiesa, ma piuttosto una sala di meditazione. Vi si potranno riunire i testi sacri di diverse religioni. Il rispetto da parte dei cattolici e di altri cristiani verso queste tradizioni diverse deve essere esemplare. Lo stesso rispetto è dovuto, naturalmente, alla religione cristiana. Sarebbe opportuno che ci fosse consultazione tra i responsabili religiosi delle diverse comunità” (AC Dir 22).

Il rispetto per gli appartenenti ad altre religioni è incoraggiato anche dall’Apostolatus Maris, così esso “si accresce disponendo [nei Centri Stella Maris] oggetti religiosi sacri per le altre religioni” (AOS Workshops, VII). 

Concludiamo con

Reciprocità e minoranze cristiane

Le Direttive della Pastorale dell’Aviazione Civile accennano all’importanza del reciproco rispetto tra le religioni. Tale reciprocità è ribadita anche dall’Istruzione Erga migrantes caritas Christi. Ne leggiamo qui il testo relativo: “Nelle relazioni tra cristiani e aderenti ad altre religioni riveste … grande importanza il principio della reciprocità, intesa non come un atteggiamento puramente rivendicativo, ma quale relazione fondata sul rispetto reciproco e sulla giustizia nei trattamenti giuridico‑religiosi. La reciprocità è anche un atteggiamento del cuore e dello spirito, che ci rende capaci di vivere insieme e ovunque in parità di diritti e di doveri. Una sana reciprocità spinge ciascuno a diventare ‘avvocato’ dei diritti delle minoranze dove la propria comunità religiosa è maggioritaria. Si pensi in questo caso anche ai numerosi migranti cristiani in Paesi con maggioranza non cristiana della popolazione, dove il diritto alla libertà religiosa è fortemente ristretto o conculcato” (EMCC 64). Credo che questo testo sia esemplare per questa sessione Plenaria. 

* * *

Come potete costatare i nostri documenti si rivolgono maggiormente ai cristiani in generale e ai cattolici in particolare, come del resto è ovvio. Si parla meno dell’Islam, specificatamente, anche se non mancano certo disposizioni relative al rapporto con le altre religioni in genere. Ci auguriamo comunque che quanto vi ho presentato possa già costituire una base del nostro procedere in questi giorni, nella riflessione e nella discussione, in clima di preghiera e amicizia per il bene di tutti. Buon lavoro! 

 

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