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Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People People on the Move N° 101, August 2006 per lÂÂIncontro della Commissione CCEE-SECAM (Roma, 8 giugno 2006) S.E. Mons. Agostino Marchetto Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti Un cordiale saluto a tutti, memore. Mi dispiace di non essere con voi stamane, per un precedente impegno con lÂÂApostolato del Mare, in Gran Bretagna, ma desidero farmi presente almeno con questo breve testo che dice anzitutto la nostra sollecitudine e preoccupazione per la pastorale della mobilità umana. LÂÂavevo già espresso personalmente, alla XIII Assemblea Plenaria del SECAM, nellÂÂottobre 2003. Il mio intervento fu pubblicato dalla nostra Rivista ÂÂPeople on the Move N. 94, dellÂÂaprile 2004, alle pagine 139-144. Penso sarebbe bene rileggere quel testo, che si articola attorno ai seguenti punti: migrazione in Africa, presenza pastorale della Chiesa fra la gente in mobilità (con sottotitoli quali la formazione, le strutture pastorali e la cooperazione pastorale), nella Chiesa locale dÂÂarrivo e di partenza, e la conclusione (cioè il nostro profondo desiderio di agire, insieme, per i Migranti, i Rifugiati e gli Itineranti). Per comodità vostra vi sarà consegnato, essendo qui impossibile la lettura, il documento, in fotocopia. Sua Eminenza il Signor Cardinale Stephen Fumio Hamao, ora Presidente Emerito del nostro Pontificio Consiglio, intervenne poi al Simposio SECAM-CCEE, qui a Roma, il 12 novembre 2004, presentando la nostra Istruzione Erga migrantes caritas Christi (v. People on the Move, N. 97, aprile 2005, pp. 143-146). Tale documento ampiamente prevede ed incita alla concertazione, alla collaborazione e al coordinamento fra le Chiese di origine e di arrivo, nella pastorale della mobilità umana. Certo oggi, quando di esse si parla, si intendono pure i corpi di cristallizzazione della collegialità ecclesiale, in senso lato, che sono per esempio il CCEE e il SECAM. Ci felicitiamo dunque di questo incontro. Per quel che riguarda la questione migratoria, direi che sono anche gli avvenimenti a spingerci verso lÂÂascolto reciproco di Africa ed Europa, altresì nella dimensione ecclesiale. In effetti, il flusso continuo di migranti ha prodotto allarme fra i Membri dellÂÂUnione Europea, che fino a poco tempo fa legiferavano ciascuno per sé, guardando soprattutto ai sondaggi per aggiustarsi allÂÂopinione pubblica, sempre meno chiaroveggente e travagliata ognor più da xenofobia e paura dellÂÂavvenire. NellÂÂurgenza si è perfino istituito un sistema di perlustrazione navale e aerea, una sorveglianza marittima elettronica, un aiuto alle procedure rapide di rimpatrio: sono misure precipitose, ad alto costo. LÂÂaiuto poi e il partenariato con i Paesi dÂÂorigine, anche se affermati nelle dichiarazioni, restano spesso vaghi auspici. In questa situazione, per certi aspetti drammatica per intere popolazioni, si assiste a una vera e propria disumanizzazione. In Europa si parla dei migranti e dei rifugiati come di un cataclisma da cui bisogna proteggersi, perché minaccia avvenire e interessi. Inoltre la realtà spesso tragica di migranti e rifugiati è occultata, lÂÂimpegno per lo sviluppo dei Paesi di origine è quasi assente nellÂÂopinione pubblica, nessuna riflessione, o quasi, è fatta sui modi di vita e di consumo generatori dÂÂingiustizia a livello internazionale. Tutto ciò contribuisce a rafforzare lÂÂegoismo collettivo, con perdita del senso del ÂÂbene comune universaleÂÂ. Di fronte a questo dramma, che concerne tutta la comunità internazionale, e tenuto conto della gravità della situazione, sembra importante che le Chiese locali dÂÂAfrica e dÂÂEuropa ÂÂreagiscano insieme. Una parola comune forte e profetica deve potersi udire, in comunione con la Santa Sede. Insieme, nel rispetto della complessità della situazione e senza mettersi al posto degli Stati (Deus caritas est, n. 28), possiamo creare condizioni propizie alla ÂÂmondializzazione della solidarietàÂÂ, come diceva Giovanni Paolo II. Di fronte a tale urgenza dobbiamo forse rilevare che le strutture pastorali della mobilità umana, in Africa, sono assai deboli. Di fatto, il nostro Pontificio Consiglio in questi ultimi anni ha partecipato solo allÂÂanzidetto incontro di Dakar, mentre è presente quasi ogni anno a quelli regionali della IMBISA Refugee Service. E non è che non desideriamo esser vicini allÂÂAfrica, ma questa situazione si deve piuttosto al fatto che manca finora  direi  la possibilità basica di un coagulo della nostra sollecitudine a livello regionale. Si potrebbe, quindi, pensare a un incontro SECAM-CCEE dedicato alla pastorale della mobilità umana o, a più largo respiro, a una Assemblea del Synodus Episcoporum sullo stesso argomento, e cioè: la pastorale specifica della mobilità umana. Si dovrebbero analizzare i vari suoi aspetti: migrazioni (per ragioni economiche o per ricerca di ÂÂrifugioÂÂ, studenti esteri) ed itineranza (nomadi, circensi, turisti, pellegrini, marittimi, pescatori, croceristi, persone dedite al piccolo cabotaggio, lavoratori dÂÂaeroporto e personale di volo, viaggiatori (anche su ferrovia), autotrasportatori, automobilisti, lavoratori sulla strada, chi vive su di essa (ragazzi e donne di strada, barboni). LÂÂimportanza crescente del fenomeno della mobilità umana e la necessità di rispondervi, per la Chiesa, integrando la pastorale ordinaria, territoriale, parrocchiale, con quella specifica prevista appunto per la mobilità, dovrebbe aiutare a una scelta nel senso proposto. Tutto dico ÂÂsommessamenteÂÂ. Beneaugurando, mi confermo, in comunione, con tutti voi. |