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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 102, December 2006

 

 

DOCUMENTO FINALE DEL II INCONTRO INTERNAZIONALE DI PASTORALE DELLA STRADA

 

 

Tema: Â“Sulla strada della mobilità sostenibile”

(Roma, 1-2 dicembre 2006)

 

 

I. L’Evento 

Il II Incontro Internazionale di Pastorale della Strada ha avuto luogo nei giorni 1 e 2 dicembre 2006, presso la sede del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, nel Palazzo San Calisto, Città del Vaticano.

Vi hanno partecipato 5 Vescovi, vari Direttori Nazionali o Rappresentanti delle Conferenze Episcopali, nonché esperti, di 21 Paesi, vale a dire: Argentina, Australia, Austria, Belgio, Bolivia, Bosnia-Erzegovina, Brasile, Cile, Croazia, Francia, Germania, India, Inghilterra, Irlanda, Italia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna, ed altresì un rappresentante del Consiglio Episcopale Latino Americano (CELAM). Erano inoltre presenti delegati da “Die Akademie Bruderhilfe-familienfürsorge” e dall’Associazione Nazionale Italiana dei Sociologi. È degna di nota la presenza di un cappellano-operatore della Pastorale della ferrovia in Italia e di tre esponenti della pastorale degli abitanti della strada (i ragazzi, le donne della strada e i senzatetto).

Particolarmente incoraggiante è stato il messaggio beneaugurante del Santo Padre Benedetto XVI, il quale, esprimendo sincero apprezzamento per l’iniziativa “volta ad approfondire e stimolare l’azione pastorale nei confronti di quanti operano o si trovano a vivere sulle strade”, ha auspicato “che l’attenzione ecclesiale sia sempre alimentata da costante amore e da propositi generosi di esemplare testimonianza della fede cristiana”.

Il Presidente del Pontificio Consiglio, Sua Eminenza il Card. Renato Raffaele Martino, ha salutato i convegnisti e ha messo in risalto il fatto che per difendere la vita bisogna osservare le regole del traffico, l’infrazione delle quali “conducono a gravi perdite di vite umane”. Data comunque la presenza di diverse categorie che appartengono a questo settore, ha precisato che l’Incontro intende offrire l’occasione per riflettere sulle “necessità pastorali del settore, nelle sue varie espressioni, … e cercare di darvi risposte adeguate”. Sarà, comunque, in modo particolare “con lo scambio delle varie esperienze” che si potrà capire “quali siano i mezzi più appropriati per assistere viaggiatori e addetti al trasporto, nonché gli abitanti della strada”.

L’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Dicastero, ha introdotto i lavori e legato “l’apostolato della strada al segno dei tempi [che è] la mobilità umana”, la quale ha due grandi aspetti: migrazione ed itineranza. Egli ha elencato successivamente i destinatari di questa pastorale, cioè “i conducenti ed accompagnanti ed altresì gli addetti al servizio loro”, senza dimenticare però gli abitanti della strada, cioè i ragazzi e le donne di strada e i clochard. Definendo la caratteristica della pastorale della strada e della ferrovia come “lo sguardo di Buon Samaritano”, essa dovrà tradursi concretamente “in presenza di accoglienza e di servizio, nel vasto senso della parola”. Infine l’Arcivescovo Marchetto ha riproposto l’obiettivo dell’incontro, quello di “risituare, con prospettiva reale, sociale, il nostro impegno specifico” nel contesto del “compito evangelizzatore e di promozione della vita umana”, con “proposta rinnovata di valori etici e cristiani”.

Le sessioni del primo giorno, dedicato alla pastorale dei professionisti e utenti della strada e dei lavoratori nei servizi ad essi destinati, sono iniziate con l’intervento dell’Arcivescovo emerito di Sens-Auxerre, S.E. Mons. Georges Gilson. Egli ha individuato tra le rivoluzioni tecniche del nostro tempo l’invenzione del motore a scoppio e di quello a reazione, importanti per trasportare persone e cose. Ciò ha “decuplicato la nostra capacità di correre, di spostarci, di viaggiare”. È comunque l’uomo che è padrone dell’automezzo, e non il motore; egli ha l’autorità di decidere autonomamente a quale velocità andare e se rispettare o meno il codice della strada. L’uomo assume così la responsabilità verso se stesso, la propria vita e quella degli altri, e nei confronti dell’ambiente. Occorre dunque educare alla mobilità “sostenibile”, per garantire la sicurezza sulle strade e la solidarietà sociale, nonché accogliere il comando del Signore “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”.   

Hanno fatto seguito le presentazioni delle esperienze: spagnola, brasiliana e tedesca in materia. 

Fra’ Juan Rivera, FSC, Direttore Nazionale della pastorale della strada in Spagna, ha così presentato, dettagliatamente e con profondità, la storia, l’impegno attuale e le sfide di tale pastorale nel suo Paese. Essa coinvolge, con la Conferenza episcopale, anche le singole diocesi collaborando fruttuosamente con le istituzioni civili legate al mondo dei trasporti. Sempre di più si ha cioè coscienza dell’importanza della partecipazione e animazione di questa pastorale anche da parte dei professionisti laici. Fra’ Rivera ha auspicato infine uno sviluppo di questa pastorale in tutte le diocesi e una collaborazione approfondita con gli altri Dipartimenti della Conferenza episcopale.

L’esperienza brasiliana, esposta dal  Rev. P. Marian Litewka, CM, trova nella Eucaristia il punto di partenza e il culmine della pastorale della strada nazionale, ma la presenza della Chiesa si esprime anche “nei viaggi (degli operatori pastorali) e durante le visite alle strutture di servizio situate lungo la strada”. Tra gli obiettivi di queste visite v’è la necessità di “creare un ambiente di amicizia sulle strade” e di “valorizzare … chi vive e lavora nell’ambiente stradale”, come vuole il Vangelo. Concretamente, si celebra la Santa Messa in spazi aperti delle aree di servizio stradale, che i lavoratori stradali considerano loro proprio suolo. Oppure si usa l’interno di un camion-cappella, con intorno l’assemblea all’aria aperta.

Mons. Wolfgang Miehle, Direttore Nazionale per le migrazioni della Conferenza episcopale tedesca, si è soffermato sulla pastorale dei camionisti. Ha invece sottolineato la solitudine nel corso del loro lavoro, percorrendo lunghi tratti di strada da soli, per giorni e addirittura settimane. Vi risultano difficoltà di rinsaldare rapporti sociali, anche all’interno della propria famiglia. I camionisti hanno inoltre dure condizioni di lavoro, al limite dello sfruttamento, per cui possono essere davvero considerati poveri, per i quali la Chiesa deve fare una scelta preferenziale. Essi sono comunque sensibili alla cura pastorale, che deve essere caratterizzata dall’andare là dove si trovano, nei parcheggi e nelle autogrill. Pastori e agenti pastorali devono quindi essere reperibili in luoghi raggiungibili “strada facendo”. Esperienza positiva in tale contesto è il “Kanal K”, telefono amico per i camionisti, sorto per iniziativa della Commissione della pastorale aziendale nel Meridione tedesco, attraverso il quale il camionista può mettersi in contatto con un sacerdote o altro operatore pastorale. Ancora, si considera una occasione particolarmente opportuna la presenza di chiese lungo le autostrade, oltre al “camion ecclesiale” nell’autogrill, per esempio.  

Anche le ferrovie sono strade, ma ferrate. Mons. Oliviero Pelliccioni, Cappellano della Stazione Termini di Roma, ha tracciato per esse la storia della pastorale in Italia, illustrandone gli obiettivi. Nata come pastorale aziendale, essa si rivolge anzitutto ai ferrovieri, per accompagnarli nella loro particolare attività lavorativa, più con la presenza e la “compagnia” che con i discorsi. Il Cappellano, o l’operatore pastorale, deve cioè essere per essi “un amico, un fratello”, in grado di assimilarne il linguaggio e le aspirazioni, sapendo ascoltare con stima e fiducia, donando il proprio tempo, senza giudicare, stabilendo rapporti e restando costantemente aggiornato sui problemi di tale ambiente. “Nel rispettoso riconoscimento delle competenze dei laici”, il Cappellano raduna “i credenti mediante la Parola e l’Eucaristia”.  

Nel secondo giorno si è trattato della pastorale per gli abitanti della strada: i ragazzi e le donne di strada, e i senzatetto. Tre esperti al femminile hanno comunicato con vigore e afflato le loro esperienze al riguardo. Anche esse hanno testimoniato la solitudine di coloro che vivono sulla strada, diversa e forse più dolorosa, esprimendo gioia per il contatto con le loro comunità. 

La dott.ssa Chiara Amirante, presidente dell’associazione Nuovi Orizzonti, ha così presentato in modo molto toccante il lavoro pastorale che la sua associazione svolge a favore dei ragazzi e delle donne di strada, non soltanto per un aiuto assistenziale, ma portandoli specialmente a rispondere all’amore di Colui che ha dato la sua vita per noi sconfiggendo la morte. Essi possono coinvolgersi a tal punto da diventare apostoli di evangelizzazione e di speranza sulle strade. 

Per la Comunità di Sant’Egidio ha parlato la dott.ssa Francesca Zuccari, illustrando il suo impegno a favore delle persone senza fissa dimora e dei ragazzi di strada, seguendo l’esempio del Buon Samaritano. La Comunità opera in tal senso non soltanto in Italia e in Europa, ma anche in Africa, America Latina e Asia.

Sr. Eugenia Bonetti, M.C., invece, ha presentato la sua decennale esperienza di pastorale a favore delle donne e dei minori vittime di traffico e di sfruttamento sulle strade, e l’impegno delle congregazione religiose femminili in questa pastorale volta a liberare e aiutare queste persone a ricostruire la loro vita. Ha inoltre auspicato che le Congregazioni maschili s’impegnino ugualmente per il recupero delle vittime e la rieducazione dei “consumatori di sesso”.

Infine è intervenuto brevemente il Rev. P. Christopher Riley, salesiano, mettendo in comune la sua ricca esperienza di ricupero dei ragazzi di strada in Australia, raccomandando coraggio e perseveranza, senza arrendersi mai, nell’intraprendere questo impegno pastorale.

La condivisione è continuata con approfondimenti nei lavori di gruppo, intorno a questi temi: “Strada e ferrovia” e “Abitanti della strada”.

 

II. Conclusioni

Nel misterioso disegno della storia della salvezza, Dio raggiunge l’uomo nella sua condizione di viandante, di ricercatore dell’Assoluto, autocomunicandosi sulle sue vie e chiamandolo alla comunione di amore con Lui, origine e compimento di ogni bene. Dio si rivela come liberatore di un popolo oppresso e bisognoso di libertà e luce, di verità, di ordinamenti per trovare il senso del suo vivere e la risposta al suo errare. Si riscontra, cioè, nell’epopea dell’Esodo il paradigma della condiscendenza di Dio e la risposta dell’uomo che lascia la terra d’esilio per far ritorno in patria, la terra promessa, colà attirato dalla rivelazione di Jahvè.

Così è emblematicamente raffigurata l’esistenza dell’uomo, posta tra il desiderio di vera libertà e la propria incoerenza e incapacità a raggiungerla da solo. Dio dona la sua Alleanza come segno di pace, di sicurezza e di felicità-bellezza, confermando all’uomo la possibilità di uscire dalla schiavitù delle cose, di una società alienante, dalla pesantezza dell’autonomia assoluta, per affidarsi consapevolmente alla benevolenza rassicurante di Dio, nella novità dell’essere suoi “figli”.

La Chiesa segue dunque il cammino dell’uomo con interesse, con sollecitudine, secondo la volontà di Dio in Cristo. Dove c’è l’uomo, con le sue gioie e i suoi dolori, lì c’è la Chiesa, con la sua presenza pastorale. L’attenzione ecclesiale verso la mobilità non si esaurisce però in una presenza generica, ma si manifesta nel proclamare il Vangelo, attraverso la testimonianza, la parola, l’azione pastorale in quei luoghi e ambienti dove gli uomini e le donne contemporanei conducono forme specifiche di vita, generate attraverso l’assunzione di responsabilità di lavoro o nel tentativo di sopravvivere. 

In tale prospettiva la “strada” diventa cifra della vita e definisce un modo di essere uomo e donna in una società proiettata nella velocità e nel cambiamento, nella competizione e nel consumo, relegando nell’indifferenza o nella deriva chi non corre, chi non compete e non consuma, chi è sfruttato o abita la strada, per esempio. L’uomo attua così il suo essere “viandante”, che viene da lontano e va lontano, anche sulle strade. Con i mezzi di trasporto esse cambiano volto e diventano bene in uso di chi, da viandante, rischia di trasformarsi in “mobile”, in “auto-mobile”, che si conduce in modo falsamente autonomo. 

In questo tragitto la persona, che svolge la sua professione percorrendo per lunghi tratti di tempo le autostrade (sono i camionisti, per esempio), corre il pericolo di trovarsi particolarmente in solitudine, lontana dalla famiglia e dalla sua dignità. Per questo la Chiesa, educatrice e madre, nelle diocesi, con le equipe diocesane e i delegati parrocchiali, insieme alle varie associazioni, ai movimenti e alle comunità ecclesiali, applica una pastorale dell’incontro per rendere presente Cristo nei luoghi di lavoro e svago, coniugando pastorale specifica e ordinaria, territoriale, in dimostrazione di profonda comunione. 

Il Signore Gesù accompagna dunque l’uomo nella vita di tutti i giorni, grazie anche alla Chiesa presente nelle comunità, nelle scuole, negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie e sulla strada, con una pastorale dell’incontro e dell’accoglienza, là dove l’uomo o la donna vive quotidianamente, o fa sosta per riprendere poi il lavoro e il cammino. Fondamento infatti della sua opera pastorale è la coscienza che qualunque cosa si faccia ai più piccoli si fa a Cristo stesso. La Chiesa riconosce dunque la dignità e i diritti anche degli abitanti della strada – quali i ragazzi e le donne di strada, e anche i senzatetto – perché pure essi sono creati ad immagine e somiglianza di Dio. Si rinnova così l’opzione preferenziale per i poveri, affinché possano vivere rispettati e con rinnovato senso di responsabilità.

Tenendo poi conto della religiosità popolare, alla luce di “Gesù viandante” e della Chiesa pellegrina, si costata l’attenzione ai Santi legati alla strada e l’invocazione al loro accompagnamento e alla loro protezione. Le cappelle e i santuari edificati lungo strade e autostrade, e le cappelle mobili nelle aree di sosta, sono destinati ad accogliere il pellegrino moderno, come importanti punti di riferimento religioso e umano.

La fede, anche nella sua espressione della pietà popolare, eleva l’uomo dalla banalità e caducità del quotidiano verso la bellezza del divino, che si manifesta nelle semplici e pur intense modalità della devozione. I Santi, che la venerazione popolare ha scelto come amici e fratelli vicini a noi nel cammino, si collocano sulle strade dell’uomo in itinere e lo conducono a buon fine, alla meta. 

L’uomo “mobile” che traccia in giusta autonomia un cammino di libertà, con una reale responsabilità verso se stesso e gli altri, è attento, per evitarle, a quelle provocazioni del nostro tempo che tendono a promuovere una cultura dell’eccesso, culla di un egoismo sfrenato e dannoso. 

In ogni caso, la pastorale della strada risulta complessa, anche per la varietà dei suoi destinatari, per cui è impossibile svolgerla ciascuno per proprio conto. La Chiesa ha quindi altresì un ruolo di “rete”, soprattutto in difesa della vita e della dignità umana. Essa è comunità che si esprime attraverso carismi e ministeri, e suoi membri sono chiamati a svolgere un lavoro pastorale affinché, per loro mezzo, Dio possa ancora e sempre intervenire nella storia dell’umanità, in Cristo, per opera dello Spirito Santo. Il Signore della storia salva nella storia.  

 

III. Raccomandazioni

Per le ragioni sopra espresse si raccomanda,

  • a favore degli automobilisti e dei professionisti del trasporto stradale e ferroviario, di

- approfondire l’attenzione pastorale per una mobilità sicura, sostenibile, che rispetti la vita, l’uomo, la sua dignità, i suoi diritti e il suo destino;

- promuovere una conoscenza condivisa, favorendo il dialogo fra tutti gli attori sociali che si occupano di mobilità;

- intensificare i contatti con i mezzi di comunicazione sociale per invitarli ad una più attenta analisi dei messaggi quotidiani e a diventare alleati in un’opera di educazione, anche di quella stradale;

- tutelare il diritto dei professionisti e dei lavoratori della strada a condizioni sicure di lavoro;

- creare luoghi ed occasioni di incontro con i professionisti della strada, poiché a differenza di chi va in macchina per esigenze personali o familiari, essi sperimentano di più la solitudine e la lontananza dalla famiglia;

- svolgere tali incontri negli spazi che gli interessati considerano “propri”, come sono i grandi piazzali per le soste, senza dimenticare gli autogrill;

- rendere gli incontri momenti in cui si vive più intensamente e spiritualmente, con possibilità di crescere nella fede;

- includere tra i lavoratori della strada e della ferrovia anche coloro che sono impiegati nelle strutture che prestano servizi di vario tipo ai viaggiatori e ai loro mezzi di trasporto. 

- considerare che la situazione dei ragazzi e delle donne di strada, e dei senzatetto, è di assoluta vulnerabilità; 

- rispondere al loro inespresso bisogno di salvezza e di sicurezza, andando loro incontro dove sono, nella strada, e non solo aspettandoli nei centri d’ascolto;

- qualificare tali centri in modo che siano veramente luoghi di accoglienza, di solidarietà e di famiglia allargata, dove si trovano risposte alle esigenze dello spirito e non solo a quelle materiali;

- aiutarli a riscoprire la propria dignità e a ricuperare un livello adeguato di autostima;

- amarli, rispettarli, essere vicini, in fondo di “chiamarli per nome”, in modo da restituire ad essi una vita più umana; impareranno così a loro volta ad amarsi e ad aiutare gli altri;

- dare una famiglia a chi non ne ha, o forse non l’ha mai avuta, soprattutto ai ragazzi di strada;

- aiutare a reintegrarsi nella società;

- non costringerli a seguire programmi prestabiliti, bensì creare ciò che risponde alle loro esigenze; 

- organizzare attività per i giovani a rischio e formare opportune associazioni in modo che la strada perda quell’attrattiva che, nonostante tutto, possa avere;  

- lavorare nei luoghi di provenienza dei ragazzi e delle donne di strada, soprattutto per sconfiggere le cause della loro situazione disgraziata;

- approntare una pastorale di presenza, accoglienza e accompagnamento, dando risposte concrete alle necessità che si presentano; 

- realizzare una integrazione tra pastorale specifica e territoriale;

- dialogare e collaborare in rete con altri organismi ecclesiali e non, governativi e non, con gli organi di Stato (ministeri, parlamento, polizia, penitenziari, ecc.), al fine di poter, possibilmente, cambiare la realtà non solo in modo temporaneo ma definitivo;

- lavorare per l’istruzione e la formazione scolastica e ai valori;

- individuare operatori pastorali adatti, e formarli adeguatamente;

- condividere esperienze e conoscenza con altri operatori pastorali;

- sensibilizzare i vescovi e le diocesi, le associazioni cattoliche e i movimenti per questo tipo di pastorale specifica;

- utilizzare, con la dovuta prudenza, le strutture parrocchiali – se disponibili – nell’assistenza materiale e spirituale dei ragazzi e delle donne di strada e dei senzatetto;

- riconoscere le differenze culturali, e altre, negli ambienti in cui si opera, nelle varie parti del mondo;

- sensibilizzare al fenomeno degli abitanti della strada e informare sull’azione intrapresa per offrire soluzioni ai problemi che ne derivano; 

- continuare l’opera di sensibilizzazione nei confronti della società e delle istituzioni pubbliche cui spetta fondamentalmente il compito di intervenire; 

- lavorare per un cambiamento di mentalità verso queste nuove forme di povertà, sfruttamento e schiavitù, impegnandosi a far riscoprire il valore e la dignità della persona umana, al di là delle sue condizioni oggettive o temporanee di vita; 

- prendere in considerazione la creazione di un apposito sito-web per facilitare informazione e scambio di esperienze in questo importante campo di attenzione umana e pastorale.

 

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