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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 103 (Suppl.), April 2007

 

 

 LA PASTORALE UNIVERSITARIA IN EUROPA.

ORIENTAMENTI E VIE DI IMPEGNO COMUNE

 

 

S. E. Mons. Cesare Nosiglia

Vescovo-Delegato del CCEE per la Pastorale Universitaria

 

 

 Cari amici,

sono lieto di portare il mio contributo a questo Convegno internazionale, promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ricco di prospettive significative e carico di attese e di  speranze  per il comune lavoro  pastorale in uno dei settori oggi più urgenti e complessi, ma anche fecondi, della missione della Chiesa nel mondo.

Il mio intervento riguarda la pastorale universitaria, riferita all'Europa, alla luce dei recenti Orientamenti promossi dalla sezione università del CCEE  (Consiglio delle Conferenze episcopali europee).

 

1. Il cammino della pastorale universitaria in  Europa.

 

Il cammino della pastorale universitaria in Europa, al quale mi riferisco  per l’esperienza fatta in questo ambito in tanti anni di servizio alla Conferenza episcopale italiana e al CCEE, si è via via consolidato dopo il grande Giubileo e il memorabile incontro del Papa Giovanni Paolo II con gli universitari nel settembre 2000.

Il CCEE, che ne ha assunto progressivamente la guida e l’animazione, cerca di coinvolgere autorevolmente le Conferenze episcopali in questo settore decisivo per la nuova evangelizzazione del Continente europeo e per la promozione di quell’umanesimo integrale, che trova in Gesù Cristo e nel suo Vangelo le radici  culturali e vitali dei popoli europei.

Le università sono luoghi privilegiati di elaborazione culturale e di ricerca ma anche di esemplarità per orientare su un cammino di progresso, che non si appiattisca solo sulle questioni economiche e dia forza alla crescita intellettuale e morale delle persone e delle comunità.

La Chiesa ha sempre sviluppato un dialogo sereno e costruttivo con il mondo universitario e in questi ultimi decenni, grazie anche alla forte spinta ricevuta da Giovanni Paolo II che aveva una particolare attenzione e cura al mondo universitario, si è impegnata con risorse di personale e di mezzi per una presenza attiva e qualificata dentro le università. Anche il raccordo tra università e comunità cristiane locali si è esteso in modo da favorire una maggiore collaborazione tra le due realtà attraverso l’apporto congiunto dei giovani e dei docenti cristiani.

Le cappellanie universitarie si stanno consolidando e diventando punti di forza e di riferimento, non solo per una pur necessaria assistenza religiosa e spirituale dei soggetti che lavorano o frequentano l’università, ma come motori di animazione e di formazione sul piano culturale per un proficuo dialogo tra quanti, credenti e non, collaborano per dare spessore di qualità agli insegnamenti e alla presenza attiva dell’università nei vari ambiti del sapere e della ricerca.

 

2. Il testo degli Orientamenti.

 

Di tutto questo si è fatto carico lo strumento approntato in questi anni, "Orientamenti di pastorale universitaria in Europa", considerato il vademecum della pastorale universitaria nelle Chiese del Continente.

Frutto di un’ampia consultazione, questo testo, che affonda le sue radici nel Giubileo degli universitari e nel successivo grande Simposio europeo "Università e Chiesa in Europa" del 2003, offre una serie articolata di principi e di proposte per avviare un percorso condiviso  tra tutte le Conferenze episcopali d’Europa nel campo della pastorale universitaria.

La differenza e la ricchezza di tradizioni nonché il pluralismo esistente non vengono affatto mortificati dallo strumento, che, al contrario, si prefigge di non sovrapporsi a quanto ogni Chiesa ed ogni università stanno facendo, ma di orientare il lavoro su linee di indirizzo pastorale a partire da riferimenti comuni, non solo concettuali ma anche operativi.

Mi pare che sia proprio sul piano dei contenuti, prima ancora che su quello dell’organizzazione, che occorra muoversi per rendere la presenza della Chiesa in università forte nelle sue proposte ed autorevole. Per questo sarà necessario che gli Orientamenti costituiscano uno strumento di riflessione e di verifica permanente per tutte le cappellanie universitarie, valorizzandone gli spunti e le indicazioni ed aiutandosi insieme ad attuarne le proposte.

Ricordo che questi Orientamenti si sviluppano in tre punti:

  • la cura delle persone (studenti, docenti e personale tecnico –amministrativo);

  • l’animazione culturale  della vita universitaria (evangelizzazione della cultura);

  • l'approfondimento della visione e del messaggio cristiano nei vari ambiti del sapere (inculturazione della fede).

La vita universitaria è un luogo privilegiato di intelligenza della fede, di una fede che sa generare cultura. Per questo è anche luogo di vera testimonianza del credente, che esige solide motivazioni e forti contenuti per rendere ragione della speranza in Cristo che è nel suo cuore.

Il fine della pastorale universitaria è di elaborare un nuovo umanesimo integrale con quella centratura personalistica ed umanistica propria della cultura cristiana. L’importante è che questa pastorale non sia isolata, ma si integri in quella più vasta della comunità cristiana locale verso e con i giovani nelle parrocchie, movimenti e gruppi. La pastorale della cultura, pertanto, è decisiva nella Chiesa di oggi e come tale trova nella pastorale universitaria un suo punto di forza e di sviluppo.

 

3. Le linee portanti degli Orientamenti.

 

Riassumo alcune delle idee forti che gli Orientamenti presentano per il rilancio della pastorale universitaria in Europa.

 

3.1 Accanto all’Europa del mercato e a quella delle istituzioni comuni deve essere promossa con forza l’Europa della cultura. Un’alleanza tra università e Chiesa sul piano del rilancio della cultura europea potrà contribuire al raggiungimento di questo traguardo,  perché, come ha ricordato più volte Giovanni Paolo II, "il rapporto tra l’università e la Chiesa ci conduce direttamente al cuore dell’Europa".

L’università può trovare nella Chiesa un suo naturale alleato per non soccombere di fronte alle spinte del mercato di trasformarla in un segmento funzionale ai suoi fini, facendole perdere quella autonomia di riflessione, di criticità propria del pensiero forte, che va oltre la parossistica ricerca dell’immediatezza del risultato e sa puntare anche ai tempi lunghi di maturazione delle idee e dei progetti, perché siano a servizio vero dell’uomo e della società.

D’altra parte la Chiesa può trovare nell’università un suo ideale alleato per incarnare il Vangelo nel tessuto della cultura, individuando quelle vie di comunicazione e quei linguaggi più appropriati per il nostro tempo e salvaguardando sempre la libertà e la responsabilità dell’intelligenza e del cammino graduale ed affascinante che essa è chiamata a compiere verso la verità tutta intera.

La Chiesa è chiamata a riproporre un’idea di università incentrata sulla persona e sui valori propri della cultura europea, una cultura non meramente funzionale,  ma intesa come paideia e humanitas, capace di ricostituire l'unità del sapere e rivitalizzare il senso profondo dell’università e di tutta la sua vita.

 

3.2 L’università è il luogo dove si può concretamente sperimentare ed attuare un efficace incontro ecumenico ed un dialogo interreligioso, che oggi rappresentano una frontiera decisiva per lo sviluppo dei popoli europei.

Si tratta di una sfida ma anche di una positiva risorsa di cui  possono usufruire le università e le Chiese del Continente. L’evangelizzazione e la cultura rappresentano, infatti, un comune terreno di incontro tra tutte le Chiese e confessioni cristiane d’Europa ed una frontiera su cui operare uniti se si vuole incidere positivamente nell’ambito universitario. La crescente mobilità degli studenti e la presenza in ogni università, di docenti e studenti di varie  Chiese e confessioni cristiane sollecita anche un particolare impegno comune di evangelizzazione e di dialogo con chi professa religioni e fedi diverse dal cristianesimo o si proclama ateo o seguace di correnti ideologiche e filosofiche contrarie alla visione cristiana dell’uomo e del mondo. Questa tensione missionaria, culturalmente attrezzata, è necessaria per valorizzare la ricchezza degli apporti di tutti, senza disattendere o nascondere la feconda identità e la proposta del messaggio cristiano su cui si fonda la cultura europea.

Le università possono diventare così un modello di dialogo e di convivenza solidale, dove le diversità non sono vissute come potenziali concorrenti, ma valorizzate nelle loro specificità in vista di una società più libera e pacifica.

 

3.3 La pastorale universitaria si colloca su uno dei versanti più avanzati della missione della Chiesa nella società.

Per questo deve essere chiaro che essa ha come suo soggetto referente e responsabile la Chiesa locale e l’intera comunità cristiana. È la Chiesa locale la protagonista della pastorale universitaria e del dialogo con le università. Nel suo progetto di evangelizzazione ogni Chiesa locale deve saper guardare all’università come al luogo dove è possibile avviare quel processo di nuova inculturazione del Vangelo in Europa, che oggi rappresenta l’indispensabile frontiera della missione della Chiesa nel Continente.

La pastorale universitaria è un avamposto dell’evangelizzazione  e può rivelarsi trainante per l’intera pastorale della Chiesa per comunicare il Vangelo in un mondo che cambia e si rinnova  rapidamente. Per questo la Chiesa, ed ogni comunità cristiana devono considerare l’università come sua privilegiata interlocutrice.

Su questo punto gli Orientamenti richiamano in particolare i nn. 58 e 59 della esortazione apostolica “Ecclesia in Europa”, dove il Papa Giovanni Paolo II indica con chiarezza la necessità di far sì che l’evangelizzazione della cultura mostri che anche oggi in Europa è possibile vivere in pienezza il Vangelo come itinerario che dà senso alla vita. "A tale scopo la pastorale deve assumere il compito di plasmare una mentalità cristiana nella vita ordinaria della gente: famiglia, scuola, università, comunicazione sociale, mondo del lavoro, della politica, del tempo libero, della salute e della malattia".

Superando una certa ritrosia verso l’università, dovuta a timori o perplessità retaggio di un recente passato, la Chiesa deve saper scendere sul terreno proprio della cultura e della vita universitaria con tutta la carica di forza propositiva che le dà il Vangelo di Cristo Salvatore, il suo annuncio ed i valori che da esso discendono per la piena libertà e dignità dell’uomo.

 

3.4 Se il soggetto responsabile della pastorale universitaria è la Chiesa, di fatto coloro che dentro l’università ne assumono concretamente gli impegni sono, in primo luogo, i docenti e gli studenti cristiani.

Come docenti essi sono impegnati ad unire la competenza e la qualificazione necessarie allo svolgimento del servizio richiesto ad una attenta cura della propria identità di maestri e testimoni di fede e di valori positivi per la vita. Di questo infatti hanno bisogno primariamente gli studenti. Il dialogo e lo spirito di servizio verso di loro, il confronto sereno e costruttivo con i colleghi in materie connesse alla visione cristiana della persona umana e dell’etica cristiana, l’attiva partecipazione alla vita della cappella universitaria e soprattutto ai laboratori culturali di facoltà, rappresentano altrettante testimonianze da offrire nell’università.

Come studenti, i cristiani sono impegnati ad usufruire del tempo dello studio in università per approfondire il rapporto fede – cultura e fede – vita, a non aver timore di avviare un positivo dialogo con i nostri coetanei sul piano dell’annuncio di Gesù Cristo e del Vangelo, a sostenere, insieme ai docenti, i laboratori culturali ed infine a far rifluire nella catechesi e nella formazione delle parrocchie, dei movimenti e dei gruppi ecclesiali l’attenzione ai grandi temi culturali del nostro tempo.

 

3.5 Una modalità concreta per attivare queste sinergie è quella indicata dagli Orientamenti come via maestra da percorrere, anche se impegnativa: promuovere nelle università i laboratori culturali definendoli quale scelta prioritaria della pastorale universitaria a livello europeo. Essi si distinguono dai laboratori della fede propri degli itinerari di formazione cristiana.

 Gli Orientamenti indicano in proposito quattro aree di indagine attorno alle quali impostare questa iniziativa dentro le università: la persona umana; la città dell’uomo; la visione delle scienze; la creatività e la memoria. Tali aree coprono i principali ambiti degli studi universitari e possono dunque rappresentare una proposta a cui riferirsi per dare vita in tutte le nostre università a questa importante esperienza. Si tratta di promuoverne l’avvio e la sperimentazione con fiducia e coraggio, valorizzando per questo le specifiche competenze professionali dei docenti e degli studenti cristiani, ma coinvolgendo anche tutti coloro che sono comunque interessati alla ricerca e alla riflessione sugli argomenti proposti.

I laboratori culturali corrispondono alla natura e alle finalità proprie dell’università ed, in questo caso, si approfondiscono sul piano della ricerca della verità per educare al dialogo e al confronto, mirando sempre alla promozione integrale della persona umana. Sono luoghi di interdisciplinarità: tutte le scienze, comprese quelle filosofiche e teologiche nella loro peculiarità, collaborano al raggiungimento della ricerca. Sono luogo di interculturalità, luoghi di dialogo e di confronto tra tutte le componenti dell’università, credenti e non, cattolici, cristiani e non, e questo per valorizzare tutte le esperienze  in una prospettiva di unità del sapere e di comunione attorno ai grandi temi culturali dell’umanesimo aperti alle dimensioni etiche e religiose.

Si potrà studiarne le modalità usufruendo delle moderne vie informatiche. Una serie di laboratori europei di cultura sui temi dei seminari o altri temi di interesse specifico delle varie discipline universitarie potrebbe rappresentare una rete di grande interesse e novità nel quadro dei rapporti tra università. Sappiamo bene che molte sono le difficoltà per dare vita a queste iniziative, ma il fatto di aver prospettato queste ipotesi di lavoro è un segno coraggioso e creativo su cui operare nelle  università.

 

3.6 Questi impegnativi compiti dei docenti e degli studenti trovano un loro sostegno nella Cappellania universitaria, che rappresenta  il cuore della presenza della Chiesa nell’università.

Accanto alla tradizionale opera di formazione degli studenti e di sostegno della loro fede personale,  la Cappellania universitaria è chiamata oggi a far maturare nella comunità cristiana un’idea nuova di università e ad operare al suo interno per rispondere alle sfide della cultura universitaria, sostenendo iniziative di attiva presenza e  di proposta dei cristiani dentro il dibattito culturale che si svolge nell’università.

La Cappellania, inoltre, deve saper stabilire raccordi con le parrocchie ed il territorio, sviluppare iniziative di largo respiro culturale anche sul piano ecumenico e del dialogo interreligioso e su tematiche di comune interesse. La Cappellania, in quanto tiene aperti i sentieri della ricerca di Dio e della testimonianza della fede dentro la cultura, offre la possibilità di avviare un proficuo dialogo anche con le varie componenti laiche dell’università per favorire il raggiungimento delle specifiche finalità dell’università stessa.

Un campo di lavoro in cui oggi la Cappellania universitaria è chiamata ad operare  riguarda il Progetto formativo dei giovani universitari. Il richiamo di Papa Benedetto XVI ai giovani della GMG di non aver paura di cercare e di confrontarsi con la verità di Cristo e del Vangelo per scoprirne la profonda bellezza e sintonia con le loro aspirazioni ed attese più sincere che portano nel cuore, ci stimola a percorrere insieme un cammino di riflessione su come sostenere i giovani universitari in questo obiettivo.

La formazione in università è un fatto congeniale a chi studia, ma in campo religioso e spirituale rischia di non essere considerata possibile dentro l’università e si demanda il tutto ai gruppi e alle parrocchie. È invece una esigenza sentita dai giovani studenti in quanto li abilita ad un confronto a partire dal luogo stesso del loro studio e dunque con un contatto diretto delle fonti del sapere sia in chiave scientifica o umanistica che biblica e spirituale.

Il giovane universitario è sollecitato continuamente a formarsi una coscienza ed una mentalità dialettica e capace di riferimenti pluralistici, spesso contradditori con la visione cristiana dell’uomo, della storia, della scienza, della ragione. Per cui è necessario che la formazione umana e cristiana, di cui necessita, si radichi nel concreto del suo vissuto universitario e non rimandi altrove, a luoghi educativi diversi. Dentro l’università il giovane può e deve trovare spazi e occasioni di crescita anche in questi ambiti. È ovvio che le parrocchie e i movimenti o gruppi dovranno tenere conto della specificità del giovane universitario, ma è anche altrettanto decisivo che lui trovi in università motivazioni e stimoli per rendere ragione della speranza e per affrontare con coraggio intellettuale gli snodi propri della religione e  della fede cattolica. Si tratta di attivare, pertanto, percorsi di formazione dei giovani universitari che siano ricchi di incontro con le discipline che si stanno studiando in modo da superare quella dicotomia che spesso prevale nell’animo dei giovani: in università non ci si può formare una mentalità ed una prassi cristiana come in parrocchia o nel gruppo. Si tratta, certo, di realtà differenti, ma accomunate nella formazione che devono entrambe offrire con cura.

Il dialogo poi tra gli educatori dell’una e dell’altra realtà dovrà agevolare l’intesa tra i distinti cammini di formazione svolti in università e nella realtà ecclesiale.

Tutto questo esige che la Chiesa locale riservi alla Cappellania un personale qualificato e risorse adeguate mediante l’impegno, a tempo pieno, di sacerdoti, diaconi permanenti, religiose e religiosi ed équipes di laici, docenti e studenti. Potrebbe essere un segno di grande comunione se si riuscisse ad avviare una seria ed organica collaborazione tra le Conferenze episcopali d’Europa nel campo della formazione di questo personale attraverso, per esempio, borse di studio offerte da parte delle Chiese, che possono contare su risorse appropriate,  a studenti e docenti di Paesi bisognosi di aiuto concreto per continuare gli studi e la ricerca ed inserirsi così nei circuiti della vita e del lavoro universitario.

 

3.7 Non manca negli Orientamenti un esplicito ed ampio riferimento all’incontro tra università cattoliche e laiche, moderno ed interessante laboratorio culturale, che permette di usufruire dell’apporto di tutte le competenze, umanistiche, scientifiche, filosofiche e teologiche per camminare insieme  a servizio dello stesso fine: il nuovo umanesimo.

Il terreno che rappresenta il più efficace collegamento su questo punto è la teologia. Essa si colloca infatti a servizio della Chiesa, ma anche delle scienze e del mondo. Disse il Card. Lehmann al Simposio "Università e Chiesa in Europa" nel 2003: "Il nostro è un mondo pluralistico, che non ha più una risposta comune alla domanda che concerne il senso ultimo della vita, ma è comandato dalla domanda sui bisogni  economici, biologici, psichici dell’uomo. Le università concepiscono ormai il loro ruolo a partire da questi versanti. Così nessuno si chiede più circa il tutto dell’uomo, del mondo, della storia, del futuro: ciascuno è chiuso nel proprio particolarismo. La teologia ha il compito di tenere viva la domanda sul "da dove" e sul "verso dove", sul senso della vita dell’uomo, del mondo, della storia  e con ciò anche l’accesso a Dio. Anche i gravissimi problemi etici connessi al progresso si radicano in questa prospettiva".

Da qui scaturisce la necessità di avviare un dialogo più organico e permanente tra le università cattoliche e laiche nei rispettivi Paesi per sviluppare progetti ed iniziative di grande qualità culturale, sia al loro interno sia nelle società in cui operano. Favorire un raccordo tra queste Istituzioni, rispettoso dell’autonomia di ciascuna ma anche aperto al confronto sul terreno della ricerca, rappresenta per la Chiesa una via privilegiata del suo impegno verso e con le università.

 

4. La mobilità degli studenti esteri.

 

In questo ampio quadro di riferimento emerge anche un particolare ambito di impegno che la pastorale universitaria deve oggi affrontare con cura ed attenzione: la sempre più estesa mobilità degli studenti sia all’interno della stesso Paese (pensiamo ai cosiddetti fuori-sede), sia tra le università europee (progetto Erasmus, Socrates), sia nel costante e crescente flusso degli studenti universitari provenienti dai Paesi poveri. Tale realtà sollecita una serie di iniziative specifiche verso di loro sul piano dell'accoglienza e dell’orientamento per un positivo inserimento nell’università e per un accompagnamento durante il tempo degli studi, caratterizzato dal collegamento con le comunità cristiane e i gruppi giovanili locali.

 

4.1 È opportuno, anzitutto, distinguere tra i giovani studenti provenienti dai Paesi poveri del Terzo e Quarto Mondo e quelli provenienti dai Paesi europei  o dallo stesso Stato.

Gli studenti internazionali vengono in Occidente per specializzarsi negli studi e diventare poi attivi protagonisti, nei loro Paesi, dello sviluppo economico, culturale e sociale, e per tanti sacerdoti che studiano nelle università ecclesiastiche, anche religioso.

Gli studenti internazionali hanno, in genere, una spiccata apertura alla dimensione religiosa sia essa di fede cristiana o non in quanto provengono da famiglie e Paesi dove la realtà religiosa di base è ancora molto presente ed influente nella educazione delle nuove generazioni.

L’impatto con la cultura laicista e materialistica dell’Occidente rappresenta spesso un forte ostacolo e disorientamento, che sfociano o nella chiusura anche fondamentalista, o nell’acquisizione acritica dei modelli occidentali senza assimilarne i valori e limitandosi ad una conoscenza superficiale dei messaggi più accattivanti e devastanti sotto il profilo etico, in particolare.

Anche le società e le stesse università dei nostri Paesi europei spesso si mostrano poco accoglienti verso questi studenti, li sopportano e magari si fanno anche lustro di averli, ma in concreto non li considerano una risorsa ma un’appendice del loro impegno verso gli studenti. Così si crea una emarginazione di fatto, anche se a parole nessuno la vuole. Questi studenti percepiscono tale clima di sottile ostilità e ne soffrono, cercando di superarlo accogliendo modelli di vita e di costume occidentali e staccandosi sempre più dal loro humus di origine con gravi scompensi interiori e culturali.

Le difficoltà finanziarie e la lunghezza, a volte, degli studi, che vanno oltre la borsa di studio prevista all’inizio del percorso, aggravano ancora di più la situazione. La fede ed i valori religiosi rischiano di soccombere o stemperarsi di molto. Tutto ciò demoralizza il giovane, che perde fiducia in se stesso e a poco a poco può anche abbandonare gli studi ed entrare in una situazione di illegalità, specie quando scade il permesso di soggiorno.

È importante che la Chiesa, le comunità cristiane e le cappellanie universitarie prendano a cuore queste situazioni con iniziative appropriate di accoglienza, ospitalità, incontro, ascolto ed accompagnamento per aiutare questi giovani ad inserirsi nell’università e fuori di essa, ad avere condizioni di vita serene e facilitate per i loro studi. Anche sul piano finanziario occorre tenere presenti le necessità di questi studenti, che vengono in Occidente magari sostenuti all’inizio da borse di studio ma che poi si trovano in necessità sia per la lunghezza degli studi, sia per spese ulteriori che aggravano la loro situazione già precaria. Da qui l’impegno a sostenerli, per pagare le tasse universitarie, i libri, le tesi di laurea, con adeguati sussidi attraverso le varie Istituzioni civili o religiose interessate al settore della cultura e degli studi universitari.

Sul piano religioso è necessario aiutare questi studenti ad inserirsi nelle comunità di loro immigrati presenti e per i cristiani favorire l'accoglienza nelle parrocchie dove abitano.

Le diocesi sono chiamate a monitorare attraverso gli uffici di pastorale universitaria la presenza di questi studenti e ad attivare iniziative appropriate per far fronte ai vari problemi che essi devono affrontare. L’avvio di équipes miste  (studenti del rispettivo Paese, studenti esteri ed internazionali) all’interno dell’Ufficio potrebbe essere un segno concreto da promuovere con sollecitudine. Inoltre, la Cappellania è necessario che promuova incontri ecumenici ed interreligiosi ed apra uno sportello di ascolto e di accoglienza per questi studenti.

Sul piano europeo già agiscono associazioni, ad esempio il S.E.C.I.S., e gruppi che lavorano per collegare insieme, nelle varie università, gli studenti internazionali per affrontare i loro problemi e le loro esigenze secondo progetti condivisi, in dialogo con gli organismi della Comunità europea.

Qui a Roma opera con grande frutto il Centro culturale internazionale  Giovanni XXIII e l’Ufficio centrale per studenti esteri (U.C.S.E.I.), che promuovono una serie di progetti molto apprezzati e ricchi di interessanti proposte ed iniziative in questo campo.

Questo problema degli studenti internazionali provenienti dai Paesi poveri rientra in quell’opzione preferenziale che la Chiesa deve sempre fare verso le persone più bisognose e che merita dunque una cura ed attenzione pastorale prioritaria.

Investire nella formazione degli studenti esteri significa anche offrire ai Paesi poveri quel sostegno necessario a formare le classi dirigenti del loro futuro  ed è dunque un valido aiuto anche per il loro sviluppo basato sulla giustizia e sulla pace sociale. Tornati nel loro Paese, infatti, questi studenti potranno contribuire con la loro professionalità al superamento del sottosviluppo locale presente in tanti settori decisivi quali la scuola, la sanità, l’agricoltura e l’industria, l’urbanistica  ed il commercio.

 

4.2 Accanto a questi studenti ce ne sono molti altri, e sempre più numerosi, che circolano nelle università europee provenienti da diversi Paesi del Continente.

Mi riferisco, in particolare, al Progetto Erasmus, che interessa oltre 30 Paesi europei e centomila studenti ogni anno, e al Progetto Socrates,  che cura lo scambio non solo di studenti ma anche di insegnanti ed è aperto anche alla formazione degli adulti.

Si tratta di progetti validi, che permettono ai giovani un interscambio culturale e di studio, ma anche di mutua conoscenza ed incontro attorno a percorsi comuni e ricchi sotto il profilo umanistico, scientifico e culturale. Al di là di questo aspetto didattico e culturale, i due progetti aprono orizzonti di valorizzazione di sé e delle proprie competenze e qualità arricchite dal confronto e dall’incontro con culture, tradizioni e realtà accademiche differenti, proprie delle diverse università europee.

Cresce nei giovani il senso di appartenenza a quel sistema europeo di valori condivisi su cui si costruisce l’unità nella ricchezza delle diversità di cui il Continente è portatore.

I giovani sono posti a confronto con la realtà concreta dell’Europa, che si costruisce giorno per giorno anche attraverso questi mutui scambi e di cui si sentono protagonisti in prima persona. Questi progetti contribuiscono a far crescere quell’Europa della conoscenza, o degli spiriti come si usa dire, che rappresenta l’anima del cammino unitario del Continente in questo momento storico.

La Chiesa, le comunità cristiane ed i cristiani, che operano nelle università frequentate da questi giovani, sono chiamati ad accogliere questi studenti inserendoli nelle varie associazioni, gruppi e realtà pastorali proprie della vita universitaria e della comunità cristiana. In esse deve avvenire l’annuncio di Gesù Cristo attraverso il dialogo e l’incontro tra questi studenti ed i giovani cristiani che operano nelle università e nelle comunità del Paese che li ospita.

Tale impegno può realizzarsi sia attraverso i contatti individuali, da studente a studente, sia mediante esperienze comunitarie organizzate dalla Cappellania o dalle associazioni cattoliche che operano dentro le università, sia dalle parrocchie del territorio.

Un particolare compito attiene, in questo ambito, ai collegi o convitti universitari gestiti dalla comunità cristiana o da famiglie religiose. In essi è possibile accogliere studenti esteri avendo una particolare attenzione alle loro necessità e favorendo il loro inserimento nei gruppi di universitari organizzati e nella Cappellania. Il collegio, inoltre,  può offrire quell’ambiente sereno e ricco di stimoli umani e spirituali idoneo a favorire tale inserimento, oltre che aiutare ovviamente nel percorso universitario specifico. La mutua conoscenza e l'incontro tra studenti provenienti da Paesi diversi promuove così una coabitazione culturale ricca di stimoli e di interscambio di doni.

Il problema di fondo resta quello di inserire anche questi studenti nel processo di evangelizzazione e di formazione permanente dei giovani universitari, usufruendo del loro apporto  positivo e delle loro risorse e potenzialità umane, culturali, religiose e sociali.

Anche l’esperienza spirituale e religiosa diretta (giornate di spiritualità, veglie bibliche o di preghiera, giornate di ritiro, conferenze su tematiche inerenti al rapporto fede-cultura, fede-scienza, fede-storia) è da valorizzare per interessare e coinvolgere gli studenti.

Per favorire poi il mutuo scambio di doni è necessario promuovere iniziative culturali proposte dai gruppi di studenti dei vari Paesi così che tutti possano esprimere e far conoscere le loro tradizioni.

Resta, infine, decisivo l’impegno a formare con sufficiente cura i cappellani e gli operatori di pastorale universitaria, come anche i responsabili dei collegi e convitti studenteschi che li accolgono, perché siano all’altezza di saper gestire il rapporto con gli studenti esteri sul piano culturale, spirituale e pastorale.

 

4.3 In sintesi, per questo aspetto credo che, sia sul piano sociale che ecclesiale, la presenza di studenti esteri debba sollecitare ogni Chiesa locale a trovare vie e strumenti idonei per la loro accoglienza ed il loro accompagnamento universitario,  spirituale e religioso, usufruendo di strutture ed iniziative promosse con la convinta e richiesta responsabilità degli interessati per favorire al massimo l’incontro, il dialogo e lo scambio tra tutti gli studenti. Questo potrà rivelarsi un grande vantaggio anche per le Chiese locali ed i loro giovani, oltre che per le università, perché farà sì che la pastorale universitaria e giovanile superi una certa autoreferenzialità e chiusura per assumere sempre più una caratteristica missionaria, aperta all’annuncio di Cristo e del Vangelo verso tutti e in ogni ambiente.

 

5. Un progetto organico e condiviso.

 

Credo che un punto qualificante del nostro lavoro futuro possa essere quello di partire da questi Orientamenti per delineare un progetto più organico e condiviso di dialogo e di presenza attiva delle Chiese europee nelle università. Non dobbiamo correre il rischio di ricominciare sempre da capo. Anche se siamo ancora agli inizi di un lavoro comune in Europa, in questo ambito della pastorale universitaria, possiamo già contare su una piattaforma di principi, di organismi  e di indicazioni preziose su cui fare leva per guardare avanti con speranza  e coraggio.

In un mondo sempre più globalizzato, sul piano economico e finanziario, diventa decisivo che prevalga quella “globalizzazione della solidarietà” di cui c’è estremo bisogno per mantenere un’anima alle società europee e promuovere quel nuovo umanesimo integrale, radicato nel tessuto cristiano dei popoli europei, a cui devono tendere insieme le università, se vogliono contribuire alla costruzione dell’Europa del domani con il loro necessario apporto di cultura e di valori.

Lo scambio, sempre più intenso e mirato, dei giovani studenti e dei docenti, la promozione di percorsi di formazione comuni e la ricerca dell’unità, anche nel riconoscimento dei rispettivi titoli accademici (come sta avvenendo con il cosiddetto processo di Bologna che avrà il suo culmine nel 2010), rappresentano un traguardo possibile e doveroso su questa strada.

 

Termino ricordando alcuni appuntamenti di grande respiro ecclesiale:

 

        * sabato 11 marzo 2006 si svolgerà la quarta Giornata europea degli universitari con la partecipazione del Santo Padre. In quella circostanza avremo diversi collegamenti con università europee ed anche africane;

        * nel 2007 si svolgerà un importante Incontro dei docenti europei delle università;

        * nel 2010 infine il Simposio degli studenti universitari durante il quale affronteremo anche, in specifico, il tema della mobilità degli studenti.

 

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