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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 103, April 2007

 

 

Discorso di apertura



Cardinale Renato Raffaele MARTINO
Presidente del Pontificio Consiglio
della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti




Con gioia vi accolgo oggi e vi do il più cordiale benvenuto a questo Incontro di Studio per i Direttori nazionali della Pastorale per i Nomadi, che approfondirà l’analisi dei recenti Orientamenti al riguardo.
Vorrei dire, in primo luogo, che questo incontro è particolare per due motivi. Anzitutto, poiché vi vedo per la prima volta come Presidente di questo Dicastero. E poi la riunione avrà come oggetto di studio il primo documento della Chiesa dedicato all’apostolato in favore della popolazione zingara. Comunque, l’argomento che tratteremo in queste due giornate, non mi è del tutto sconosciuto. Infatti ho avuto già occasione di seguire e affrontare questa difficile problematica durante la recente Riunione Plenaria del Dicastero. Tuttavia, fonte per la conoscenza del mondo zingaro e della relativa pastorale, indubbiamente è stato per me il Documento Orientamenti che vi accingete qui ad approfondire. Esso, di fatto, è ricco di informazioni, indicazioni e dati esplicativi sulla realtà zingara, illustrando inoltre bene il ruolo della Chiesa in questo “ambiente”.
L’incontro odierno mi offre dunque l’opportunità di condividere con voi alcune osservazioni, riflessioni e idee, per trovare insieme le forme più adatte per la sua diffusione e una sua corretta interpretazione e applicazione. Su di voi incomberà, cioè, da veri esperti pastorali, il compito di “tradurre” il testo in adeguata applicazione, tenendo in conto le situazioni concrete e in comunione con i vostri Vescovi.
Il Documento – come si legge nell’Introduzione – è certo frutto del vostro impegno pastorale e di molteplici esperienze vissute a contatto diretto con gli Zingari, nella ricerca di intraprendere assieme a loro un cammino di comprensione, in accoglienza cristiana e riconciliazione reciproca. La stessa esperienza ci insegna – leggiamo ancora nel documento – che tali cammini, in modo particolare quello della riconciliazione, sono ancora in fieri in numerosi Paesi (cfr. Orientamenti nn. 3 e 4).
Vorrei pertanto soffermarmi su alcuni aspetti salienti del Documento che sono fondamentali per una pastorale specifica e adeguata del mondo zingaro.
Il mio primo convincimento riguarda la necessità di una sua accurata analisi, che del resto il nostro stesso testo richiede. Un’analisi fatta con sguardo oggettivo. Sì, perché soltanto esso ci permette, e allo stesso tempo ci obbliga, di riconoscere i valori della cultura degli Zingari, di custodirne la dignità e rispettarne l’identità, con incoraggiamento alle iniziative per la promozione e per la difesa dei loro diritti (cfr. n. 48).
A questo proposito, siamo tenuti – come risulta dagli Orientamenti – a riconoscere il diritto di questo popolo a “voler vivere insieme”, promuovendo e sostenendo ogni azione volta al rispetto reciproco delle culture. È essenziale, altresì, rispondere alle aspettative degli Zingari nella loro ricerca di Dio, orientando i loro passi secondo l’insegnamento di Cristo (cfr. n. 20). A tale riguardo il Documento esorta tutto il popolo cristiano ad una conversione della mente e degli atteggiamenti, al fine di instaurare un rapporto positivo con questa popolazione, mediante un riconoscimento degli Zingari, che porterà, poco a poco, alla riconciliazione con i gadjé (cfr. n. 5). In effetti il Concilio Vaticano II così proclama: “Il rispetto e l’amore deve estendersi pure a coloro che pensano e operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di sentire, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un colloquio”1.
È inoltre indispensabile riconoscere l’itinerario doloroso di questo popolo nel corso della storia. E qui si dischiude il largo ventaglio di atti dolorosi e deplorevoli contro la loro dignità umana.
Nonostante la storia degli Zingari faccia ormai parte integrante di quella dei Paesi in cui essi vivono, e la loro cultura abbia pure arricchito notevolmente un gran numero di Paesi ospitanti, non sempre la loro vita risulta definitivamente tranquilla. Infatti, anche nei Paesi in cui essi “sono di casa”, pur muniti di regolari documenti, vengono visti e considerati come “altri”, stranieri, se non proprio mendicanti insistenti (cfr. Orientamenti n. 10). Nel tempo, tale percezione ha condotto a manifestazioni di discriminazione e di emarginazione. La loro esistenza, infatti, fu quasi sempre caratterizzata da un certo isolamento, accompagnato da rifiuto, violenza e persecuzione, purtroppo, anche oggi, in certi casi.
È dunque incoraggiante ora osservare come vari Organismi Internazionali e nazionali, governativi e non, hanno reagito a tale situazione, potenziando gli sforzi diretti a considerare la minoranza zingara come bisognosa di programmi d’aiuto, nazionali e internazionali, che portino a un miglioramento, anche a lungo termine, della loro situazione. Tali impegni mirano ad assicurare alle comunità zingare pure i valori fondamentali della democrazia e dell’eguaglianza, soprattutto in materia di sanità, impiego, alloggio e accesso agli studi.
Se spetta, poi, principalmente alle Istituzioni internazionali e nazionali svolgere un ruolo fondamentale nel prevenire tale discriminazione, anche la Chiesa è chiamata a intervenire affinché le loro decisioni a favore degli Zingari trovino accoglienza presso le istanze locali e si ripercuotano nella vita quotidiana. Essendo la Chiesa segno dell'amore di Dio per gli uomini e della vocazione dell'intero genere umano a trovare unità in Cristo, essa non può, né deve, accettare situazioni di emarginazione in cui versano intere popolazioni.
La Dottrina Sociale della Chiesa è comunque segno del non restare, la Chiesa, silenziosa. Essa veramente risponde alle sfide del tempo presente e lo fa basandosi su un'antropologia cristiana che tiene in conto, tra l’altro, la dignità, la socialità e l'agire umano nel mondo, orientato secondo l'ordine impresso da Dio, cioè nella prospettiva di un umanesimo integrale e solidale tendente allo sviluppo di ogni uomo e di tutto l'uomo. La Chiesa, cioè tutti noi cristiani, siamo chiamati – lo ripeto – ad intervenire, nel segno della solidarietà, del rispetto e dell’amore (cfr. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa nn. 18, 37 e 19)2.
Ecco perché gli Orientamenti non esitano a denunciare le situazioni avverse agli Zingari e le accuse sollevate nei loro confronti, quelle false, ingiuste e infondate, né rinunciano a richiedere maggiore giustizia per loro, compito che spetta in prima linea al Direttore nazionale (cfr. Orientamenti n. 91).
Sul tema della giustizia (lo posso dire con tutta consapevolezza come Presidente anche del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace) la Chiesa si pronuncia esplicitamente, nel suo Magistero. Anche la Gaudium et Spes ci esorta infatti a superare ed eliminare, come contrario al disegno di Dio, ogni genere di vulnus ai diritti fondamentali della persona3. Un errore oggi largamente diffuso – diceva già Pio XII

– “è la dimenticanza della legge di umana solidarietà e carità, che viene dettata e imposta sia dalla comunanza di origine e dall'uguaglianza della natura razionale in tutti gli uomini, sia dal sacrificio di redenzione offerto da Gesù Cristo sull'ara della croce”4. È proprio qui

– affermò successivamente il Servo di Dio Giovanni Paolo II – che la dignità della persona acquista una nuova e decisa motivazione. Ogni uomo va visto e valutato, amato e servito per il suo rapporto con Cristo. Dimenticato o trascurato tale rapporto, non sarà difficile trovare motivi apparentemente validi per legittimare l’emarginazione, la discriminazione, il sopruso e il disprezzo. Il principio di solidarietà, designato pure con il nome di « amicizia » o di « carità sociale », è infatti un'esigenza diretta della fraternità umana e cristiana5. Papa Benedetto XVI lo sancisce nella Lettera enciclica Deus caritas est con una breve, ma eloquente affermazione, la seguente: "l'amore per il prossimo è una strada per incontrare anche Dio"6.
Dunque l’itinerario da percorrere è quello della predicazione della Parola di Dio e dell’evangelizzazione, quella nuova, alla quale ci esortò il Servo di Dio Giovanni Paolo II. Bisogna cioè offrire nuovamente a tutti il messaggio liberante del Vangelo e “riproporre la figura di Gesù vivente nella sua Chiesa, rivelatore del Dio Amore che è comunione delle tre Persone divine”7. E qui si inserisce lo sforzo congiunto di diversi operatori pastorali per rendere sempre più visibile il volto di Cristo mediante un più incisivo annuncio corroborato da una coerente testimonianza (cfr. Orientamenti nn. 93-94).

Cari Direttori nazionali,
considerato il tutto, mi rendo conto di quanto difficile sia la vostra missione. Desidero pertanto esprimere la mia viva riconoscenza e gratitudine a tutti voi che, con tanto zelo ed entusiasmo, vi dedicate all’apostolato con, fra e per gli Zingari. Alcuni di voi hanno trascorso ormai molti anni con loro, sapendo creare amicizia e fraternità, spazi di accoglienza e comprensione, legami di confidenza e di solidarietà. Per tanti Zingari rappresentate, cioè, l’unico sostegno morale e materiale; molti ricorrono a voi in cerca di appoggio non soltanto spirituale ma anche concreto, e non se ne vanno delusi. Infine, insieme a loro, cercate di interpretare in maniera giusta la storia, la cultura e la dignità di questa popolazione, al fine di aiutarla a vivere più consapevolmente e con maggior impegno l’inserimento nella Chiesa e nella società.
Come Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, in modo particolare desidero esprimere anche la mia gratitudine a tutti coloro che hanno collaborato alla preparazione del testo al centro della nostra attenzione in questi giorni. Rivolgo infine il mio grazie anticipato e sincero altresì agli oratori che hanno assunto il compito di presentarci gli Orientamenti nei loro vari aspetti, e che in questi giorni saranno con noi per arricchirci con la loro scienza e il loro zelo.
Non mi resta, per concludere, che augurare a tutti un sereno e proficuo lavoro, guidati dello Spirito Santo e sotto la materna intercessione di Maria, nostra Signora dell’Avvento.

 

[1]    concilio vaticano ii, Costituzione pastorale Gaudium et spes, 28 : AAS 58 (1966) 1048.

[2]   Il documento pubblicato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace è disponibile sul sito web:

www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dot t-soc_it.html

[3]   Cfr. nr. 29 :  AAS 58 (1966) 1048-1049.

[4]   pio xii, Lettera enciclica  Summi Pontificatus : AAS 31 (1939) 426.

[5] Cfr. giovanni paolo ii, Lettera enciclica Sollicitudo rei socialis, 38-40: AAS 80 (1988) 564-569; Id., Lettera  enciclica Centesimus annus, 10: AAS 83 (1991) 805-806.

[6]   benedetto xvi, Lettera enciclica Deus caritas est, 16: AAS 98 (2006) 230.

[7]   giovanni paolo ii, Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa, 4: AAS  95 II (2003) 652.

 

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