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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 107, August 2008

 

 

Il tema della Plenaria

dai nostri recenti documenti          

 

Cardinale Renato Raffaele MARTINO

Presidente

Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

 

Per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2007 Benedetto XVI scelse il tema La famiglia migrante al fine di “sottolineare l'impegno della Chiesa a favore non solo dell'individuo migrante, ma anche della sua famiglia, luogo e risorsa della cultura della vita e fattore di integrazione di valori”. Ma il Santo Padre, nel suo Messaggio per tale occasione, ricordò che “tante sono le difficoltà che incontra la famiglia del migrante”.

Nella sua esperienza pluridecennale, questo Pontificio Consiglio è ben al corrente di queste difficoltà, non solo della famiglia del migrante ma anche di quella di chi è nella mobilità umana. In effetti, è una conoscenza che deriva dalla sua sollecitudine pastorale, che si riflette nei documenti che il Consiglio stesso pubblica. Esaminiamoli un poÂ’ da vicino perché è proprio il tema del nostro intervento. 

Questi documenti  richiamano prima di tutto

Le sofferenze che la mobilità umana causa alla famiglia

LÂ’Istruzione Erga migrantes caritas Christi (EMCC) di fatto “sottolinea i forti disagi che generalmente l'emigrazione causa nei singoli individui, in particolare nelle donne e nei bambini, nonché nelle famiglie” (EMCC, Presentazione). Il documento così afferma: “Non sorprende Â… che i flussi migratori abbiano comportato e comportino innumerevoli disagi e sofferenze per i migranti Â… Particolarmente colpita, nella sofferenza, è l'emigrazione dei nuclei familiari e quella femminile, diventata, quest'ultima, sempre più consistente” (EMCC 5).

Tale è anche lÂ’esperienza della famiglia di chi è impegnato nellÂ’ambito dellÂ’aviazione civile, altro nostro specifico settore. Infatti “lavorare per una compagnia aerea comporta taluni benefici, ma difficoltà e problemi sono inevitabili. Il personale navigante è spesso lontano da casa. Il personale aeroportuale e i prestatori di servizi osservano orari di lavoro lunghi e non abituali. Inutile dire che questa situazione si ripercuote sulla loro vita familiare e sociale” (Direttive per la Pastorale Cattolica dellÂ’Aviazione Civile – DPAC –  2).

Le difficoltà non sono risparmiate nemmeno alla famiglia di chi lavora nel settore del turismo e del tempo libero. In effetti, cito: “L'attività turistica, in genere, ha cadenze stagionali, con particolare intensità in determinate occasioni dell'anno. Da ciò deriva un'offerta lavorativa fluttuante, con un'occupazione temporanea variabile, che pone il lavoratore in una situazione di incertezza e precarietà. Si aggiunge, poi, l'intensità del lavoro con orari particolari, l'allontanamento temporaneo dal luogo di residenza, la conseguente disgregazione della vita familiare e sociale, e un disorientamento per la pratica religiosa” (Orientamenti per la Pastorale del Turismo – OPT –11. v. anche n. 29).

Neppure la famiglia di chi può godere del tempo libero ne è esente, poiché “questa maggiore disponibilità di tempo, non sembra, tuttavia, sufficiente per soddisfare le sollecitazioni che la società propone, come attività formative, sociali o finalizzate al riposo e al benessere Â…. Da questo divario tra il tempo effettivamente a disposizione e quello desiderato, scaturisce uno stato d'animo di angoscia che inevitabilmente si ripercuote sulle relazioni familiari e sociali” (OPT 6).

Ancora, la strada – altra realtà a cui si rivolge il nostro impegno pastorale – può essere causa di sofferenza per le famiglie. Di fatto: “Nel corso del secolo XX Â…, per incidenti stradali, si ritiene che circa 35 milioni di persone abbiano trovato la morte, mentre i feriti si sarebbero aggirati attorno al miliardo e mezzo.Â… Da non dimenticare il danno causato alle famiglie di chi subisce lÂ’incidente, oltre le prolungate conseguenze per i feriti, che restano troppo spesso handicappati permanenti” (Orientamenti per la Pastorale della Strada – OPS – 39).

La religiosità stessa degli Zingari è legata altresì alla sofferenza della famiglia, in quanto “il rapporto con Dio Â… si traduce in una relazione affettiva e immediata con lÂ’Onnipotente, che cura e protegge la vita familiare, specialmente nelle situazioni dolorose e inquietanti dellÂ’esistenza” (Orientamenti per una Pastorale degli Zingari – OPZ –15). Ma “a danno della religiosità vissuta in seno alle famiglie”, i giovani Zingari “entrano sempre più in contatto con altri giovani gağé, che spesso non manifestano alcun interesse religioso, suscitando negli Zingari interrogativi ignorati dai loro genitori” (OPZ 79).  

Ciononostante si può affermare che

La famiglia è  causa della mobilità umana

Non di rado, cioè, la famiglia stessa è uno dei fattori propulsori della mobilità delle persone, che poi vivono le situazioni di sofferenza in parola. Si emigra per aiutare la famiglia, cadendo, a volte, nelle mani dei trafficanti di persone umane.

A conferma, cito alcuni paragrafi degli Orientamenti per la Pastorale della Strada: “Le donne indebitate e senza lavoro Â… emigrano per vivere e aiutare le proprie famiglie o comunità. [Anche se condividono molti aspetti di vulnerabilità, sono comunque] in una situazione ben diversa dalle donne vittime del traffico di esseri umani” (OPS 91).

Purtroppo, però, “la speranza di assicurare il sostentamento economico a sé stesse e alle proprie famiglie, la necessità di far fronte a debiti o la decisione di abbandonare situazioni di povertà nel Paese di origine, pensando che il lavoro offerto allÂ’estero possa cambiare la vita”, inducono anche alla prostituzione (OPS 89).

Alla fine, ogni “vittima della prostituzione porta profonde ferite che è necessario curare, mentre cerca relazioni, amore, sicurezza, affetto, affermazione di sé, un futuro migliore, anche per la propria famiglia” (OPS 93).

Può anche succedere che sia proprio la condizione in seno alla famiglia a portare le persone allÂ’itineranza. Sempre nei citati Orientamenti si può leggere quanto segue:

“Le donne Â… e i bambini [di strada, vi] sono spesso spinti Â…, o attirati Â…, a causa della violenza che soffrono da parte di maschi presenti in casa Â…. La causa della violenza in famiglia Â… [è] da considerare e studiare a ogni livello della società, particolarmente riguardo al loro impatto sulla vita familiare” (OPS 96 e 110). E ancora:

“I ragazzi di strada, in senso stretto, risultano  privi di legame con il loro nucleo familiare di origine, essi cioè hanno fatto della strada la loro abitazione Â…. CÂ’è chi ha sofferto lÂ’esperienza traumatizzante di una famiglia che si è sfaldata, ed è rimasto solo, o è fuggito di casa perché troppo trascurato o maltrattato. Vi sono poi coloro che rifiutano la casa, o da essa sono cacciati perché compromessi con forme di devianza…” (OPS 120).

I “ragazzi nella strada”, invece, “trascorrono gran parte del loro tempo in strada, anche se non sono privi di ‘casa’ e di un legame con la famiglia originaria. Essi preferiscono vivere alla giornata … abitualmente fuori della famiglia, anche se in essa possono ancora trovare un giaciglio per dormire” (OPS 121).

Le cause principali “alla base di questo fenomeno sociale di dimensioni sempre più allarmanti Â… [sono]: una crescente disgregazione delle famiglie; situazioni di tensione fra genitori; comportamenti aggressivi, violenti, e talora perversi, nei confronti dei figli…” (OPS 122).

Per i senza fissa dimora, poi, i motivi “possono essere uno sfratto, una tensione familiare che non si risolve, la perdita del lavoro, una malattia. Tutto ciò – là dove manca il sostegno necessario – può trasformare persone che fino a un certo momento conducevano una vita ‘normaleÂ’ in gente sprovvista del necessario” (OPS 148).

Ma dopo aver considerato le difficoltà, cerchiamo un poÂ’ di luce, trattando delle

Situazioni favorevoli alla famiglia

NellÂ’ambito del turismo per esempio, “spostamenti motivati da celebrazioni locali Â…concorrono in modo speciale a riunire le famiglie e a rafforzare i vincoli fra le persone” (OPT 10). Per motivi di turismo, spesso “si intraprende il viaggio insieme ai propri familiari. È noto che nella società contemporanea numerose circostanze rendono difficile la vita familiare, la comunicazione, la convivenza e lo scambio fra i suoi membri. Perfino l'uso del tempo libero, orientato prevalentemente dalle preferenze individuali, non riesce a correggere questa situazione. Da questa prospettiva, il turismo familiare può essere proposto come mezzo efficace per intensificare e perfino ricomporre i legami familiari. Il programma di un viaggio in comune, il cui buon esito richiede la partecipazione responsabile di tutti, moltiplica le possibilità di dialogo, migliora la vicendevole comprensione e il mutuo apprezzamento, rafforza la stima di ciascuno in seno alla famiglia e stimola la generosità nel reciproco aiuto” (OPT 23).

A questo riguardo, anche gli stessi “veicoli in circolazione … rappresentano un mezzo di spostamento rapido per le persone per … uscite di fine settimana con la famiglia, trasferimenti per le vacanze, incontri di amicizia e parentela” (OPS 6). I pellegrinaggi – qui siamo nella pastorale degli Zingari – “risultano … attraenti occasioni di riunione per le loro famiglie. Spesso poi i ‘luoghi sacri’ di incontro con il ‘Santo’, o la ‘Santa’, sono legati alla storia familiare” (OPZ 70).

Sempre in questa pastorale specifica, anche “una sosta prolungata” può rivelarsi esperienza positiva. Questo perché essa “permette Â… ai figli di frequentare con regolarità la scuola, nelle famiglie in cui i genitori hanno Â… sofferto dellÂ’inferiorità di essere analfabeti” (OPZ 16). Per questo motivo “il passaggio dal carro tradizionale alla roulotte trainata da unÂ’automobile ha paradossalmente incrementato il fenomeno della semi-sedentarizzazione. La macchina permette di percorrere liberamente lunghe distanze nel corso di una stessa giornata, senza che moglie e figli debbano necessariamente accompagnare il capofamiglia o gli uomini che esercitano la propria attività professionale” (ibid.). 

Penso che sia ora necessario considerare brevemente la

Importanza della famiglia.

Per chi vive in mobilità, nelle sue varie espressioni, ciò che potrebbe costituire un punto di riferimento è la famiglia. EÂ’ il caso degli Zingari. “Essere Zingaro vuol dire trovarsi radicato in maniera vitale nella famiglia, dove la coscienza e la memoria collettiva plasmano ogni persona e educano il giovane, pur in mezzo al mondo dei gağé che lo avvolge e allo stesso tempo lo tiene a distanza. Gli anziani della famiglia sono quindi grandemente rispettati e venerati, perché possiedono la sapienza della vita. I defunti restano per lungo tempo nella memoria e, in un certo senso, la loro presenza si conserva sempre viva. Presso gli Zingari è inoltre in onore la ‘famiglia allargataÂ’, costituita da una rete di molteplici famiglie imparentate, che porta a un atteggiamento di grande solidarietà e di ospitalità, specialmente verso i membri della propria etnia. La volontà Â… di disporre dello spazio e del tempo per realizzare se stessi nella famiglia e nella propria etnia, è dunque radicata molto profondamente nella mentalità zingara” (OPZ 14). Anche per questo tale popolazione “è in continuo aumento grazie a famiglie numerose…” (OPZ 8).

Il riposo stesso, considerando invece il settore turistico, acquista senso quando in esso l’uomo “si dedica generosamente al servizio degli altri, specialmente della famiglia” (OPT 6).

Non per niente, passando ai pellegrini, si raccomanda “un’accurata attenzione alla pastorale … della famiglia, ‘luogo privilegiato e santuario dove si sviluppa tutta la grande ed intima vicenda di ciascuna irripetibile persona umana’” (Il Santuario: Memoria, presenza e profezia del Dio vivente – S – 12).

Essendo la famiglia la cellula vitale di ogni società, occorre favorire la riunificazione delle famiglie separate dalla mobilità di uno o più membri, come nel caso dei rifugiati (cf. Rifugiati: una Sfida alla Solidarietà – RSS – 12).

Bisogno di vivere in una famiglia

LÂ’importanza della famiglia è confermata dal comune desiderio di chi è lontano da casa di mettersi in contatto con i suoi cari (cf. OPS 113). EÂ’ dunque necessario fare tutto il possibile per riunire le famiglie e, se non è possibile, almeno di cercare di trovargli una comunità, un luogo dove si sperimenti un clima familiare.

Gli Operatori pastorali che si occupano dei ragazzi di strada, per esempio, dovrebbero “prevedere, se possibile, un impegno con la famiglia d’origine [del ragazzo di strada], che incida positivamente sulle dinamiche familiari e sia volto al sostegno, alla ricostruzione del tessuto familiare e al graduale accompagnamento e reinserimento del ragazzo nel nucleo di appartenenza” (OPS 139).

Infatti, e continuo a citare Documenti di questo Pontificio Consiglio, “il recupero del ragazzo di strada a una normalità di vita Â…comporta il suo reinserimento nella società, ma soprattutto in un ambiente di famiglia, possibilmente in quella di origine, oppure in unÂ’altra, e, nel caso in cui ciò sia impossibile, in strutture comunitarie, ma sempre di tipo familiare” (OPS 124).

Dal canto loro, “le donne di strada hanno bisogno di essere aiutate a trovare casa, un ambiente familiare e una comunità in cui si sentano accettate e amate, dove possano cominciare a ricostruirsi una vita e un futuro. Ciò le metterà in grado di riacquistare stima e fiducia in se stesse, gioia di vivere e di ricominciare una nuova esistenza” (OPS 107).

Ancora, “per quanto riguarda le mense, di qualsiasi genere e ordine, con il servizio gratuito  di un pasto caldo e abbondante [parliamo dei senza fissa dimora], gioverà il clima familiare e accogliente che si saprà creare. Chi vi si reca a mangiare, nella sua povertà, ha sì necessità di soddisfare il bisogno di cibo, ma sopratutto di trovare simpatia, rispetto e calore umano, che spesso gli sono negati. Â…In tale situazione Â… [i volontari] vivono con i poveri un rapporto speciale, fino a raggiungere quasi quello di famiglia, di amicizia, che molti senza tetto hanno perso o non hanno mai avuto. Così si giunge allÂ’espressione bella di un pranzo natalizio quasi di famiglia, per le persone senza dimora…” (OPS 161-162). 

Certamente, dunque, per noi,

La sollecitudine per le varie categorie di persone in mobilità comprende la cura pastorale delle loro famiglie.

Per quanto riguarda lÂ’Apostolatus Maris tutti sanno che la Chiesa accompagna la gente del mare, “prendendo cura delle peculiari necessità spirituali di coloro che, per motivi di vario genere, vivono ed operano nell'ambiente marittimo” per “venire incontro alle esigenze della peculiare assistenza religiosa di cui hanno bisogno i marittimi del commercio e della pesca, le loro famiglie, il personale dei porti e tutti coloro che intraprendono un viaggio per mare”. Lo attesta la Lettera Apostolica Stella Maris (SM, Premessa). Con essa, il Santo Padre Giovanni Paolo II stabilì che, “con il nome di Â… gente del mare”, si intendono non soltanto “i naviganti e i marittimi” ma anche “il coniuge, i figli minorenni e tutte le persone che abitano nella stessa casa di un marittimo anche se attualmente non sia navigante (per es. in pensione)”, oltre “coloro che collaborano stabilmente con l'Apostolato marittimo” (SM Art. II, § 1).

Riguardo alla pastorale della strada, invece, ricordo che i “destinatari di questa pastorale sono tutti coloro che, in diversa misura, sono legati alla strada e alla ferrovia, e quindi non solo gli utenti, ma anche i professionisti, i lavoratori di questo settore” e “non dimentichiamo la sollecitudine di cura d’anime per i trasportatori e le loro famiglie” (OPS 81-82).

Concludiamo questo punto con la pastorale dellÂ’Aviazione Civile, “diretta in particolare al personale navigante, anche in formazione, e a terra delle compagnie aeree, al personale aeroportuale e ai prestatori di servizi, e al personale con base nellÂ’aeroporto per il rifornimento degli aerei o il servizio dei passeggeri. In caso di necessità o quando ritenuto utile, questo ministero è offerto anche ai passeggeri e a categorie particolari come i rifugiati nei centri di detenzione negli aeroporti, le persone in difficoltà, i senza tetto che trovano rifugio nellÂ’aeroporto, ecc. Indirettamente, ciò include il contatto con le famiglie delle categorie su menzionate” (DPAC 5-6). 

Accenniamo ora allÂ’area dei

Diritti relativi alla famiglia

Non sorprende certamente, a questo riguardo, che lÂ’EMCC incoraggi “la ratifica degli strumenti internazionali legali che assicurano i diritti dei migranti, dei rifugiati e delle loro famiglie [come, per esempio, la Convenzione internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie], offrendo anche nelle sue varie Istituzioni e Associazioni competenti quell'advocacy che oggi è sempre più necessaria” (EMCC 6).

LÂ’Istruzione incoraggia inoltre “una sempre più stretta collaborazione tra Paesi generatori e ricettori [di migrazione]Â… al fine di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate, e al tempo stesso quelli delle società di arrivo dei migranti stessi” (EMCC 8).

Si invitano poi i fedeli laici ad “accogliere i migranti come fratelli e sorelle e adoperarsi affinché i loro diritti, specie quelli che riguardano la famiglia e la sua unità, siano riconosciuti e tutelati dalle Autorità civili” (EMCC, OGP Cap. I Art. 2 §1).

Anche quando si parla dellÂ’uguaglianza di diritti fra uomo e donna, il Pontificio Consiglio richiama lÂ’attenzione sul fatto che “ciò non significa peraltro stravolgere lÂ’istituzione familiare, come capita purtroppo quando tale uguaglianza è mal intesa, non accettandosi la differenza tra uomo e donna in una cultura della reciprocità” (OPZ 41). E qual è il fondamento della famiglia, oltre lÂ’amore dei coniugi e di essi per i figli? È il lavoro.

Il lavoro,  fondamento della vita familiare

Esso rimane “il fondamento della vita familiare” (OPT 4), e perciò “sono necessari non solo l'adozione e l'adempimento rigoroso delle leggi che regolano le condizioni del lavoro e le necessarie convenzioni previdenziali, ma anche l'adozione di misure in grado di garantire ad ogni lavoratore la convivenza familiare e la partecipazione alla vita sociale e religiosa”  (OPT 11). EÂ’ comunque “la donazione di sé Â… che dà una forza trasformatrice allÂ’azione del cristiano [sia] nella vita familiare e sociale, [sia] nel lavoro, [sia] nel suo riposo e nel suo tempo libero” (OPT 16). 

UnÂ’attenzione particolare merita

Il ruolo educativo della famiglia

La famiglia ha un ruolo importante in tutti gli ambiti della mobilità umana. Nella pastorale della strada, ad esempio, essa lo realizza nella “formazione di automobilisti, motociclisti, ciclisti e pedoni”, nel dare ai figli di “una buona educazione generale” e nel “provvedere anche allÂ’educazione stradale” (cf. OPS 69, 70 e 73). Si deve inoltre educare affinché ci si accosti “al problema della prostituzione [che fa di sé ‘spettacoloÂ’ sulla strada] con una visione cristiana della vita [per] sviluppare giudizi corretti a proposito delle relazioni umane e cristiane, del rispetto, della dignità, dei diritti umani e della sessualità” (OPS 109).

Anche la sensibilizzazione delle coscienze fa parte della missione educatrice della famiglia. Se perciò un utente della strada ha causato danno ad un altro e, “in coscienza, ne è responsabile, deve adoperarsi affinché la vittima, o i suoi parenti prossimi, siano adeguatamente indennizzatiÂ…. DÂ’altra parte, si devono anche incoraggiare al perdono dellÂ’aggressore i familiari delle vittime, come segno, pur difficile, di maturità umana e cristiana” (OPS 55-56).

Analogamente, in altro nostro settore, occorre adoperarsi affinché “il senso forte di famiglia, così radicato presso gli Zingari, non Â… [permetta] che offese personali o collettive, ricevute, diventino un risentimento permanente trasmesso di generazione in generazione, prolungando nel tempo lÂ’inimicizia fra famiglie e/o etnie” (OPZ 42).

I pellegrinaggi regionali degli Zingari, poi, seppur non hanno di solito “una funzione formativa, possono però trasmettere il gusto del Vangelo, alimentando la fede di ognunoÂ…. Essi costituiscono inoltre una buona occasione per promuovere i grandi pellegrinaggi, attraverso le testimonianze delle famiglie che vi hanno già partecipato, vivendo momenti indimenticabili e incontri inediti” (OPZ 72).

Passando al turismo, quello “familiare offre ai genitori un'occasione preziosa per assolvere al ruolo di catechisti dei loro figli attraverso il dialogo e l'esempio. Fare turismo in famiglia è una eccezionale opportunità di arricchimento della persona nella cultura della vita, nel rispetto dei valori morali e culturali e nella salvaguardia del creato. Non si può dimenticare che la dimensione di libertà, particolarmente presente nel turismo, stimola e forma alla responsabilità” (OPT 23). E veniamo al tema nostro fondamentale, alla pastorale.

La famiglia e la pastorale

Mi piace citare innanzi tutto un passo, molto bello, del nostro ultimo Documento sulla pastorale del turismo. “Nel cuore di tutti gli uomini Â… si manifesta la profonda inquietudine propria della condizione di Homo viator, si avverte la sete di nuovi orizzonti, si prova la certezza radicale che solo nell'infinito di Dio si raggiunge la meta dell'esistenza.Â… Questa ricerca che si esprime [anche] nel turismo Â… risulta particolarmente evidente nello sforzo dei singoli e della famiglia di procurarsi uno o più giorni di riposo insieme, negli inconvenienti di un viaggio per visitare familiari o amici e nella collaborazione che una escursione di gruppo richiede” (OPT 36).

La stessa brama di Assoluto, nonostante tutto, può condurre a “esperienze di pellegrinaggi più spiccatamente cristiane. Â…Intere famiglie, molti giovani, si spostano o accettano di essere inviati in terre lontane dalla propria per collaborare con missionari e missionarie, sia con il loro lavoro professionale, sia con la testimonianza, sia con l'annuncio esplicito del Vangelo.Â… Si impegnano i periodi di vacanza o di ferie; o si spendono anni interi della propria vita” (Il Pellegrinaggio nel Grande Giubileo del 2000 - PGG - 29).

Più che mai, “si assiste, oggi, [altresì nellÂ’ambito delle migrazioni] a un rinnovato impegno per coinvolgere le famiglie nella pastorale dei Sacramenti, la quale può dare nuova vitalità alle comunità cristiane. Molti giovani e adulti riscoprono infatti, per questa via, il significato e il valore di itinerari che li aiutano a rinvigorire la loro fede e la vita cristiana” (EMCC 47). Infatti, “per la particolare condizione di vita dei migranti, la pastorale deve Â… dare molto spazio, sempre in prospettiva liturgica, alla famiglia, intesa come "chiesa domestica", alla preghiera in comune, ai gruppi biblici familiari, alle risonanze in famiglia dell'anno liturgico. Meritano una attenta considerazione pure le forme di benedizioni familiari proposte dal Rituale delle Benedizioni” (ibid.).

La pastorale della strada, infine, sottolinea per esempio che tutte le iniziative pastorali debbono porre “lÂ’accento sui valori cristiani, sul rispetto reciproco, su sane relazioni familiari e comunitarie e, inoltre, sulla necessità di equilibrio e di armonia nelle relazioni interpersonali tra uomini e donne” (OPS 105). 

Come tutti sanno la nostra è sicuramente una

Pastorale specifica

Lo richiamano i passi seguenti, a cominciare dai ragazzi di strada:

“Sarà di grande utilità, per questa mobilitazione a [loro] favore Â…, la creazione, presso le Conferenze episcopali e le corrispondenti strutture delle Chiese Orientali Cattoliche, e/o le stesse diocesi/eparchie maggiormente interessate al problema, di uno speciale ufficio (o di una sezione in uno già esistente, quello ad esempio della pastorale della mobilità umana, o della strada), in collegamento con lÂ’impegno apostolico giovanile o familiare” (OPS 144).

“In relazione ai migranti cattolici la Chiesa contempla [anche] una pastorale specifica, dettata dalla diversità di lingua, origine, cultura, etnia e tradizione, o da appartenenza ad una determinata Chiesa sui iuris, con proprio ritoÂ…. Ai tanti sradicamenti (dalla terra d'origine, dalla famiglia, dalla lingua, ecc.) a cui l'espatrio forzatamente sottopone, non si dovrebbe infatti aggiungere anche quello dal rito o dall'identità religiosa del migrante” (EMCC 49).

In questa pastorale specifica vi sono anche questioni particolari che attingono la famiglia in mobilità e che riguardano soprattutto i sacramenti.

Questioni pastorali specifiche

Per quanto riguarda gli Zingari, i nostri “Orientamenti” attestano in generale che “la richiesta dei sacramenti da parte delle famiglie si situa in un contesto che riguarda il rapporto reciproco fra Chiesa e Zingari. Essi si rivolgono di preferenza al Rašaj (sacerdote) o allÂ’équipe parrocchiale che hanno saputo dimostrarsi accoglienti e aperti nei loro confronti, senza dubbio perché hanno condiviso anche momenti dolorosi o pericolosi della loro vita. Prima di dare una risposta affrettata, è necessario discernere la qualità della relazione esistente fra la famiglia zingara e la comunità cristiana locale. Questa valutazione determina lÂ’autenticità della domanda, e dovrà incidere nella preparazione al sacramento e nel suo svolgimento” (OPZ 62).

Oltre tale approccio generale, soffermiamoci su alcuni dei Sacramenti nel contesto di mobilità umana, iniziando dal 

Battesimo

Per gli Zingari, esso “è di solito il sacramento più richiesto. Occorrerà però sviluppare lÂ’accompagnamento spirituale della famiglia e del battezzato in modo tale da arrivare a completare lÂ’intero arco dellÂ’iniziazione cristianaÂ… Il dialogo preparatorio alla celebrazione del battesimo deve comunque partire dalla esistenza zingara quotidiana, altrimenti si correrà il rischio di usare un linguaggio religioso parallelo alla loro vita, al quale si aderirà soltanto esteriormente. Bisognerà inoltre fare una scelta accurata del padrino o della madrina, un ruolo che implica lÂ’accettazione di una relazione privilegiata, in continuità, con la famiglia. Per questo la loro presenza, nella preparazione, è molto conveniente, anche se non sempre è facile da ottenere” ( OPZ 63).      

“Vanno dunque evitati sia i battesimi senza lÂ’adeguata preparazione, sia lÂ’imposizione delle esigenze che valgono per i gağé, come se gli Zingari fossero membri “usuali” della comunità territoriale. Â… Durante la celebrazione si dovrà poi curare bene il linguaggio, per poter nutrire e sviluppare la fede dei genitori, dei padrini, delle madrine e di tutta la famiglia presente.Â… Il battesimo dovrebbe essere celebrato con la presenza di membri di tutto il Popolo di Dio. Come nel caso degli altri cattolici, la famiglia zingara, nella sua diversità, sarà associata alla preparazione e alla celebrazione” (OPZ 64)

Sarà utile, per il Battesimo, citare anche lÂ’Erga migrantes caritas Christi, nel seguente passo: “Per il battesimo dei figli [di una donna cattolica e un musulmano] Â…, le norme delle due religioni sono ‑ come si sa ‑ fortemente in contrasto. Il problema va posto quindi con grande chiarezza durante la preparazione al matrimonio e la parte cattolica dovrà impegnarsi su quanto la Chiesa richiede. La conversione e la richiesta del Battesimo di musulmani adulti esigono pure una ponderata attenzione, sia per la natura particolare della religione musulmana che per le conseguenze che ne derivano” (EMCC 68). Mutatis mutandis, questo numero dovrebbe essere tenuto in considerazione nellÂ’applicazione ad altre situazioni di mobilità.

LÂ’Eucaristia

“Fonte e vertice della comunione in Cristo e con la Chiesa è l'Eucaristia, memoriale della morte e resurrezione del Signore, sacramento pure non ancora acquisito nel suo pieno significato dagli Zingari. Tuttavia, esso trova un risvolto importante nella tradizione di alcuni gruppi circa i banchetti sacri, celebrati di solito in onore del Santo protettore della famiglia o per la pace dei defunti. Vi si loda Dio per le grazie ricevute e si condividono i cibi, prima il pane e il vino, che vengono spesso benedetti dal capo della famiglia ospitante. Questa esperienza di comunione nel convito, in cui gli Zingari affermano l'appartenenza alla propria comunità, può essere permeata da un continuo riferimento a Dio quale fonte dei beni che danno un senso e un valore alla vita” (OPZ 66). Non dovrebbero tutte le persone immerse nella mobilità umana avere tale riferimento a Dio?

Il matrimonio

Anche per questo Sacramento ci rifacciamo agli Orientamenti per una Pastorale degli Zingari. Essi fanno notare che “in alcuni Paesi Â… sono diventati Â… più frequenti i matrimoni fra Zingari e gağé …” (OPZ 16). Al N. 68, possiamo leggere che per i primi, “il matrimonio Â… è iscritto nella [loro] cultura e Â… tradizione Â… con varietà di rituali, a seconda del gruppo di appartenenza, ma con uguale sostanza. I due contraenti assumono, cioè, tutti i diritti e doveri coniugali di fronte alla comunità, che sancisce la validità dellÂ’unione, quale status permanente dove i valori etici e naturali – libertà, fedeltà, indissolubilità e fecondità – sono sostanzialmente custoditi. LÂ’unione matrimoniale è qui intesa come totalmente diversa da una qualsiasi semplice unione sessuale e si presenta quindi come un evento straordinario, che si avvicina alla visione cattolica del matrimonio Â… La famiglia, cuore e fondamento della cultura e della struttura sociale degli Zingari, sacramentalmente Â… rinnovata, si fa terreno fecondo per la formazione di piccole comunità cristiane…” (OPZ 68).

Guardando invece ai migranti, la EMCC, riguardo al matrimonio fra cattolici e migranti non cristiani, lo sconsiglia, “pur con variata intensità, secondo la religione di ciascuno, con eccezione in casi speciali, secondo le norme del CIC e del CCEO. Bisognerà infatti ricordare Â…che nelle famiglie in cui ambedue i coniugi sono cattolici, è più facile che essi condividano la propria fede con i figli. Pur riconoscendo con gratitudine quei matrimoni misti che hanno successo nel nutrire la fede sia degli sposi sia dei figli”(EMCC 63). LÂ’Istruzione incoraggia gli sforzi pastorali volti a promuovere matrimoni tra persone della stessa fede.

“In caso poi di richiesta di matrimonio di una donna cattolica con un musulmano – fermo restando quanto è espresso Â… [sopra], pur tenendo presenti i giudizi pastorali locali – , per il frutto anche di amare esperienze, si dovrà fare una preparazione particolarmente accurata e approfondita durante la quale i fidanzati saranno condotti a conoscere e ad ‘assumereÂ’ con consapevolezza le profonde diversità culturali e religiose da affrontare, sia tra di loro, sia in rapporto alle famiglie e all'ambiente di origine della parte musulmana, a cui eventualmente si farà ritorno dopo una permanenza all'estero. In caso di trascrizione del matrimonio presso un Consolato dello Stato di provenienza islamico, la parte cattolica dovrà però guardarsi dal pronunciare o dal firmare documenti contenenti la shahada (professione di credenza musulmana). I matrimoni tra cattolici e musulmani, avranno comunque bisogno, se celebrati nonostante tutto, oltreché della dispensa canonica, del sostegno della comunità cattolica, prima e dopo il matrimonio. Uno dei servizi importanti dell'associazionismo, del volontariato e dei consultori cattolici, sarà quindi l'aiuto a queste famiglie nell'educazione dei figli ed eventualmente il sostegno verso la parte meno tutelata della famiglia musulmana, cioè la donna, nel conoscere e perseguire i propri diritti” (EMCC 67).

Conclusione

Come appare evidente, il tema della famiglia è trasversale ed importante nei nostri Documenti. Desidero perciò concludere con le parole di Giovanni Paolo II, un grande lottatore per la causa della famiglia – come lo fu del resto il Cardinale Alfonso Lopez Trujillo, che doveva oggi essere dei nostri e che il Signore ha invece chiamato a Sé, r.i.p. – Il grande Papa nel suo Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 1987, affermava: “La pastorale familiare in emigrazione – e aggiungo qui tutti gli altri ambiti della mobilità umana – non può essere identica per ogni luogo e tempo. Le modalità della sua espressione devono tener conto della situazione del migrante, dellÂ’ambiente da cui egli proviene e in cui vive, delle prospettive concrete di cui egli è in possesso. La creatività e lo zelo dei missionari e degli operatori pastorali, sotto la guida dei pastori, hanno qui un ampio spazio di azione, sempre nel quadro delle norme che la Chiesa si è data con il nuovo Codice di diritto canonico e con le varie disposizioni delle Conferenze episcopali e dei singoli vescovi. Infatti, nella diversità dei metodi e delle proposte non si deve mai perdere lÂ’orientamento fondamentale comune, che è quello di attuare il piano di Dio, che ha voluto che lÂ’uomo e la donna formassero una sola carne (cf. Mt 19, 6) nel vincolo del matrimonio e che significassero nella famiglia il grande mistero dei rapporti tra Cristo e la Chiesa (cf. Ef 5, 32)” (n. 6). 

Grazie!

 

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