The Holy See
back up
Search
riga

 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 108, December 2008

 

 

ESIGENZA DI FUTURO NON È MAI REATO*

 

Cardinale Renato Raffaele MARTINO

Presidente del Pontificio Consiglio

della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

 

«L'esigenza di futuro non è mai "clandestina" e non è mai reato». È quanto ha affermato il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, nel corso della preghiera ecumenica che si è tenuta nella basilica di Santa Maria in Trastevere in memoria delle vittime dei viaggi verso l'Europa. La preghiera è stata preceduta da una veglia organizzata dall'associazione Centro Astalli, Comunità di Sant'Egidio, Federazione Chiese evangeliche, Fondazione Migrantes e Caritas italiana, che hanno diffuso un appello nel quale è scritto: «Chiediamo a tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali e a tutte le persone di buona volontà di rendere possibili politiche di solidarietà, di accoglienza e di rispetto verso i richiedenti asilo e i migranti. Chiediamo che venga attuata una politica lungimirante di cooperazione allo sviluppo, particolarmente verso l'Africa, che aiuti concretamente tanti giovani a rimanere nei loro Paesi per contribuire al loro sviluppo. Ci impegniamo a mantenere vivo nella nostra società uno spazio di umanità dove si possa riconoscere e accogliere questi uomini e queste donne come fratelli e sorelle».

La veglia di preghiera aveva un titolo paradossale: «Morire di speranza». «Infatti, di speranza non si muore, non si deve morire. La speranza - ha detto nell'omelia il cardinale Martino - fa vivere, apre al futuro, sostiene nelle prove. Nel Vangelo di Matteo, la speranza e la visione del sogno di Giuseppe, hanno preservato la Famiglia di Nazaret. Come ha affermato Benedetto XVI, nel "dramma della Famiglia di Nazaret, obbligata a rifugiarsi in Egitto, intravediamo la dolorosa condizione di tutti i migranti, specialmente dei rifugiati, degli esuli, degli sfollati, dei profughi, dei perseguitati. Intravediamo le difficoltà di ogni famiglia migrante, i disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità di milioni e milioni di migranti, profughi e rifugiati. La Famiglia di Nazaret riflette l'immagine di Dio custodita nel cuore di ogni umana famiglia, anche se sfigurata e debilitata dall'emigrazione". Eppure — ha proseguito il porporato - sulla speranza di questa famiglia e di ogni famiglia "debilitata dall'emigrazione", incombe il monito biblico della strage degli innocenti: avvenne a Betlemme e sradicò la vita di bambini inermi, per invidia e paura di Erode, simbolo di un potere incapace di accogliere e tutelare la vita. Lungo le rotte disperate della ricerca di futuro, quante sono le donne e gli uomini in fuga che muoiono prima di raggiungere la meta, falciati dalla violenza? Quante le moderne stragi degli innocenti? In questa basilica di Santa Maria in Trastevere, così gremita, assieme a cristiani di tutte le confessioni, a migranti provenienti da tutti i continenti, vogliamo unirci alla compassione e alla memoria di Dio, che non lascia nessuno all'oblio, perché la sua memoria è misericordia, è amore.

Molti - ha spiegato il cardinale - fuggono da condizioni che non esitiamo a definire intollerabili per la sicurezza globale o per i diritti umani, ma che dovrebbero divenire sopportabili alle vittime, quando sulla scorta di un malinteso senso di sicurezza, gli Stati e i legislatori erodono il diritto alla protezione, all'asilo, all'aiuto umanitario.

In realtà, senza la memoria di questo dolore e della speranza spezzata si edifica un'Europa virtuale, che si vorrebbe senza drammi, avulsa dal mondo globale e carico di tensioni nel quale viviamo, origine di tanti e ponderosi flussi migratori. Idealmente, la nostra preghiera abbraccia tutti, anche coloro che professando una fede diversa dalla nostra, tuttavia sono approdati o hanno cercato di approdare a terre e futuro più sicuri e certi. Tutti costoro infatti, nella differenza delle loro provenienze, delle loro lingue, del loro credo, portano impressa nella loro carne, la somiglianza in umanità e sono titolari del medesimo diritto alla vita, alla dignità, al domani. In questo anno e in questo contesto, nel quale cade il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo, sentiamo con chiarezza il dovere cristiano di rafforzare tutti nella speranza: chi giunge in questo Paese, chi vi è nato, chi vi appartiene da sempre.

L'esigenza di futuro non è mai "clandestina" e non è mai reato -- ha concluso il cardinale ma si deve e si può coniugare e incontrare con l'altro, non avendo paura della fatica di costruire nella pace, nella giustizia un futuro per tutti. E chi entra nel nostro Paese, rimane un uomo, una donna, un giovane, anche quando non è in grado di regolarizzare il suo ingresso. Non c'è sdegno, senza solidarietà. Non c'è nemmeno sicurezza, senza accoglienza e senza integrazione».

 

 * LÂ’Osservatore Romano, N. 143 (44.883), 20 giugno 2008, p. 6.

 

top