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Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People People on the MoveN° 108, December 2008
Presentazione del Messaggio Pontificiosul temaÂSan Paolo migrante ÂApostolo delle gentiÂÂ
(tenendo presente il mondo della migrazione economica)
Cardinale Renato Raffaele Martino Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti
I problemi più gravi che, al giorno dÂoggi, dobbiamo affrontare, si pongono a dimensione globale. In effetti, nessuna Nazione, da sola, per quanto potente, è in grado di garantire, per esempio, la pace nel mondo, nessuna è capace di salvaguardare lÂequilibrio dellÂecosistema o di impedire lo sfruttamento insensato delle risorse naturali. Così è pure nel caso del complesso movimento migratorio contemporaneo, dove tutti sono chiamati a dare un particolare contributo, soprattutto per il miglioramento dei rapporti tra popoli e culture. A tale proposito, nellÂEnciclica Deus caritas est, Benedetto XVI afferma che Âchiunque ha bisogno di me e io posso aiutarlo, è il mio prossimo. Il concetto di prossimo viene universalizzato e rimane tuttavia concreto. Nonostante la sua estensione a tutti gli uomini, non si riduce allÂespressione di un amore generico ed astratto, in se stesso poco impegnativo, ma richiede il mio impegno pratico qui ed ora (n. 15). Mi pare che questo testo pontificio possa bene avviare la presentazione del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI, per la 95ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Essa si celebrerà a livello mondiale domenica 18 gennaio 2009 ed ha per tema: ÂSan Paolo migrante, Apostolo delle gentiÂ. Il Papa trae spunto dalla figura ricca e complessa di San Paolo, nellÂAnno Giubilare indetto in suo onore in occasione del bimillenario della nascita, per cogliere, senza forzature, che lÂApostolo delle genti fu anzitutto un missionario, nel senso che si fece Âmigrante per vocazioneÂ, Âautentico Âmissionario dei migrantiÂ, migrante egli stesso e itinerante ambasciatore di Gesù CristoÂ. ÂLa sua vita e la sua predicazione  prosegue il Papa nel suo Messaggio  furono interamente orientate a far conoscere e amare Gesù da tutti, perché in Lui tutti i popoli sono chiamati a diventare un solo popoloÂ. Del resto, proprio lÂincontro di Paolo con Cristo sulla via di Damasco fu la fonte di tutta la sua predicazione e della sua teologia, vale a dire lÂannuncio della misericordia di Dio, che, attraverso la morte e la risurrezione di Gesù, entra nellÂesistenza storica dellÂumanità e la trasforma: ÂDio ama tanto lÂuomo che, facendosi uomo Egli stesso, lo segue fin nella morte e in questo modo riconcilia giustizia e amore (Benedetto XVI, Deus caritas est n. 10). Così, con Âlo zelo missionario e la foga del lottatore, che lo contraddistinsero San Paolo percorse il bacino mediterraneo affrontando gravi pericoli, lavorando senza temere la stanchezza e preoccupandosi Âper tutte le Chiese (2Cor 11,28). Si faceva vanto di annunciare il Vangelo là dove nessuno lÂaveva fatto prima di lui, rendendosi in ciò particolarmente vicino alla ÂChiesa in diasporaÂ, costituita dai migranti, senza tuttavia cessare di tessere un profondo legame di comunione e di solidarietà, anzitutto con la Chiesa madre di Gerusalemme (cfr. Rm 15,26-27; 1Cor 16,1-4; 2Cor 8,1Â9,15). Del resto, la vita e la predicazione dellÂApostolo, espresse nelle sue Lettere, rimandano continuamente allÂorigine dellÂunità ecclesiale che non può essere trascurata, pena la perdita dellÂidentità stessa, cioè lÂunico Padre, lÂunico Cristo e lÂunico Spirito Santo. In effetti, Âun mondo senza Dio è un mondo senza speranza (Benedetto XVI, Spe salvi n. 44) e, dÂaltra parte, la pienezza della speranza orienta allÂunità perfetta, quando ÂCristo è tutto in tutti (Col 3,11), quando tutti, cioè, si sentono concittadini della medesima patria, membri dellÂunica famiglia del Padre. Su questo sfondo di vissuto paolino, Benedetto XVI afferma che Âquesta è, anche al presente, nellÂera della globalizzazione, la missione della Chiesa e di ogni battezzato; missione che con attenta sollecitudine pastorale si dirige pure al variegato universo dei migranti  studenti fuori sede, immigrati, rifugiati, profughi, sfollati  includendo coloro che sono vittime delle schiavitù moderne, come ad esempio nella tratta degli esseri umaniÂ. Il Santo Padre, poi, si chiede, e ci domanda anche ÂCome non andare incontro alle necessità di chi è di fatto più debole e indifeso, segnato da precarietà e da insicurezza, emarginato, spesso escluso dalla società?Â. Ricordo qui che il movimento migratorio, favorito pure dalla globalizzazione, a cui fa cenno Benedetto XVI, ha assunto, oggi, dimensioni notevoli. Sono, infatti, oltre duecento milioni le persone che vivono fuori dal loro Paese di origine, spinte anche dalla miseria, dalla fame, dalla violenza, dalle guerre, dalle rivalità etniche, ma pure dal desiderio di una vita migliore. Si dirigono di preferenza verso le aree più ricche del mondo. E ciò spiega perché lÂimmigrazione sia vissuta spesso nei Paesi ospitanti come una sorta di ÂinvasioneÂ, con ripercussioni negative su questioni di stabilità e sicurezza. Questo clima di chiusura rende ancora più triste e amara la vicenda umana di molti immigrati, spingendoli altresì a condizioni di irregolarità. Ma il fenomeno migratorio in un mondo globalizzato sta diventando, di fatto, inarrestabile: il problema non si risolverà chiudendo le frontiere, ma accogliendo, con giusto regolamento, equilibrato e solidale, i flussi migratori da parte degli Stati. Ad ogni modo, la risposta allÂinterrogativo del Santo Padre è indicata nel suo stesso Messaggio, che potremmo definire un nuovo Âinno allÂagapêÂ, scritto sulla traccia del capitolo tredicesimo della Prima Lettera ai Corinzi e, in verità, di tutta la vita di San Paolo. Il Santo Padre ribadisce anzitutto la necessità di partire dalla Âcultura dellÂaccoglienza  in ciò rifacendosi, indirettamente, allÂIstruzione Erga migrantes caritas Christi, n. 39 Â, che rende tutti partecipi dellÂamore salvifico del Padre, in vista di un sincero dialogo e di una vera solidarietà. Bisogna, infatti, facilitare una graduale integrazione dei migranti, nel rispetto della loro identità culturale e anche di quella della popolazione locale. Da ciò scaturisce la pratica generosa dellÂospitalità, che è Âfiglia primogenita dellÂagapêÂ, dice il Papa. Si tratta, dunque, di sperimentare gesti e sforzi concreti di reciprocità e di scambio. Per la comunità cristiana, poi, Âil comandamento dellÂamore  noi lo sappiamo bene  si alimenta quando i discepoli di Cristo partecipano uniti alla mensa dellÂEucaristia che è, per eccellenza, il Sacramento della fraternità e dellÂamoreÂ. Di fatto, è il mistero del Corpo di Cristo donato e del suo Sangue versato, nella celebrazione eucaristica, che comunica la salvezza già data in dono nella morte e risurrezione di Cristo, mentre si instaurano pure nuovi rapporti di comunione e di sollecitudine fraterna. In tale ambito, San Paolo sperimentò questa sintesi di straordinaria potenza: ÂNon cÂè più giudeo né greco; non cÂè più schiavo né libero; non cÂè più uomo o donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3,28 e Col 3,11). E noi potremmo aggiungere che non esiste più distinzione, in visione cristiana, tra migrante e autoctono, forestiero e locale, straniero e residente. Pertanto, la Cena del Signore è davvero il ÂSacramento della fraternitàÂ, la cui più genuina espressione non può essere che il vicendevole servizio, il farsi carico gli uni degli altri. Tale precetto è illimitato come illimitato è lÂamore, che prende norma solo dalla sua fonte divina, cosicché, attesta santÂAgostino, ÂSe vedi la carità, vedi la Trinità (De Trinitate, VIII, 8, 12: CCL 50, 287), e come esorta san Paolo: ÂIl Signore poi vi faccia crescere e abbondare nellÂamore vicendevole e verso tutti (1Ts 3,12), poiché lÂamore è la lingua ufficiale della Chiesa, è il suo specifico linguaggio. Pertanto, se lÂuniversalità fu una delle caratteristiche essenziali della missione di San Paolo, essa interpella anche noi, portandoci a Âvivere in pienezza lÂamore fraterno senza distinzioni di sorta e senza discriminazioniÂ, secondo la raccomandazione contenuta nel Messaggio del Santo Padre. Infine, il Messaggio pontificio si chiude con questo compendio: ÂNellÂamore è condensato lÂintero messaggio evangelico e gli autentici discepoli di Cristo si riconoscono dal mutuo loro amarsi e dalla loro accoglienza verso tuttiÂ. È una stupenda sintesi, posta sotto la speciale benedizione dellÂApostolo Paolo e di ÂMaria, Madre dellÂaccoglienza e dellÂamoreÂ. Anche questÂanno, dunque, il Messaggio del Santo Padre ci sprona a comprendere che la pratica della carità fraterna costituisce il culmine di tutto ciò che siamo tenuti a eseguire nel pellegrinaggio, impegnativo e faticoso, verso la patria dellÂautentica speranza (cfr. Rm 13,8-10; Col 3,14). Grazie! * Bollettino Sala Stampa della Santa Sede (N. 0632), Mercoledì 8 ottobre 2008.
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