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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move

N° 109, April 2009

 

Diritti umani e dignità del migrante nell’epoca della globalizzazione* 

 

Arcivescovo Agostino MARCHETTO

Segretario del Pontificio Consiglio

della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

 

1. La dignità della persona umana al centro della sollecitudine della Chiesa

Or non è molto ho asserito che si potrebbe “definire l’ultimo Concilio ecumenico una ‘icona’ della Chiesa cattolica stessa, vale a dire di quello che specialmente il Cattolicesimo è, costitutivamente, comunione cioè, anche con il passato, con le origini, identità nell’evoluzione, fedeltà nel rinnovamento”[1]. In questa linea, il magno Sinodo ha ribadito quanto da sempre la Chiesa sostiene, per cui “tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili: tutte queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose” (Gaudium et Spes, n. 27). A sua volta, l’Istruzione Erga migrantes caritas Christi – d’ora in poi EMCC –, pubblicata dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti il 3 Maggio 2004, con approvazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II due giorni prima, nella Festa di San Giuseppe Lavoratore, afferma che “i lavoratori stranieri non sono da considerarsi una merce o una mera forza lavoro, e non devono quindi essere trattati come qualsiasi altro fattore di produzione. Ogni migrante gode, cioè, di diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati in ogni caso” (n. 5)[2].

2. Migrazioni e globalizzazione

In effetti, le migrazioni costituiscono oggi una delle sfide più complesse in questo nostro mondo globalizzato. Le modifiche sociali inerenti all’accoglienza di immigrati di origine etnica differenti sono quindi oggetto di dibattito pubblico, tanto che la questione della migrazione appare ai primi posti dell’agenda internazionale. È naturale, dunque, che balzi in primo piano pure il tema del rispetto dei diritti fondamentali della persona umana – e quindi anche di coloro che sono coinvolti nella mobilità umana. Ora, con particolare sollecitudine nell’ambito pastorale, la Chiesa vi è continuamente impegnata a vari livelli, attenta, com’è, soprattutto a promuovere un cammino che rispetti e valorizzi la dignità della persona migrante. Opportunamente, perciò, in considerazione della caratteristica globale e strutturale delle migrazioni, essa incoraggia e auspica lo sviluppo di una politica esplicita e concertata (“comprehensive law”), dove i migranti non siano un capro espiatorio per altri problemi sociali, né una minaccia alla sicurezza e alla stabilità. Lo ricorda bene l’EMCC con queste parole: “la precaria situazione di tanti stranieri, che dovrebbe sollecitare la solidarietà di tutti, causa invece timori e paure in molti, che sentono gli immigrati come un peso, li vedono con sospetto e li considerano addirittura come un pericolo e una minaccia. Ciò provoca spesso manifestazioni di intolleranza, xenofobia e razzismo” (n. 6)[3]. Punto di partenza umano ed ecclesiale, invece, è l’affermazione dell’uguaglianza tra le persone, ben oltre le determinazioni di etnia, di lingua e di origine, e altresì l’unità della famiglia umana.

La strategia della Chiesa, pertanto, si articola soprattutto mediante iniziative specifiche (congressi, per es.) e Messaggi Pontifici, nonché opera di sensibilizzazione (“advocacy”) degli Organismi internazionali e dei Governi dei Paesi di origine, di transito e di accoglienza dei migranti, a partire dalla centralità e sacralità della persona umana[4], particolarmente in caso di debolezza, emarginazione o rigetto. Anzi, in ambito ecclesiale si è sempre più convinti che il valorizzare la dimensione etico-religiosa delle migrazioni sia una strada maestra che porta anche ad altri traguardi, di alto valore, civile e culturale. Per questa ragione, la Chiesa è estremamente attenta all’accoglienza e all’accompagnamento pastorale di tutti i migranti, consapevole che “il migrante è assetato di ‘gesti’ che lo facciano sentire accolto, riconosciuto e valorizzato come persona” (EMCC, n. 96). Del resto, varrà ribadire anche in relazione ad essi quanto espresso con ferma convinzione da Giovanni Paolo II, che cioè “la principale risorsa dell’uomo… è l’uomo stesso” (Centesimus Annus, n. 32), e dunque “l’uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso” (Redemptor Hominis, n. 14).

Certo bisogna riconoscere che, ricondotto al tema della dignità della persona umana, il fenomeno della migrazione, in ogni caso, porta in sé un complesso di doveri e di diritti, primo tra i quali il diritto allo spostamento migratorio,[5] “contestualmente, però, al diritto di ogni Paese a gestire una politica migratoria che corrisponda al bene comune” (EMCC, n. 29) nazionale, ma pure tenendo conto di quello universale. Vi trovano riscontro la decisione di non emigrare, per contribuire allo sviluppo del Paese natio,[6] e altresì “di essere cioè nelle condizioni di realizzare i propri diritti ed esigenze legittime nel Paese di origine” (ibid.)[7]. Bisogna comunque ribadire che il diritto degli Stati alla gestione dell’immigrazione deve, in ogni caso, prevedere misure chiare e fattibili di ingressi regolari nel Paese, vegliare sul mercato del lavoro per ostacolare coloro che sfruttano i lavoratori migranti, mettere in atto misure di integrazione quotidiana, contrastare comportamenti di xenofobia, promuovere quelle forme di convivenza sociale, culturale e religiosa che ogni società plurale pur identica esige. Entriamo qui nel campo dell’interculturale e dell’interreligioso. E quando lo Stato deve esercitare il suo dovere-diritto di garantire la legalità, reprimendo la criminalità e la delinquenza e gestendo le persone in situazione irregolare, lo deve sempre fare nel rispetto della dignità umana, dei diritti umani e delle convenzioni internazionali.

3. Cura pastorale specifica in ambito migratorio

La tutela della dignità della persona umana in concreto mette ancora più in rilievo la necessità di una cura pastorale specifica nell’ambito migratorio per la prima e seconda generazione. In effetti, essa contempla il rispetto per l’uso della lingua materna nella catechesi, nella predicazione e nell’amministrazione dei Sacramenti, l’attenzione per le esigenze particolari della religiosità popolare, l’invio di missionari appositamente designati e la creazione di strutture pastorali tali da garantire un progressivo processo di integrazione attiva nella Chiesa locale, che superi la tentazione della “colonizzazione religiosa” e dell’assimilazione tout court, evitandosi d’altra parte pure una forma di ghetto. Vi sono apposite direttive in tal senso nell’Istruzione EMCC, pubblicata dal nostro Pontificio Consiglio, che è volto alla pastorale della mobilità umana. Si tratta di “cura di un determinato gruppo etnico o rituale, tesa a promuovere un vero spirito cattolico (cfr. LG 13); con necessità di salvaguardare universalità e unità che non può contrastare, al tempo stesso, con la pastorale specifica, la quale (almeno per la prima e seconda generazione) possibilmente affida i migranti a Presbiteri della loro lingua, della stessa Chiesa sui iuris, o a Presbiteri ad essi affini dal punto di vista linguistico-culturale (cfr. DPMC 11); grande è l’importanza, dunque, della lingua materna dei migranti, attraverso la quale essi esprimono la mentalità, le forme di pensiero e di cultura ed i caratteri stessi della loro vita spirituale e delle tradizioni delle loro Chiese di origine (cfr. DPMC 11)” (n. 38).

4. Con dimensione integrale

Accanto al tratto prettamente pastorale, tuttavia, non devono mancare adeguati interventi pure nel campo sociale, civile e politico. In effetti, soprattutto l’attuazione di politiche migratorie “aperte”, che non si limitino alla soluzione di problemi contingenti, ma si collochino in uno scenario globale, attualmente contrasta con l’atteggiamento di alcuni Paesi, non pochi, nelle aree maggiormente “sviluppate” del mondo, che stanno attuando una progressiva politica di chiusura, quando invece le Nazioni più povere danno prova di accoglienza, ad esempio nei confronti dei profughi e dei rifugiati. Rientra in questo quadro di riferimento l’appello rivolto da Benedetto XVI ai Governi per la “ratifica degli strumenti internazionali legali tesi a difendere i diritti dei migranti, dei rifugiati e delle loro famiglie”, prima fra tutti la “Convenzione Internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, entrata in vigore il l° luglio 2003, che intende tutelare i lavoratori e le lavoratrici migranti e i membri delle rispettive famiglie”[8].

In ogni caso, bisogna ribadire che nessun legittimo itinerario intrapreso a tutela della dignità della persona umana raggiungerà il suo completo traguardo trascurandosi di agire anche “alla radice” del fenomeno migratorio. In effetti, soprattutto la mobilità umana forzata impegna la Chiesa a intervenire sulle cause dei mali che la generano. L’Istruzione EMCC lo attesta già nel suo esordio, enucleando, accanto a scopi culturali, tecnici e scientifici, oltre che economici, anche la denuncia del nazionalismo esasperato, connesso all’odio o all’emarginazione sistematica o violenta delle popolazioni minoritarie o dei credenti di religioni non maggioritarie, con conflitti civili, politici, etnici e perfino religiosi (cfr. EMCC, n. 1). L’emigrazione, perciò, è anche “segno eloquente degli squilibri sociali, economici e demografici a livello sia regionale che mondiale” (ivi).

5. Sviluppi e prospettive

Ad ogni buon conto, le migrazioni quasi ci obbligano a porre al centro la persona umana per un proficuo sviluppo dell’intera famiglia dei popoli e delle Nazioni, sollecitando priorità e precisi criteri di intervento, di cui mi sia consentito qui di ricordare i più importanti e fondamentali.

a. Anzitutto è necessario assicurare un progresso sostenibile effettivo, promuovendo e orientando la produzione, con l’ordinato concorso di tutti. La Chiesa ha sempre sottolineato e perseguito il primato dell’uomo rispetto all’attività lavorativa, il primato del lavoro umano sul capitale e sui mezzi di produzione, il primato della destinazione universale dei beni della terra sulla proprietà privata. Su di essa grava un’ipoteca sociale! Se così non fosse sfruttamento, accumulazione forsennata dei beni e abbrutimento morale sarebbero il misero sbocco delle nostre società. In effetti “le disuguaglianze economiche e sociali eccessive tra membri e tra popoli dell’unica famiglia umana suscitano scandalo e sono contrarie alla giustizia sociale, all’equità, alla dignità della persona umana, nonché alla pace sociale e internazionale” (Gaudium et Spes, n. 29)[9]

b. Inoltre, siamo chiamati a migliorare il livello di “umanesimo” della società, rinnovando anche la cultura e la scuola nelle sue molte ramificazioni. La conoscenza dei vari gruppi etnici e delle loro culture è cioè un passo obbligato che va inserito nei programmi educativi scolastici e in quelli della catechesi. Certo, anche le strutture della pastorale migratoria devono valorizzare i momenti di incontro e di dialogo, che possono aiutare a migliorare le relazioni interpersonali e altresì favorire una testimonianza più capillare e convinta del messaggio evangelico “Nell’insegnamento della religione e nella catechesi [cioè] si dovrà trovare il modo adeguato di creare nella coscienza cristiana il senso dell’accoglienza [Giovanni Paolo II parlava di “cultura dell’accoglienza”], specialmente dei più poveri ed emarginati, come spesso sono i migranti, un’accoglienza tutta fondata sull’amore a Cristo, certi che il bene fatto al prossimo, particolarmente al più bisognoso, per amore di Dio, è fatto a Lui stesso” (EMCC, n. 41)[10]. Occorre insistere, anzi, sulla formazione, soprattutto dei giovani[11], ma anche dei leader dei gruppi e delle collettività. L’urgenza di oggi e il segreto del futuro stanno nel dialogo tra persone, comunità, popoli, culture, religioni ed etnie perché la chiusura o l’intolleranza nascono dall’idolatria di se stessi e del proprio gruppo. Del resto, “il dialogo fraterno e il rispetto reciproco, testimonianza vissuta dell’amore e dell’accoglienza, costituiranno di per sé la prima e indispensabile forma di evangelizzazione” (EMCC, n. 99)[12]

c. Infine, un’adeguata azione pastorale nell’ambito delle migrazioni, per valorizzare la persona del migrante quale artefice di dialogo pure ecumenico ed interreligioso, saprà avvalersi di validi strumenti, come suggerisce la nostra Istruzione nel seguente modo: “[Le disposizioni del Direttorio per l’applicazione dei principi e norme sull’ecumenismo[13]] e l’‘ecumenismo della vita quotidiana’ (PaG 64), nel caso dei migranti, non mancheranno di avere benefici effetti. Momenti salienti d’impegno ecumenico potranno essere, in ogni caso, le grandi feste liturgiche delle differenti Confessioni, le tradizionali Giornate mondiali della pace, del migrante e del rifugiato e la Settimana annuale di preghiera per l’unità dei cristiani” (EMCC, n. 58). Senza dimenticare che “la Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano quando essa difende la dignità della vocazione umana, e così ridona la speranza a quanti ormai non osano più credere alla grandezza del loro destino” (Gaudium et Spes, n. 21). In tal modo, si sottolinea che “l’attenzione al Vangelo si fa anche attenzione alle persone, alla loro dignità e libertà. Promuoverle nella loro integrità esige impegno di fraternità, solidarietà, servizio e giustizia. L’amore di Dio, in effetti, mentre dona all’uomo la verità e gli manifesta la sua altissima vocazione, promuove pure la sua dignità e fa nascere la comunità attorno all’annuncio accolto e interiorizzato, celebrato e vissuto” (EMCC, n. 36).

Conclusione

In sintesi, l’Istruzione EMCC afferma che “le migrazioni internazionali sono diventate una importante componente strutturale dell’attuale situazione sociale, economica e politica del mondo contemporaneo e la loro consistenza numerica rende necessaria una sempre più stretta collaborazione tra Paesi generatori e ricettori, oltre che adeguate normative in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi. E questo al fine di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelle delle società di arrivo dei migranti stessi” (n. 8). La migrazione, infatti, è un processo in costante evoluzione, che continuerà ad avere un ruolo essenziale nello sviluppo delle società, per cui l’analisi e la diagnosi sulla sua vastità ed eterogeneità potranno produrre diversi orientamenti, misure e decisioni. È sempre più evidente, sotto questo profilo, la dimensione globale di tale fenomeno, con le sue implicazioni politiche, economiche, culturali, sociali e religiose. “Il sempre più vasto fenomeno migratorio – afferma la citata Istruzione – costituisce, oggi, una importante componente di quella crescente interdipendenza fra gli Stati-Nazione che concorre a definire l’evento della globalizzazione, la quale tuttavia ha aperto i mercati ma non le frontiere, ha abbattuto i confini per la libera circolazione dell’informazione e dei capitali ma non, nella stessa misura, quelli per la libera circolazione delle persone” (n. 4). Proprio in considerazione di tale orientamento, risulta dunque indispensabile riaffermare che, per avere effetti veramente positivi e duraturi, la globalizzazione deve essere fondata su una visione della persona umana che risponda ai criteri cristiani profondamente umani, ben oltre le ideologie materialiste e laiciste, che sposano la causa del relativismo, relativizzando, in fondo, appunto la fondamentale dignità di ogni persona umana. 


 

* Per il Simposio della Fondazione Konrad Adenauer, in cooperazione con la Comunità di Sant’Egidio, Roma, 13 febbraio 2009.

[1] A. Marchetto, “Chiesa Conciliare e pastorale d’accoglienza”, in Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti (a cura di), Migranti e pastorale d’accoglienza, Parte II dell’EMCC, (Quaderni Universitari), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005, p. 11.

[2] Vedi AAS XCVI (2004) 762-822; People on the Move XXXVI (95, 2004) e website: www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/migrants, con i relativi commenti pubblicati su People on the Move XXXVII (98, 2005), pp. 23-125.

[3] “Gli immigrati devono essere accolti in quanto persone e aiutati, insieme alle loro famiglie, ad integrarsi nella vita sociale del Paese di accoglienza. In tale prospettiva va rispettato e promosso il diritto al ricongiungimento familiare. Nello stesso tempo, per quanto è possibile, vanno favorite tutte quelle condizioni che consentono accresciute possibilità di lavoro nelle proprie zone di origine”: Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, LEV, Città del Vaticano 2004, 298.

[4] Vedi per esempio Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale della Pace 2007, “La persona umana, cuore della pace”: OR 146 (44.429 – 13.12.2006), pp. 4-5.

[5] “Ogni essere umano ha diritto alla libertà di movimento e di dimora nell’interno della comunità politica di cui è cittadino; ed ha pure il diritto, quando legittimi interessi lo consiglino, di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse”: Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Pacem in Terris, Parte prima: AAS LV (1963) 263. Cfr. anche Exsul Familia 79; Gaudium et Spes 65,69; De Pastorali Migratorum Cura 7; EMCC 21.

[6] Cfr. Gaudium et Spes 65; De Pastorali Migratorum Cura 8; EMCC 29.

[7] Cfr. anche Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Discorso del Santo Padre, 2: Atti del IV Congresso Mondiale sulla Pastorale dei Migranti e dei Rifugiati (5-10 Ottobre 1998), Città del Vaticano 1999, p. 9.

[8] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato: OR 264 (44.406 – 15.XI.2006), p. 5.

[9] “Le istituzioni dei Paesi ospiti devono vigilare accuratamente affinché non si diffonda la tentazione di sfruttare la manodopera straniera, privandola dei diritti garantiti ai lavoratori nazionali, che devono essere assicurati a tutti senza discriminazioni”: Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, LEV, Città del Vaticano 2004, 298.

[10] Ricordiamo qui che nella XVII Plenaria del nostro Pontificio Consiglio, che ebbe luogo dal 15 al 17 maggio 2006 sul tema “Migrazione e itineranza da e per (verso) i Paesi a maggioranza islamica”, l’aspetto educativo fu messo in forte rilievo, come si legge nel Documento finale: Â“È importante assicurare l’educazione delle nuove generazioni, anche perché la scuola ha un ruolo fondamentale per vincere il conflitto dell’ignoranza e dei pregiudizi e per conoscere correttamente e obiettivamente la religione altrui, con speciale attenzione alla libertà di coscienza e religione (v. EMCC 62)” (n. 34; importanti sono anche i seguenti nn. 35-37 e quelli circa il ruolo dei mezzi di comunicazione sociale: nn. 51-52). Il testo si può trovare nel website: www.vatican.va/ roman_curia/ pontifical_councils/migrants/index_it.htm o in People on the Move XXXVIII (101 Suppl., 2006).

[11] Cfr. A. Marchetto, “The integration of young people with a migration background: Christian motives and contribution of the Churches” e “Integration of adolescents with a migration background into European societies” di prossima pubblicazione su People on the Move XL (108, 2008).

[12] In ottemperanza al n. 71 di EMCC, il nostro Dicastero offre utili sussidi al riguardo. Oltre alla rivista People on the Move, indico La sollecitudine della Chiesa verso i migranti, (Quaderni Universitari, I parte), LEV, Città del Vaticano 2005; Migranti e pastorale d’accoglienza, (Quaderni Universitari, II parte), LEV, Città del Vaticano 2006; Operatori di una pastorale di comunione, (Quaderni Universitari, III parte), LEV, Città del Vaticano 2007 e Strutture di pastorale migratoria, (Quaderni Universitari, IV parte), LEV, Città del Vaticano 2008.

[13] Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Direttorio per l’applicazione dei principi e norme sull’ecumenismo, 107: AAS LXXXV (1993) 1083.

 

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