The Holy See
back up
Search
riga

 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move - N° 81, December 1999

Il IV Congresso Mondiale sulle Migrazioni e il debito internazionale[1]

Dott.ssa Nilda M.Castro

[English summary, French summary]

Il compito che mi accingo a compiere oggi è quello di portare alla conoscenza di questa assemblea le raccomandazioni del IV Congresso Mondiale della pastorale per i migranti e i rifugiati, che ha avuto luogo in Vaticano dal 5 al 10 ottobre 1998, relative al debito internazionale.

Per apprezzare meglio tali raccomandazioni, ritengo opportuno ricordare brevemente alcuni elementi riguardanti lo svolgimento del Congresso. Dal titolo, “Migrazioni all’Alba del Terzo Millennio”, è facile intuire che il Convegno si collega “all’attesa del Grande Giubileo dell’Anno 2000, tempo di conversione”. Auspica infatti una conversione in cui si passa “dalle parole ai fatti per rimuovere le cause antiche che spingono alle migrazioni e prevenirne di nuove. Il fatto che la differenza di condizione di vita fra i paesi in via di sviluppo e i paesi industrializzati non cessa di crescere è segno che l’impegno profuso per invertire la tendenza è largamente insufficiente rispetto alla gravità del problema”.[2]

Nel suo discorso ai partecipanti, il Santo Padre Giovanni Paolo II ribadisce “che diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria. Questo diritto tuttavia – continua il Papa – diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione. Essi sono, tra gli altri, i conflitti interni, le guerre, il sistema di governo, l’iniqua distribuzione delle risorse economiche, la politica agricola incoerente, l’industrializzazione irrazionale, la corruzione dilagante. Per correggere queste situazioni, è indispensabile promuovere uno sviluppo economico equilibrato, il progressivo superamento delle disuguaglianze sociali, il rispetto scrupoloso della persona umana, il buon funzionamento delle strutture democratiche. Indispensabile è porre in atto tempestivi interventi correttivi dell’attuale sistema economico e finanziario, dominato e manipolato dai Paesi industrializzati a danno dei Paesi in via di sviluppo”.[3]

Ancora nel suo intervento il Papa afferma: “L’imminenza del Giubileo ci invita ad attendere l’alba di un nuovo giorno per le migrazioni invocando il “Sole di Giustizia”, Gesù Cristo, perché rischiari le tenebre che si addensano all’orizzonte dei Paesi da cui tante persone sono costrette a partire…. Vorrei ricordare qui – continua Giovanni Paolo II - quanto già ho avuto occasione di raccomandare nella Lettera Apostolica Tertio Millennio adveniente: ‘Nello spirito del Libro del Levitico (25, 8‑28), i cristiani dovranno farsi voce di tutti i poveri del mondo, proponendo il Giubileo come un tempo opportuno per pensare, tra l'altro, ad una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte Nazioni’ (n. 51). E' noto che tali Nazioni coincidono proprio con quelle da dove oggi si muovono i flussi più grandi e persistenti di migranti.”

Alla luce anche di queste affermazioni i Congressisti hanno svolto i lavori.

Non è dunque sorprendente che la prima sezione delle Conclusioni[4] tratta la globalizzazione, considerata di per sé neutra ma trasformata in un generatore di ingiusta ricchezza nel presente sistema economico. La questione del debito internazionale si situa in questo contesto: “Sebbene sia di per sé neutra, a causa del modo in cui viene attualmente gestita dal sistema economico capitalista neo-liberale, la globalizzazione genera sempre maggiore ricchezza per i ricchi e maggiore povertà per i poveri. I dati attualmente disponibili dimostrano che finora le nazioni in via di sviluppo non traggono beneficio dal processo di globalizzazione. In effetti, si notano inquietanti segni di una crescente disuguaglianza di reddito sia all’interno che fra le nazioni. La globalizzazione tende, inoltre, a dominare la libertà economica e politica delle nazioni, provocando così lo sfruttamento dell’ambiente e delle persone, oltre a crisi economiche e monetarie. La questione del debito internazionale sta diventando un problema serio. Tuttavia, si sta correndo anche il serio pericolo di cercare soluzioni alla ‘trappola del debito’ senza considerare gli aspetti più importanti come il contesto storico e le cause dell’indebitamento nel mondo della globalizzazione”[5].

Tra le reazioni del mondo politico alle sfide delle migrazioni, il documento ne osserva le seguenti:

Sebbene il mondo politico si renda conto delle sfide – giuridiche, economiche e umanitarie – lanciate dalle nuove forme di mobilità umana ai governi nazionali e alla comunità internazionale, non sono state ancora sviluppate strategie adeguate. Gli strumenti internazionali riguardanti le migrazioni internazionali sono spesso ignorati, soprattutto in Nord Africa[6].

Vista l’ampiezza delle nuove forme di mobilità e malgrado i tanti sforzi, il mondo politico rischia di abbandonare la sua missione principale: promuovere e proteggere la dignità di ogni essere umano nella sua singolarità, e assicurare la vita e la convivenza di tutte le persone e di tutti i popoli nella sicurezza e nella pace[7].

Data la carenza delle strategie adeguate per affrontare le sfide del terzo millennio, le Conclusioni del Congresso avanzano alcune raccomandazioni per attuare efficaci opere di riparazione e di riconciliazione. Qui di seguito ne riporto alcune riguardanti, direttamente o indirettamente, il debito internazionale:

Introdurre politiche nazionali e internazionali volte a ridurre le pressioni che causano la migrazione, mediante la promozione di una più equa distribuzione dei benefici derivanti dalla globalizzazione, e un rafforzamento del sostegno allo sviluppo dei paesi più poveri[8];

Affrontare seriamente la questione del debito internazionale[9].

Sopprimere o ridurre in modo sostanziale il debito internazionale che pesa in maniera insostenibile su questi paesi o comunque, attuare una regolamentazione giuridica internazionale (con eventuale parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia de L’Aja) a tale riguardo. Allo stesso tempo, introdurre controlli per accertare se la cifra pari alla riduzione o alla cancellazione del debito estero sia effettivamente utilizzata per lo sviluppo socio-economico del paese e per il benessere della popolazione.

Identificare quelle nazioni o istituzioni internazionali che hanno già cancellato il debito delle nazioni in via di sviluppo, almeno in parte, affinché il loro esempio possa incoraggiare altre nazioni o istituzioni a fare altrettanto.

Ovviamente, tutto ciò deve andare di pari passo con la riduzione dello spreco nei consumi a livello globale, soprattutto nel Primo Mondo, e con l’aumento di investimenti diretti nel Terzo Mondo. A favore di quest’ultimo, andrebbero realizzate riforme strutturali globali, soprattutto nel settore agricolo, fiscale e finanziario, e nei servizi sociali e urbani.

E’ inoltre necessario distinguere tra i diversi tipi di debito e specificatamente, i debiti legati al commercio da quelli relativi a interessi accumulati e dai debiti relativi a progetti socialmente dannosi, compresa l’industria militare e degli armamenti.

Ritengo superfluo dare ulteriori spiegazioni a tali raccomandazioni a un pubblico di studiosi del problema del debito internazionale.

Il Santo Padre parla del debito come di una questione complessa e da affrontare in tutti i suoi aspetti, e lancia un appello alla solidarietà: “Il problema (del debito internazionale) è complesso e di non facile soluzione. Dev’essere tuttavia chiaro che esso non è solamente di carattere economico, ma investe i principi etici fondamentali e deve trovare spazio nel diritto internazionale, per essere affrontato e adeguatamente risolto secondo prospettive di medio e lungo termine… Oggi nel contesto dell’economia “globalizzata”, il problema del debito internazionale si fa ancora più spinoso, ma la stessa “globalizzazione” esige che si percorra la strada della solidarietà se non si vuole andare incontro a una catastrofe generale[10].

Vorrei riportare a questo punto il pressante appello che conclude il documento pubblicato nel 1986 dall’allora Pontificia Commissione “Iustita et Pax”, dal titolo “Al Servizio della Comunità Umana: un approccio etico al debito internazionale”:

“Per far fronte alla grave sfida che l’indebitamento dei paesi in via di sviluppo lancia oggi, la Chiesa propone a tutti gli uomini di buona volontà di aprire la loro coscienza a queste nuove responsabilità internazionali, urgenti e complesse, e di mobilitare tutte le loro capacità di azione per trovare soluzioni di solidarietà e metterle in opera.

In particolare, non è venuto il momento di suscitare un vasto piano di cooperazione e di assistenza dei paesi industrializzati rivolto ai paesi in via di sviluppo?

Senza stabilire un paragone con quello che è stato fatto dopo la seconda guerra mondiale per accelerare la ricostruzione e il rilancio delle economie nei paesi devastati, non si deve forse mettere a punto un nuovo sistema di assistenza dei paesi industrializzati a beneficio dei paesi più poveri, e ciò nell’interesse di tutti, ma soprattutto per ridare speranza a tutte le popolazioni che soffrono? Un tale contributo, che dovrebbe costituire un impegno per parecchi anni, appare indispensabile per permettere ai paesi in via di sviluppo di lanciare e portare a compimento, in collaborazione con i paesi industrializzati e le organizzazioni internazionali, i programmi a lungo termine che devono essere iniziati il più presto possibile.

Che questo nostro appello sia accolto prima che sia troppo tardi!”[11]

“E' noto che tali Nazioni (le più indebitate) coincidono proprio con quelle da dove oggi si muovono i flussi più grandi e persistenti di migranti”: ha affermato il Santo Padre nel suo discorso ai partecipanti al Congresso.

A questo punto penso che non sia fuori luogo accennare alla situazione filippina, non soltanto perché le Filippine sono il mio paese di origine, ma proprio perché su questo paese, di alto tasso di emigrazione, pesa il fardello del debito internazionale.

Non sembra che si possa affermare un rapporto diretto tra l’entità del debito internazionale e il numero di lavoratori filippini all’estero, dichiarano gli studiosi del Centro Studi per le Migrazioni a Manila. Tuttavia – affermano - si può sostenere che non potendo utilizzare la somma riservata come pagamento del servizio del debito in progetti per lo sviluppo, le opportunità di trovare un posto di lavoro all’interno del paese diminuiscono e, di conseguenza, i lavoratori sono costretti a trovare un impiego all’estero.

In effetti, il tasso di emigrazione delle Filippine è tra i più alti, ufficialmente il sesto nel mondo e il secondo in Asia insieme a Kazakhstan, dopo il Pakistan. Se si contano anche gli emigrati ora in situazioni illegali nei paesi di immigrazione, probabilmente la Repubblica filippina salirà ancora più in alto su questa scala[12].

Tuttavia, le Filippine non fanno parte dei paesi poveri fortemente indebitati (HIPCs) secondo la definizione della Banca Mondiale. In ogni caso, il suo sviluppo è molto compromesso dovendo mettere in bilancio annualmente una somma destinata a pagare il servizio del debito. Secondo le cifre dell’Asian Development Bank[13] (Banca asiatica per lo sviluppo), nel 1998, il debito internazionale delle Filippine ammontava a US$46,4 miliardi. Il totale servizio del debito era US$5,1 miliardi, mentre il rapporto tra il servizio del debito e l’esportazione dei beni e dei servizi era 11,9. Si prevede un rialzo di tale cifra a 12,3 nel 1999 e 2000. Il debito delle Filippine non è il più alto in Asia, viene superato dall’Indonesia (US$138 miliardi nel 1997), dalla Cina (US$138 miliardi), dall’India (US$93,9 miliardi nel 1997) e dalla Tailandia (US$77,9 miliardi).

La situazione comunque preoccupa i Vescovi delle Filippine. Nella lettera pastorale dal titolo: “Il Debito una crisi morale”[14], i Vescovi definiscono il debito internazionale del paese un “disastro causato dagli esseri umani”, generato dai “calcoli erronei, investimenti sbagliati, decisioni errate da parte dei singoli e delle organizzazioni, e molto probabilmente anche dai loro errati valori morali”. Si chiedono[15]:

E’ morale che i cittadini, soprattutto i poveri, che non hanno partecipato nella formulazione di tali decisioni (di contrarre debiti), paghino le conseguenze con meno posti di lavoro, meno scuole, meno ospedali e meno alloggi?

Si stima che in questo decennio, il nostro popolo dovrà pagare ai nostri creditori una media di US$3,2 miliardi ogni anno. Gran parte della cifra va a coprire soltanto gli interessi, senza una riduzione significativa del capitale primario da pagare. Perciò ci domandiamo: è morale porre il nostro paese in una specie di servitù prolungata, visto che questi massicci pagamenti annuali servono soltanto a indebolire ancora di più la nostra capacità di pagare i nostri debiti?

La sezione del documento sul “debito nel Nuovo Testamento” è tratta dalla Dichiarazione dei Vescovi statunitensi:

“… Gesù utilizza delle narrazioni riguardanti il modo di trattare i debitori per aiutarci a capire la misericordia di Dio e l’obbligo di mostrare tale misericordia nel nostro rapporto con gli altri… Tali immagini bibliche non offrono né una formula per affrontare la complessità del debito internazionale e nemmeno dei principi chiari per determinare una giusta soluzione di questa importante questione istituzionale. Tuttavia, esse costituiscono un punto di partenza, una via per capire i rapporti tra creditori e debitori… Le lezioni bibliche rifiutano un’interpretazione puramente economica di guadagno e di potere sugli altri. Chi è indebitato conserva la sua dignità e i suoi diritti umani fondamentali …; non si può ridurre i debitori ad una situazione di miseria pur di pagare i loro debiti”[16].

Alcuni suggerimenti concreti sono stati fatti al governo filippino da diverse parti – istituzioni accademiche, ONG ecc. Ad esempio[17]:

che il governo filippino tolga tutte le garanzie e incentivi fiscali destinati al settore privato (danno protezione a chi già gode di vantaggi finanziari)

che completi l’attuazione della riforma agraria

che i suoi programmi contro la crisi finanziaria non si basino sulle rimesse dei lavoratori filippini all’estero.

La posizione ufficiale del governo filippino relativa al debito internazionale è quella di pagarlo. Il Congresso contesta la provvigione automatica di una somma, da togliere dal preventivo nazionale, per il servizio del debito. Molte ONG si oppongono alla posizione ufficiale.

Vorrei concludere questa comunicazione non senza portare un tocco di speranza accennando ad alcuni esempi concreti di iniziative già in atto intese a sollevare il peso del debito internazionale dai paesi in via di sviluppo.

E’ noto a tutti il progetto disegnato dal Fondo monetario internazionale (IMF) congiuntamente alla Banca Mondiale (World Bank) inteso a dare assistenza speciale alle nazioni povere fortemente indebitate (HIPCs)[18]. L’iniziativa è un approccio comprensivo, integrato e coordinato alla riduzione del debito che richiede la partecipazione di tutti i creditori – bilaterali, multilaterali e commerciali. Il paese debitore, dal suo canto, deve sostenere degli sforzi per attuare riforme strutturali e riforme nella politica sociale. L’iniziativa inoltre assicura finanziamento ulteriore per programmi sociali come nei settori della sanità e dell’educazione. I paesi che rientrano nella definizione HIPC possono ricevere una riduzione del debito internazionale fino a 67% del valore netto attuale (NPV) del suo debito.

Probabilmente, sono altrettanto note le iniziative del Movimento “Jubilee 2000”[19], un movimento internazionale sorto con lo scopo di “ridurre la povertà attraverso la reale cancellazione dei debiti insostenibili dei paesi più poveri nel mondo, per l’anno 2000”. Attraverso le sue campagne, il Movimento ha ottenuto l’impegno di US$100 miliardi per la cancellazione dei debiti, durante il Summit dei G8 a Colonia nel giugno del 1999. Inoltre, ha l’intenzione di fare pressione sul governo britannico, particolarmente su Tony Blair, perché mantenga il suo impegno personale di essere il motore di una decisione internazionale che favorisca la cancellazione del debito internazionale. Intende fare pressione sui governi degli Stati Uniti, del Giappone, della Francia e degli altri paesi del G7 affinché sottoscrivano tale iniziativa. Inoltre, si propone di rafforzare la società civile e le strutture democratiche dei paesi del Sud.

Recentemente, la Chiesa Italiana ha lanciato una campagna[20] che intende “premere presso Governo e Parlamento (Italiano) perché siano attivati interventi di cancellazione significativa del debito, che rendano meno gravosa la vita nei paesi debitori e consentano nuovo sviluppo. Alle istituzioni italiane si chiede di promuovere l'istanza di cancellazione anche nelle sedi internazionali, quali quelle del Fondo Monetario Internazionale e della Banca mondiale e, in particolare, negli incontri dei G7. Concretamente, oltre all’azione di sensibilizzazione e di pressione, la Chiesa italiana promuove un’azione di trasformazione del debito in investimento per lo sviluppo. Lancia una grande raccolta di fondi … ottenuta acquistando quote di debito e scambiandole con finanziamenti per lo sviluppo umano da parte del Paese debitore. Il progetto finanzia un processo di sviluppo studiato ed individuato con il Governo del Paese interessato, con la popolazione di quel Paese, con le Chiese locali e le presenze missionarie. Al fine di diffondere per quanto possibile la raccolta di fondi oltre la dimensione della Chiesa italiana, verranno esaminate forme di coinvolgimento di organizzazioni e istituzioni del mondo del lavoro, e del mondo bancario e assicurativo, in modo da coniugare la facilità della partecipazione con la diffusione del messaggio”.

Oso sperare che ce ne siano delle altre.

Concludo con un commento del mio professore della Filosofia del Comunismo, quando ancora i muri in Europa non erano caduti: “Sapete perché il marxismo è destinato a fallire? – ci disse – Perché contiene un errore fondamentale: è basato sulla convinzione che è l’economia che governa il mondo e che i problemi vanno risolti con un cambiamento delle strutture. Non ha tenuto conto del fatto che l’economia stessa poggia sul cuore dell’uomo. Fin quando l’uomo rimane egoista e vuole pensare solo a se stesso, fin quando non apre il suo cuore e la sua mano agli altri, si possono cambiare tutte le strutture, ma se l’uomo che sta dentro le strutture non cambia, l’utopia marxista rimarrà sempre un’utopia.” Questo vale per l’uomo come individuo e come collettività.

Parlava del marxismo, ma credo che valga per qualsiasi altra ideologia.

Note:
[1]Comunicazione al “VIIe Séminaire international du Comité pour les études méditerranéennes sur La dette des pays du sud et de l’est de la Méditerranée, obstacle au partenariat euro-méditerranéen” (Annaba, Algeria, 4-6 dicembre 1999).
[2]Loreto De Paolis, “Illustrazione dei temi ed obiettivi del Congresso” in Atti (del Congresso) (Vaticano 1998), p. 19.
[3]Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti, n. 2 , in Atti, p. 9.
[4] “Conclusioni” in Atti, pp. 358-367.
[5]ibid.,p. 359.
[6]ibid.,Sez. II, A. n. 3, p. 360.
[7]ibid.,Sez. II, A. n. 9, p. 361.
[8]ibid.,Sez. II, B. n.1.1, p. 361.
[9]ibid.,Sez. II, B.1.2.1- 4, p. 362.
[10]Giovanni Paolo II, Udienza generale, 3 novembre 1999.
[11]pp. 30-31.
[12]Graeme Hugo, “Key Issues in International Migration Today: Trends” in Atti, pp. 31-63; Graziano Battistella, “Irregular Migration: Issues from the Asian Experience” in Atti, pp. 144-166.
[13]forniteci dal Centro Studi per le Migrazioni di Manila.
[14]Catholic Bishops Conference of the Philippines, Debt as a Moral Crisis, Pastoral Letter,19 September 1990.
[15]ibid,, II, 1-2.
[16]USCC Administrative Board, Statement on Relieving Third World Debt, Nos. 35-36. 
[17] Maria Teresa Diokno-Pascual, “Understanding the New Philippine Debt Situation” in Philippines International Review, Vol. 1, No. 3, Winter 1998; Catholic Bishops Conference of the Philippines, Pastoral Exhortation on the Philipine Economy, July 10, 1998.
[18]IMF Press Release, April 1998.
[19]Jubilee 2000, Action: Background Information, Internet, November 1999.
[20]Conferenza Episcopale Italiana, Campagna Ecclesiale per la riduzione del debito estero, Roma, Maggio 1999.

The IV World Congress on Migration and International Debt

Summary

Among the recommendations forwarded by the IV World Congress on the pastoral care of migrants and refugees held in the Vatican from 5 to 10 October 1998, some specifically dealt with international debt. As Pope John Paul II mentioned in his address to the participants, the nations from where huge flows of migrants originate today are countries carrying the heavy burden of international debt. The Holy Father in fact calls to mind the appeal he already sounded in the Tertio Millennio Adveniente: a significant reduction, it not a total cancellation, of the international debt of highly indebted countries.

Aside from recommendations intended to reduce the pressures causing migration through a more equal distribution of goods and benefits, the Congress advanced the following recommendations directly dealing with international debt:

Suppress or substantially reduce unsustainable international debt or, in any case, work out an international juridical regulation (eventually consulting the International Court of Justice of the Hague) in this regard. At the same time, see to it that the amount equivalent to the debt-reduction or cancellation is actually used for the socio-economic development of the country and for the well-being of the population.

Identify those nations or international institutions which have already, at least in part, cancelled the international debt of developing nations so that their example may encourage other countries or international institutions to follow suit.

This has to come hand in hand with a reduction of wasteful consumption on the global level especially in the First World and an increase in investments in the Third World. In the latter, integral structural reforms have to be set up especially in the agrarian, fiscal and financial sectors, and in urban and social services.

It is also necessary to make a distinction among different kinds of debts specifically, trade related debts from debts due to accumulated interests and debts related to socially harmful projects including the military and armaments industry.

Both the Holy Father and the Pontifical Council for Justice and Peace appeal for solidarity before it is too late.

The Philippines is one of the highly indebted countries from which originates a huge migration flow. The situation in a concern of the Bishops of the Philippines who affirm that even when a person has debts, his dignity and fundamental human rights remain. Also, they assert that a debtor cannot be reduced to misery to be able to pay his debts.

The official position of the Philippine government is to pay its debts, which is opposed by many NGOs and, to some extent, by the Philippine Congress.

Three initiatives conclude the communication with a note of hope:

The project designed by the International Monetary Fund and the World Bank to give special assistance to the highly indebted poor countries (HIPCs) whereby they can receive up to 67% reduction of the net present value of their international debt. This comes hand in hand with funding for social programs in sectors like education and health care.

The projects of “Jubilee 2000”, an international movement aimed at reducing poverty through the real cancellation of unsustainable debt in the poorest countries in the world by the year 2000. It has already received a commitment for US$100 billion for this objective.

The campaign of the Italian Church which, besides an action of sensitization, is promoting an action of “transformation of debt into investments for development. This is done through a collection of funds obtained by purchasing debt quotas to be exchanged with funding for human development by the debtor country. The projects funded in this way are agreed upon by the government of the country concerned, the people of that country, the local Churches and the missionaries present in the country.


IV Congrès Mondial sur la migration et les dettes internationales

Résumé

Un certain nombre de recommandations formulées par le IV° Congrès Mondial sur la pastorale des Migrants et Réfugiés qui s’est tenu au Vatican du 5 au 10 octobre 1998, concernent spécifiquement la dette internationale. Comme le Pape Jean Paul II le mentionnait dans son discours aux participants, les pays d’où affluent aujourd’hui les migrants sont les pays les plus chargés de dette internationale. Le Saint Père relance ainsi l’appel qu’il avait déjà exprimé dans Tertio Millenio Adveniente, pour une réduction significative, sinon la remise totale de la dette internationale des pays qui sont écrasés par son poids.

A côté des recommandations visant à faire réduire les pressions qui sont à l’origine des migrations par une distribution plus équitable des biens et ressources, le Congrès fit les recommandations particulières suivantes en ce qui concerne la dette internationale :

Effacer ou réduire substantiellement la dette internationale insupportable, ou au moins, arriver à un règlement juridique international de ce problème (éventuellement après avoir consulté la Cour de Justice Internationale de La Haye). S’assurer en même temps que le montant équivalent à la réduction ou rémission de la dette soit réellement utilisé pour le développement socio-économique du pays et pour le bien-être de sa population.

Identifier les pays ou institutions internationales qui ont déjà, au moins en partie, remis la dette internationale aux pays en voie de développement afin que leur exemple encourage d’autres pays et institutions internationales à faire de même.

Cela doit s’accompagner de la réduction globale du gaspillage dans la consommation, spécialement dans le monde développé et d’un accroissement des investissements dans le Tiers monde. Dans celui-ci, des réformes structurelles intégrées doivent être mises en oeuvre spécialement dans les secteurs de l’agriculture, de la fiscalité et des finances, comme dans les services sociaux et urbains.

Il est aussi nécessaire de faire la distinction entre différentes sortes de dettes et spécifiquement entre les dettes provenant de l’accumulation des intérêts suivant des échanges commerciaux, et les dettes résultant de projets socialement négatifs comme l’entretien d’une arnée ou l’industrie des armes.

Le Saint Père comme le Conseil Pontifical Justice et Paix lancent un appel pour la solidarité avant qu’il soit trop tard.

Les Philippines font partie des pays les plus endettés ayant aussi un flux énorme de migrants. Cette situation donne du souci aux Evêques des Philippines qui affirment que même lorsqu’une personne a des dettes, sa dignité et ses droits humains fondamentaux demeurent. Ils affirment aussi qu’on ne peut pousser quelqu’un à payer ses dettes jusqu’à réduire ce débiteur à la misère. La position officielle du gouvernement des Philippines est qu’il faut payer la dette, une opinion beaucoup d’ONGs et jusqu’à un certain point le Congrès des Philippines, ne partagent pas.

Dans sa conclusion, cette communication parle de trois initiatives qui donnent de l’espoir :

La proposition du Fond Monétaire International et de la Banque Mondiale de donner une assistance spéciale aux pays pauvres les plus endettés et selon laquelle on peut leur accorder jusqu’à 67% de réduction de la valeur nette présente de leur dette internationale. Cela va avec des subsides pour des programmes sociaux dans des secteurs comme l’éducation et la santé.

Les projets de “ Jubilé 2000 Â”, un mouvement international dont le but est de réduire la pauvreté par l’entière remise, d’ici l’an 2000, des dettes qui sont insoutenables pour les pays les plus pauvres du monde. Les promesses de dons pour atteindre cet objectif se montent déjà à plus de 100 millions de US$

La campagne de l’Eglise en Italie qui, en plus de ses activités de sensibilisation, fait une campagne pour la “ transformation de la dette en investissements pour le développement Â”. Ceci se fait en réinvestissant l’argent obtenu en achetant les quotas de dettes et les changer contre des financements de projets de développement humain dans le pays débiteur. Les projets ainsi financés sont lancés avec l’accord du gouvernement du pays concerné, des gens du pays, des églises locales et des missionnaires présents dans ce pays.

top