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ORDINAZIONE EPISCOPALE DI MONSIGNOR  LUIGI BONAZZI

OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SODANO*

Sabato, 11 settembre 1999


 
Caro Don Orlando,

il 29 Giugno 1968, nella Chiesa parrocchiale di Arischia, il compianto Arcivescovo Mons. Costantino Stella ti imponeva le mani e diventavi sacerdote del Signore. Iniziava così il tuo ministero nella Santa Chiesa di Dio, prima come Vice-Rettore del Seminario diocesano e poi come Parroco nella cara terra di Picenze. Successivamente l'Arcivescovo de l'Aquila, Mons. Carlo Martini di santa memoria, ti inviava al servizio della Santa Sede. Varie Rappresentanze Pontificie e, ultimamente, la stessa Segreteria di Stato hanno così potuto beneficiare del tuo lavoro umile e silenzioso, ma sempre importante e fecondo.

Oggi il Signore, attraverso la voce del Papa Giovanni Paolo II, ti chiama ad un gradino più alto del tuo sacerdozio.

Insieme ai Vescovi consacranti, io ti imporrò nuovamente le mani e diventerai Vescovo della santa Chiesa di Dio.

Una grazia nuova scenderà su di te, affinché possa svolgere degnamente l'alta missione che ti è affidata.

Come Maria nel giorno dell'Annunciazione, tu potrai elevare un inno di gratitudine al Signore dicendo: «L'Onnipotente ha fatto in me cose grandi e santo è il suo nome» — «Fecit mihi magna qui potens est et sanctum nomen Eius».

Il Papa Giovanni Paolo II ci ha parlato della realtà della nostra vocazione in quel bel libro che tutti conosciamo: «Dono e mistero». Sì, realmente il nostro sacerdozio, nel grado presbiterale come in quello episcopale, è un dono immenso che il Signore ci ha fatto ed è, allo stesso tempo, un mistero, del quale non riusciremo mai a comprenderne la grandezza qui in terra, mentre camminiamo nel chiaroscuro della fede. Per questo non ci resta che adorare in silenzio Dio, tre volte Santo, prostrandoci dinanzi a Lui e proclamando la sua eterna misericordia.

Fratelli e sorelle nel Signore, grande è la missione che è andata al nuovo Vescovo, ma le forze umane sono sempre deboli. Come san Paolo, ogni ministro di Dio sente di portare un tesoro in un vaso d'argilla. Per questo, la liturgia dell'ordinazione episcopale ci fa invocare i doni dello Spirito Santo sul nuovo Vescovo e ci invita anche a chiedere l'intercessione di tutti i Santi. Così, il nuovo Vescovo potrà essere quel buon Pastore secondo il Cuore di Cristo, quale la Chiesa attende che sia.

A nome di tutti i Vescovi presenti, io chiederò fra breve a Mons. Orlando Antonini: «Vuoi, fratello carissimo, adempiere fino alla morte il ministero a noi affidato dagli Apostoli, che noi ora trasmettiamo a te, mediante l'imposizione delle mani, con la grazia dello Spirito Santo?».

Con il suo sì, totale e generoso, il nuovo Vescovo si disporrà così a guidare, come Buon Pastore, il popolo santo di Dio. Di tale missione di guida è segno eloquente il pastorale che fra breve consegnerò a Mons. Orlando, dicendogli:
«Abbi cura dell'intero gregge, nel quale lo Spirito Santo ti ha posto come Vescovo, per reggere la Chiesa Santa di Dio».

È il monito che già l'apostolo Pietro indirizzava da Roma ai suoi cooperatori lasciati a reggere le comunità dell'Asia proconsolare: «Pascete il gregge di Dio che è tra voi... volentieri, per amore di Dio... diventando modelli del gregge» (1 Pt 5, 2-3). È il monito che abbiamo ascoltato nella seconda lettura e che è un programma di vita per ogni ministro di Cristo.

Mons. Orlando non eserciterà la sua missione come Vescovo di una diocesi né come Coadiutore od Ausiliare in una determinata Chiesa particolare, ma collaborerà con il Sommo Pontefice nel governo della Chiesa universale, svolgendo l'ufficio di suo Inviato in Africa, e precisamente in Zambia ed in Malawi.

È vero che, in base ad una venerata tradizione, al nuovo Vescovo viene anche assegnata un'antica sede titolare, e così Mons. Antonini è stato nominato Arcivescovo titolare di Formia, un'antica sede italiana.

Sappiamo, però, che tale tradizione nasce dall'esigenza di conservare la memoria storica delle antiche sedi episcopali, ma che l'essenziale dell'ordinazione episcopale è l'inserimento del nuovo Vescovo nel Collegio episcopale, che succede al Collegio apostolico. Ed è come membro del Collegio episcopale che il nuovo Vescovo ha nella Chiesa santa di Dio il dovere di insegnare, santificare e guidare il popolo cristiano sulle vie della salvezza, ovunque egli sia chiamato a svolgere la sua missione.

Mons. Antonini è inviato dal Papa come suo Rappresentante in due nobili Nazioni africane, e cioè in Zambia ed in Malawi. Egli dovrà essere il sostegno ed il conforto di quei Vescovi ed assicurare una sempre più stretta unione di quelle care comunità cristiane con la Chiesa di Roma. Egli manterrà un dialogo costruttivo e fecondo anche con quelle autorità civili, per contribuire al progresso materiale e spirituale di quelle popolazioni.

In Zambia l'inviato del Papa troverà una Chiesa con grande vitalità. Nelle 10 diocesi del Paese, fioriscono numerose attività pastorali con iniziative molto apprezzate anche in campo sociale. La Nunziatura Apostolica in Lusaka ha sempre cercato di contribuire all'ordinato sviluppo di quelle comunità cristiane, assicurando anche alle autorità civili l'impegno generoso della Chiesa per la pacifica convivenza nazionale.

Altrettanto si deve dire della Chiesa in Malawi, impegnata nelle sue 7 diocesi in un lavoro metodico di evangelizzazione, per portare il messaggio pacifico di Cristo a tutta la società.

Anche il Nunzio Apostolico è impegnato in questa grande sfida che attende la Chiesa all'alba del Terzo Millennio cristiano. Poco fa nel Vangelo sono ancora una volta risuonate dinanzi a noi le parole di Cristo che, poco prima di salire al cielo, ci ha lasciato il mandato missionario universale: «Andate ed ammaestrate tutte le genti» (Mt 28, 19).

In alcuni ambienti africani si tratta ancora della prima evangelizzazione; in altri si dovrà procedere a quella nuova evangelizzazione, a cui insistentemente ci chiama il Papa Giovanni Paolo II.

Lo stesso successore di Pietro ci ha poi illustrato quali siano le tre caratteristiche tipiche di questa nuova evangelizzazione.

Essa deve, cioè, comportare nuovo ardore, nuovi metodi e nuove espressioni.

Un nuovo ardore, che nasce dalla profonda convinzione che non c'è altro nome al mondo, in cui l'uomo può salvarsi (cfr At 4, 10-12). Nuovi metodi, legati soprattutto ai nuovi areopaghi in cui si deve annunciare il messaggio cristiano.

Nuove espressioni, per rispondere soprattutto alle esigenze della gioventù d'oggi. Per il Nunzio Apostolico in Zambia ed in Malawi sarà sempre di grande aiuto la meditazione della lettera Enciclica «Redemptoris missio» del Papa Giovanni Paolo II circa la permanente validità del mandato missionario, come l'attento studio del Decreto «Ad gentes» del Concilio Ecumenico Vaticano II. È tutto un richiamo all'intrinseco carattere missionario della Chiesa. Come l'apostolo Paolo, ognuno di noi può giustamente esclamare: «Guai a me se non predicassi il Vangelo» (1 Cor 9, 16).

Volgendo lo sguardo verso l'immenso campo d'azione del mondo africano, ogni Vescovo, e tanto più l'inviato del Papa, avrà poi un'attenzione particolare verso i poveri. La prima lettura ci ha ricordato le parole di Isaia, che vedeva l'inviato di Dio come destinato ad annunciare la buona novella ai miseri, a proclamare la libertà agli schiavi e la scarcerazione ai prigionieri, a consolare tutti gli afflitti (cfr Is 61, 1-3).

È questo, del resto, lo spirito delle beatitudini evangeliche. È questa la tradizione costante della Chiesa, che ha sempre avuto un amore preferenziale per i poveri. Ed è questa la molla segreta che ha portato tanti missionari a creare scuole, laboratori, centri sanitari, lebbrosari, case di assistenza per handicappati ed anziani, come iniziative per la promozione della donna. Come l'apostolo Paolo, ogni missionario può così ripetere: «È la carità di Cristo che ci spinge» – «Caritas Christi urget nos» (2 Cor 5, 14).

La Chiesa non ha, quindi, bisogno di mutuare da altri l'ispirazione per il suo lavoro fra i poveri: l'amore di Cristo e dei fratelli sarà sempre la fonte inesauribile del suo impegno sociale.

Caro Don Orlando, parti sereno per la missione che ti attende in Africa. Ti è vicino il Papa, che ti invia per mezzo mio la Sua paterna benedizione. Ti sono vicini i sacerdoti e i fedeli della tua diocesi de l'Aquila, guidati dal venerato Arcivescovo Mons. Molinari. Ti è vicina la grande Famiglia della Curia Romana e, in particolare, la Congregazione di Propaganda Fide, qui degnamente rappresentata dall'Arcivescovo Mons. Schleck.

Si stringono intorno a te i tuoi familiari e soprattutto la tua cara mamma, che con te gioisce in questo giorno di grazia, insieme ai tuoi concittadini di Villa S. Angelo e S. Demetrio Ne' Vestini. Per te pregano oggi in questa basilica alcuni Vescovi di Zambia e Malawi, che anch'io saluto di cuore.

Non avrai più davanti ai tuoi occhi la visione grandiosa del Gran Sasso, i bei paesi della Valle dell'Aterno o le montagne maestose di Campo Felice, della Magnola o del Sirente. Avrai però dinanzi a te nuovi orizzonti, che ti diranno quanto siano grandi le meraviglie dell'universo. Soprattutto scoprirai quanto siano vasti gli orizzonti dell'evangelizzazione in terra africana. Che il Signore benedica il tuo servizio episcopale! Amen!


*L'Osservatore Romano 13-14.9.1999 p.6.

 

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