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ESEQUIE DELL'ARCIVESCOVO MONSIGNOR GABRIEL MONTALVO

OMELIA DEL CARD. ANGELO SODANO*

Altare della Cattedra della Basilica Vaticana
Sabato, 5 agosto 2006

 

Fratelli e Sorelle nel Signore,

Il nostro caro Arcivescovo Gabriele ci ha lasciato! L'Angelo del Signore è passato nella casa delle Sisters of Mercy, che l'avevano accolto con tanto amore, ed ha detto al nostro caro Fratello:  "Tempus non erit amplius. Il tempo ormai è passato" (Ap 10, 6).

Noi oggi siamo qui convenuti per dargli l'estremo saluto per ringraziare il Signore d'aver suscitato nella sua Santa Chiesa questa straordinaria figura di Apostolo dei tempi moderni e per affidarlo, infine, alla misericordia del Padre, perché voglia accoglierlo fra i santi del Cielo.

Allo stesso tempo, noi oggi ci stringiamo intorno alle care sorelle del compianto Arcivescovo, le Signore Cristina e Teresa, come agli altri suoi Familiari, alle benemerite Religiose di Alma, che l'avevano accolto nella loro casa, quando la malattia bussò alla sua porta. Ci uniamo, poi, in preghiera insieme agli Ambasciatori, ai Signori Cardinali, ai Vescovi ed ai sacerdoti, che ricordano con affetto e gratitudine chi ci ha lasciato.

Una vita per la Chiesa

Miei fratelli, mentre ci soffermiamo a meditare sulla pagina evangelica delle Beatitudini, proclamata or ora nella nostra assemblea liturgica, ripercorriamo idealmente le varie tappe dell'esistenza del Nunzio Apostolico Mons. Gabriel Montalvo, segnata sin dall'inizio da una viva consapevolezza della presenza di Dio, che gli era stata trasmessa dalla famiglia autenticamente cristiana in cui era cresciuto: il padre fu anche Ambasciatore presso la Santa Sede. Il giovane Gabriel, diventato sacerdote nel 1953 nella sua città natale, Bogotá, era entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede quattro anni dopo, prestando la sua opera presso varie Rappresentanze Pontificie e successivamente nell'allora Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, ove ebbe a seguire in modo particolare i problemi riguardanti la Chiesa nei Paesi dell'Europa Orientale, ancora sotto la dura influenza comunista.

Un buon Pastore

Mons. Montalvo fu uomo di pace anche nei rapporti interpersonali, che egli coltivava con grande discrezione e rispetto. "Beati i miti perché erediteranno la terra", dice Gesù. La mitezza di questo nostro caro fratello si traduceva in attenzione alle ragioni degli altri, in apertura e volontà di dialogo, in spirito di intesa e di conciliazione. Anche per questo egli si rivelò un fine e capace diplomatico al servizio della causa del Vangelo in varie nazioni:  dall'Honduras e Nicaragua all'Algeria, Tunisia e Libia, e, più tardi, in Jugoslavia, in Bielorussia e finalmente negli Stati Uniti d'America. Mitezza, umana saggezza e profonda spiritualità mostrò pure quando il Santo Padre Giovanni Paolo II lo chiamò ad essere formatore di giovani sacerdoti quale Presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica. Sapeva ascoltare e, all'occasione,  consigliare  con  rara  capacità  di  penetrazione psicologica, che si rivelava  in  giudizi  ponderati  e  precisi.

Per tutti noi è stato un esempio di discrezione, quasi a ricordarci quanto il profeta Isaia diceva del futuro Messia: "Egli non griderà né alzerà il tono" (Is 42, 2). Egli preferì il metodo del lavoro discreto e rispettoso, cercando sempre  di  portare  il lievito del Vangelo nella vita degli individui e delle Nazioni.

Nelle situazioni difficili in cui venne a trovarsi, in America Centrale come nell'Europa Orientale, cercò sempre di portare  una  parola  di speranza e di pace.

Un artefice di pace

"Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio". E, in realtà, egli cercò sempre di meritarsi questa beatitudine nelle sue varie missioni diplomatiche. Penso qui in particolare, oltre che ai difficili passi compiuti insieme all'indimenticabile Mons. Agostino Casaroli nei contatti con le Chiese e i Paesi dell'Est europeo, al contributo da lui dato alle trattative guidate dal Cardinale Antonio Samorè per la pacifica composizione della controversia tra l'Argentina e il Cile circa il Canale di Beagle. Durante la mia permanenza in Cile come Nunzio Apostolico, sono stato personalmente testimone della sua passione per la pace tra i popoli, che scaturiva in lui da una profonda esperienza di Dio e e che si traduceva in coerente santità di vita. "Fides, Spes, Caritas" era il motto del suo stemma episcopale:  sempre le tre virtù teologali furono i riferimenti trascendenti che ispirarono il suo servizio ecclesiale.

In questo momento difficile per tanti nostri Fratelli tragicamente coinvolti nel doloroso conflitto del Medio Oriente, il nostro compianto Arcivescovo interceda dal cielo per tutti coloro che lavorano  per  la pace, perché termini presto un'inutile strage e gli uomini tornino  ad  essere  fratelli fra di loro, figli  dello  stesso  Padre  che  sta nei cieli.

Un testimone del Vangelo

Ed ora, prima di terminare, lasciate che ricordi anche lo spirito di fede che lo ha sostenuto durante il calvario della sua malattia e l'esempio della sua unione con Dio nella preghiera. Sino alla fine ha voluto celebrare la Santa Messa; sino alla fine è stato fedele alla recita del Breviario e alla preghiera mariana del santo Rosario. Facendo tesoro delle consolanti parole che il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto indirizzargli nel Messaggio autografo del 16 maggio scorso, Mons. Gabriel Montalvo ha lasciato che fosse "Lui, il Signore Gesù, al quale - dice l'Autografo pontificio - quotidianamente ci uniamo nella santa Eucaristia, a rendere feconde anche le presenti sofferenze per il bene della Chiesa e la salvezza del mondo".

Celebriamo il suo funerale alla vigilia della festa della Trasfigurazione del Signore, in un sabato particolarmente caro alla Vergine Santissima, perché ricorre oggi la memoria liturgica della Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore. Mentre ringraziamo il Signore per il bene che questo nostro caro confratello ha svolto al servizio della Chiesa, chiediamo alla Vergine Maria, la Madre della speranza, di accoglierlo in Paradiso. Là il nostro caro don Gabriele potrà contemplare in eterno il volto trasfigurato di Cristo, quel volto che egli ha saputo riconoscere ed onorare in tanti fratelli incontrati durante il suo pellegrinaggio terreno.

Che il Signore lo accolga nel gaudio del Cielo. Amen!


*L'Osservatore Romano 6.8.2006 p.6.

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