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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
ALLA QUARTA COMMISSIONE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU
SUI RIFUGIATI PALESTINESI IN MEDIO ORIENTE (UNRWA)

DISCORSO DI S.E. MONS. CELESTINO MIGLIORE

New York
Giovedì, 8 novembre 2007

 

Presidente,

la mia delegazione ringrazia il Commissario generale dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi in Medio Oriente (UNRWA) per questo rapporto, e loda lei e il suo staff per il lavoro che svolgete, nonostante la continua violenza e l'attività militare nell'area in cui operate.

La lista apparentemente infinita di difficoltà e differenze che separano gli israeliani e i palestinesi può condurci a ignorare le questioni fondamentali che hanno afflitto questa regione per troppo tempo come la mancanza di una costante volontà politica di raggiungere una soluzione permanente.

Al centro della questione resta il problema dell'ingiustizia. Posporre senza fine la soluzione di questo conflitto attraverso un rifiuto di negoziare e di scendere ragionevolmente a compromessi, per indecisione o per una volontà di mantenere lo status quo, significa perpetuare l'ingiustizia. Che questo atteggiamento sia deliberato o meno non modifica la realtà: persone e intere famiglie innocenti di entrambe le parti in causa continuano a soffrire terribilmente e le infrastrutture vengono distrutte ancor prima di essere pronte all'uso.

Presidente,

la centralità del conflitto israeliano-palestinese nella costante instabilità in Medio Oriente e il suo impatto sull'intera comunità internazionale non possono essere ignorati. Risolverlo contribuirà grandemente a porre fine ad altre questioni nella regione e a una maggiore comprensione tra i popoli del mondo.

A questo proposito, la mia delegazione resta convinta del fatto che la soluzione dei due Stati sia la migliore opportunità per sedare la crisi. Tradurre in realtà questa soluzione non è responsabilità primaria del Quartetto, ma delle parti in conflitto e dei Paesi confinanti che hanno interessi immediati in tutta la questione. Mentre la comunità internazionale può soltanto offrire tutto il sostegno necessario a unire le parti del conflitto, è indispensabile che le stesse abbandonino parvenze di dialogo di pace e avviino negoziati effettivi sulla soluzione dei due Stati. La mia delegazione auspica sinceramente che la conferenza internazionale programmata per la fine di questo mese acceleri il processo volto a questo scopo, ossia alla definizione di un accordo realistico che le parti saranno determinate a rispettare.

Tutti noi sappiamo che è molto più facile dirlo che farlo. Il perpetuarsi, per decenni, di atti di ingiustizia e di violenza ha avuto come risultato recriminazioni sempre più profondamente radicate e rabbia fra le popolazioni dell'area, alimentando il circolo vizioso di violente ritorsioni.

In uno stato di costante allarme e permanente angoscia, le persone creano comunità in reciproco isolamento. Questo stato di cose rende molto più difficile trovare una soluzione duratura perché è antitetico alla creazione di rapporti e di fiducia reciproca, che sono necessari in qualsiasi processo di pace e coesistenza pacifica.

La mia delegazione incoraggia i gruppi in seno alle società civili palestinese e israeliana che, condividendo, paura e dolore, si offrono perdono e riconciliazione. Non ci rivolgiamo alle autorità, ma ai popoli israeliano, palestinese e confinanti affinché riflettano su quanto questa disposizione di empatia sia in grado di collegare le istanze altrimenti reciprocamente contraddittorie ed esclusiviste che hanno impedito finora l'esito positivo dei colloqui. Impariamo da popoli che sono riusciti a mettere fine alle dispute. Un dialogo paziente, una fiducia perseverante, il superamento di pregiudizi religiosi e culturali, e un manifesto desiderio di pace da parte delle intere comunità hanno portato al ripristino dell'armonia in molti paesi devastati dall'odio e dalla violenza. Per questo motivo, la mia delegazione rimane convinta del fatto che le differenti confessioni religiose in Terra Santa possono rendere un contributo significativo alla soluzione del conflitto.

Infine, nella speranza che molti problemi della regione verranno alla fine risolti mediante il negoziato e il dialogo, la mia delegazione sottolinea ulteriormente che una soluzione duratura deve includere uno status della Città Santa di Gerusalemme. Alla luce dei numerosi incidenti violenti e delle sfide alla mobilità poste dal muro di sicurezza, la Santa Sede rinnova il proprio sostegno a provvedimenti garantiti a livello internazionale per assicurare alla Città di Gerusalemme la libertà di religione e di coscienza dei suoi abitanti così come un accesso permanente, libero e privo di ostacoli ai Luoghi Sacri da parte dei fedeli di tutte le religioni e di tutte le nazionalità.

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