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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA 63a SESSIONE
DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'O.N.U. SUL TEMA DEL DISARMO

DISCORSO DI S.E. MONS. CELESTINO MIGLIORE,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE

New York, 7 ottobre 2008

 


Presidente
,

fra due mesi celebreremo il 60º anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Questo evento ci invita a un impegno rinnovato per il disarmo, lo sviluppo e la pace. Tutti gli Stati sono chiamati a promuovere il disarmo e la non proliferazione come elementi chiave per un ordine internazionale in cui i diritti e le libertà fondamentali di ogni persona possano essere pienamente realizzati.

La pace e la sicurezza sono minacciate dal terrorismo e, ancor di più, da una violenza diffusa, dal mancato rispetto dei diritti umani e dal sottosviluppo. Poiché la persona umana è il fine ultimo di tutte le politiche pubbliche, una regolamentazione degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione devono avere un approccio interdisciplinare o, cosa ancora più importante, umano. Senza considerare l'impatto etico, psicologico, economico e sociale degli armamenti, le politiche sul disarmo e la non proliferazione divengono una gara di tregua armata fra Stati.

Infatti, si crea un conflitto fra sicurezza e politiche militari. La comunità internazionale lotta contro il terrorismo nucleare attraverso l'adozione di norme severe che mettono al bando la produzione, il possesso e il trasferimento di queste armi, ma, al contempo, non pochi Stati perseguono il rinnovamento o l'acquisizione di arsenali nucleari a livello nazionale. Di conseguenza, sembra emergere una specie di conflitto fra politiche di sicurezza e sviluppo. Gli Stati, e in particolare le maggiori potenze, aspirano nel settore nucleare a un'estrema libertà nazionale e, al contempo, a forme incisive di monitoraggio internazionale e regionale.

Ciò spiega anche in gran parte lo scarso interesse nell'osservare completamente il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari (TNP) e nel raggiungere il quorum per l'entrata in vigore del Trattato per la messa la bando totale dei test nucleari (CTBT).

Ciò contraddice lo spirito delle Nazioni Unite e non è il modo per edificare una pace duratura. La regolamentazione delle armi, il disarmo nucleare e non la proliferazione sono elementi chiave per una strategia globale a favore dei diritti umani, dello sviluppo e dell'ordine internazionale.

Nonostante la tendenza negativa del multilateralismo, la scorsa primavera a Dublino, un gruppo di 107 Stati, con il sostegno di 20 osservatori fra Stati, organizzazioni internazionali e una coalizione di organizzazioni non governative, ha adottato la Convenzione sulle munizioni a grappolo, che verrà firmata il 3 dicembre 2008 a Oslo. Quale membro del gruppo centrale del Processo di Oslo, la Santa Sede è particolarmente lieta di questo risultato. Questa nuova Convenzione, oltre a colmare una grave lacuna nel diritto umanitario, offre una soluzione incisiva e realistica a un problema permanente caratterizzato non solo dall'uso indiscriminato di munizioni a grappolo, ma anche dal fatto che queste ultime possono rimanere inesplose nel terreno per molti anni e, se urtate, possono colpire in modo devastante la vita quotidiana dei civili.

Il Processo di Oslo non solo è un importante progresso politico e legale, ma è anche un segnale d'allarme. Di fatto, come la Convenzione sulle mine antiuomo anche la Convenzione sulle munizioni a grappolo è stata negoziata e adottata al di fuori della Conferenza sul disarmo. Come evidenziato dalla 62º Assemblea generale, il multilateralismo è il "principio centrale per risolvere i problemi relativi al disarmo e alla non proliferazione" (risoluzione 62/67). La Santa Sede condivide questa idea e sostiene il progetto di una quarta sessione speciale dell'Assemblea generale sul disarmo che potrebbe promuovere il multilateralismo nelle organizzazioni internazionali e in particolare nella Conferenza sul disarmo.

Dobbiamo invertire la tendenza erosiva del multilateralismo nell'ambito della regolamentazione degli armamenti, del disarmo e della non proliferazione. La Conferenza sul disarmo non ha un programma di lavoro da più di dieci anni e la mancanza di volontà politica nella comunità internazionale relativamente a questi progetti è sconcertante. È ben noto che si possono fare più progressi con un approccio basato sul dialogo responsabile, onesto e coerente e sulla cooperazione di tutti i membri della comunità internazionale che con approcci contrastanti e non concertati.

L'adozione del Trattato sul commercio delle armi è incerta. Una maggiore trasparenza, data l'accresciuta complessità del commercio di armi legata anche a un aumento dello scambio di cosiddette merci e tecnologie "a doppio uso", contribuirebbe a un'autentica sicurezza e a porre le premesse di una futura limitazione del commercio di armi. In questa prospettiva sembra opportuno richiamare la risoluzione 62/13 dell'Assemblea generale che parla di "informazione oggettiva su questioni militari, inclusa la trasparenza delle spese militari" e la risoluzione 62/26 che parla di "legislazione nazionale sul trasferimento di armi, strumenti militari e merci e tecnologie a doppio uso".
Infine, il disarmo sta diventando una questione sempre più complessa che ci riporta a problemi più generali come quello della riforma di questa Organizzazione, della riforma procedurale e strutturale della Conferenza sul disarmo, la tendenza a sovrapporre le economie civile e militare e la scarsa coerenza delle politiche adottate nei settori strategici.

In questo contesto, la Santa Sede si rivolge alla comunità internazionale per una maggiore sensibilità e rinnovati sforzi per la promozione della coesistenza pacifica e la sopravvivenza dell'intera famiglia umana e ritiene che la formula migliore del successo sia la cooperazione fra gli Stati, le Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali e la società civile.

Grazie, presidente.

    

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