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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
ALLA SESSIONE DEL GRUPPO DI ESPERTI GOVERNATIVI
DEGLI STATI PARTE DEL V PROTOCOLLO
SUI RESIDUATI BELLICI INESPLOSI DELLA
"CONVENZIONE SULL'INTERDIZIONE O LIMITAZIONE DELL'USO
DI ALCUNE ARMI CONVENZIONALI CHE POSSONO PRODURRE
EFFETTI TRAUMATICI ECCESSIVI O INDISCRIMINATI"
(GINEVRA 22-24 APRILE 2009)

INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
ED ISTITUZIONI SPECIALIZZATE*

Ginevra
Giovedì, 22 aprile 2009

 

Signora Coordinatrice!

Vorrei innanzitutto esprimerle la soddisfazione e la stima della Santa Sede per l'eccellente preparazione e conduzione dei nostri lavori. Vorrei anche esprimerle la mia soddisfazione per la decisione di organizzare questa riunione di esperti al fine di accelerare la messa in atto degli obblighi che tutti abbiamo assunto ratificando il V Protocollo, in uno sforzo di collegare, in principio e in pratica, il diritto umanitario internazionale e i diritti dell'uomo. Rafforzando il diritto umanitario internazionale con l'adozione del V Protocollo, gli Stati Parte riaffermano che la dignità della persona è inalienabile e che al centro del Protocollo dovrebbero rimanere i sopravvissuti e le vittime dei residuati bellici inesplosi. Prevenzione e assistenza sono i due pilastri del Protocollo. Permettetemi, Signora Coordinatrice, di sviluppare alcuni elementi sulla questione dell'assistenza alle vittime. A tal fine, mi limito ad insistere sulle seguenti tre dimensioni.

1. Tutte le vittime dei conflitti e delle diverse categorie di armi e di munizioni hanno il diritto di ricevere assistenza, senza alcuna discriminazione. L'aiuto offerto dovrebbe però essere appropriato e specifico. Il che non dovrebbe in alcun modo portare all'esclusione di persone o di gruppi di persone, vittime dirette o indirette, e a lasciarli vivere ai margini della società. Un'assistenza adeguata è quella che permette alle vittime di occupare un posto degno in seno alla società. Un posto degno significa prima di tutto essere trattate come persone a pieno diritto, autonome, attive, che partecipano all'edificazione di una società prospera e solidale.

La Santa Sede, attraverso le sue istituzioni impegnate nell'azione a favore delle vittime delle mine, delle munizioni a grappolo, dei residuati bellici inesplosi, cerca di contribuire a riportare le persone colpite, in decine di Paesi, alla massima normalità, che è quella di essere scolari, studenti, contadini, operai, artigiani o liberi professionisti; quella di essere padri o madri di famiglia; quella di essere membri a pieno titolo della società in cui vivono. A tal fine, l'educazione e la formazione professionale sono lo strumento ideale nel cammino del reinserimento sociale, economico e politico.

Le vittime dei residuati bellici inesplosi non dovrebbero essere anche vittime della discriminazione. Esse non si aspettano un aiuto per sopravvivere ma piuttosto la messa in atto di condizioni che permettano loro di essere membri a pieno titolo delle società in cui vivono e in cui sarebbero in grado di offrire il loro contributo alla prosperità e alla pace, poiché sono state le prime a sperimentare nella propria carne e nella propria esistenza la natura dei conflitti e le loro conseguenze. Ciò detto, non bisognerebbe dimenticare la dimensione della compassione e della vicinanza umana tanto importanti per le vittime e che costituiscono un sostegno prezioso, in particolare nelle fasi più difficili di questa tragedia umana che le vittime vivono, in molti casi, sole e nell'indifferenza generale. L'assistenza alle vittime è dunque una questione di dignità, di diritti, di giustizia e di fraternità.

2. La seconda dimensione che vorrei sottolineare è quella della cooperazione. La prima responsabilità è quella dello Stato di farsi carico delle vittime. Ma tenendo conto che la stragrande maggioranza dei Paesi colpiti dai residuati bellici inesplosi sono Paesi in via di sviluppo e di conseguenza sono incapaci di adempiere ai loro obblighi senza l'assistenza internazionale, i Paesi donatori hanno un ruolo importante da svolgere. Le Ong e le comunità religiose, presenti nelle regioni più lontane, devono però anch'esse apportare il loro contributo. La Santa Sede, ricca di un'esperienza di diversi decenni in questo campo, ritiene che il modello che ha prodotto maggiori frutti sul piano nazionale, almeno fino ad ora, è quello della cooperazione fra i tre attori principali: le istituzioni specializzate, il settore pubblico e il settore privato.

Questa cooperazione sul piano nazionale dovrebbe essere completata da un altra cooperazione che raggruppa i governi, le agenzie delle Nazioni Unite e delle Organizzazioni internazionali e la società civile. Chiaramente, non bisogna dimenticare le vittime e le organizzazioni che le rappresentano quali elementi indispensabili, a partire dall'analisi della situazione, passando per la definizione delle politiche appropriate, fino alla messa in atto dei piani adottati.

3. La terza dimensione è quella che c'insegna l'esperienza sul campo da molto tempo. I grandi modelli e le riflessioni teoriche più generose restano vuote se non trovano la loro espressione nella vita delle vittime ogni giorno. Per questo sono indispensabili le seguenti misure concrete:

a. assicurare budget regolari adeguati per l'assistenza alle vittime e soprattutto per assicurare le risorse umane qualificate;
b. creare le strutture necessarie per la riabilitazione fisica e psicologica;
c. creare le strutture educative e formative per rendere possibile il reinserimento sociale, economico e politico delle vittime;
d. praticare una politica di assistenza realistica, tenendo conto non solo della vittima diretta ma anche della famiglia e della comunità locale. È su questo piano che l'esclusione può essere meglio evitata.


L'esperienza ci mostra che ogni volta che questi quattro elementi sono stati congiuntamente assicurati, l'integrazione delle vittime avviene con successo sia per le vittime stesse sia per la società in generale.

Concludendo, la Santa Sede si rallegra che l'assistenza alle vittime stia divenendo un elemento fondamentale di diversi strumenti giuridicamente vincolanti come il V Protocollo, la Convenzione di Ottawa o la Convenzione sulle munizioni a grappolo. Anche se gli Stati Parte a questi strumenti hanno opinioni diverse, il buon senso vorrebbe che una ricerca di armonizzazione e di sinergia eviti la dispersione inutile dei mezzi e rechi beneficio a tutti gli attori e in primo luogo alle vittime stesse. Ciò è importante non solo per l'efficacia dell'azione ma anche e soprattutto per evitare la discriminazione fra le diverse categorie di vittime.

La delegazione della Santa Sede confida nel fatto che l'assistenza alle vittime resterà la priorità degli Stati Parte al V Protocollo.


*L’Osservatore Romano, 25-26.5.2009 p.2.

 

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