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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
AL DIBATTITO GENERALE DELLA 64ª SESSIONE
DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE

DISCORSO DI S.E. MONS. CELESTINO MIGLIORE,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE

New York
Martedì, 29 settembre 2009

 

Signor Presidente,

Mentre assume la presidenza di questa sessantaquattresima sessione dell'Assemblea Generale, la mia delegazione Le augura tutto il meglio per i suoi sforzi e attende di poter lavorare con Lei per affrontare le numerose sfide della comunità globale.

Ogni anno c'è grande attesa per l'Assemblea Generale nella speranza che i governi siano in grado di trovare punti di accordo sui problemi persistenti che affliggono l'umanità e adottino una direzione comune per risolverli in modo pacifico per il benessere di tutti.

Naturalmente le decisioni della sessione precedente dell'Assemblea Generale sono state dominate dalla preoccupazione per la crisi economica e finanziaria mondiale. Risulta perciò opportuno che quest'anno sia stato chiesto alle delegazioni di concentrarsi sulle risposte efficaci alle crisi globali: rafforzare il multilateralismo e il dialogo fra le civiltà per la pace internazionale, la sicurezza e lo sviluppo. In vista di un dialogo politico e culturale volto allo sviluppo armonioso dell'economia mondiale e dei rapporti internazionali faremmo bene a rileggere il preambolo della Carta delle Nazioni Unite in cui si afferma: "Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a... riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole".

Le varie crisi mondiali degli ultimi mesi hanno stimolato il dibattito su principi e modi di valutare il comportamento individuale, sociale e internazionale, andando ben al di là del campo economico o finanziario.

L'idea di produrre risorse e beni, ossia l'economia, e di gestirli in modo strategico, ovvero la politica, senza cercare con le stesse azioni di fare il bene, ossia l'etica, si è dimostrata una delusione, ingenua o cinica, ma sempre fatale. Il contributo più concreto e profondo che l'Assemblea Generale deve offrire alla soluzione dei problemi internazionali consiste nel promuovere i principi contenuti nel Preambolo e nell'articolo I della Carta di questa Organizzazione, in modo che questi alti valori umani e spirituali servano a rinnovare l'ordine internazionale dal di dentro, dove c'è la vera crisi.

Un primo elemento di verità si trova proprio nell'espressione: "Noi, popoli delle Nazioni Unite". Il tema della pace e dello sviluppo, infatti, coincide con quello della inclusione relazionale di tutti i popoli nella comunità unica della famiglia umana che si costruisce in solidarietà.

Nei successivi G8 e G20 e negli incontri internazionali e regionali svoltisi parallelamente ai lavori della precedente Assemblea Generale, è stata evidente la necessità di dare legittimità agli impegni politici assunti, confrontandoli con le idee e le esigenze di tutta la comunità internazionale, cosicché le soluzioni escogitate potessero riflettere i punti di vista e le aspettative delle popolazioni di tutti i continenti. Per questo bisogna elaborare modalità efficaci per collegare le decisioni dei vari gruppi di Paesi a quelle delle Nazioni Unite, consentendo a ogni nazione, con il proprio peso politico ed economico, di esprimersi legittimamente in una condizione di parità con gli altri.

Signor Presidente,
è in questo contesto di verità e di sincerità che il recente appello di Papa Benedetto XVI viene messo in prospettiva. Come osserva nella sua Enciclica Caritas in veritate: "Di fronte all'inarrestabile crescita dell'interdipendenza mondiale, è fortemente sentita, anche in presenza di una recessione altrettanto mondiale, l'urgenza di una riforma sia dell'Organizzazione delle Nazioni Unite sia dell'architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni". Tale riforma è urgente per "trovare forme innovative per attuare il principio di responsabilità di proteggere e per attribuire anche alle Nazioni più povere una voce efficace nelle decisioni comuni" (n. 67).

In effetti il dovere di rendere le Nazioni Unite un centro autentico di armonizzazione dell'operato delle nazioni nella ricerca di tali obiettivi comuni è estremamente difficile. Più aumenta l'interdipendenza dei popoli più diviene evidente la necessità dell'esistenza delle Nazioni Unite. La necessità di avere un'organizzazione in grado di affrontare gli ostacoli e la crescente complessità delle relazioni fra popoli e nazioni diviene dunque prioritaria.

Le Nazioni Unite progrediranno verso la formazione di una vera famiglia delle nazioni nella misura in cui accettino la verità dell'inevitabile interdipendenza fra i popoli e, pure, la verità sulla persona umana, come affermato nella propria Carta.

Signor Presidente,
considerando la natura dello sviluppo e il ruolo dei Paesi donatori e destinatari, dobbiamo sempre ricordare che uno sviluppo autentico implica necessariamente un rispetto integrale per la vita umana che non si può disgiungere dallo sviluppo dei popoli. Purtroppo, oggi, in alcune parti del mondo l'aiuto allo sviluppo sembra essere subordinato soprattutto alla disponibilità dei Paesi destinatari ad adottare programmi che scoraggiano la crescita demografica di certi popoli con metodi e pratiche che non rispettano la dignità e i diritti dell'uomo. A questo proposito, i frequenti tentativi di esportare questa mentalità ai Paesi in via di sviluppo come se si trattasse di un progresso culturale risultano cinici e nel contempo infausti.

Infatti, per sua stessa natura, questa politica è in realtà un'imposizione e non una politica di reciprocità. Annunciare la decisione di offrire aiuti allo sviluppo condizionati all'accettazione di queste politiche costituisce un abuso di potere.

Ogni essere umano ha diritto al buon governo, ossia, a tutte le azioni sociali, a livello nazionale e internazionale, che contribuiscono, direttamente o indirettamente, a garantire a tutte le persone una vita libera e degna. Al contempo, è parte essenziale di quella dignità che ognuno si assuma la responsabilità delle proprie azioni e rispetti attivamente la dignità degli altri. I diritti esistono sempre contemporaneamente ai doveri e alle responsabilità. Ciò si applica a singoli uomini e donne e analogamente agli Stati, il cui progresso e la cui affermazione autentici dipendono dalla loro capacità di instaurare e mantenere relazioni con altri Stati ed esprimere una responsabilità comune per i problemi del mondo.

All'origine delle numerose crisi globali attuali ci sono la pretesa degli Stati e anche delle singole persone di esseri gli unici ad avere dei diritti e la riluttanza ad assumersi la responsabilità dello sviluppo integrale proprio e degli altri. Spesso nell'attività degli organismi internazionali si riflette un'incoerenza già diffusa nelle società industrializzate: da una parte si lanciano appelli a favore di diritti presunti, arbitrari e non essenziali in natura, accompagnati dalla richiesta del loro riconoscimento e della loro promozione da parte di entità pubbliche, dall'altra diritti basici e fondamentali, già esplicitati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, restano inosservati e vengono violati in molte parti del mondo. I diritti e i doveri delle nazioni non dipendono solo da accordi, trattati e risoluzioni degli organismi internazionali, ma trovano il loro fondamento ultimo nella pari dignità di ogni singolo uomo e di ogni singola donna indipendentemente dal fatto che questi ultimi siano cittadini o stranieri. In definitiva, il multilateralismo e il dialogo autentici fra culture devono basarsi sull'accettazione del dovere di impegnarsi per lo sviluppo di tutti gli esseri umani. Non dobbiamo dimenticare che la condivisione di doveri reciproci è un incentivo all'azione molto più potente della mera affermazione di diritti.

In questa luce, l'equità del sistema commerciale internazionale e dell'architettura finanziaria del mondo si valuterà in base alla loro capacità di creare opportunità permanenti di lavoro, di garantire la stabilità dell'attività lavorativa, di dare una giusta retribuzione alla produzione locale, e dalla disponibilità di credito pubblico e privato per la produzione e per il lavoro, in particolare nelle regioni e nei Paesi più poveri. Quindi, gli effetti degli inevitabili cicli economici verranno mitigati, evitando che sopravvengano nuove e più gravi crisi globali.

La realizzazione del principio della "responsabilità di proteggere", formulata durante il Vertice Mondiale del 2005 e approvata dal consenso unanime di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, diviene una pietra di paragone fra i due principi enunciati di verità nelle relazioni internazionali e nella governabilità globale. Il riconoscimento dell'obiettivo centrale e del valore essenziale della dignità di ogni uomo e di ogni donna, garantisce che i governi utilizzino qualsiasi mezzo a loro disposizione per evitare e per combattere i crimini di genocidio, pulizia etnica e qualsiasi altro crimine contro l'umanità. Quindi, riconoscendo la loro responsabilità condivisa di proteggere, gli Stati comprenderanno l'importanza di accettare la collaborazione della comunità internazionale allo scopo di poter compiere il loro ruolo di garantire una sovranità responsabile.

I meccanismi delle Nazioni Unite per affrontare la sicurezza comune e la prevenzione dei conflitti sono stati elaborati in risposta alla minaccia di guerra totale e di distruzione nucleare nella seconda metà dello scorso secolo e solo per questo motivo meritano perenne memoria storica. Inoltre, le operazioni di pace hanno posto fine a innumerevoli conflitti locali e reso possibile la ricostruzione. Ciononostante, è ben noto che il numero di conflitti che le Nazioni Unite non sono riuscite a risolvere resta elevato e che molti di essi sono divenuti occasioni di gravi crimini contro l'umanità.

Per questo l'accettazione del principio della responsabilità di proteggere e le verità che lo sottendono e che guidano la sovranità responsabile può essere il catalizzatore della riforma dei meccanismi, delle procedure e della rappresentanza del Consiglio di Sicurezza.

In questo contesto, signor Presidente, la mia delegazione desidera ricordare il popolo honduregno che continua a sopportare sofferenze, frustrazioni e difficoltà a causa dello sconvolgimento politico che dura già da troppo tempo. Ancora una volta la Santa Sede esorta le parti in causa a compiere ogni sforzo per trovare una soluzione rapida per il bene del popolo dell'Honduras.

Signor Presidente,
questa sessione dell'Assemblea Generale è cominciata con un vertice speciale sul cambiamento climatico e presto si terrà a Copenaghen la Conferenza sul Clima (8-16 dicembre 2009). La protezione dell'ambiente continua a essere in prima linea nelle attività multilaterali perché implica in forma coesa il destino di tutte le Nazioni e il futuro di ogni individuo, uomo e donna. Il riconoscimento della doppia verità dell'interdipendenza e della dignità personale esige anche che le questioni ambientali siano considerate un imperativo morale e vengano tradotte in norme legali, in grado di proteggere il nostro pianeta e di garantire alle future generazioni un ambiente sano e sicuro.

Infine, signor Presidente, in questi tempi mutevoli la comunità internazionale, "noi popoli", ha la possibilità e la responsabilità uniche di garantire la piena realizzazione della Carta delle Nazioni Unite e quindi una pace e una comprensione maggiori fra le Nazioni.

 

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