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17º CONSIGLIO MINISTERIALE DELL'ORGANIZZAZIONE
PER LA SICUREZZA E LA COOPERAZIONE IN EUROPA (OSCE)
[ATENE, 1-2 DICEMBRE 2009]

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO DOMINIQUE MAMBERTI,
SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI

Atene
Martedì, 1° dicembre 2009

 

L'impegno comune per la pace
fondata sulla carità, la giustizia e la libertà

 

Presidente!

1. Introduzione. Grazie per il suo invito a venire in Grecia in occasione del diciassettesimo Consiglio Ministeriale dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa e a riflettere su questioni relative alla sicurezza europea nel ventunesimo secolo.

È naturale fare questo in Grecia perché dobbiamo riconoscere il grande debito che noi tutti abbiamo verso il suo Paese. Infatti, nessuno può ignorare l'influsso duraturo che la sua storia e la sua cultura hanno avuto sulla civiltà europea e, di fatto, sul mondo intero. Sul piano personale, sono particolarmente grato di seguire le orme di san Paolo, il cui ricordo è inciso per sempre sul suolo della Grecia. È stato qui ad Atene che Paolo ha fondato una delle prime comunità durante i suoi viaggi in Occidente e la sua missione nel continente europeo. È stato in Grecia che è cominciato il dialogo fra messaggio cristiano e cultura ellenistica, un dialogo che ha contribuito in maniera decisiva alle radici cristiane della civiltà europea.

"Queste de' Teucri eran le veglie, ma non degli Achei i cui cuori erano incerti nei petti" (cfr. Iliade, libro IX, 1). Di recente, si è riconosciuto sempre più che anche i nostri cuori sono incerti nei petti, in particolare nell'affrontare l'emergere di numerose minacce nell'OSCE e il venir meno della fiducia fra gli Stati partecipanti. È proprio il riconoscimento di queste realtà che ha portato al Processo di Corfù e alle riflessioni degli ultimi sei mesi su questioni riguardanti la sicurezza da Vancouver a Vladivostok nel ventunesimo secolo. La Santa Sede apprezza l'opportunità di affrontare tali questioni in modo sistematico e loda la Presidenza Greca per gli sforzi compiuti a tale proposito.

A settembre di quest'anno, la famiglia umana ha tristemente ricordato il settantesimo anniversario dell'inizio della Seconda guerra mondiale, sottolineando la necessità di mantenere vivo nella memoria il conflitto più sanguinoso del ventesimo secolo affinché non si ripeta più. In quell'occasione Papa Benedetto XVI ha affermato: "La memoria di questi eventi ci spinga a pregare per le vittime e per coloro che ancora ne portano le ferite nel corpo e nel cuore; sia inoltre monito per tutti a non ripetere tale barbarie e ad intensificare gli sforzi per costruire nel nostro tempo, segnato ancora da conflitti e contrapposizioni, una pace duratura, trasmettendo, soprattutto alle nuove generazioni, una cultura e uno stile di vita improntati all'amore, alla solidarietà e alla stima per l'altro". Inoltre, il Papa sottolinea che la religione dovrebbe promuovere la pace e la lotta al razzismo e al totalitarismo. "L'apporto che le Religioni possono e devono dare è particolarmente importante nel promuovere il perdono e la riconciliazione contro la violenza, il razzismo, il totalitarismo e l'estremismo che deturpano l'immagine del Creatore nell'uomo" ha detto. (Angelus, 6 settembre 2009, Viterbo).

Menziono queste osservazioni di Papa Benedetto perché risuonano così bene nel quadro degli impegni dell'OSCE. La ricerca della sicurezza e della cooperazione in Europa è uno sforzo permanente e difficile, che, date le sempre mutevoli tendenze politiche, economiche e culturali, si deve basare su valori e principi autentici e immutabili che garantiscano la promozione e la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, indipendentemente dalle sfide che dovremo affrontare. Il Concept Paper analitico sul Programma della Presidenza Greca 2009 ha espresso bene questo concetto: "L'OSCE può e dovrebbe essere all'altezza del suo pieno potenziale, fungendo da perno di stabilità per rapporti intra e inter-statali, e da luogo in cui tutti gli attori della sicurezza d'Europa possano riunirsi per cooperare per un futuro più luminoso".

2. Dimensione politico-militare. A proposito della dimensione politico-militare dell'OSCE, la mia Delegazione desidera associarsi a coloro che, durante i dibattiti del Processo di Corfù, guardano con preoccupazione ai numerosi focolai di crisi nella regione dell'OSCE, che causano instabilità e insicurezza.

Purtroppo, bisogna ammettere che l'OSCE, nonostante i suoi strumenti notevoli, non è sempre riuscita a evitare queste crisi. Per tale motivo la Santa Sede loda le iniziative della Presidenza Greca, alla quale va il nostro pieno sostegno, tese a rafforzare il funzionamento di questi strumenti nonché i meccanismi disponibili per la prevenzione del conflitto e per la riabilitazione post-conflitto. Accogliamo e apprezziamo il Processo di Corfù in corso e speriamo che prosegua in modo costruttivo per rinnovare e migliorare l'efficacia dell'OSCE.

In particolare, il Documento del 1993 su "Misure di stabilizzazione per situazioni di crisi localizzate" nonché i vari documenti sulla "riduzione del rischio" sono di certo ancora validi. È ora di tornare a essere fiduciosi e di ricorrere ai ricchi strumenti diplomatici disponibili.

Un contributo degno di nota in questo senso è offerto dal Forum di Cooperazione per la Sicurezza (FSC), in particolare nel contesto del Dialogo sulla Sicurezza, in cui si discute senza reticenza di aree problematiche.

Il Forum custodisce importanti acquisizioni nel campo del controllo degli armamenti e delle misure di creazione di fiducia e di sicurezza che, se applicate senza riserve e in buona fede, cosa che non sempre è accaduta, sono uno strumento potente per garantire stabilità e sicurezza.

A questo proposito, la Santa Sede è consapevole del fatto che in molti Stati partecipanti sono in corso numerose iniziative tese a rendere questi strumenti più efficaci e più adeguati a sviluppi di minacce alla stabilità e alla sicurezza. Speriamo che queste iniziative rechino frutti.

La Decisione sulle attività del Forum presentate al Consiglio Ministeriale per l'approvazione contiene un elenco dettagliato dei campi di azione ai quali si dovrebbe prestare attenzione. È un ulteriore colpo di fortuna che la Grecia assuma la Presidenza del Forum per la Sicurezza nella prima parte del prossimo anno.

3. Conflitti protratti. Purtroppo, guerre dimenticate e ostilità protratte continuano a causare morti e danni, spesso nel silenzio e nella noncuranza di settori considerevoli dell'opinione pubblica. Conflitti protratti o congelati portano soltanto al protrarsi della sofferenza dei civili, in particolare quando il conflitto è prolungato con sanzioni economiche o quando gli obiettivi militari sono esauriti o inaccessibili alle forze aeree. In breve, strumenti limitati, applicati per un lungo periodo, produrranno spesso conseguenze disastrose e, nello stesso tempo, sortiranno risultati scarsi e prometteranno un conflitto senza una fine prevedibile.

L'azione futura dell'OSCE dovrà necessariamente implicare un serio impegno per risolvere i conflitti protratti nel tempo. Segnali deboli, ma positivi, provengono da alcune delle aree di questi conflitti protratti.

Secondo la Santa Sede, l'OSCE è in una buona posizione per invitare i protagonisti di questi conflitti a impegnarsi nel dialogo, a seguire la via dei negoziati e a soppesare le proporzioni fra i rimedi volti a eliminare un male e le conseguenze umanitarie negative.

Non ci sarà pace sulla terra se perdureranno l'oppressione dei popoli, le ingiustizie e gli squilibri economici, che esistono ancora. Tuttavia, affinché si verifichino i desiderati cambiamenti, iniziative e interventi esterni non sono sufficienti. Serve soprattutto una conversione comune alla pace, una pace fondata su solidi pilastri di amore e giustizia, verità e libertà.

4. Dimensione economica e ambientale. I dibattiti del Processo di Corfù hanno rivelato la centralità del tema della migrazione sull'agenda dell'OSCE per i prossimi anni. Ora i migranti sono una sentita priorità da parte della comunità internazionale. La varietà di movimenti migratori nel mondo ha sempre più catturato l'attenzione di organizzazioni internazionali e di Stati: lavoratori migranti temporanei o permanenti, rifugiati, richiedenti asilo, persone dislocate internamente, donne, uomini e bambini vittime di traffici nonché personale trasferito di compagnie multinazionali. Emergono nuove categorie composte da persone dislocate all'interno dei propri Paesi o lungo i confini, costrette a spostarsi a causa del degrado ambientale, di certi tipi di progetti di sviluppo e, forse, perfino di conseguenze del cambiamento climatico. Attualmente, secondo le stime, più di duecento milioni di persone nel mondo vivono e lavorano in Paesi diversi da quello in cui sono nati o di cui erano cittadini. Fra loro vi sono novanta milioni di lavoratori. Se a tutto ciò si aggiunge l'influenza dell'attuale collasso economico e finanziario mondiale, emergono connessioni ovvie fra politiche migratorie e sicurezza.

Comunque, vi sono due importanti temi della migrazione contemporanea che non vengono adeguatamente discussi e considerati nell'elaborazione delle politiche:  le vittime dei flussi migratori e la priorità che le persone hanno sull'economia. L'intero sistema di tutela e di diritti umani non può essere relegato a un secondario ruolo di sostegno. Invece, deve servire, come inteso, ad assicurare che la dignità di tutte le persone umane abbia la precedenza.

Le attuali tendenze politiche appaiono chiare e tendenti a rispondere a più emotive e accese esigenze dell'opinione pubblica di controllo e di integrazione. Tuttavia, i vantaggi concreti accettati attraverso l'accoglienza di immigrati sono spesso offuscati da un atteggiamento ambivalente nei mezzi di comunicazione sociale e nell'opinione pubblica, che permettono generalizzazioni stereotipanti e negative dei nuovi arrivati. A lungo termine, la correttezza nel riconoscere il contributo degli immigrati deriverà solo da un approccio globale che comprenda tutte le componenti politiche, ossia i diritti dello Stato e della comunità ospite, dei migranti e delle loro famiglie, del bene comune internazionale.

In questo contesto, c'è un crescente consenso sull'importanza di tale approccio inclusivo e sulla necessità di prestare maggiore attenzione ai migranti stessi e non solo al loro ruolo economico di forza lavoro o di coloni permanenti. In tale ambito, il ricongiungimento familiare deve essere una considerazione primaria. La famiglia svolge un ruolo fondamentale nel processo di integrazione, nel dare stabilità alla presenza degli immigrati nel nuovo ambiente sociale e perfino nelle dinamiche di migrazione temporanea. La Chiesa cattolica, come di fatto tutte le tradizioni religiose, vedono i migranti in primo luogo come esseri umani e solo poi come cittadini, ospiti o agenti economici e culturali, che apportano un arricchimento alle nostre società.

Infine, l'educazione può svolgere un ruolo importante. I migranti, consapevoli dei propri diritti, possono essere più sicuri nell'offrire i propri servizi e i propri talenti e la comunità ospite, ben informata e rispettosa di tali diritti, si sentirà più libera di estendere la sua solidarietà per edificare insieme un futuro comune.

5. Dimensione umana. I dibattiti nel quadro del Processo di Corfù hanno sottolineato che nell'acquis che l'OSCE ha elaborato per sé nel corso degli anni sono contenuti impegni importanti a favore della difesa delle libertà fondamentali e dei diritti umani, del diritto allo sviluppo umano integrale, e il sostegno al diritto internazionale e alle istituzioni globali. È la dignità della persona umana che motiva il desiderio della nostra Organizzazione di operare per la concreta realizzazione di tutti i diritti umani.

Fra queste libertà fondamentali c'è il diritto alla libertà di religione. Il diritto alla libertà religiosa, nonostante sia ripetutamente proclamato dalla comunità internazionale nonché nelle Costituzioni della maggior parte degli Stati, continua a essere ampiamente violato oggi. Purtroppo, non c'è religione sul pianeta che sia libera dalla discriminazione. Atti di intolleranza e violazioni della libertà religiosa, continuano a essere perpetrati sotto numerose forme. Infatti, sempre più casi vengono sottoposti all'attenzione dei tribunali o degli organismi internazionali per i diritti umani.

Con l'aumento dell'intolleranza religiosa nel mondo, è ben documentato che i cristiani costituiscono il gruppo religioso più discriminato in quanto più di duecento milioni di loro, di differenti confessioni, potrebbero trovarsi in situazioni di difficoltà a causa di strutture legali e culturali che li portano a essere discriminati.

Papa Benedetto XVI ha deplorato questa situazione affermando:  "Parlando in particolare dei cristiani, debbo rilevare con dolore che essi non soltanto sono a volte impediti a professare liberamente e in pubblico la loro fede; in alcuni Stati sono addirittura perseguitati, ed anche di recente si sono dovuti registrare tragici episodi di efferata violenza" (Messaggio in occasione della Giornata della Pace 2007, n. 5). La Tavola Rotonda sul tema Intolleranza e Discriminazione contro i Cristiani, svoltasi a Vienna a marzo 2009, è stato un evento positivo e lusinghiero e ha rivelato la possibilità di un dialogo costruttivo verso la comprensione reciproca e il rispetto fra cristiani, membri di altre religioni e non credenti. Si auspica una prossima verifica della Tavola Rotonda.

La mia Delegazione desidera ricordare la Decisione di Bucarest del 2001 sulla Lotta al Terrorismo in cui gli Stati partecipanti "rifiutano fermamente l'identificazione del terrorismo con la religione". Infatti, le comunità religiose non dovrebbero essere considerate come fonte di conflitti sociali o culturali, ma come un fattore importante di promozione della pace, comprensione reciproca e valori umani comuni.

6. Conclusione. Alla fine del suo viaggio Ulisse arriva a casa, ma viene coinvolto in una nuova battaglia. Tuttavia, in un momento cruciale, Atena grida:  "Cittadini d'Itaca, fine all'aspra guerra, il campo lasciate tosto, e non più sangue! Infine fate la pace! Fermate la grande livellatrice - la guerra!". Che cosa fece Ulisse? "Obbedì Ulisse e s'allegrò nell'alma. Ma eterno poi tra le due parti accordo la figlia strinse dell'Egìoco Giove" (cfr. Odissea, libro XXIV, 673-674, 692-694).

La Santa Sede è convinta della validità dell'ideale incarnato nell'Atto Finale di Helsinki di circa trent'anni fa. Poiché i dibattiti nell'ambito del Processo di Corfù continueranno il prossimo anno, sotto la guida della Presidenza Kazaka, alla quale accordiamo il nostro sostegno, è anche mio desiderio che il profetico Atto Finale di Helsinki contribuisca a garantire la pace non solo per tutti i prossimi anni, ma anche geograficamente "da Vancouver a Vladivostok".  

 

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