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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
ALLA 48ª SESSIONE DEL COMITATO PERMANENTE
DEL COMITATO ESECUTIVO DEL PROGRAMMA
DELL'ALTO COMMISSARIO DELLE NAZIONI UNITE
PER I RIFUGIATI (UNHCR)

INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
ED ISTITUZIONI SPECIALIZZATE

Ginevra
Martedì
, 22 giugno 2010

 

Presidente,

La Delegazione della Santa Sede sostiene lo sforzo intenso compiuto dall'UNHCR per evidenziare, perfezionare e promuovere la priorità di estendere un aumento nella tutela dei rifugiati e delle persone che rientrano nella sua area di competenza. Sebbene ad alcune sensibilità politiche appaia come una controtendenza, si tratta di una risposta opportuna perché i conflitti hanno provocato lo spostamento di un crescente numero di persone e il ritorno forzato di potenziali richiedenti asilo sono la prova che esiste un difficile ambiente politico per le persone sradicate. Le ultime statistiche indicano che il movimento involontario di persone in tutto il mondo prosegue. Il numero di persone a cui l'UNHCR si interessa è aumentato fino a raggiungere 43,3 milioni in tutto il mondo nel 2009, il numero più alto dagli anni novanta. Segni dell'attuale instabilità e del mutamento, per esempio, sono il numero record di sfollati in Colombia che ha raggiunto i 4,9 milioni alla fine del 2009 e la nuova grande ondata di rifugiati dal Kyrgyzstan. Di fronte a certe cifre e alla sofferenza delle persone che sono dietro le statistiche, la giusta linea d'azione consiste nel proseguire il processo di ampliamento delle categorie di persone da proteggere, che la comunità internazionale ha progressivamente incluso nel mandato dell'UNHCR Fra le nuove categorie per le quali possono essere elaborati provvedimenti sono stati giustamente evidenziati i flussi misti, le persone dislocate internamente e i rifugiati urbani. La crescente attenzione prestata agli sfollati si muove in questa positiva direzione generale. Ora che più del 50 per cento della popolazione mondiale vive in aree urbane, non sorprende che i rifugiati seguano la stessa tendenza e si spostino nelle città in numero maggiore, costituendo sfide specifiche per la loro tutela, dalla registrazione dei figli alla nascita per evitare l'apolidia alle possibilità occupazionali, all'accesso all'istruzione e alla residenza legale. I "boat people" di oggi, provenienti dall'Africa, dall'Asia e da qualsiasi altro luogo, non possono semplicemente essere rimandati indietro al porto di partenza come se tenere la loro presenza a distanza fosse una soluzione reale. Nello stesso modo, è inappropriato il ricorso automatico alla detenzione di potenziali rifugiati e richiedenti asilo, spesso in condizioni spaventose.

È necessaria una combinazione di sicurezza, rispetto per la dignità e per i diritti umani. Per sostenere questa combinazione, è necessario uno sforzo rinnovato per impedire la dislocazione forzata prima ancora che cominci e per anticipare eventi che potrebbero scatenare questioni di protezione.

Ugualmente importante è mantenere un forte consenso internazionale sul regime di protezione che si fonda sul diritto internazionale in un momento in cui attori non statali agiscono fuori dalle regole. In definitiva, la protezione è un impegno etico che sottende l'azione concreta e ne è fondamento. La responsabilità che abbiamo verso i gruppi vulnerabili della nostra unica famiglia umana suggerisce risposte adeguate per porre rimedio alla violazione dei diritti e per assistere le vittime. Lo stesso senso di coesione deve spingere gli Stati a tradurre in appropriati servizi di protezione gli impegni che hanno assunto. In ultima analisi non si può affermare che uno Stato ha adempiuto la sua responsabilità quando alcune persone ad esso affidate vengono lasciate in uno stato di indigenza. È un segno certamente lodevole e incoraggiante il fatto che, nonostante l'enorme difficoltà che l'attuale crisi economica e finanziaria ha prodotto, i contributi offerti per i rifugiati siano aumentati. Una cultura d'interazione umana amichevole nel nostro mondo globalizzato può alimentare ulteriore solidarietà.

Il ruolo dei mezzi d comunicazione sociale nel promuovere una percezione positiva delle persone dislocate forzatamente, un'indicazione corretta delle cause reali di questa dislocazione e un senso di solidarietà giusto e realistico possono contrastare la disinformazione e la manipolazione politica delle paure di culture e persone sconosciute. Possono mostrare, invece, che i rifugiati e le persone forzatamente dislocate hanno qualità e capacità da offrire nonché il vantaggio di edificare insieme un futuro comune.

Presidente,

in conclusione, mi permetta di citare le parole di Papa Benedetto XVI in occasione della Giornata Mondiale per i Rifugiati del 2010: "I rifugiati desiderano trovare accoglienza ed essere riconosciuti nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali; nello stesso tempo, intendono offrire il proprio contributo alla società che li accetta. Preghiamo affinché, in una giusta reciprocità, venga fornita una risposta adeguata a queste aspettative e che i rifugiati mostrino il rispetto che nutrono per l'identità della comunità che li riceve".

 

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