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65a  SESSIONE DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO DOMINIQUE MAMBERTI,
SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI

New York
Mercoledì, 29 settembre 2010

 

Signor Presidente,

a nome della Santa Sede, sono lieto di formularle le più vive felicitazioni per la sua elezione alla Presidenza di questa sessantacinquesima sessione dell'Assemblea generale e anche i voti migliori per il felice compimento della sua missione. In questo nuovo periodo di lavoro dell'Assemblea generale, la Santa Sede desidera offrirle la sua sincera collaborazione per affrontare le numerose sfide che la Comunità internazionale deve affrontare.

Dal 1945, ogni anno nella sede delle Nazioni Unite a New York arrivano capi di Stato o di Governo e ministri degli Affari Esteri di tutti i continenti, per esaminare insieme le risposte da dare alle grandi questioni relative alla gestione comune degli affari mondiali, specialmente in materia di pace, di sicurezza collettiva, di disarmo, di difesa dei diritti dell'uomo, di cooperazione allo sviluppo e di tutela dell'ambiente.

I sessantacinque anni di vita dell'ONU sono già di per sé un evento storico unico, specialmente se li si confronta con l'annientamento delle speranze riposte nelle Conferenze di Pace all'inizio del xx secolo, e poi nella Società delle Nazioni. La presenza stessa delle Nazioni Unite dimostra che l'umanità ha saputo trovare nell'organizzazione una risposta ai terribili drammi delle due guerre mondiali. Malgrado le imperfezioni delle sue strutture e del suo funzionamento, l'ONU ha cercato di apportare soluzioni ai problemi internazionali di carattere economico, sociale, culturale e umanitario, sforzandosi di compiere il mandato che le è stato affidato dall'articolo 1 della Carta, ossia: costituire un centro per il coordinamento dell'attività delle Nazioni in vista del mantenimento della pace e delle relazioni amichevoli fra i popoli (cfr. Carta delle Nazioni Unite, art. 1.2-1.4).

Il dialogo fra i rappresentanti delle Nazioni, che si rinnova ogni anno in tutte le sessioni dell'Assemblea generale e che resta aperto e vivo negli altri organi e nelle agenzie della "famiglia dell'ONU", è stato lo strumento fondamentale per compiere tale mandato.

A volte questo dialogo è stato, più che altro, un confronto tra ideologie opposte e posizioni inconciliabili; ciononostante le Nazioni Unite sono divenute un elemento insostituibile nella vita dei popoli e nella ricerca di un futuro migliore per tutti gli abitanti della terra. Per questo l'ONU è oggetto di grande attenzione da parte della Santa Sede e della Chiesa Cattolica, come hanno dimostrato le visite dei Papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

È in questa prospettiva di un dialogo internazionale fecondo, realizzato soprattutto nel corso delle delibere e dei dibattiti che si sono tenuti in quest'aula, che vorrei ricordare alcuni sviluppi importanti relativi alla pace e alla sicurezza mondiale, verificatisi nel corso della sessantaquattresima sessione delle Nazioni Unite.

Innanzitutto la Santa Sede saluta l'entrata in vigore, il 1° agosto scorso, della Convenzione sul bando delle munizioni a grappolo. Tale strumento, che la Santa Sede è stata tra i primi a ratificare, rappresenta in effetti un risultato importante per un multilateralismo basato sulla cooperazione costruttiva fra i Governi e la società civile, e anche sul legame fra il diritto umanitario e i diritti dell'uomo. Un tale risultato è stato reso possibile proprio dallo spirito di collaborazione che anima i diversi attori internazionali e che è cresciuto negli ultimi sessantacinque anni.

Un altro importante risultato del dialogo internazionale è stata la conclusione positiva nel maggio scorso dell'VIII Conferenza di Esame del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, con la pubblicazione di un documento consensuale che prevede varie azioni collegate ai tre pilastri del Trattato: il disarmo nucleare, la non proliferazione delle armi nucleari e l'utilizzo pacifico dell'energia nucleare. Tra queste azioni spicca, come importante segno di speranza, la decisione di convocare entro il 2012 una Conferenza per un Medio Oriente libero dalle armi nucleari e dalle altre armi di distruzione di massa.

Sempre in materia di pace, di disarmo e di sicurezza collettiva, merita anche di essere ricordato lo svolgimento, lo scorso luglio a New York, della prima sessione del Comitato Preparatorio della Conferenza sul Trattato sul commercio delle armi, prevista per il 2012. Questa Conferenza dovrà elaborare uno strumento giuridicamente vincolante "che stabilisca le norme internazionali più restrittive possibili" sul trasferimento delle armi convenzionali. Dall'incontro è emerso che il processo avviato sul Trattato è ora condiviso da tutti gli Stati, consapevoli della necessità di regolamentare giuridicamente il commercio delle armi, per motivi di pace, di tutela umanitaria e anche di sviluppo sociale ed economico. Il dibattito in questa sessione dell'Assemblea generale può a sua volta dare un importante contributo in vista della Conferenza del 2012.

Nel contesto di un riuscito spirito di dialogo internazionale, occorre anche congratularsi per la firma del Trattato "New Start", tra gli Stati Uniti e la Federazione Russa, sull'ulteriore riduzione e sulla limitazione delle armi strategiche offensive. Questa firma costituisce un passo avanti nelle relazioni fra le potenze nucleari, e la Santa Sede spera che aprirà altre prospettive e condurrà in futuro a riduzioni sostanziali. In tale ottica, nel corso della presente sessione dell'Assemblea generale si è tenuto un Incontro di Alto Livello sul disarmo, che è stato molto utile per discutere su come dare una nuova vita alla Conferenza sul disarmo e per continuare a costruire un consenso sulle grandi sfide del disarmo, in particolare il Trattato di bando complessivo dei test nucleari (CTBT) e il Trattato per lo smaltimento del materiale fissile (FMCT). Si deve continuare a fare tutto il possibile per arrivare a un mondo libero dalle armi nucleari. Si tratta di un obiettivo irrinunciabile, sebbene complesso e difficile da raggiungere e la Santa Sede sostiene ogni sforzo compiuto in tal senso.

Nel corso della precedente sessione dell'Assemblea generale, l'ONU ha pagato un tributo senza precedenti alla pace e alla cooperazione internazionale a Haiti, dove durante il terremoto del 12 gennaio 2010 sono morti il Capo e il Vice-Capo Missione delle Nazioni Unite, l'Ambasciatore Hédi Annabi e il Dott. Luiz Carlos da Costa, insieme con altri 82 funzionari civili e membri delle forze di pace. A nome del Santo Padre vorrei porgere nuovamente sentite condoglianze al Segretario generale e alle autorità nazionali delle persone decedute, e anche ai loro colleghi e alle loro famiglie. Il loro sacrificio deve diventare un rinnovato stimolo all'impegno globale per il mantenimento della pace.

La Santa Sede ha sempre riconosciuto e apprezzato l'azione svolta dalle forze di pace, e io desidero rinnovare qui tale apprezzamento per le missioni compiute durante la sessione precedente dell'Assemblea generale. Il notevole aumento delle richieste d'intervento in questi ultimi anni, da una parte mostra l'accresciuta fiducia nell'azione dell'ONU in cooperazione con le organizzazioni regionali, ma dall'altra sottolinea l'importanza di un ruolo sempre maggiore dell'ONU e delle organizzazioni regionali nella diplomazia preventiva. Nello stesso tempo, resta fondamentale l'azione della Commissione di Consolidamento della Pace per ricomporre il tessuto sociale, giuridico ed economico distrutto dalla guerra ed evitare il ripetersi dei conflitti. Le iniziative di prevenzione dei conflitti, di risoluzione pacifica degli stessi, di separazione dei belligeranti e di ricostruzione meritano il generoso appoggio politico ed economico di tutti i membri delle Nazioni Unite. Il sostegno di tutti costituirebbe un'eloquente manifestazione di fiducia in un destino solidale dell'umanità.

Se si può pensare che l'elaborazione normativa del disarmo e della non proliferazione delle armi presenti segni di progresso, di contro non mancano motivi di preoccupazione riguardo all'insieme delle sfide legate alla sicurezza globale e alla pace. Innanzitutto le spese militari mondiali continuano a essere eccessivamente alte e addirittura ad aumentare. Rimane sempre il problema dell'esercizio del legittimo diritto degli Stati a uno sviluppo pacifico del nucleare, compatibile con un effettivo controllo internazionale della non proliferazione. La Santa Sede incoraggia tutte le parti coinvolte nella composizione delle diverse controversie in atto, specialmente quelle riguardanti la Penisola Coreana e il Golfo Persico e le aree adiacenti, ad approfondire un dialogo sincero che sappia conciliare armoniosamente i diritti di tutte le Nazioni interessate.

Le recenti terribili calamità naturali in Pakistan si aggiungono alle difficoltà causate dai confitti che affliggono la regione. Alla risposta umanitaria, che deve essere generosa, e alle altre misure congiunturali, si deve unire uno sforzo di comprensione reciproca e di approfondimento delle cause delle ostilità.

Nello stesso modo il dialogo sincero, la fiducia e la generosità nel saper rinunciare a interessi circostanziali o a breve termine sono il cammino per una soluzione duratura del conflitto tra lo Stato d'Israele e i Palestinesi. Il dialogo e la comprensione fra le diverse parti coinvolte è anche l'unica via per la riconciliazione, ad esempio, in Iraq e nel Myanmar, come pure per il superamento delle difficoltà etniche e culturali in Asia Centrale, nelle regioni del Caucaso e per placare le tensioni ricorrenti in Africa, specialmente in Sudan, alla vigilia di scadenze decisive.

Nella maggior parte di questi conflitti entra in gioco una componente economica importante. Un miglioramento sostanziale delle condizioni di vita della popolazione palestinese e degli altri popoli che vivono situazioni di guerra civile o regionale apporterà certamente un contributo essenziale per far sì che l'opposizione violenta si trasformi in un dialogo sereno e paziente.

Signor Presidente,
qualche giorno fa si è svolto in questo luogo l'Evento di Alto Livello sugli Obiettivi del Millennio. Tutti gli Stati dell'ONU si sono di nuovo impegnati solennemente a compiere ogni sforzo necessario per raggiungere entro il 2015 tali Obiettivi. La Santa Sede non può non rallegrarsi della reiterata volontà di sradicare la povertà e auspica che essa sia portata a termine con determinazione. È importante sottolineare, tuttavia, che non si arriverà a tali obiettivi se mancherà l'attuazione di due grandi imperativi morali. Da una parte è necessario che i Paesi ricchi ed emergenti adempiano pienamente al loro impegno di aiuto allo sviluppo, che creino e facciano funzionare, immediatamente, un quadro finanziario e commerciale decisamente favorevole ai Paesi più deboli.

Dall'altra, tutti, poveri e ricchi, devono assicurare una svolta etica della politica e dell'economia, che garantisca il buon governo e sradichi ogni forma di corruzione. Altrimenti si rischia di arrivare al 2015 con risultati insufficienti, con l'eccezione forse, ma ciò sarebbe triste e paradossale, degli ambiti del controllo demografico e della promozione di stili di vita minoritari, introdotti in alcuni paragrafi del Documento del recente Vertice. In tal caso, gli Obiettivi del Millennio sarebbero diventati una frode vera e propria allo sviluppo umano integrale dei popoli.

Per quel che riguarda l'ambiente - che costituisce anche il punto n. 7 degli Obiettivi del Millennio - la partecipazione di oltre 115 capi di Stato e di Governo alla Conferenza degli Stati-membri alla Convenzione sui Cambiamenti climatici, che si è tenuta a Copenaghen nel dicembre 2009, ha mostrato l'interesse e l'importanza di un tema così complesso come quello del clima nell'agenda internazionale. La questione, come è noto, chiama in causa aspetti non solo scientifico-ambientali, ma anche socio-economici ed etici. La Santa Sede auspica che nella prossima Sessione della Conferenza degli Stati-membri sia presa una decisione politica che renda più concreti i negoziati su un accordo giuridicamente vincolante. Al centro del dibattito vi è l'organizzazione di un modello di sviluppo basato su un nuovo sistema energetico. Tuttavia, è importante ricordare l'elemento etico che sottende la questione. Non si tratta soltanto di arrivare a un mondo meno dipendente dai combustibili fossili e più ancorato all'efficienza energetica e alle energie alternative, ma anche di modificare comportamenti di consumo sfrenato e irresponsabile. Come la mia Delegazione ha spesso osservato a proposito degli Obiettivi del Millennio, sono questi comportamenti, e non la crescita della popolazione e il miglioramento delle condizioni di vita dei Paesi meno sviluppati a esercitare una più grande e insostenibile pressione sulle risorse e sull'ambiente.

I risultati positivi che la Comunità Internazionale ha ottenuto nel corso della precedente sessione dell'Assemblea generale, come pure il bene innegabile che l'Organizzazione delle Nazioni Unite rappresenta per tutta l'umanità, non si sarebbero potuti ottenere senza il dialogo tra i Governi, al quale si aggiungono con sempre più forza ed efficacia gli interlocutori della società civile. Tale dialogo, per essere sincero e pienamente efficace, deve però essere veramente dia-logos, scambio di saggezza e saggezza condivisa. Dialogo non significa solo ascoltare le pretese e gli interessi delle altre parti e cercare di trovare compromessi. Esso deve anche passare rapidamente dallo scambio di parole e dalla ricerca dell'equilibrio tra interessi contrapposti a una vera condivisione della saggezza in vista del bene comune.

È proprio per questo che l'articolo 1 della Carta dell'ONU collega la promozione dei diritti dell'uomo alla difesa della pace, alla composizione delle controversie e alla soluzione dei problemi internazionali di carattere economico. Le Nazioni non sono entità a sé stanti, indipendenti dalle persone che le compongono. Di conseguenza, l'interesse nazionale fondamentale di tutti i Governi deve essere la creazione e il mantenimento delle condizioni necessarie per sviluppare pienamente il bene integrale - materiale e spirituale - di ogni abitante della loro Nazione. Per questo il rispetto e la promozione dei diritti dell'uomo sono l'obiettivo ultimo del dialogo e delle questioni internazionali e al tempo stesso condizione indispensabile per un dialogo sincero e fecondo tra le Nazioni.

La Santa Sede segue perciò con attenzione l'attività del Terzo Comitato dell'Assemblea generale e del Consiglio dei Diritti dell'uomo, come pure l'azione dell'Alto Commissariato per i Diritti dell'Uomo, e questo intervento nel dibattito generale costituisce per me anche l'occasione per esprimere il nostro sostegno all'Alto Commissariato per i Rifugiati e a tutti gli organismi e le agenzie specializzate che lavorano nel vasto campo dei diritti dell'uomo e del diritto umanitario, come, ad esempio, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezza Luna Rossa. In tal senso la Santa Sede considera motivi di speranza anche i progressi, sebbene lenti, nei dibattiti sul principio di "Responsabilità di proteggere" e sulla risoluzione in merito, approvata per consenso nel settembre 2009. Manca invece ancora una attenzione decisa ed efficace per i problemi dei rifugiati, degli sfollati e dei grandi movimenti migratori.

La storia stessa dello sviluppo dei diritti dell'uomo dimostra che il rispetto della libertà religiosa, che comprende il diritto di esprimere pubblicamente la propria fede e di diffonderla, è la pietra fondamentale di tutto l'edificio dei diritti dell'uomo. In effetti, se tale libertà manca, viene anche a mancare il riconoscimento della dimensione trascendente di ogni persona umana, che presuppone una dignità anteriore e superiore al suo riconoscimento politico e normativo e che crea un ambito di libertà e di responsabilità incoercibile. Se manca la libertà religiosa, pertanto, tutti i diritti umani corrono il rischio di diventare concessioni del Governo o al massimo, il risultato di un equilibrio delle forze sociali, essenzialmente variabile per natura, perché non ha come unico fondamento l'equilibrio o l'accordo stesso.

Come ricordava Papa Benedetto XVI nel suo intervento in questa aula il 18 aprile 2008, "la fondazione delle Nazioni Unite ... coincise con il profondo sdegno sperimentato dall'umanità quando fu abbandonato il riferimento al significato della trascendenza e della ragione naturale, e conseguentemente furono gravemente violate la libertà e la dignità dell'uomo. Quando ciò accade, sono minacciati i fondamenti oggettivi dei valori che ispirano e governano l'ordine internazionale e sono minati alla base quei principi cogenti ed inviolabili formulati e consolidati dalle Nazioni Unite". Perciò, sempre secondo le parole del Papa, "... quando si è di fronte a nuove ed insistenti sfide, è un errore ritornare indietro ad un approccio pragmatico, limitato a determinare "un terreno comune", minimale nei contenuti e debole nei suoi effetti".

Signor Presidente,
al di là delle critiche dell'opinione pubblica riguardo alla macchinosità e alla mancanza di efficacia dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, si constata una consapevolezza universalmente condivisa della sua necessità, come pure un sentimento universale di gratitudine verso l'azione che ha condotto e continua a condurre, perché tutti comprendono che essa costituisce, attraverso la molteplicità dei suoi organi, un foro indispensabile per il dialogo e per l'intesa fra le Nazioni. La garanzia più grande del fatto che l'Organizzazione delle Nazioni Unite continuerà a compiere la sua missione storica di mantenere uniti e di coordinare tutti gli Stati in vista degli obiettivi comuni della pace, della sicurezza e di uno sviluppo umano integrale per tutti, sarà costituita da un riferimento constante alla dignità di tutti gli uomini e le donne, e dal suo rispetto effettivo, a cominciare dal diritto alla vita - anche dei più deboli come i malati in fase terminale e i nascituri - e alla libertà religiosa.

 

 

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