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INTERVENTO DI S.E. MONS. DOMINIQUE MAMBERTI,
SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI

La libertà religiosa: un obiettivo ed un impegno comune

Palazzo Borromeo
Giovedì, 29 marzo 2012

 

Eminenza,
Eccellenze,
Egregi Signore e Signori,

Vorrei cogliere l’occasione di quest’incontro anzitutto per ringraziare il Ministro italiano degli Esteri, Sua Eccellenza Giulio Terzi di Sant’Agata, e il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, per l’apprezzata iniziativa dell’istituzione di un Osservatorio per la libertà religiosa. In non pochi Paesi del mondo tale diritto fondamentale viene gravemente violato. I recenti attacchi contro i Cristiani in Nigeria, ad esempio, dimostrano la brutalità con cui uomini e donne vengono minacciati solo per il loro desiderio di professare liberamente il proprio credo. L’Osservatorio per la libertà religiosa intende difendere i diritti degli appartenenti a qualsiasi religione. Così facendo non sarà solo uno strumento per combattere aggressività e violenza, ma anche un essenziale contributo per la tutela del bene comune, per la promozione della pace e per il rafforzamento della coesione sociale.

Negli ultimi giorni ho avuto la grande di gioia di accompagnare il Santo Padre durante il suo Viaggio Apostolico in Messico e in Cuba. Sono stato profondamente impressionato dall’affetto dei fedeli per il successore di Pietro e dalla loro autentica religiosità, che si esprime anche in una viva devozione popolare. Credo che Cuba sia un Paese dove si inizia a percepire come il rispetto della libertà religiosa, aprendo ad una maggiore libertà per la Chiesa, di riflesso ne favorisce l’azione di responsabilizzazione e di formazione dei cittadini, a beneficio dello sviluppo del Paese e del bene comune. Proprio in questo senso il Santo Padre ha parlato ieri, durante la Santa Messa, sulla piazza centrale dell’Avana: “Il diritto alla libertà religiosa, sia nella sua dimensione individuale sia in quella comunitaria, manifesta l'unità della persona umana che è, nel medesimo tempo, cittadino e credente. Legittima anche che i credenti offrano un contributo all'edificazione della società. Il suo rafforzamento consolida la convivenza, alimenta la speranza in un mondo migliore, crea condizioni propizie per la pace e per lo sviluppo armonioso e, contemporaneamente, stabilisce basi solide sulle quali assicurare i diritti delle generazioni future.”[1]

Più in generale, per quanto riguarda il tema del nostro incontro, sappiamo che Papa Benedetto XVI ha dedicato proprio ad esso il suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2011. Interpretando la dichiarazione “Dignitatis humanae” del Concilio Vaticano II, il Santo Padre ha riaffermato la nozione di libertà religiosa come immunità dalla coercizione esteriore dello Stato. Ma nel Messaggio Egli ha voluto insistere pure su un secondo elemento, certamente non nuovo e collegato inscindibilmente con il primo. La libertà religiosa “va intesa non solo come immunità dalla coercizione, ma prima ancora come capacità di ordinare le proprie scelte secondo la verità”[2]. Da un punto di vista filosofico, l’analisi di che cos’è la persona viene “prima” delle soluzioni giuridiche per la persona stessa. La persona è ordinata alla verità ed è dotata di libertà per la verità. Il libero arbitrio consente certamente il cattivo uso della libertà, contro la verità e addirittura contro Dio. Ma in questo caso, spiega Benedetto XVI, la libertà erode il suo stesso fondamento. “Una libertà nemica o indifferente verso Dio finisce col negare se stessa e non garantisce il pieno rispetto dell’altro. Una volontà che si crede radicalmente incapace di ricercare la verità e il bene non ha ragioni oggettive né motivi per agire, se non quelli imposti dai suoi interessi momentanei e contingenti, non ha una ‘identità’ da custodire e costruire attraverso scelte veramente libere e consapevoli. Non può dunque reclamare il rispetto da parte di altre ‘volontà’, anch’esse sganciate dal proprio essere più profondo, che quindi possono far valere altre ‘ragioni’ o addirittura nessuna ‘ragione’. L’illusione di trovare nel relativismo morale la chiave per una pacifica convivenza, è in realtà l’origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani”[3].

La libertà, dunque, è uno dei capisaldi delle nostre democrazie. Essa, tuttavia, ha bisogno di un fondamento, che le permetta di svilupparsi senza mettere a rischio la dignità umana e la coesione sociale. Il fondamento trascendente è così “alto” da consentire alla libertà di espandersi al massimo e, contemporaneamente, così “saldo” da poterla orientare e qualificare in qualunque circostanza. In tale quadro ben si comprende come la libertà religiosa, proprio perché unisce strettamente la persona umana con la trascendenza, è un aiuto per lo sviluppo di una sana ed autentica democrazia. Laddove, invece, la trascendenza è negata o relativizzata - quando cioè Dio è considerato una grandezza secondaria, che si può temporaneamente o stabilmente mettere da parte in nome di valori erroneamente considerati più importanti - allora si rischia che falliscano proprio questi presunti valori più importanti.

Alla luce di quanto ho appena esposto, credo utile soffermarmi su qualche sfida contemporanea alla libertà religiosa, di cui ho preso conoscenza nel corso di questi anni. Al riguardo, mi piace ricordare una Conferenza promossa dall’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa, a Roma, il 12 settembre 2011, proprio con la collaborazione del Governo italiano e del Comune di questa Capitale. Scopo dell’incontro, a cui la Santa Sede ha partecipato attivamente, era quello di prevenire e rispondere agli incidenti e ai crimini di odio contro i Cristiani. Prendo a prestito da un intervento conclusivo l'idea secondo cui la spirale delle violazioni della libertà religiosa, e più specificamente dell'intolleranza contro i cristiani, può essere descritta attraverso un modello in tre stadi. Il primo stadio è l'intolleranza, che è un fenomeno sociale e culturale. Viene poi la discriminazione, che è un processo giuridico. Infine, i veri e propri crimini di odio. Gli attori sociali coinvolti in questi tre stadi sono, ovviamente, diversi. Ma, come e stato affermato nella conferenza di Roma, c'è un “piano inclinato” che fa sì che si passi facilmente dal primo stadio al secondo, e dal secondo al terzo.

In Occidente vediamo oggi particolarmente la presenza del primo stadio, l'intolleranza. C'è una crescente ostilità contro la religione in generale, e contro la Chiesa cattolica in particolare, in settori significativi dei media, dello spettacolo e qualche volta anche dell'arte moderna. Certamente il tema dell'equilibrio fra la libertà di espressione, anche artistica, e il rispetto dovuto al sentimento religioso è molto delicato. Tuttavia è un fatto che, di recente, in Europa, negli Stati Uniti e in Australia sono state proposte o esposte diverse opere artistiche, giudicate offensive da un buon numero di Cristiani.

Nel suo discorso al Corpo Diplomatico del 10 gennaio 2011 il Santo Padre ha affermato a tale proposito: “Spostando il nostro sguardo dall’Oriente all’Occidente, ci troviamo di fronte ad altri tipi di minacce contro il pieno esercizio della libertà religiosa. Penso, in primo luogo, a Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione. Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale”[4].

Come esempi di queste discriminazioni si pensi alle “leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza”[5]. Un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono. Tali azioni non soltanto limitano il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede, ma tagliano anche le radici culturali che, in tanti Paesi, alimentano l’identità profonda e la coesione sociale nazionale. Si pensi alla sentenza Lautsi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, del 3 novembre 2009, che in primo grado intendeva vietare l’esposizione del crocifisso nelle scuole italiane. In sede di appello la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, il 18 marzo 2011, ha tuttavia riconosciuto che ciò non discrimina chi condivide altre fedi.

L'intolleranza e la discriminazione portano spesso alla vera e propria violenza. Questa tesi è stata dimostrata in modo interessante dai sociologi statunitensi Brian J. Grim and Roger Finke nella loro recente opera “The Price of Freedom Denied” (Cambridge, 2011). In questo libro i due sociologi costruiscono un modello matematico che mostra come la discriminazione legale della religione non porti – come alcuni hanno sostenuto – a una riduzione della violenza collegata alle religioni, ma al contrario prepari varie forme di violenze e di crimini di odio antireligiosi. Naturalmente non avrebbe senso collocare la discriminazione e l'intolleranza presenti in alcune zone dell'Occidente sullo stesso piano delle violenze, di cui i Cristiani sono vittime in certi Paesi dell'Africa o dell'Asia. Tuttavia, l'idea del “piano inclinato”, menzionata nella citata conferenza di Roma dell'OSCE del 2011, ci ricorda che la strada che porta dall'intolleranza alla discriminazione, e dalla discriminazione alla violenza, può essere percorsa piuttosto rapidamente.

Anche per questo motivo è importante valorizzare la libertà religiosa. Essa non è soltanto uno dei diritti umani fondamentali; ben di più, è preminente fra tali diritti. Preminente perché la sua difesa è la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri; preminente perché storicamente è stato fra i primi diritti umani ad essere rivendicato; preminente, infine, perché altri fondamentali diritti sono ad esso connessi in modo singolare. Dove la libertà religiosa fiorisce, germogliano e si sviluppano anche tutti gli altri diritti; quando è in pericolo, anch’essi vacillano. Libertà religiosa, infatti, è anche libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero religioso e di convertirsi, di radunarsi per motivi religiosi, di contrarre matrimonio in conformità alle proprie credenze, di educare religiosamente i figli, di esercitare le opere di religione e, pertanto, l’assistenza sanitaria e sociale. Giovanni Paolo II, nell’enciclica Centesimus annus, ha scritto: Fonte e sintesi del diritto alla vita, alla famiglia ed all’educazione dei figli, al lavoro è, in un certo senso, la libertà religiosa, intesa come diritto a vivere nella verità della propria fede ed in conformità alla trascendente dignità della persona umana[6]. Anche la laicità che caratterizza molte società contemporanee ha bisogno di una grande libertà religiosa, perché essa, a sua volta, favorisce un forte ethos tra i cittadini. L’etica è un pre-requisito della democrazia e la mancanza di un’etica forte e condivisa è sempre stata la premessa di una debole democrazia.

La libertà religiosa, pertanto, deve essere affermata e riconquistata ogni giorno. Per quanto tale sforzo possa talvolta apparire impegnativo, è tuttavia necessario per ogni società che voglia rispettare pienamente la dignità della persona, i suoi diritti e le sue libertà fondamentali. L’esito dell’impegno politico e istituzionale in favore della libertà religiosa è legato, in buona misura, ad una cultura che promuova la libertà autentica e la verità. Il vigore di questi valori, a sua volta, dipende dalla passione individuale e sociale per essi. Pertanto, se vogliamo la libertà religiosa di tutti, dobbiamo accettare in prima persona il rischio della libertà ed essere testimoni della verità!


[1] Benedetto XVI, Omelia, Plaza de la Revolución de L’Avana, 28 marzo 2012.

[2] Benedetto XVI, Messaggio per la celebrazione della LXIV Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2011, n. 3.

[3] Ibid.

[4] Benedetto XVI, Discorso al Corpo Diplomatico per la presentazione degli auguri del Nuovo Anno, 10 gennaio 2011.

[5] Ibid.

[6] Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus annus, n. 47.

  

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