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XX SESSIONE DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL'UOMO
[18 GIUGNO-6 LUGLIO]

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE E
ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA

Ginevra
Martedì, 3 luglio 2012

 

Signora Presidente,

Con profonda preoccupazione la Delegazione della Santa Sede richiama l’attenzione sul divario crescente tra l’impegno e i principi dichiarati della comunità internazionale relativi alla libertà di religione, di coscienza, di credo, di assemblea, e l’attuazione di questi diritti umani fondamentali. L’utilizzo di bombe e gli attacchi violenti contro i luoghi di culto e le comunità cristiane in preghiera, di recente hanno provocato la morte di centinaia di persone innocenti in diversi Paesi. Il persistere di tali crimini e la loro diffusione dal punto di vista geografico, il sostegno sotto forma di personale e risorse, fornito dai gruppi fondamentalisti, il loro obiettivo di destabilizzazione della pacifica coesistenza nel mutuo rispetto e nella collaborazione: sono tutte ragioni che dovrebbero suggerire una risposta più efficace in termini sia di consapevolezza pubblica sia di azione preventiva.

I conflitti religiosi costituiscono un pericolo per lo sviluppo sociale, politico ed economico. In una società polarizzata, il conflitto religioso spezza i legami che sono invece necessari affinché la vita sociale e il commercio prosperino. Produce una violenza che priva le persone di quello che è il loro diritto più fondamentale: il diritto alla vita. Getta il seme della diffidenza e dell’amarezza, che può essere tramandato di generazione in generazione. Il conflitto in un Paese può tracimare e causare gravi difficoltà in altri Paesi.

In modo analogo, le scomparse, gli arresti, la detenzione, le minacce di morte e la discriminazione nei confronti dei convertiti e di individui appartenenti alle minoranze religiose o ad altre comunità di fede non sono rari nel mondo. I notiziari parlano spesso di attacchi violenti, di dichiarazioni e perfino di testi scolastici che incitano alla violenza e all’uccisione di membri di comunità religiose e minoranze religiose. Queste minacce alla libertà di religione incidono profondamente sulla dignità umana. Le limitazioni all’esercizio di questo diritto mettono a rischio l’identità personale, la coscienza e le scelte di vita fondamentali, e impediscono il godimento di altri diritti umani.

Papa Benedetto XVI ha espresso la sua profonda preoccupazione per queste situazioni allarmanti in diverse parti del mondo, a causa delle quali “non è possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione, se non a rischio della vita e della libertà personale. In altre regioni vi sono forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i simboli religiosi” (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, n. 1). I cristiani sono il gruppo religioso più soggetto alla persecuzione religiosa.

La natura trasversale della libertà di religione esige una protezione equa ed efficace in base al diritto, senza discriminare nessuno, ma soprattutto senza discriminare i membri di gruppi minoritari o le persone che per diverse ragioni potrebbero essere più esposte ai pregiudizi o alle discriminazioni. Pertanto, la Dichiarazione di Vienna e programma d’azione proclama che «Le persone appartenenti a minoranze hanno il diritto di godere della propria cultura, di professare e praticare la propria religione sia in privato che in pubblico liberamente e senza interferenze od ogni altra forma di discriminazione» (parte I, art. 19).

Molti altri testi internazionali sui diritti umani, come anche le risoluzioni dell’Assemblea Generale e del Consiglio dei Diritti Umani, affermano in modo inequivocabile che «tutti hanno il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione o credo» (Assemblea Generale, risoluzione 36/55 del 25 novembre 1981, Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme d’intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo; articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici; articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; Consiglio dei diritti umani, risoluzione 14/11 del 18 giugno 2010). Anche la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nella pratica, nel culto e nell’osservanza è garantita. «È perciò inconcepibile che dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi — la loro fede — per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti» (Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 18 aprile 2008).

Gli ideali della libertà di religione — nel culto, nella pratica e nell’espressione — sono racchiusi nelle costituzioni della maggior parte degli Stati democratici in tutto il mondo. Tale libertà, inoltre, è un diritto dalle molteplici sfaccettature, collegato, tra le altre cose, al diritto alla vita e alla libertà.

Conformemente al Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Delegazione della Santa Sede riconosce che gli Stati hanno l’obbligo di creare e di sostenere misure infrastrutturali e condizioni favorevoli per facilitare lo sviluppo libero e non discriminatorio delle comunità religiose e dei loro membri. Pertanto, il diritto alla libertà religiosa non è solo un diritto individuale, ma costituisce anche un diritto collettivo per le comunità religiose. (A questo riguardo, comporta il diritto, per tali comunità, di governarsi in base alle proprie norme; il diritto al culto pubblico; il diritto a istruire i membri nella pratica della fede; il diritto di scegliere, educare, nominare e trasferire i propri ministri spirituali; il diritto di costruire edifici per fini religiosi; il diritto di acquisire e di utilizzare fondi o proprietà; il diritto d’insegnare e testimoniare la propria fede in pubblico, sia con le parole, sia per iscritto; e il diritto di tenere incontri e d’istituire organizzazioni educative, culturali, caritative e sociali, conformemente alle rispettive motivazioni).

Signora Presidente,

La mia Delegazione riconosce la correlazione tra stabilità economica e riconoscimento dei diritti umani. A causa dei contesti economici e politici instabili in diversi Stati nel mondo, è fondamentale che tutti i diritti umani, e specialmente il diritto alla libertà religiosa, siano tutelati. Gli Stati devono incoraggiare la formazione di reti di collaborazione che abbiano come obiettivo la comprensione reciproca, la promozione del dialogo interreligioso e il rafforzamento della tutela dei gruppi religiosi, con garanzie adeguate ed efficaci di libertà religiosa, attraverso l’accesso a sistemi legali che forniscano risposte proporzionate e adeguate e, laddove è necessario, rimedi.

La mia Delegazione ritiene che la libertà religiosa non possa essere limitata soltanto alla libertà di culto. In questa libertà fondamentale deve essere incluso anche il diritto di predicare, educare, accogliere nuovi accoliti, contribuire al dibattito politico e partecipare alle attività pubbliche. Soprattutto, il diritto alla libertà di coscienza deve essere sostenuto e tutelato. I credenti non devono essere costretti dai governi a scegliere tra la conformità alle politiche o alla legislazione governativa e la fedeltà ai precetti e alle credenze religiose. È inoltre importante rispettare il diritto dei genitori a mandare i propri figli in scuole che rispecchino le loro credenze. I sistemi educativi obbligatori, di tipo “taglia unica adatta a tutti”, possono costituire un attacco diretto ai diritti e ai doveri dei genitori di assicurare una formazione religiosa ed etica ai proprio figli. Allo stesso tempo, tutti i sistemi educativi devono promuovere il rispetto e la protezione delle persone, senza pregiudizi nei confronti delle loro rispettive credenze o pratiche religiose.

Signora Presidente,

La Delegazione della Santa Sede vorrebbe concludere citando la Dichiarazione di Vienna, che si appella a “tutti i Governi, affinché prendano misure appropriate, in conformità agli obblighi internazionali e col dovuto rispetto dei propri sistemi giuridici, per contrastare l’intolleranza e la violenza ad essa connessa, basata sulla religione o sul credo” (Dichiarazione di Vienna e programma d’azione, parte II, art. 22. L’articolo completo dice: «La Conferenza Mondiale sui Diritti Umani si appella a tutti i Governi, affinché prendano misure appropriate, in conformità agli obblighi internazionali e col dovuto rispetto dei propri sistemi giuridici, per contrastare l’intolleranza e la violenza ad essa connessa, basata sulla religione o sul credo, comprese le pratiche di discriminazione contro le donne, la profanazione dei luoghi sacri, riconoscendo che ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza, espressione e religione. La Conferenza invita anche tutti gli Stati a mettere in pratica le clausole della Dichiarazione sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Intolleranza e Discriminazione Basate sulla Religione a sul Credo»).

Infine, incoraggiamo tutti gli Stati ad assicurare, tutelare e promuovere il diritto legittimo delle persone ad avere, praticare ed esprimere la propria religione o il proprio credo liberamente e senza alcun tipo di coercizione e di violenza, e senza la paura costante di diventare vittime di attacchi antireligiosi che distruggono i loro diritti umani fondamentali.

  

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