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103ª SESSIONE DEL CONSIGLIO DELL'ORGANIZZAZIONE
INTERNAZIONALE DELLE MIGRAZIONI (OIM)

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO LE NAZIONI UNITE E ALTRE
ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI A GINEVRA*

Ginevra
Martedì, 26 novembre 2013

 

Riconoscimento dei diritti fondamentali di tutti i migranti

 

Presidente, la mia Delegazione dà il benvenuto ai nuovi Stati membri e si congratula con lei e con il Bureau per l’elezione.

Il contributo dei migranti allo sviluppo

Questo Consiglio si riunisce in un momento propizio dell’evoluzione della gestione della migrazione, della formulazione e della messa in pratica di politiche. Mentre la comunità internazionale elabora le proprie strategie per l’Agenda di Sviluppo post 2015, non si può trascurare di stabilire le priorità necessarie per rispondere ai bisogni e ai diritti dei 232 milioni di migranti nel mondo, che costituiscono il 3,2 per cento della popolazione globale. Confrontando il numero dei migranti internazionali con quelli registrati negli ultimi anni — 175 milioni nel 2000 e 154 milioni nel 1990 — possiamo comprendere meglio la crescente importanza e l’impatto che ha questa realtà. Mentre le persone che migrano sono motivate da bisogni e aspirazioni differenti, dobbiamo riconoscere la loro dignità umana unica e prendere atto delle doti, dei talenti, delle capacità, dell’esperienza e del patrimonio culturale offerti da tutti i migranti, che costituiscono un ponte tra i rispettivi paesi d’origine e i paesi che li accolgono. Dobbiamo inoltre riconoscere le condizioni difficili che spingono o costringono le persone a cercare una vita migliore, più sicura, in una terra straniera. Molti fuggono da grandi privazioni, violenze o catastrofi naturali. Molti di loro decidono di migrare come parte di una strategia per la sopravvivenza della famiglia. Compiono sacrifici straordinari per promuovere le prospettive e il potenziale propri e dei membri della loro famiglia. Come ha detto Papa Francesco, i migranti e i rifugiati «condividono lo stesso desiderio legittimo di conoscere, di avere, ma soprattutto di essere di più» (il corsivo è aggiunto) (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, Città del Vaticano, 24 settembre 2013).

I migranti contribuiscono anche in modo sostanziale al benessere e allo sviluppo del loro Paese d’origine e di quello di adozione. L’aumento salariale che deriva dalla migrazione è superiore in tutte le nazioni in via di sviluppo messe insieme a tutti gli interventi ufficiali per lo sviluppo e di contrasto alla povertà a livello mondiale. Globalmente, si stima che i migranti internazionali nel mondo quest’anno rimetteranno guadagni per un valore di 550 miliardi di dollari, compresi 414 milioni di dollari ai Paesi in via di sviluppo. Si stima che i risparmi della diaspora, che possono essere mobilitati per finanziare obiettivi di sviluppo, superino i 400 miliardi di dollari.

La migrazione, pertanto, fornisce una corsia preferenziale per la riduzione della povertà nei Paesi d’origine. I Paesi di destinazione, a loro volta, beneficiano dei necessari lavoratori, delle entrate fiscali e di altri contributi da parte degli immigranti.

In queste circostanze vale la pena di esaminare i guadagni che provengono dai movimenti per il lavoro. Gli effetti positivi a medio e lungo termine della migrazione dovrebbero avere un peso maggiore rispetto alla manipolazione politica emozionale del dibattito sulla migrazione, spesso basata su pregiudizi. Per questa ragione, le nazioni dovrebbero adottare un approccio alla migrazione incentrato sulla persona, che tenga conto dei contributi concreti risultanti da quella che spesso è espressione della creatività e dell’imprenditorialità umana. Gli effetti positivi e il potenziale della migrazione esigono un’analisi seria e raccomandazioni per un’azione globale su alcune preoccupazioni urgenti: l’accesso a un territorio e all’asilo, laddove necessario, il rispetto dei diritti umani fondamentali e il riconoscimento dei diritti innati e acquisiti per tutti i migranti.

Queste riflessioni nascono dalla considerazione di persone che lasciano il proprio Paese natale e di persone dislocate nel proprio Paese a causa di situazioni di conflitto, persecuzione od oppressione, che mettono a rischio la loro vita o il loro futuro (di fatto, il Rapporto sulle catastrofi nel mondo del 2012 ha stimato che circa 72 milioni di migranti forzati nel mondo “devono affrontare gravi sfide umanitarie e di diritto umano. Tolti i loro sistemi di supporto, spesso non sono in grado di accedere a servizi sanitari, sociali ed educativi di base. Possono perdere il contatto con le famiglie e le comunità e sperimentare una perdita o un impoverimento grave dal punto di vista socio-economico), come anche delle categorie di migranti che esigono nuova attenzione, specialmente i lavoratori domestici e i lavoratori in generale.

L’accesso al territorio per i richiedenti asilo

All’inizio di luglio 2013, Papa Francesco ha scelto Lampedusa come destinazione della sua prima visita fuori Roma dopo avere iniziato il suo ministero come Papa. L’isola si trova tra il sud dell’Italia e il continente africano, nel Mare Mediterraneo dove, negli ultimi anni, oltre 20.000 immigranti africani hanno perso la vita nel tentativo di sfuggire alla povertà estrema, a guerre crudeli e a violenze etniche, con imbarcazioni inadatte alla navigazione. Qui ha lanciato una sfida che appare molto appropriata per il lavoro di questo Consiglio: «In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!».

Tre mesi dopo, lo stesso destino ha portato alla tragica morte di oltre 300 migranti, che cercavano la libertà e una vita dignitosa e che sono deceduti nell’incendio scoppiato nella loro barca non adatta alla navigazione. Nell’esprimere il suo cordoglio personale per questa catastrofe, Papa Francesco ha ricordato alla comunità internazionale la “vergogna” che tutti noi dobbiamo provare per il fatto di negare, ignorare o semplicemente tollerare queste condizioni imposte ai nostri fratelli e alle nostre sorelle nella famiglia umana.

Il Direttore generale di questa Organizzazione si è recato a sua volta a Lampedusa e ha ricordato che non assistiamo a queste tragedie solo nel Mediterraneo, ma anche in Asia, nel Mar Cinese Meridionale, nell’Atlantico, nel Golfo di Aden e nelle sabbie dei deserti. Ha sottolineato che «queste morti avvengono su scala spaventosa» e ha ribadito che «ora la più grande priorità deve essere salvare vite» (cfr. Intervista all’Ambasciatore William Lacy Swing, Direttore generale dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, Radio Vaticana, 14 ottobre 2013). Una buona programmazione, la raccolta di dati sulle esigenze del mercato del lavoro e un rinnovato impegno a favore del diritto di ognuno al lavoro, all’unità della famiglia, all’equità, alla sicurezza umana e alla solidarietà, possono contribuire all’apertura di canali di migrazione legale e prevenire l’inutile perdita di vite. L’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni può continuare a ricordare agli Stati membri la loro responsabilità di fornire accesso a procedure eque per la determinazione dello status.

Il rispetto dei diritti umani

Presidente, i diritti inalienabili di tutti i migranti devono essere riconosciuti e rispettati, come afferma la Dichiarazione del Dialogo ad Alto Livello sulla Migrazione Internazionale e lo Sviluppo. La mia Delegazione lancia un forte «appello affinché siano sempre tutelate la dignità e la centralità di ogni persona, nel rispetto dei diritti fondamentali» (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Città del Vaticano, 24 maggio 2013). «Tutti, infatti, godono di diritti e doveri non arbitrari, perché scaturiscono dalla stessa natura umana» (Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Città del Vaticano, 28 maggio 2010) e «sono perciò (...) universali, inviolabili, inalienabili» (Giovanni XXIII, Pacem in terris, Lettera Enciclica sull’istaurazione della pace universale nella verità, nella giustizia, nella carità e nella libertà, Città del Vaticano, 11 aprile 1963, n. 5).

Con grande dispiacere la Santa Sede nota la crescente tendenza verso la violazione dei diritti dei migranti, molti dei quali diventano vittime di estorsione e di traffico e sono trattenuti contro la loro volontà e in condizioni disumane, i cui documenti d’identità vengono confiscati, e che sono sottoposti a violenza fisica e psicologica. Un numero crescente di governi, di fatto, rende estremamente difficile, se non impossibile a quanti fuggono per la propria vita raggiungere territori dove poter far richiesta di protezione. I migranti che riescono a entrare in un altro Paese spesso vi vengono detenuti per periodi prolungati, talvolta senza la possibilità di presentare una richiesta d’asilo nei tempi previsti o di avanzare altre richieste legittime per avere la residenza legale. Le espulsioni sommarie sono diventate prassi comune.

Il rapporto tra diritti e sviluppo è al centro del dialogo sulla migrazione e lo sviluppo. Il rispetto dei diritti aumenta la capacità dei migranti di dare un contributo ai loro Paesi d’origine e di destinazione. Lo status irregolare o non autorizzato rende più difficile ai migranti guadagnare e quindi dare un contributo alle loro nuove comunità e investire in modo sostanziale nei Paesi d’origine, come fanno quanti hanno uno status più certo. Il rispetto dei diritti contribuisce alla stabilità, alla reputazione, al capitale umano e alla crescita delle nazioni dalle quali partono i migranti, e quindi incoraggia gli investimenti da parte degli stranieri, dei gruppi della diaspora e di altri. Allo stesso tempo, il rispetto dei diritti dei migranti nei Paesi d’accoglienza aumenta il benessere socioeconomico degli immigranti e, quindi, il loro potenziale di contribuire allo sviluppo delle comunità di partenza e di quelle che li accolgono.

La mia Delegazione appoggia in modo particolare l’approccio dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni alla piaga del traffico di esseri umani che unisce le vittime del traffico ad altri migranti in situazioni di vulnerabilità e cerca di promuovere sistemi di controllo della migrazione che siano rispettosi dei diritti umani.

Infine, Presidente, è auspicabile il debito riconoscimento dei diritti dei migranti acquisiti nei Paesi di destinazione. Questi diritti, spesso basati sullo sviluppo di legami forti ed equilibrati, facilitano l’integrazione e sono un requisito di giustizia e un contributo al bene comune e alla coesistenza pacifica.

La mia Delegazione sente anche il profondo dovere di chiedere una cura e un’attenzione adeguate per i migranti bambini, conformemente al loro migliore interesse. Un numero crescente di migranti minorenni non accompagnati è stato rilevato in America del Nord e altrove. Per esempio, le statistiche dell’Istituto nazionale per la migrazione messicano indicano che tra gennaio e luglio del 2012 sono stati deportati 3.391 bambini guatemaltechi, honduregni e salvadoregni, ovvero il 50 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2011. Di questi, 2.801 non erano accompagnati, molti dei quali sono divenuti vittime di “coyote”, o di trafficanti di persone (Mexico: The End of the Dream for Child Migrants, InterPress Service Agency, 5 novembre 2012). Gli Stati Uniti hanno riscontrato un triplicarsi dei minori non accompagnati che valicano il confine con il Messico nell’arco di quattro anni (Pamela Prah, Number of Undocumented Children Who Cross U.S. Border Alone Has Tripled, 9 maggio 2013; Center for Migration Studies of New York, The Rise in Unaccompanied Minors: A Global Humanitarian Crisis, 15 ottobre 2012).

Conclusione

Presidente, concluderò citando la Dichiarazione del Dialogo ad Alto Livello sulla Migrazione Internazionale e lo Sviluppo, in cui legislatori importanti e professionisti esperti uniti con i governi e le organizzazioni della società civile hanno riaffermato «la necessità di promuovere e proteggere effettivamente i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti i migranti», decisi ad «affrontare la migrazione internazionale attraverso la cooperazione e il dialogo a livello internazionale, regionale o bilaterale, attraverso un approccio globale ed equilibrato» e a evitare approcci che possano «peggiorare la loro vulnerabilità». Così, il dibattito sulle priorità post 2015 potrà diventare l’occasione per guardare alla migrazione in modo nuovo, positivo, considerandola capace di favorire lo sviluppo e di modellare in modo costruttivo la storia.


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 282, Dom. 08/12/2013.

 

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