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22ª SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL'UOMO
SUL DIRITTO DEL FANCIULLO ALLA SALUTE

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
E DELLE ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA

Ginevra
Mercoledì, 7 marzo 2013

 

Signor Presidente,

La mia Delegazione accoglie con favore il fatto che il dibattito annuale sia incentrato sul diritto del fanciullo alla salute. Mi sia consentito richiamare l’attenzione, in modo particolare, sulla situazione dei bambini affetti da Hiv o da coinfezione Hiv/Tb, argomento che avrebbe potuto essere trattato in modo più esauriente nella Relazione dell’Alto Commissario in preparazione a questo importante dibattito.

Nonostante le prove che il trattamento è molto efficace nei bambini affetti da Hiv, anche in ambienti con risorse limitate, continuano a esservi grandi ostacoli a estendere l’accesso dei bambini affetti da Hiv a questi trattamenti capaci di salvare e migliorare la vita. Di fatto, solo il 28 per cento dei bambini che vivono in Paesi a basso e medio reddito e hanno bisogno di terapie antiretrovirali altamente attive, dette Haart, attualmente possono beneficiarne, mentre gli adulti affetti da Hiv che hanno accesso a cure antiretrovirali (Art) sono il 50 per cento (cfr. Unaids, Report on the Global Aids Epidemic, dicembre 2012). Di conseguenza, trenta bambini di età inferiore ai quindici anni, affetti da Hiv, muoiono ogni ora (cfr. Rapporto Unaids, Together We Will End Aids, luglio 2012). Per i bambini affetti sia da Hiv che da tubercolosi (Tb), la situazione è ancora più grave; sebbene la tubercolosi continui a essere la principale causa di morte tra i bambini malati di Aids, non sono disponibili formulazioni farmaceutiche pediatriche per trattare la coinfezione Hiv/Tb nei bambini.

Tra i principali ostacoli alla cura dei bambini affetti da Hiv c’è la difficoltà di riconoscere l’infezione nei bambini di età inferiore ai diciotto mesi. Nei Paesi ad alto reddito i bambini possono essere diagnosticati con precisione entro 48 ore dalla nascita. I test specialistici e sofisticati che consentono la diagnosi nei bambini non sono però comunemente disponibili nei paesi a basso reddito, poiché richiedono costose attrezzature di laboratorio e personale qualificato. Inoltre, l’ampliamento dei programmi di test sui bambini esige investimenti nella formazione e assistenza tecnica agli operatori sanitari, il miglioramento delle capacità e delle strutture dei laboratori, nonché reti di riferimento e la mobilitazione della comunità.

Evidentemente sappiamo che, nel 90 per cento dei casi di Hiv tra i bambini, l’infezione viene trasmessa dalla madre affetta dal virus al figlio quando è ancora nel suo grembo, al momento del parto o attraverso l’allattamento al seno. Sebbene sia possibile intervenire per prevenire la trasmissione dell’Hiv da madre a figlio, nel 2011 sono stati infettati circa 330.000 bambini, per la maggior parte attraverso la trasmissione madre-figlio (cfr. Ibid.). Se si allargasse l’accesso ai programmi speciali di prevenzione della trasmissione da madre a figlio attraverso la diagnosi precoce nelle madri e la somministrazione di terapie antiretrovirali non appena la malattia è stata diagnosticata, il numero di bambini infettati dall’Hiv potrebbe presto diminuire. Inoltre, l’inizio immediato delle Haart nei bambini nati da donne affette da Hiv ritarderebbe la comparsa di malattie collegate all’Hiv tra questi bambini.

Senza cure e trattamenti adeguati, circa un terzo di tutti i bambini nati con l’Hiv muore prima di avere compiuto un anno, e la metà muore prima di averne compiuti due. Tuttavia, i bambini sottoposti a terapie Haart devono assumere tre o più medicinali antiretrovirali diverse volte al giorno per evitare di sviluppare una resistenza a un singolo medicinale, e quindi per impedire che l’Hiv progredisca ulteriormente. Questi farmaci devono avere una formulazione diversa rispetto a quelli destinati agli adulti, in un modo che tiene conto delle condizioni climatiche delle aree in cui vengono distribuiti e utilizzati. Occorre inoltre osservare che in molti ambienti a basso reddito non sempre sono disponibili acqua potabile, un’alimentazione adeguata e una fornitura elettrica costante, e che quindi ciò può mettere ulteriormente a rischio la qualità delle cure alle quali il bambino ha accesso. Di fatto, una insufficiente varietà di formulazioni dei medicinali antiretrovirali è disponibile per uso specifico dei bambini, «soprattutto perché il mercato dei farmaci contro l’Hiv dei bambini è stato considerato troppo piccolo per giustificare investimenti in tale ricerca» (cfr. Paediatric Hiv: From a Human Rights Lens, Caritas Internationalis Haart for Children Newsletter, n. 2, giugno 2012, intervista al professore Daniel Tarantola).

Signor Presidente, gli ostacoli appena citati riducono la capacità del bambino di godere del proprio diritto allo standard più alto possibile di salute fisica e mentale — riconosciuto, tra l’altro, anche dalla Convenzione sui Diritti del Fanciullo — e di esercitarlo. La mia Delegazione non parla solo in modo astratto o legalistico, bensì sulla base delle informazioni e delle esperienze vissute riferite dalle organizzazioni collegate alla Chiesa cattolica, impegnate a promuovere e tutelare il diritto alla salute del bambino in ogni parte del mondo. Un recente studio condotto dalla Catholic Hiv/Aids Network, rete informale di organizzazioni collegate alla Chiesa cattolica impegnate a fornire assistenza finanziaria e tecnica ai programmi contro l’Aids nei paesi in via di sviluppo, riporta un notevole impegno, da parte di tali programmi, negli sforzi per eliminare la trasmissione del virus da madre a figlio, per promuovere una diagnosi e un trattamento completi e precoci per i bambini infettati e per affrontare lo stigma sociale e l’ignoranza, che spesso impediscono l’attuazione efficace ed efficiente di tali programmi. Questa relazione è stata discussa nel corso di un evento parallelo, che si è tenuto il 6 marzo 2013, in contemporanea con la 22ª Sessione di questo Consiglio.

In un appello lanciato in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids, Papa Benedetto XVI ha osservato con grande urgenza che l’Aids/Hiv colpisce in modo più accentuato le «regioni più povere del mondo, che con grande difficoltà possono accedere a farmaci efficaci. In particolare, il mio pensiero va al grande numero di bambini che ogni anno contraggono il virus dalle proprie madri, nonostante vi siano terapie per impedirlo. Incoraggio le numerose iniziative che, nell’ambito della missione ecclesiale, sono promosse per debellare questo flagello» (Udienza generale, 28 novembre 2012).

Signor Presidente, la mia Delegazione spera sinceramente che questo Consiglio rivolga un appello agli Stati Membri delle Nazioni Unite, perché investano fondi e collaborino strettamente con le aziende farmaceutiche e gli istituti di ricerca, al fine di salvaguardare e migliorare la vita e la dignità dei bambini affetti da Hiv o da coinfezione Hiv/Tb, fornendo loro strumenti diagnostici e medicinali adeguati, abbordabili e accessibili, assicurando in tal modo che possano godere pienamente del diritto alla salute.

 

  

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