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2a SESSIONE DEL GRUPPO DI LAVORO APERTO
SUGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE IN MERITO AL TEMA
«SRADICAMENTO DELLA POVERTÀ
»

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO FRANCIS CHULLIKATT, OSSERVATORE PERMANENTE
DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE*

New York
18 aprile 2013

 

Signor Co-Presidente,

La centralità dello sradicamento della povertà agli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) è non solo un requisito dei risultati di Rio +20, ma essenzialmente un imperativo morale, se vogliamo affrontare le numerose forme di povertà presenti nella famiglia umana e contribuire «alla crescita della fraternità e della pace» (Discorso di Papa Francesco alla Papal Foundation, 11 aprile 2013). Questa opzione preferenziale per i poveri nello sviluppo sostenibile dovrebbe determinare la misura morale fondamentale della nostra società.

Lo sradicamento della povertà deve essere inteso anzitutto nel contesto dell’uguale dignità di ogni persona umana. Poi, lo sradicamento della povertà deve essere guidato dai principi del diritto naturale, che ispirano «scelte ed indirizzi di ordine politico, giuridico ed economico nel diritto internazionale» (Discorso di Papa Benedetto XVI alla Fao in occasione del vertice mondiale sulla sicurezza alimentare, 16 novembre 2009).

Il porre lo sviluppo integrale della persona umana al centro di tutti gli sforzi per sradicare la povertà evidenzia una corretta comprensione della povertà e di quali siano i percorsi migliori per uscirne. L’elaborazione di obiettivi di sviluppo sostenibile esige, pertanto, che si dia priorità alla centralità della persona umana, come dichiara la Conferenza di Rio del 1992, che la riconosce quale primo principio per uno sviluppo sostenibile, al fine di ispirare programmi importanti che rispondano alle necessità di ogni persona e comunità. Per adottare questi obiettivi orientati all’azione e incentrati sulla persona, la gente — specialmente i poveri e quanti sono ai margini della società, che sono colpiti più direttamente e dovrebbero beneficiarne di più — dovrebbe avere voce nella loro preparazione e attuazione.

La povertà costituisce un circolo vizioso, del quale l’esclusione è sia la causa sia la conseguenza. La povertà deriva dall’esclusione di persone e comunità dalla partecipazione alla vita economica, sociale, politica e culturale delle società nelle quali vivono come unica famiglia umana, poiché non possono sviluppare le proprie capacità e vengono negate loro le necessarie opportunità per provvedere a se stesse, alle loro famiglie e alle loro comunità. L’esclusione, di fatto, impoverisce l’intera famiglia umana, poiché il potenziale contributo dei poveri al nostro benessere collettivo va perso con i beni e i servizi che rimangono irrealizzati, le prospettive politiche e i valori che restano sopiti, e l’arte, i racconti e i canti per la storia umana collettiva che non vengono composti.

Escludere i poveri significa negare loro la partecipazione legittima alla vita della famiglia umana, nelle sue speranze e nei suoi sogni, nei suoi successi e nelle sue realizzazioni, che sono tutti radicati nella nostra comune umanità, e dei quali nessun paese, popolo o cultura può pretendere la proprietà esclusiva. Ogni persona ha, in virtù della sua appartenenza alla famiglia umana, il diritto per nascita di beneficiare di questa eredità comune, nonché il diritto e il dovere di contribuire a rendere più ricco tale immenso lascito.

Poiché l’esclusione è la causa principale della povertà, lo sradicamento della povertà può avvenire solo attraverso l’inclusione dei poveri (Papa Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 39: «Paolo VI nella Populorum progressio chiedeva di configurare un modello di economia di mercato capace di includere, almeno tendenzialmente, tutti gli uomini e non solamente quelli adeguatamente attrezzati. Chiedeva che ci si impegnasse a promuovere un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti avessero “qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri” [94]»). Inclusione economica, sociale, politica e culturale significa anzitutto abbattere tutte le barriere all’inclusione, tutti i privilegi esclusori che recano beneficio ai pochi a discapito dei tanti, che generano ricchezza artificiale e insostenibile per alcuni, creando al contempo povertà per altri. L’esclusione favorisce la monopolizzazione dell’eredità intellettuale e naturale collettiva umana, regimi commerciali iniqui, dipendenza economica e politica cronica, tanto per fare alcuni esempi.

D’altro canto, inclusione significa invitare i poveri a partecipare come partner a pieno titolo ai sistemi economici, sociali, politici e culturali del mondo, rafforzando le loro capacità, affinché possano occupare, come eguali, il loro posto meritato al tavolo destinato a tutti, affinché gli scambi economici siano di mutuo beneficio e le politiche comportino partnership autentiche.

Questo modello di inclusione costituisce un approccio allo sradicamento della povertà dal basso verso l’alto, davvero incentrato sull’uomo, e aiuterà ad assicurare che gli obiettivi di sviluppo sostenibile diventino un modello per favorire collaborazioni che traggano profitto dalla vasta esperienza e dalla saggezza di quanti ogni giorno devono affrontare con coraggio e pazienza le dure realtà e le sfide della povertà.


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 151, Giov. 04/07/2013.

 

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