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CONFERENZA DIPLOMATICA DELL'ORGANIZZAZIONE MONDIALE
PER LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE (WIPO)

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO LE NAZIONI UNITE E ALTRE ORGANIZZAZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA*

Marrakech
18 giugno 2013

 

Per un trattato che faciliti alle persone ipovedenti l’accesso alle opere pubblicate

 

Signor Presidente,

Mentre ci riuniamo per manifestare la solidarietà della famiglia mondiale a tutti gli ipovedenti, per cominciare la mia Delegazione desidera ringraziare cordialmente il Governo marocchino e la città di Marrakech per aver ospitato questa Conferenza Diplomatica.

In base alle stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo sono 285 milioni le persone ipovedenti, e circa il 90 per cento di loro vive in Paesi in via di sviluppo. Solo l’1 per cento dei libri nei Paesi in via di sviluppo e meno sviluppati è però disponibile in formati accessibili ai non vedenti. Anche nei Paesi sviluppati gli ipovedenti hanno accesso solo al 5 per cento dei libri pubblicati. Questa situazione è stata definita in modo appropriato come “carestia di libri”. Di fatto, molti allievi e studenti universitari nei Paesi in via di sviluppo non hanno accesso ai libri di testo.

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo riconosce il diritto di ogni persona a prendere liberamente parte alla vita culturale della comunità e a godere delle arti (art. 27). Questa Conferenza ha il compito di affrontare una questione relativa alla proprietà intellettuale che ha una chiara dimensione di diritto umano: la necessità di assicurare che il copyright non sia un ostacolo al pari accesso all’informazione, alla cultura e all’educazione per persone con disabilità legate alla stampa, alla lettura e altre correlate, «dando alle persone una serie di opportunità per scoprire il loro potenziale, comprendere il loro ambiente, conoscere i propri diritti e avere il controllo totale del proprio destino» (Divine Chris Boame, coordinatore dell’Inclusive Education Programme, Krachi East and West Districts, Ghana Educational Empowerment Of The Blind And Persons With Low Vision in Ghana, A Shared Responsibility, www.african.org/workshops/Ghana%20articles/Divine.doc). Questo obiettivo implica l’accesso alla conoscenza e alle competenze necessarie per sviluppare la capacità della persona di modellare il proprio futuro.

Venti o trent’anni fa si poteva fare poco riguardo alla “carestia di libri”. Stampare libri in braille richiedeva molto tempo e grandi risorse. La tecnologia ha portato cambiamenti importanti. Oggi le persone ipovedenti possono leggere libri sul computer utilizzando tecnologie di ingrandimento da testo a parlato, per mezzo di cosiddetti display Braille, o ascoltando normali audiolibri. Ora ogni libro del pianeta può essere reso facilmente accessibile agli utenti non vedenti; rispetto all’1 per cento o al 5 per cento del passato, le capacità tecnologiche attuali consentono un accesso vicino al 100 per cento. Il nostro obiettivo, dunque, non è un semplice trattato, bensì un trattato che elimini gli ostacoli all’accesso.

Mentre le nuove tecnologie rendono possibile immaginare un mondo in cui le persone ipovedenti possano accedere a un’ampia varietà di documenti proprio come i normovedenti, il quadro legale ormai superato costituisce una barriera. La tutela della proprietà intellettuale è un valore importante che dobbiamo rispettare. C’è però un’ipoteca sociale su ogni proprietà, compresa quella intellettuale. Lo stesso impulso creativo e innovativo offerto dal sistema dei diritti sulla proprietà intellettuale esiste, in primo luogo, per servire il bene comune della comunità umana.

A livello nazionale, alcuni Paesi prevedono limitazioni ed eccezioni nelle leggi sulla proprietà intellettuale, al fine di consentire l’accessibilità alle persone con disabilità di lettura senza il permesso dei titolari del copyright. Queste misure variano però notevolmente da un Paese all’altro. Spesso sono molto restrittive o riferite solo a tecnologie più antiche come il braille su carta in rilievo. Di conseguenza, il numero totale di risorse accessibili è molto basso, specialmente nei Paesi con mercati più piccoli. Questa Conferenza Diplomatica di Marrakech rappresenta dunque, per la comunità internazionale, un’occasione storica per dare una risposta concreta alla maggior parte dei problemi pratici a livello globale.

L’esercizio delle eccezioni e delle limitazioni consentite dal trattato, pertanto, non deve essere impedito o negato da altre discipline quali le misure per la tutela tecnologica e il diritto contrattuale. Mettiamo anche in guardia contro l’introduzione di nuovi obblighi che scavalcano la discrezione sovrana degli Stati membri della wipo riguardo a come i Governi nazionali creano altre eccezioni e limitazioni al fine di affrontare l’esigenza dell’interesse pubblico. Pertanto, è fondamentale che il dibattito si concentri sugli approcci esistenti già riconosciuti dalla Convenzione di Berna come coerenti con il three-step-test, e precisamente l’uso e il trattamento corretto, sia al posto di limitazioni ed eccezioni specifiche nel diritto nazionale, sia in aggiunta alle stesse.

Signor Presidente,

L’obiettivo principale del sistema del copyright è la diffusione di opere creative per accrescere il bene comune. Il diritto d’autore non è mai stato di per sé un fine. Gli sviluppi tecnologici hanno sempre più sollecitato la capacità delle leggi sul diritto d’autore per limitare i modi in cui il pubblico accede alle opere creative.

Come ha affermato Giovanni Paolo II nella sua Lettera enciclica Laborem exercens, «Sarebbe radicalmente indegno dell’uomo, e negazione della comune umanità, ammettere alla vita della società, e dunque al lavoro, solo i membri pienamente funzionali perché, così facendo, si ricadrebbe in una grave forma di discriminazione, quella dei forti e dei sani contro i deboli e i malati» (n. 22; AAS 73 [1981], 634). Poiché tutti sono chiamati a dare un contributo alla società, è fondamentale creare uno strumento internazionale che possa dare anche alle persone con disabilità una serie di opportunità per scoprire il loro potenziale, comprendere il loro ambiente, conoscere i loro diritti e usare al meglio le loro capacità e risorse, sia per la loro realizzazione personale, sia per dare il loro contributo alla società.

Questo bene comune deve essere servito nella sua pienezza, non secondo una visione riduzionista subordinata solo al vantaggio di alcuni; piuttosto, deve fondarsi su una logica che porta all’accettazione di una responsabilità comprensiva. «Il bene comune corrisponde alla più alta delle inclinazioni umane (san Tommaso d’Aquino considera la “conoscenza della verità su Dio” e la “vita nella società” i livelli più alti e specifici delle “inclinationes naturales” dell’uomo [Summa Theologiae, I-II, q. 94, a. 2, Ed. Leon. 7, 170]), ma è un bene molto difficile da ottenere, poiché richiede l’abilità e lo sforzo costanti di ricercare il bene degli altri come se fosse il proprio bene. La distribuzione dei beni creati che, come ogni persona perspicace sa, oggi è in travaglio tra i mali più grandi a causa della grande disparità tra i pochi estremamente ricchi e i molti privi di beni, deve essere riportata e conformata in modo efficace alle norme del bene comune, vale a dire della giustizia sociale» (cfr. Pio XI, Lettera enciclica Quadragesimo anno; AAS 23 [1931], 197).

Signor Presidente,

Una decisione positiva su questo argomento sarebbe un segnale importante da parte non solo dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale, ma anche dell’intera comunità internazionale. La mia Delegazione auspica che un senso di responsabilità comune ci spinga tutti ad assicurare che quanto è stato realizzato negli ultimi mesi non vada perso. In tal modo, questa Conferenza Diplomatica potrà giungere a una decisione positiva per il bene di tutta la nostra famiglia umana.

Nel corso delle prossime due settimane, i negoziati sfideranno tutti i partecipanti a mostrare sufficiente flessibilità in vista di un compromesso raggiungibile, che rafforzi il bene comune internazionale e superi le posizioni particolari. Rendere più autonomi i non vedenti e gli ipovedenti è fondamentale per migliorare la loro situazione economica e sociale. È quindi responsabilità comune contribuire a rendere ciò possibile a beneficio, in particolare, dei molti gruppi nella società che sono interessati da questo processo. Chi fa le politiche è chiamato ad adottare un approccio pragmatico, chi fornisce servizi ad adoperarsi per un’attuazione efficace, e il mercato del lavoro a eliminare ogni forma di discriminazione. Per concludere, Signor Presidente, tutti devono andare un po’ oltre gli interessi nazionali per poter comprendere che un nuovo trattato di solidarietà con tutti gli ipovedenti può e deve essere concluso come messaggio di speranza per loro e come segno di responsabilità da parte della comunità internazionale.

 


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 146, Giov. 27/06/2013.

 

 

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