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INTERVENTO DI S.E. MONS. DOMINIQUE MAMBERTI,
SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI,
DURANTE L'INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA FOTOGRAFICA ALLESTITA DALL'AMBASCIATA DEGLI STATI UNITI D'AMERICA PRESSO LA SANTA SEDE PER CELEBRARE IL 30° ANNIVERSARIO DELLE RELAZIONI DIPLOMATICHE (10 GENNAIO 1984)
*

Roma, Palazzo della Cancelleria
Giovedì, 23 gennaio 2014

 

Le relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Santa Sede

Cooperazione per rafforzare la pace

 

Signor Ambasciatore,
Eminenze,
Eccellenze, Signore e Signori
,

Desidero porgere il mio più vivo ringraziamento a Lei, Signor Ambasciatore, per il cordiale invito a prendere la parola in occasione della commemorazione dei 30 anni dell’allacciamento delle Relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e la Santa Sede.

Come è noto, relazioni esistevano già da molto tempo prima. Il primo contatto tra gli Stati Uniti d’America e la Santa Sede ad alto livello è avvenuto nel 1788, quando George Washington comunicò a Papa Pio VI, tramite Benjamin Franklin, che nella neonata Repubblica non vi era alcun bisogno di un permesso da parte dello Stato per la nomina di un Vescovo, in quanto quello che la rivoluzione aveva portato alle colonie era proprio la libertà, innanzitutto la libertà religiosa. Il Papa designò un gesuita P. John Carroll a divenire il primo Vescovo cattolico negli Stati Uniti d’America, costituendo così la Gerarchia cattolica nel nuovo Paese indipendente. Dopo quella prima diocesi, la sede primaziale di Baltimora, sono sorte oltre 200 circoscrizioni ecclesiastiche. Tuttavia, passeranno quasi due secoli prima che vengano stabilite le relazioni diplomatiche. Ciò avvenne nel 1984, grazie a Giovanni Paolo II e al Presidente Ronald Reagan, che nominò come primo Ambasciatore William Wilson, fino a quel momento suo Rappresentante personale presso la Santa Sede, mentre l’Arcivescovo, Monsignor Pio Laghi, poi Cardinale, da Delegato divenne Nunzio Apostolico. Da allora vi sono stati dieci Ambasciatori, compreso S.E. Sig. Kenneth F. Hackett. I Nunzi Apostolici invece sono stati cinque con l’attuale, S.E. Monsignor Carlo Maria Viganò.

Le relazioni tra la Santa Sede e gli Stati Uniti sono cresciute lentamente ma costantemente, divenendo nel tempo sempre più forti. Lo dimostrano anche i Viaggi dei Pontefici negli Stati Uniti: al Viaggio di Papa Paolo VI a New York nel 1965, ne sono seguiti ben 7 negli Stati Uniti del Beato Giovanni Paolo II e nel 2008 quello di Benedetto XVI. Pure numerose sono state le Visite dei Presidenti Usa in Vaticano, dopo la prima di Woodrow Wilson, nel gennaio 1919. Il Presidente Barack Obama ha visitato Benedetto XVI nel 2009 e ora si sta preparando l’incontro con Papa Francesco per la fine del prossimo mese di marzo.

Il consolidamento dei rapporti tra la Santa Sede e gli Stati Uniti lungo gli anni ha consentito un dialogo di rilievo anche sul piano internazionale. Se infatti gli Stati Uniti rappresentano uno dei primi attori sulla scena internazionale, la Chiesa e la Santa Sede partecipano delle gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce dell’umanità, «offrendo a questa la loro cooperazione sincera al fine di stabilire una fraternità universale» (cfr. Gs 3).

Il 21 marzo 1848, il Senato degli Stati Uniti discusse un disegno di legge di bilancio che stanziava fondi per l’Incaricato d’Affari presso il Papa Pio IX, nominato dal Presidente James Polk. Durante il dibattito, il Senatore Lewis Cass, riferendosi al Papa Pio IX, disse: «Gli occhi della cristianità sono sul suo sovrano. Molto ci si aspetta da lui... La diplomazia d’Europa troverà pieno impiego alla sua Corte ed i suoi inviati più esperti saranno lì in Vaticano».

Non penso di discostarmi dalla realtà se dico che le affermazioni del Senatore Cass si stanno avverando anche oggi con Papa Francesco, che continuamente stimola la Chiesa e la Comunità internazionale a non essere semplici spettatori riguardo alle grandi sfide che assillano l’umanità, ma a impegnarsi per affrontarle. Lo stanno a dimostrare i numerosi incontri che il Santo Padre ha avuto, fin dai primi giorni di Pontificato, con Capi di Stato, Capi di Governo e Responsabili delle Organizzazioni internazionali, tutti desiderosi di incontrarlo e trattare con lui i problemi del nostro tempo che sono tanti e gravi. Questi richiedono determinazione e concertazione da parte di tutti gli attori della scena internazionale. Ecco la necessità e l’importanza di un dialogo sempre più stretto tra la Santa Sede e gli Stati Uniti d’America. Il Santo Padre, nell’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, rileva che «per la Chiesa, in questo tempo ci sono in modo particolare tre ambiti di dialogo nei quali deve essere presente, per adempiere un servizio in favore del pieno sviluppo dell’essere umano e perseguire il bene comune: il dialogo con gli Stati, con la società — che comprende il dialogo con le culture e le scienze — e quello con gli altri credenti che non fanno parte della Chiesa cattolica» (n. 238).

Papa Leone XIII, nell’Enciclica Longinqua del 1895, ha fatto riferimento ai primi rapporti tra la Santa Sede e gli Stati Uniti d’America. Cito: «All’epoca delle colonie americane, avendo, con l’aiuto dei cattolici, ottenuto la libertà e l’indipendenza, unendosi in una Repubblica costituzionale, fu benevolmente istituita fra di Voi la Gerarchia ecclesiastica; e proprio nel momento in cui il suffragio popolare metteva il grande Washington alla guida della Repubblica, veniva designato dall’Autorità Apostolica il primo Vescovo per la Chiesa americana. La ben nota amicizia e familiarità che vi era tra questi due uomini pare essere un’evidenza che gli Stati Uniti dovrebbero essere uniti nella concordia e nell’amicizia con la Chiesa cattolica» (n. 4).

Il mio augurio è che l’amicizia e la collaborazione tra la Santa Sede e gli Stati Uniti possa sempre più consolidarsi nella famiglia delle Nazioni, perché il mondo avanzi nella costruzione della pace, della giustizia e della fraternità.


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n. 19, Sab. 25/12/2013.

 

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