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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
IN OCCASIONE DELL'VIII CONFERENZA DEGLI STATI ADERENTI AL V PROTOCOLLO SUI RESIDUATI BELLICI ESPLOSIVI
DELLA CONVENZIONE SULLA PROIBIZIONE E LA LIMITAZIONE DELL'USO DI ALCUNE ARMI CONVENZIONALI
CHE POSSONO ESSERE CONSIDERATE ECCESSIVAMENTE DANNOSE O AVENTI EFFETTI INDISCRIMINATI (CCW)

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
E ISTITUZIONI SPECIALIZZATE

Ginevra
Lunedì, 10 novembre 2014

 

Signor Presidente,

Anzitutto desidero congratularmi con lei per aver assunto la presidenza e per tutto il lavoro preparatorio, volto a rendere il nostro incontro il più produttivo possibile.

La CCW e i suoi Protocolli, compreso il V Protocollo, sono destinati a essere una parte importante del tessuto del diritto umanitario internazionale, che non è fine a se stesso, bensì un mezzo per proteggere i civili nei conflitti armati. Anche gli strumenti più perfetti sarebbero inutili se la loro attuazione non avesse conseguenze concrete per gli uomini e le donne che vivono nelle zone di conflitto armato. Siamo tutti consapevoli che l’adozione di una serie di strumenti nel campo del disarmo è stata possibile solo a livello di minimo comune denominatore. Il “realismo” invocato per convincere quanti desiderano strumenti più vigorosi è la promessa dell’attuazione in buona fede, che sarebbe un servizio prezioso ai paesi in conflitto.

Signor Presidente,

Il V Protocollo non è sfuggito a questa logica. Al fine della credibilità, e per mantenere le porte aperte alle negoziazioni e all’adozione di altri strumenti in futuro, è importante che tutti gli Stati parte prendano sul serio l’attuazione di questo strumento nelle sue dimensioni sia di prevenzione, sia di rimedio. I molti recenti conflitti in Medio Oriente, Africa, Africa settentrionale ed Europa, ci ricordano le nostre responsabilità riguardo ai residuati bellici esplosivi e ordigni abbandonati. Al di là della sicurezza dei civili, stiamo assistendo a una destabilizzazione nazionale e regionale a causa della mancanza di sicurezza e di controllo delle scorte, che la comunità internazionale non è in grado di prevenire né è sufficientemente preparata a farlo. Gli Stati parte hanno la responsabilità di evitare che il V Protocollo diventi un testo incapace di prevenire e di rimediare. In questo contesto, l’attuazione dell’Articolo 4 del Protocollo si rende ancor più necessaria. Senza il rigoroso rispetto di tale articolo, sarebbe impossibile osservare gli altri provvedimenti di questo Protocollo. Dobbiamo continuare a condividere con il Comitato Internazionale della Croce Rossa, gli altri Stati parte e diverse Organizzazioni non governative (Ong), la stessa preoccupazione riguardo l’attuazione dell’Articolo 4.

È vero che la responsabilità principale spetta allo Stato colpito. Tuttavia, la cooperazione internazionale è anche un dovere. Quasi tutti i conflitti attuali coinvolgono attori nazionali, regionali e internazionali, attori statali e attori non statali. Occorre anche ricordare che la maggioranza dei paesi in conflitto è costituita da paesi in via di sviluppo, i quali non sempre hanno i mezzi sufficienti per superare le conseguenze del conflitto armato sul loro suolo.

Signor Presidente,

Il successo della collaborazione tra Stati, organizzazioni internazionali e ONG in diverse aree del disarmo è ben consolidato. La CCW, compreso il V Protocollo, ha sempre aperto le proprie porte alla partecipazione della società civile e delle sue organizzazioni. Tutti noi traiamo profitto dalla professionalità e dalla competenza di queste organizzazioni. Riteniamo che debbano continuare ad avere un posto e una voce in questo luogo, e un ruolo da svolgere nella cooperazione internazionale e nella prevenzione e nel rimedio ai danni causati dai residuati bellici esplosivi.

Signor Presidente,

Le guerre e i conflitti armati sono sempre un fallimento della politica e dell’umanità. Il diritto umanitario internazionale deve mantenere questa dimensione umana fondamentale per rendere possibile la coesistenza a livello nazionale e internazionale. Quando la comunità internazionale non riesce a mantenere la pace, non dovrebbe accettare un secondo fallimento. Il V Protocollo è un modesto tentativo per impedire che, una volta terminato il conflitto, persone innocenti diventino vittime. L’adempimento non è solo un obbligo giuridico. È in primo luogo un dovere morale verso le persone e un dovere politico per riportare la pace.

La ringrazio, Signor Presidente.