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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
IN OCCASIONE DELL'INCONTRO ANNUALE DEGLI STATI ADERENTI ALLA
CONVENZIONE SULLA PROIBIZIONE E LA LIMITAZIONE DELL'USO DI ALCUNE ARMI CONVENZIONALI
CHE POSSONO ESSERE CONSIDERATE ECCESSIVAMENTE DANNOSE O AVENTI EFFETTI INDISCRIMINATI (CCW)

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
E ISTITUZIONI SPECIALIZZATE

Ginevra
Giovedì, 13 novembre 2014

 

Signor Presidente,

Anzitutto desidero congratularmi con lei per aver assunto la presidenza e per tutto il lavoro preparatorio, volto a rendere il nostro incontro il più produttivo possibile.

Signor Presidente,

Nel contesto di questo incontro annuale della Ccw, desidero sollevare diverse questioni importanti che, ritengo, la Ccw dovrebbe prendere in considerazione.

In primo luogo, ringrazio la Presidenza francese per l’eccellente lavoro che ha reso possibile l’incontro informale dello scorso maggio per concludere il lavoro sui sistemi di armi letali autonome. È un tema di grande importanza per la mia Delegazione, ed è di più ampia portata rispetto alla Ccw, dove il nostro principale interesse sono lo sviluppo e il rispetto del diritto umanitario internazionale. L’automazione della guerra, e quindi il rischio della sua disumanizzazione, dovrebbe spingere gli Stati parte a una riflessione più profonda e, infine, alla decisione di mettere in atto le indispensabili misure necessarie. Una valutazione dal solo punto di vista militare sarebbe falsamente riduttiva. È indispensabile un approccio globale: scientifico, legale, culturale, economico, etico e umanitario. La Santa Sede ha espresso la sua posizione sulla questione durante l’incontro informale. Non la ripeterò ora. Tuttavia, desidero ribadire il nostro desiderio che il mandato relativo a tale questione venga rinnovato tenendo conto dell’importanza di conservare una traccia ufficiale delle dichiarazioni, dei documenti, dei dibattiti e delle discussioni.

Signor Presidente,

La seconda questione che desidero sollevare è quella dell’uso delle armi esplosive in aree popolate. Oggi assistiamo a numerosi conflitti, la stragrande maggioranza dei quali si svolge in aree urbane. Con la crescente urbanizzazione della popolazione mondiale, la tendenza delle guerre urbane aumenterà. Come proteggere le popolazioni civili? Che cosa dovremmo fare per salvaguardare le infrastrutture civili, indispensabili per la sussistenza di grandi comunità? L’attuale diritto umanitario internazionale è sufficiente? Se non lo è, come possiamo completarlo e adattarlo? La cosa certa che emerge dalle osservazioni e dai dati attualmente disponibili è che le popolazioni civili sono le prime vittime dei conflitti. Spesso non hanno protezione: milioni di rifugiati e di persone dislocate, per la maggior parte vittime civili, tra cui molte donne e bambini; la distruzione totale o parziale di numerosi centri urbani; lo sconvolgimento totale della vita sociale, accademica, economica e politica; l’inasprimento dell’odio e dei sentimenti di vendetta, che rende più difficile, se non impossibile, il ripristino della pace e la ricostruzione nazionale. Ritengo che una questione fondamentale riguardi tutti gli Stati parte: la Ccw ha qualcosa da dire e da fare in una tale situazione? Per la credibilità e l’integrità della Convenzione e per il rispetto delle numerose vittime, vorrei suggerire di inserire questa domanda nell’agenda della Ccw.

Signor Presidente,

La terza e ultima questione che desidero sollevare è quella dell’uso di droni armati. La Santa Sede è intervenuta all’incontro del 2013 dedicando il suo intervento esclusivamente al tema dei droni armati. Il fatto di aver adottato un mandato relativo ai sistemi di armi letali autonome non dispensa la Ccw dal discutere in modo appropriato sulla complessa questione dell’uso di droni armati. Stiamo assistendo a una certa proliferazione di questa tecnologia e al suo crescente utilizzo in diversi conflitti. Le sfide sono molteplici e collegate al diritto umanitario internazionale, ai diritti umani e al diritto internazionale. Le implicazioni etiche non sono irrilevanti. La scelta dell’indifferenza dinanzi a tale questione è controproducente. Il fatto di non affrontare i problemi al momento giusto può avere conseguenze disastrose e renderli quasi irrisolvibili, come c’insegna l’esperienza in altri ambiti. La Ccw ha ancora tempo per interessarsi ai droni prima che essi diventino un’altra fonte di grande destabilizzazione, mentre la comunità internazionale ha più che mai bisogno di stabilità, cooperazione e pace.

La ringrazio, Signor Presidente.