Index

  Back Top Print

INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
ALLA RIUNIONE PLENARIA DEL SEGMENTO D'ALTO LIVELLO
DELLA CONFERENZA DELLE NAZIONI UNITE SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO JAMES PATRICK GREEN,
NUNZIO APOSTOLICO, CAPO DELEGAZIONE

Lima, Perù
Mercoledì, 10 dicembre 2014

 

Signor Presidente,

In questo momento decisivo nella storia dei negoziati sul clima siamo arrivati al punto in cui dobbiamo superare l’inazione. Come ha detto Papa Francesco nel suo Messaggio alla nostra Conferenza, le questioni delle quali stiamo discutendo incidono «su tutta l’umanità, in particolare i più poveri e le generazioni future [...]. [S]i tratta di una grave responsabilità etica e morale [...]. Possiamo trovare soluzioni adeguate soltanto se agiremo insieme [...]. Esiste pertanto, un chiaro, definitivo e improrogabile imperativo etico di agire».

Più attenderemo, più il costo sarà alto; più vittime soffriranno per la nostra inerzia e il peso maggiore graverà sui più vulnerabili, i popoli più poveri e le generazioni future: a essere in questione, qui, è il rispetto dei loro diritti umani fondamentali.

La nostra terra è oggetto della nostra preoccupazione costante ed esige da noi costante attenzione. Non siamo i padroni della natura, bensì i suoi custodi. Dobbiamo rispettarla, «invece siamo spesso guidati dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non la “custodiamo” [...], non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura» (Papa Francesco, Udienza Generale, 5 giugno 2013). «Rispettare l’ambiente significa però non solo limitarsi ad evitare di deturparlo, ma anche utilizzarlo per il bene» (Papa Francesco, Discorso al Parlamento Europeo, 25 novembre 2014).

La Delegazione della Santa Sede ha sollecitato ripetutamente una volontà politica chiara e ferma di accordarsi su un’azione tangibile e concreta e ha esortato ad adottare misure comuni vincolanti e budget adeguati per un’azione efficace e sostenibile di mitigazione e adattamento, nonché di condivisione delle tecnologie e delle conoscenze. Le basi operative necessarie a favorire questa responsabilità reciproca sono già disponibili o alla nostra portata.

Il problema fondamentale del riscaldamento globale è indissolubilmente legato alla ricerca di uno sviluppo umano integrale autentico. Possiamo realizzare due obiettivi collegati tra loro: combattere la povertà e alleviare gli effetti del cambiamento climatico. Come custodi della natura possiamo imparare molto dai segnali che essa ci invia. L’interesse e la preoccupazione per la nostra casa comune ci rendono consapevoli del fatto che apparteniamo a un’unica famiglia umana interdipendente. Le decisioni e il comportamento di un membro di questa famiglia hanno conseguenze profonde per tutti gli altri. Non ci sono confini, né barriere politiche, sociali o geografiche al riparo delle quali isolarsi. Non c’è spazio per la globalizzazione dell’indifferenza, l’economia dell’esclusione o la cultura dello scarto tanto spesso denunciata da Papa Francesco (cfr. Sua Eminenza il Cardinale Pietro Parolin, Discorso al Summit sul clima delle Nazioni Unite, 23 settembre 2014).

Papa Francesco avverte che «[l]a lotta efficace contro il riscaldamento globale sarà possibile unicamente attraverso una risposta collettiva responsabile, che superi gli interessi e i comportamenti particolari e si sviluppi libera da pressioni politiche ed economiche. Una risposta collettiva che sia anche capace di superare la sfiducia e di promuovere la cultura della solidarietà, dell’incontro e del dialogo; capace di mostrare la responsabilità di proteggere il pianeta e la famiglia umana», assicurando che le generazioni presenti e future abbiano la possibilità di vivere in un ambiente sicuro e degno. È questa la grande sfida da affrontare, non solo per la Conferenza ma per tutta l’attività umana.

Giustizia, rispetto ed equità sono alla base di questa cultura.

Se rimaniamo inerti dinanzi al cambiamento climatico, anche prima di redigere un nuovo accordo, già violiamo l’equità, che è uno dei principi centrali della Convenzione. Manca solo un anno alla cop21 di Parigi, dalla quale il mondo si aspetta una risposta sotto forma di un nuovo Trattato sul clima. Non siamo stati capaci di dare questa risposta nel 2009, quando a Copenaghen non siamo riusciti a raggiungere un accordo.

Il quinto Rapporto di valutazione dell’ipcc, pubblicato lo scorso ottobre, evidenzia ancora una volta che l’azione è estremamente urgente e sottolinea i pericoli dell’inazione. Cerchiamo di lavorare insieme per il bene comune, piuttosto che puntare il dito l’uno contro l’altro e dare agli altri la responsabilità. Per questo occorre la collaborazione piena, responsabile e attenta di tutti, secondo le proprie possibilità e circostanze.

Signor Presidente,

Le soluzioni tecniche sono necessarie, ma non sufficienti. Dobbiamo anche considerare quel fattore centrale che è l’educazione: un’educazione volta a favorire nei bambini e negli adulti un senso di responsabilità verso schemi di sviluppo solidi dal punto di vista ambientale, la custodia del creato e la solidarietà tra le persone. L’attuale stile di vita, con la sua cultura dello scarto, è insostenibile e non deve avere spazio nella nostra vita. La Santa Sede continua a dare importanti contributi a questo riguardo. In tutto il mondo, numerose istituzioni educative cattoliche sono impegnate a promuovere questa educazione alla responsabilità ambientale, che dovrebbe essere sempre più ancorata nel rispetto per l’“ecologia umana”. Inoltre, le Conferenze episcopali, le diocesi, le parrocchie e le Ong confessionali si dedicano da anni ad appoggiare e a gestire programmi ecologici.

La Santa Sede spera che tutti si uniscano nell’adottare un approccio olistico ambizioso per assicurare lo sviluppo integrale di tutte le persone, i Paesi e lo stesso creato.

Grazie, Signor Presidente.


* L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n. 293, Mer. 24/12/2014.