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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELLE NAZIONI UNITE

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO BERNARDITO AUZA,
NUNZIO APOSTOLICO, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'O.N.U. A NEW YORK *

New York
Mercoledì, 25 marzo 2015

 

Signor Presidente,

Prima di tutto vorrei congratularmi con lei per la sua presidenza in questo mese e per aver organizzato questo dibattito aperto sui bambini nei conflitti armati.

Il dibattito odierno giunge in un momento in cui il consenso internazionale sui mali dell’uso dei bambini come soldati nei conflitti armati non solo ha portato a condannare tali mali moralmente, ma ha anche indotto i vari attori in tutto il mondo ad affrontarli più vigorosamente sul terreno. Il crescente uso da parte di gruppi terroristi, e di altri attori non statali, di bambini nei conflitti armati dimostra l’urgente bisogno di un nuovo consenso internazionale per fronteggiare questo crimine e per rinnovare la volontà della Comunità Internazionale di affrontare tale piaga.

Il 2014 è stato l’anno peggiore nell’era moderna per l’uso dei bambini come soldati nei conflitti armati. Solo in Siria e in Iraq abbiamo visto più di 10.000 bambini obbligati e forzati a diventare bambini soldato. Mentre il mondo cerca soluzioni, dobbiamo tutti fare il primo passo e affermare uniformemente che il reclutamento e l’uso di bambini nei conflitti armati non è solo una grave violazione dei diritti internazionali umanitari e umani, ma è anche un male abominevole che va condannato. Questa affermazione non deve essere fatta solo dai Governi, ma da tutti i leader sociali, politici e religiosi.

Signor Presidente,

La crescente influenza degli attori non statali in regioni del mondo costituisce per questo Consiglio e la comunità mondiale una sfida sempre più grande, che richiede nuovi strumenti e nuovi sforzi per essere affrontata. È per questo motivo che i fondatori delle Nazioni Unite hanno dato a questo Consiglio la «responsabilità del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali» (Carta delle Nazioni Unite, art. 24.1). Questa missione fondamentale non permette e non deve permettere alla comunità internazionale di voltare le spalle ai conflitti in nome di interessi politici nazionali o di dissensi geopolitici con altri Paesi. Tale responsabilità è affidata a questo Consiglio da tutti i membri delle Nazioni Unite, affinché si preservi la nozione fondativa di governance e si sostenga la responsabilità di proteggere.

Tale responsabilità non solo chiede ai Governi nazionali di proteggere i loro cittadini, ma sollecita anche la comunità internazionale a intervenire quando i Governi nazionali sono incapaci o non sono disposti a proteggere le loro popolazioni. Nel caso di attori non statali che reclutano con la forza e usano bambini soldato in tutto il mondo o che commettono brutali violenze contro minoranze religiose ed etniche, quando lo Stato non è disposto o è incapace di affrontare tali atrocità, è responsabilità di questo organismo fornire, una volta esauriti tutti gli altri strumenti e mezzi, gli strumenti militari necessari a proteggere i cittadini da simili aggressori disumani.

In ogni modo, le soluzioni all’utilizzo dei bambini nei conflitti armati non si possono limitare all’uso della sola forza. Piuttosto il primo passo consiste in un rinnovato impegno nell’affrontare situazioni umanitarie, sociali, politiche ed economiche che portano ai conflitti in cui vengono usati i bambini soldato. A tale riguardo, le comunità religiose possono svolgere un ruolo fondamentale nel servire le comunità colpite, reintegrando gli ex bambini soldato e offrendo uno strumento per il dialogo. Le comunità religiose hanno anche la responsabilità di garantire che quelle organizzazioni che cercano di giustificare l’uso dei bambini soldato per perseguire obiettivi ideologici motivati da visioni distorte della fede e della ragione siano giustamente condannate e denunciate.

Mentre la comunità internazionale svolge un ruolo importante nel sostenere gli Stati in questa fondamentale responsabilità di proteggere i propri cittadini, deve altresì essere certa di interagire con la comunità locale affinché le soluzioni ai bambini soldato e ai conflitti possano anche emergere in modo organico e si promuova la partecipazione locale. Costruire la pace richiede disponibilità al dialogo anche quando il conflitto ha seminato odio e sfiducia.

La soluzione alla piaga dei bambini soldato esige anche sensibilità, al fine di trovare modi per reintegrare questi bambini nelle loro comunità. Quando siamo testimoni di atti barbarici che vanno al di là di ogni immaginazione, commessi anche da soldati bambini, dobbiamo ricordarci che quei bambini vengono sfruttati e manipolati fino a diventare quello che sono. Perciò, mentre il loro reinserimento nella società esige che riconosciamo che hanno commesso atrocità, dobbiamo allo stesso tempo creare percorsi di assistenza e di riconciliazione al fine di compiere pienamente tale reintegrazione.

Signor Presidente,

La comunità internazionale ha già molti degli strumenti necessari per affrontare l’uso dei bambini soldato. Mancano però la volontà politica e il coraggio morale per compiere i passi necessari per far fronte a questa sfida. Poiché i bambini vengono sequestrati fin dalla scuola per essere schiavizzati, poiché sono costretti a diventare attentatori suicidi e poiché vengono drogati e torturati per fare di loro dei bambini soldato, quanto tempo dovrà passare prima che smetteremo di distogliere il nostro sguardo?

Grazie, signor Presidente.

 


* L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n. 073 30-31/03/2015.