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XXIV CONSIGLIO MINISTERIALE DELL’ORGANIZZAZIONE PER LA SICUREZZA
E LA COOPERAZIONE IN EUROPA (OSCE)

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO PAUL RICHARD GALLAGHER,
SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI

[Vienna, 7 - 8 dicembre 2017]

 

Signor Presidente,

Vorrei iniziare trasmettendo a questo ventiquattresimo incontro del Consiglio ministeriale i migliori voti augurali di Sua Santità Papa Francesco, che assicura l’intera famiglia dell’Osce della sua vicinanza e delle sue preghiere.

Desidero inoltre esprimere la gratitudine mia e della mia Delegazione al Presidente in carica, Sua Eccellenza Sebastian Kurz, Ministro federale per l’Europa, l’Integrazione e gli Affari Esteri della Repubblica d’Austria, come anche all’intera Presidenza austriaca dell’Osce in carica per il 2017, per gli sforzi compiuti durante quest’anno e per la sua generosa ospitalità in questi giorni nella città di Vienna. Speriamo che lo «spirito diplomatico», che trae il suo nome da questa capitale, possa guidare le nostre deliberazioni verso un esito positivo.

Sfide e opportunità rinnovate

L’anno in corso ha confermato che sono numerose le sfide alla sicurezza e alla stabilità che gli Stati partecipanti all’Osce devono affrontare, tra cui i conflitti protratti — congelati — che risalgono a decenni fa, i conflitti più recenti — non meno gravi — e gli attacchi terroristici, come anche altri episodi di violenza alimentati dal Verlt («estremismo violento e radicalizzazione che conducono al terrorismo»). La Santa Sede è preoccupata dinanzi a ciò che considera un indurimento dei cuori verso «lo straniero» (cfr. Papa Francesco, Messaggio per la 104ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018, 15 agosto 2017), specialmente verso i migranti e i rifugiati, ma anche verso quanti diventano vittime di ingiusta discriminazione a causa di «razza, sesso, lingua o religione» (Atto finale di Helsinki).

Occorre poi riconoscere che ci sono alcune sfide interne alla nostra Organizzazione. Le difficili discussioni sulla nomina dei quattro alti funzionari, unite alle sfide costanti all’adozione tempestiva del budget annuale unificato e al necessario progresso riguardo alla revisione delle scale contributive dell’Osce e al quadro giuridico dell’Organizzazione, mostrano chiaramente che non tutto è come dovrebbe essere nel lavoro e nell’attività quotidiana dell’Osce.

Tuttavia, anche se le sfide sono tante e le probabilità di successo non sembrano alte, sono lieto di confermare ancora una volta che la Santa Sede crede nell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. L’Osce può e deve svolgere un ruolo decisivo nel dare sicurezza e stabilità nella sua area e anche oltre, fedele alla propria natura e missione come organizzazione per la sicurezza regionale. Il suo vasto acquis di impegni adottati consensualmente e la sua cassetta degli strumenti per la prevenzione e la risoluzione di conflitti, che non è seconda a nessuno, consentono ai 57 stati partecipanti di analizzare, discutere e affrontare le sfide.

La fiducia della Santa Sede nell’Osce si fonda sulla sua incessante adesione al «vangelo della pace» (Ef 6, 15) e sulla sua proclamazione dello stesso. Questo significa che la Santa Sede è sempre pronta a cooperare con tutte le autorità nazionali e internazionali, come anche con tutte le altre parti e i portatori d’interessi, nel salvaguardare l’immenso bene universale che è la pace. Come ha affermato Papa Paolo VI, «la pace non si costruisce soltanto con la politica e con l’equilibrio delle forze e degli interessi, ma con lo spirito, con le idee, con le opere della pace» (Papa Paolo VI, Discorso all’Organizzazione delle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965). Di fatto, la costruzione e il consolidamento della pace sono un dovere morale, una responsabilità urgente che deve essere rafforzata con una cultura di fiducia costruita sul dialogo autentico.

Come ha osservato Papa Francesco, la conquista della pace esige qualcosa di più fondamentale della semplice rimozione delle armi: «Per conquistare il bene della pace occorre anzitutto educare ad essa, allontanando una cultura del conflitto che mira alla paura dell’altro» (Papa Francesco, Discorso al Consiglio d’Europa, 25 novembre 2014). Pertanto, la mia Delegazione sostiene che la sicurezza sarà effettiva e duratura solo se le iniziative per il controllo delle armi e per la prevenzione e la risoluzione dei conflitti, che sono proprie dell’Osce, andranno di pari passo con gli opportuni progressi più ampi in ciascuno dei tre cesti dell’Organizzazione.

Centrale al progresso della pace è la comprensione reciproca, che esige prima di tutto e anzitutto una valutazione realistica della situazione attuale della divergenza o del conflitto, al fine di affidarne la soluzione al dialogo paziente e costruttivo. Ciò richiede sacrificio da parte dei partecipanti, per assicurare il successo delle opzioni migliori. Se il dialogo appare meno glorioso della lotta sul campo di battaglia, il suo risultato — una pace giusta e duratura — è però molto più vantaggioso per ogni singola parte coinvolta, incluse le migliaia o addirittura i milioni di persone che potrebbero essere colpite, direttamente o indirettamente, da un conflitto armato.

L’approccio comprensivo alla sicurezza e il dialogo inclusivo, aperto e trasparente che caratterizzano l’Osce, sono fondamentali per la Santa Sede e continuano a essere una delle ragioni principali per il nostro impegno costante, inizialmente con la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce) e poi in seguito con l’Osce. La natura politica dell’Organizzazione e le sue regole decisionali si sono dimostrate un grande punto di forza e hanno permesso ai 57 Stati partecipanti di raggiungere un consenso su numerose questioni che altrimenti sarebbe stato semplicemente impossibile risolvere. Tuttavia, affinché l’approccio comprensivo alla sicurezza diventi una realtà, deve essere la fiducia il principio chiave nel progresso delle relazioni tra Stati, e certamente anche tra gli Stati partecipanti all’Osce. La mia Delegazione è convinta che senza una comprensione adeguata di questa realtà, date le numerose sfide, la nostra Organizzazione incontrerà grandi difficoltà nel trovare le soluzioni necessarie e le vie per andare avanti.

La dimensione umana della sicurezza comprensiva

Dall’Atto finale di Helsinki (hfa), i diritti umani universali e le libertà fondamentali sono stati riconosciuti come «fattore essenziale della pace, della giustizia e del benessere necessari ad assicurare lo sviluppo di relazioni amichevoli e della cooperazione fra loro, come fra tutti gli Stati» (Atto finale di Helsinki). La filosofia etica dell’Atto finale di Helsinki si occupa, e giustamente si preoccupa, dell’elemento umano della pace e delle relazioni internazionali. Per questo la Santa Sede desidera evidenziare ancora una volta la centralità del «terzo cesto», al fine di sviluppare, tanto tra gli Stati partecipanti quanto tra tutti gli altri Stati, relazioni amichevoli e cooperazione che rispecchino la complementarità, l’interdipendenza e il mutuo rafforzamento tra i diritti umani e le libertà fondamentali da un lato, e la sicurezza dall’altro.

La sicurezza e la cooperazione tra Stati possono essere sostenute solo se si basano non sull’abilità politica e strategica, ma sulla giustizia, la solidarietà e il rispetto per i diritti umani universali e le libertà fondamentali. Se vogliamo cercare la vera pace, l’inerente dignità di ogni persona umana, dalla quale derivano i suoi diritti inalienabili, deve rimanere il nostro punto di partenza. Di certo, i diritti umani e le libertà fondamentali non possono essere scissi dal dovere di ogni cittadino di rispettare i diritti altrui e di cooperare per il bene comune. I diritti senza corrispondenti doveri non sono affatto diritti.

La mia Delegazione desidera anche ricordare che tutti i firmatari dell’Atto finale di Helsinki si sono impegnati a riconoscere l’importanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali e hanno l’obbligo di attuare i relativi impegni, con l’assistenza delle strutture dell’Osce, in linea con i loro mandati. A tale riguardo, la Santa Sede continua a essere fiduciosa che l’Osce e le sue strutture dedicheranno le proprie energie, gli sforzi e le risorse a perseguire gli impegni che sono già stati presi, molti dei quali devono ancora essere attuati, tenendo presente che l’«interpretazione» unilaterale o non basata sul consenso non può essere utilizzata in modo tale da portare a emendamenti, annullamenti o modifiche sostanziali degli impegni Osce esistenti. D’altro canto, sarebbe consigliabile riconoscere che gli inviti ad ampliare gli impegni dell’Osce, senza riconoscere l’approccio specifico dell’Organizzazione, potrebbero portare a una diluizione dei suoi programmi e dei suoi progetti, come anche alla possibile duplicazione di attività di altre organizzazioni.

Per concludere, desidero rinnovare i miei ringraziamenti alla Presidenza austriaca per la sua leadership e per gli sforzi compiuti nell’ultimo anno, ed esprimo i miei sentiti auguri di successo alla Presidenza italiana entrante, assicurando al contempo la costante cooperazione e il sostegno della Santa Sede.

Grazie, Signor Presidente.