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ORDINAZIONE EPISCOPALE DI DON RAFFAELE FARINA,
PADRE GIANFRANCO GIROTTI E MONS. ANTÓNI STANKIEWICZ

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Basilica di San Pietro
Sabato 16 dicembre 2006

 

Cari fratelli nel Signore!

Da ormai tre settimane, in questo tempo d'Avvento, stiamo vivendo in un clima di soffusa letizia nell'attesa della nascita del Redentore. La terza domenica è poi interamente caratterizzata da un forte e ripetuto invito alla gioia. È la domenica della gioia, la domenica detta «Gaudete» per via dell'antifona iniziale della Santa Messa, che si apre con queste parole: «Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino». Il lieto annuncio che dà il tono alla festa, la ragione per cui bisogna essere lieti, è che «il Signore è vicino»; «viene in mezzo a noi il Dio della gioia»; «viene a salvarci».

Come restare insensibili dinanzi a questa persistente esortazione a gioire? Ma di quale gioia però si tratta? Non certo di quel rumoroso e superficiale sentimento che si confonde con i momentanei ed effimeri piaceri della vita. La gioia proclamata dalla parola di Dio è ben altra cosa: nasce nel profondo del cuore e lo riempie di pace;  è serenità e sicurezza interiore che né il dolore può sommergere, né possono spegnere le prove, le tentazioni, la solitudine e ogni altra difficoltà purtroppo inevitabili su questa terra. Più che assenza di ansie e dolori, la gioia cristiana che canta l'odierna liturgia, scaturisce dalla certezza dell'amore di Dio e del futuro glorioso riservato a chi in lui totalmente confida. A ben vedere, la causa profonda della gioia del cristiano autentico è la consapevolezza che Cristo abita nel suo cuore, diventato tempio vivo della Trinità. Chesterton chiama questo tipo di gioia «il segreto gigantesco del cristiano».

È in questo clima di gioia che si inserisce oggi il rito di Ordinazione di tre nuovi Vescovi: Don Raffaele Farina, della Famiglia religiosa salesiana, Padre Gianfranco Girotti, dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, e Mons. Antoni Stankiewicz, del clero della diocesi di Zielona Góra-Gorzów Wlkp, in Polonia. A ciascuno di essi ed a quanti fanno loro corona in questa solenne celebrazione rivolgo un cordiale e fraterno saluto. Da diversi anni questi benemeriti servitori della Sede Apostolica ricoprono incarichi di grande responsabilità rispettivamente nella Biblioteca Apostolica Vaticana, nella Penitenzieria Apostolica e nella Rota Romana.

Don Raffaele Farina,  ha svolto una intensa attività di ricercatore; prima come professore universitario, poi come Rettore di università e infine come Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana. È stato sulla frontiera del dialogo tra fede e cultura, tra la Chiesa e la storia, portando un significativo contributo con i suoi scritti e con una fitta rete di relazioni. Come Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana promuove la presenza di questa grande istituzione nel mondo della cultura e della ricerca, per l'approfondimento dei temi più significativi e incisivi e per sostenere il pensiero forte ispirato dalla rivelazione cristiana.

Padre Gianfranco Girotti, dopo una lunga e fruttuosa attività nella Congregazione per la Dottrina della Fede, come Capo Ufficio e poi come Sottosegretario, è stato chiamato a svolgere il compito di Reggente della Penitenzieria Apostolica, luogo dove si esercita lo speciale ministero che manifesta la paternità e la misericordia del Signore. Compete infatti alla Penitenzieria Apostolica concedere le sanzioni, ove necessario, ma anche le assoluzioni, le dispense, le commutazioni, i condoni ed altre grazie. Ministero questo sommamente necessario nella Chiesa e nella società di oggi così pronta a giudicare le colpe e a stigmatizzare le persone, ma non facile a perdonare.

Mons. Antoni Stankiewicz come Decano del Tribunale della Rota Romana si prende cura di quella forma di vita a due, consacrata dal grande sacramento del matrimonio (sacramentum magnum), a fondamento della famiglia e quindi della società, e tutela i diritti delle persone anche nelle situazioni più intricate e più complesse della vita odierna. È compito difficile e delicato e quanto mai necessario, che richiede alto senso della giustizia e del rispetto delle persone, unito al dovere di adeguarsi alla verità sul matrimonio, così come essa è rivelata dal Signore ed insegnata dalla Chiesa.

Il Santo Padre ha voluto elevarli alla dignità episcopale. In forza dell'Ordinazione, ricevendo la pienezza del Sacramento dell'Ordine, essi vengono costituiti membri del Corpo episcopale. Grande è la gioia per il dono ricevuto, e al tempo stesso la responsabilità ecclesiale che viene loro conferita. Per questo, mentre ci congratuliamo per la fiducia che il Sommo Pontefice ha riposto su questi nostri tre Fratelli nel Sacerdozio, li accompagniamo con la preghiera perché la missione episcopale che questa sera viene loro affidata sia colma di benedizioni.

Come successori degli Apostoli, essi sono costituiti Pastori della Chiesa, chiamati ad esercitare la triplice funzione profetica, sacerdotale e regale in forma specifica quali «maestri della dottrina» (doctrinae magistri), «sacerdoti del culto sacro» (sacri cultus sacerdotes), «ministri del governo»  (gubernationis ministri). La funzione di santificare è connessa con il dono spirituale dell'Episcopato e tradizionalmente indicata con la potestà di ordine; la funzione di insegnare e quella di governare vanno esercitate nella comunione gerarchica con il Capo del Collegio e con i suoi membri. Le tre funzioni del Vescovo — munus sanctificandi, munus docendi et munus regendi — vengono poste in luce dal rito stesso dell'Ordinazione. Tra poco scenderà su questi eletti lo Spirito Santo che Gesù ha donato ai Dodici e che i Dodici hanno a loro volta trasmesso ai loro successori, perché di generazione in generazione si perpetuasse il ministero apostolico attraverso l'ininterrotta successione dei Vescovi. Si tratta di un ministero «primario» indispensabile nella tradizione vivente della Chiesa, perché l'opera salvifica del Redentore continui e si sviluppi sino alla fine dei tempi. L'Episcopato — ascolteremo tra poco — è il nome di un servizio, non di un onore, «poiché al Vescovo compete più il servire che il dominare, secondo il comandamento del Maestro: chi è il più grande tra voi, diventi come il più piccolo, e chi governa come colui che serve».

Mi rivolgo ora a voi, cari fratelli che state per essere investiti di una così alta responsabilità. A voi chiederò di rinnovare la vostra decisa volontà di servire Cristo e la sua Chiesa. Vostro compito imprescindibile, voi lo sapete bene, sarà annunziare la Parola «in ogni occasione opportuna e non opportuna» (cfr 2 Tm 4, 2), attingendo, mediante un'incessante preghiera, l'indispensabile grazia, divina dalla pienezza di santità di Cristo.

Riflettendo sulla figura del Vescovo e sulla spiritualità di cui egli deve essere fornito, colpisce il fatto che la sua fecondità spirituale dipende molto dall'intensità della sua vita di unione con il Signore. La preghiera è per un Vescovo come il bastone al quale appoggiarsi nel suo cammino di ogni giorno.

Seguendo l'esempio del Buon Pastore, dovrete comportarvi da fedeli custodi e dispensatori dei misteri di Cristo, avendo cura del popolo cristiano. Segno distintivo del vostro ministero non potrà che essere l'amore di padre e di fratello verso quanti incontrerete; un amore che diventi fermento di comunione e di unità nella Chiesa; un amore che si traduca in accoglienza e bontà verso i poveri e i bisognosi con particolare premura per le pecore smarrite da ricondurre nell'ovile del Signore. A questo riguardo, mi pare opportuno ricordare quanto afferma sant'Agostino: «Il male che più di ogni altro devono evitare quelli che pascono le pecore di Cristo è quello di ricercare i propri interessi invece di quelli di Gesù Cristo, asservendo alle loro brame coloro per cui fu versato il sangue di lui». Per evitare questo rischio, aggiunge il santo Vescovo d'Ippona, i pastori devono restare uniti al divin Maestro e non temere le sofferenze e le incomprensioni, perché «il soffrire per Cristo è una gloria e un onore», e vincere ogni difficoltà con «la forza dell'amore verso colui che, essendo la nostra vita, ha voluto anche sopportare la morte per noi» (cfr In lo. ev. 123, 5).

Vorrei, infine, soffermarmi brevemente sulla pagina evangelica, che la liturgia propone alla nostra meditazione. Anche in questa terza domenica di Avvento il Vangelo di Luca ci presenta la figura austera e ieratica del profeta Giovanni Battista, che addita il Messia e invita a seguirlo. Alle folle che, toccate dalla sua predicazione, gli domandano che cosa fare, risponde che devono lasciarsi guidare dalla legge di Dio, la legge dell'amore, che ribalta ogni egoismo tra gli individui e i popoli. Giovanni è modello per ogni cristiano, per ogni apostolo chiamato, in questo nostro tempo, ad essere il «precursore», ad indicare cioè la strada che conduce a Cristo e a percorrerla egli stesso per primo con umiltà, coerenza, e totale dedizione sino al martirio, se necessario. Giovanni Battista sia sempre un esempio da seguire per voi, cari neo-Vescovi. Quanti vi incontreranno possano comprendere dalla vostra testimonianza che il Cristianesimo non è un'attività del tempo libero, ma è vivere e pensare in ogni momento come Gesù viveva e pensava.

Vi accompagni nel vostro ministero episcopale Maria, particolarmente presente in questo tempo di Avvento. Da Lei venga a voi «ogni motivo di speranza, di grazia e di salvezza» (cfr san Bernardo, Sermone sull'acquedotto, 5-6).

A voi consegno l'anello episcopale dono del Santo Padre, che ricorderà ogni giorno il dovere di fedeltà alla Chiesa, Sposa di Cristo. Concludo con la bella esortazione di Papa Benedetto XVI: «Ricevere l'anello sia dunque per voi come rinnovare il vostro “sì”, il vostro “eccomi”, rivolto al tempo stesso al Signore Gesù, che vi ha scelti e costituiti, e alla sua santa Chiesa, che siete chiamati a servire con amore sponsale».

 

 

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