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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IN RICORDO
DEL CARD. EDUARDO FRANCISCO PIRONIO IN OCCASIONE
DELLA GIORNATA DI STUDIO SULLA SUA FIGURA E LA SUA OPERA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE

Pontificio Ateneo "Regina Apostolorum" (Roma)
Martedì, 6 febbraio 2007


La Parola di Dio, che abbiamo ascoltato nelle tre Letture ora proclamate, ci invita a portare la nostra attenzione su alcuni aspetti fondamentali del sacro ministero, secondo l'Antico e Nuovo Testamento, per poterli poi riscontrare nella figura del Servo di Dio, il Card. Eduardo Francisco Pironio, di cui ricordiamo il nono anniversario della santa morte.

La Prima Lettura, presa dal Libro del Deuteronomio (10, 8-9), accenna al compito particolare dei figli di Levi nel popolo di Israele. Questo passo è stato splendidamente commentato dal Santo Padre Benedetto XVI in occasione del discorso per gli auguri natalizi alla Curia Romana. Vale la pena di citare qualche frase:

"Dopo la presa di possesso della Terra ogni tribù ottiene per mezzo del sorteggio la sua porzione della Terra santa e con ciò prende parte al dono promesso al capostipite Abramo. Solo la tribù di Levi non riceve alcun terreno: la sua terra è Dio stesso.

"Questa affermazione aveva certamente un significato del tutto pratico. I sacerdoti non vivevano, come le altre tribù, della coltivazione della terra, ma delle offerte. Tuttavia, l'affermazione va più in profondità. Il vero fondamento della vita del sacerdote, il suolo della sua esistenza, la terra della sua vita è Dio stesso. Il sacerdote può e deve dire anche oggi con il levita: "Dominus pars hereditatis meae et calicis mei". Dio stesso è la mia parte di terra, il fondamento esterno ed interno della mia esistenza.

"Questa teocentricità dell'esistenza sacerdotale è necessaria proprio nel nostro mondo totalmente funzionalistico, nel quale tutto è fondato su prestazioni calcolabili e verificabili. Il sacerdote deve veramente conoscere Dio dal di dentro e portarlo così agli uomini: è questo il servizio prioritario di cui l'umanità di oggi ha bisogno".

L'apostolo Paolo, nella seconda Lettura, riprendendo le immagini presenti nei vaticini dei profeti Geremia ed Ezechiele, ne vede la realizzazione nel ministero neotestamentario. "Ecco, verranno giorni, oracolo di Jahwe, nei quali concluderò con la casa di Israele una nuova alleanza... Porrò la mia legge nel loro intimo, la scriverò nel loro cuore" (Ger 31, 31-33).

"Vi darò un cuore nuovo, immetterò nel vostro intimo uno spirito nuovo ... Effonderò il mio spirito su di voi" (Ez 36, 26-27). "Voi siete la lettera di Cristo - dice san Paolo - redatta da noi, non con inchiostro, ma con lo spirito del Dio vivo, non su tavole di pietra, ma sui vostri cuori di carne". E dichiara di essere egli stesso "ministro della Nuova Alleanza, non della lettera, ma dello Spirito" (2 Cor 3, 3-6).

Ma l'anima, la spinta interiore del nuovo ministero la troviamo nel brano del Vangelo di Giovanni: l'amore che Dio Padre ha per Gesù suo Figlio, questi lo trasfonde nei suoi discepoli: "Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi": Gesù vuole che i suoi discepoli "rimangano" nell'amore che Egli ha per loro; ma questo è possibile solo se essi dimostrano di rispondere al suo amore, osservando quanto egli ha loro insegnato e comandato.

Questo reciproco rapporto di amore è fonte di gioia per Gesù, ed egli la trasmette con abbondanza ai suoi discepoli. La reciprocità di amore e di gioia, tra Gesù e i suoi, deve espandersi anche nei discepoli tra loro: amarsi gli uni gli altri, con lo stesso amore con il quale egli li ha amati. Allora si diventa "amici di Gesù" perché, attraverso la circolazione di amore, si fa l'esperienza profonda di Dio: è la conoscenza, in senso biblico, forte. L'amore e la conoscenza esperienziale di Dio sono alla base della missione: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi, perché andiate e portiate frutto" (Gv 15, 9-17).

La luce di questo nuovo ministero, guidato dallo Spirito Santo e come continuazione ed espansione dell'amore del Padre e del Signore Gesù nell'amore verso i fratelli, rifulge splendidamente nella vita e nella missione del Card. Eduardo Francisco Pironio.

Egli ha fatto della sua vita e del suo ministero un continuo atto di lode e di amore a Dio e ai fratelli, sostenuto da una fede incrollabile e da una gioiosa speranza.

"Magnificat": è la parola in cui egli raccoglie tutta la sua vita di uomo, di cristiano, di sacerdote, di Vescovo e di Cardinale. È quasi il ritornello della sua vita; è la parola che ripete nel Testamento ben tredici volte. Gli esce da dentro, piena di gratitudine, di gioia e di misericordia; parola di dolore, di tenerezza e di speranza:

- "Magnificat" per il dono della vita; per il dono inestimabile del battesimo;

- "Magnificat" per il sacerdozio, per l'episcopato: "Mi sono sentito straordinariamente felice di essere sacerdote e vorrei trasmettere questa gioia profonda ai giovani d'oggi... Il Signore mi ha voluto "padre, fratello e amico" dei sacerdoti, dei religiosi e religiose, di tutto il popolo di Dio. Ho voluto esser semplicemente presenza di "Cristo, speranza della gloria"... Rendo grazie al Signore per avermi fatto capire che il Cardinalato è una vocazione al martirio, una chiamata al servizio pastorale e una forma più profonda di paternità spirituale. Mi sento felice di essere martire, di essere pastore, di essere padre" (Dal suo Testamento spirituale).

Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nell'Omelia della Messa di suffragio del Cardinale, affermava: "Egli è stato testimone di quella fede coraggiosa, che sa fidarsi di Dio anche quando, nei disegni misteriosi della sua Provvidenza, consente la prova... L'esistenza del Cardinale è stata un cantico di fede al Dio della vita... Egli ha testimoniato la sua fede nella gioia, ...gioia di servire il Vangelo nei vari e onerosi compiti che gli furono affidati...".

Il Cardinale Pironio è stato per molti credenti presenza del Signore, trasparenza di vangelo, azione luminosa dello Spirito. Ha compiuto il bene, e la bontà ha reso feconda la sua vita. La sua presenza è stata sempre accompagnata da grande cordialità e semplicità. Ha suscitato simpatia e spontanea comunione; trasmetteva pace e gioia; con la parola infondeva forza e speranza soprattutto ai giovani, di cui è stato vero amico. Volgere a lui lo sguardo e il ricordo significa accogliere la sfida ad essere presenza del Signore nella società e nella Chiesa. Si tratta di farlo con occhio sereno e con ascolto attento, comunicativo e umile. Come ha fatto lui, che ha saputo stare nel centro senza essere al centro.

"La mia vita sacerdotale è stata sempre caratterizzata da tre grandi amori e presenze: il Padre, Maria Santissima, la Croce". E crediamo di non sbagliare se a questi tre amori ne aggiungiamo un quarto: la Chiesa.

Il Cardinale Pironio amò appassionatamente la Chiesa, popolo di Dio, mistero di comunione missionaria, come abitualmente la definiva. Diede la sua vita, e lavorò intensamente per una Chiesa "pellegrina, povera e pasquale", una Chiesa della gioia e della speranza, solidale con le tristezze e le sofferenze degli uomini, come la scoprì fin dal Concilio, una Chiesa madre che, come tale, insegna. È stato presente nel cuore della Chiesa con la sua santità personale, il suo ministero, il suo prestigio. In un mondo sempre più chiuso dall'egoismo e dalla violenza che nasce dall'odio, la Chiesa - diceva - è chiamata a dare testimonianza dell'amore e ad educare nuovamente gli uomini all'amore.

Pironio, uomo di Dio, irradiava la santità di Dio nella Chiesa. Che la luce di questa santità, riflessa sul volto e nella vita di testimoni come il Cardinale Pironio, continui a risplendere e ad illuminare il nostro cammino.

Accogliamo con riconoscenza al Signore il dono che ha fatto a noi, a tutta la Chiesa, nella persona, nella vita e nel ministero del Servo di Dio Card. Pironio, e nutriamo la speranza che presto la Santa Madre Chiesa voglia riconoscere la sua santità e proporlo come esempio di vita e intercessore presso Dio per tutti noi e per la Chiesa intera.

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