CON I PARTECIPANTI AL CONVEGNO NAZIONALE DEGLI ASSISTENTI DIOCESANI E PARROCCHIALI DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE Altare della Cattedra della Basilica Vaticana
Cari assistenti dell'Azione Cattolica, ho già ripetuto più volte alla Presidenza dell'Azione Cattolica Italiana la mia antica esperienza di giovane dell'Azione Cattolica a Ivrea e a Torino, e la mia stima per la forte tenuta della vostra associazione nelle diocesi di Vercelli e di Genova in cui sono stato Arcivescovo. Oggi è un piacere ritrovarmi in mezzo a voi per celebrare l'Eucaristia e per riflettere sulla Parola di Dio. Singolare e davvero straordinaria è la vocazione primigenia dell'uomo, secondo le parole del libro della Genesi che abbiamo or ora ascoltato: "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse". In questa coppia di verbi - coltivare e custodire (il creato) - è efficacemente raccolto e raccontato il senso della vita umana, secondo Dio. Certo, la creazione soffre le conseguenze del peccato dell'uomo, ma non cessa di trasmettere anche ai nostri giorni un senso stupendo di bellezza, di grandiosità, di incantevole armonia. Dalla perfezione del nostro corpo alle più impensabili specie animali che popolano il cielo, la terra ed il mare, dalle cime superbe dei monti alla vivacità straordinaria della nostra intelligenza, la creazione conserva traccia della sua condizione di origine: un giardino consegnato alle mani di Adamo per essere coltivato e custodito. Sono immagini molto efficaci, che indicano il compito di una vera opera "con-creativa" a noi affidata: il Creatore chiama noi sue creature ad accrescere la bellezza presente nel mondo, a portare a pieno sviluppo le potenzialità nascoste nella natura e nelle nostre stesse invenzioni. Non solo: Dio ci chiama a diventare custodi della bellezza del cosmo. Con quest'ultima parola - cosmo - i primi filosofi greci chiamarono l'universo, perché, come l'etimologia del termine conferma, vi riscontrarono bellezza, equilibrio e armonia. Il testo della Genesi, però, ci invita a fare un passo ulteriore e ci sprona al riconoscimento che l'ordine della creazione rimanda alla sua prima sorgente: l'essere frutto dell'amore di Dio. Senza il riconoscimento di questa priorità dell'amore di Dio, che ci precede e ci "pone" nella sua creazione, cancelliamo il senso autentico del nostro agire nel creato e nella storia. Solo alla luce dell'amore e della bontà di Dio invece si accende di significato la nostra esistenza nel mondo. In ciò si rivela anche la verità profonda del divieto di mangiare il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male. Il peccato dell'uomo, infatti, consiste nel non onorare tale ordine, anzi nello stravolgerlo, quindi nel misconoscere la propria condizione di custode e garante della creazione e nel volere "diventare come Dio" (cfr Gen 3). La storia della salvezza ci insegna che l'uomo ha purtroppo violato il comando divino. Adamo ed Eva, per primi, ma molti uomini e donne dopo di loro hanno preteso di allungare le loro mani sull'albero della conoscenza del bene e del male e, oscurando l'ordine della creazione, hanno tradito la nativa vocazione all'amore. Tale vocazione, tuttavia, si rinnova con ogni essere che viene al mondo: ogni figlio di Eva è accompagnato dalla promessa di diventare custode e garante del creato. Ma dove trovare sostegno per corrispondere ad una tale missione? Come riuscire a sfuggire alla voce del tentatore che insidia con le sue menzogne la fiducia nel Creatore? Come preservare lo sguardo e le mani dell'uomo dalla voglia di asservire il creato e non piuttosto di mettersi al servizio della sua promozione? La pagina del vangelo ci indica un sentiero decisivo: nessun uomo potrà essere all'altezza della sua irripetibile missione se non si dispone a coltivare e a custodire innanzitutto il proprio cuore. La cura del cuore è la via più adatta per un'umanità veramente all'altezza della sua vocazione. All'infuori di tale attenzione, le sue immense energie possono non solo venire vanamente disperse, ma addirittura diventare fonte di quel male che impoverisce e "inquina" il creato. La cura del cuore è il segreto di un'umanità che vuol divenire come Dio l'ha amata nel crearla e l'ha creata nell'amarla. Vorrei allora sottolineare quello che si intende con il termine cuore, sede della dignità intrinseca della persona, costituita dall'anima e dalla corporeità, dalla capacità di pensare e di amare, dall'essere uomini e donne, in cui si concentrano originali qualità umane tutte protese alla vita, alla realizzazione della felicità per la quale l'uomo è stato creato; creato a immagine e somiglianza di Dio. Rivolgendoci in particolare ai giovani possiamo dire loro ciò che scrivevo nel "Messaggio ai giovani" dell'Arcidiocesi di Genova (31 gennaio 2003): "Voi valete per la vostra naturale apertura alla verità, alla giustizia, alla solidarietà, alla pace, per la capacità di farvi domande di senso, interrogativi sui valori per cui valga la pena di vivere. Per ogni scelta che operate nella vita: il lavoro che assumete, l'amore di una vostra famiglia che avete o che vi preparate ad avere, la partecipazione alla vita sociale, la realizzazione di un ideale missionario, di vita consacrata, di prete: formate e custodite il vostro cuore" (cfr p. 7). E questo è un obiettivo fortemente atteso da Cristo e dalla Chiesa. "Un giovane può essere oggi genuino credente se si mostra testimone, se accetta una impostazione missionaria della sua condotta (negli ambienti di vita, scuola, università, lavoro, tempo libero) e si impegna a condividere con altri giovani, senza complessi e senza trionfalismi, le ragioni della propria speranza" (p. 12). Sarà questo un "volontariato dell'anima", che si tradurrà in un "volontariato reale", come connotazione qualificante la propria dignità di uomini e di cristiani. Durante il vostro Convegno avete approfondito il valore fondamentale della fede, e più precisamente avete assunto l'impegno di intensificare "La comunicazione della fede alle nuove generazioni". L'educazione alla fede delle nuove generazioni è un impegno di tutta la Chiesa, per il quale nessuna energia e risorsa debbono essere risparmiate. Ma ricordiamo sempre ciò che diceva Don Bosco: "l'educazione è cosa del cuore... e solo chi ha cuore... può portarla a termine". È certamente importante il tema della formazione che ha sempre contraddistinto il genio dell'Azione Cattolica e che la rende così cara agli occhi dell'intera comunità ecclesiale. Il Santo Padre, Benedetto XVI, all'Angelus dell'8 dicembre scorso, nell'occasione dell'annuale festa del rinnovo dell'adesione, ha incoraggiato l'Azione Cattolica "a sviluppare sempre più l'impegno formativo, affinché i suoi soci crescano in santità di vita e comunione ecclesiale e siano testimoni credibili di Gesù risorto, speranza dell'umanità". In verità è Cristo colui che veramente può aiutare l'uomo a coltivare e a custodire il suo cuore. È Cristo che dona quella luce che ci rende disponibili a riconoscere la bontà unica del Padre. È Cristo che dona quell'amore che sconfigge ogni tentazione di chiusura e di autocentramento. È Cristo che dona il suo stesso Spirito, che sostiene la nostra volontà di bene e ci rende forti contro gli assalti del male. L'eroico giovane di Azione Cattolica, Gino Pistoni di Ivrea, lo aveva capito bene. Prima di morire, ha ancora avuto la forza di scrivere sul suo sacchetto col suo sangue: "Offro la mia vita per l'Azione Cattolica e per l'Italia. Viva Cristo Re!". Il vostro fondamentale impegno educativo sia pertanto sempre generoso e appassionato, perché dall'incontro con Cristo le nuove generazioni possano rinnovare il loro amore per la vita, per la pace e la salvaguardia del creato.
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