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SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE DELL'ORDINAZIONE EPISCOPALE A MONS. CARLO CHENIS, S.B.D., NUOVO VESCOVO DI CIVITAVECCHIA-TARQUINIA
OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE Basilica romana di San Giovanni Bosco Sabato, 10 febbraio 2007
Uno spunto estremamente interessante ci è offerto dal brano evangelico del Buon Pastore: sia per raffigurare Dio con la veste di pastore del suo popolo, sia per nobilitare il pastore a segno dell'Amore di Dio per gli uomini. Dio ama paragonarsi al pastore sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento; e l'immagine delle catacombe, che rappresenta Gesù, buon pastore, con l'agnello sulle spalle, circondato dal gregge, posto dai primi cristiani sulle tombe dei loro defunti, bene esprime la figura di colui che riceve il gregge da custodire e difendere; riceve i pascoli, acque pure, erbe fresche, da frequentare; è attento con cuore riconoscente verso Colui che gli affida gregge e pascoli e insieme è attento con cuore misericordioso verso le pecore. Cristo ci ha dato una grande prova d'amore: è morto proprio quando gli uomini erano peccatori, per liberarli dal peccato. Ma l'amore di Cristo non si ferma ad un gesto, sia pur eroico. Con l'immagine del pastore Gesù afferma di andare in cerca di chi è smarrito e di voler accogliere in casa con gioia il figlio prodigo. È la forza del suo amore misericordioso che si effonde proprio là dove c'è più miseria, oltraggio e tradimento (Gv 13, 21). Questa Celebrazione Eucaristica è soffusa dunque della presenza inconfondibile e vivificante di Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, Buon Pastore. La prima formidabile verità che ci colpisce quando contempliamo la figura del Vescovo è proprio questa derivazione da Cristo, questo passaggio delle Sue potestà; questa Sua operante presenza. Anche nella cura pastorale il Vescovo è il prolungamento, la proiezione di Cristo pastore che conduce il suo popolo nella "sua via", manifestata dalla Sua Parola e dai segni dei tempi. Per questo siamo convenuti attorno all'altare, consapevoli che esso acquista per noi oggi tutto il suo significato di centro unificante; anzi, acquista il valore di simbolo di colui che ci ha ad uno ad uno invitati - Gesù Cristo stesso -. Rifacendomi all'immagine evangelica della porta dell'ovile dove sono custodite le pecore da pascere, ma anche dove possono essere condotte le altre pecore che non sono dell'ovile, ricordo che tra le pagine delle celebri Confessioni di Agostino, ve n'è una che racconta della sua venuta a Milano, come vincitore della cattedra di retorica. Tale venuta coincise con l'incontro con il grande Vescovo Ambrogio (vedi Libro V e Libro VI). Agostino si serve di una felicissima immagine per esprimere la disponibilità di Ambrogio nei confronti di ogni persona e il suo interessamento costante per le vicende della sua città. Scrive che la porta dello studio del Vescovo Ambrogio rimaneva sempre aperta per ricevere persone di ogni condizione ("non era proibito a nessuno di entrare"). Ma quando il Vescovo era libero da impegni, si dedicava con passione allo studio. Quella porta aperta dello studio del Vescovo Ambrogio mi è rimasta impressa come immagine esemplare per indicare la missione del pastore: la lettura, lo studio dei problemi e la riflessione insieme al dialogo con tutti, la preghiera e il silenzio della meditazione con l'accoglienza per tutti. La teologia medievale era solita distinguere due forme di magistero: quella del teologo, con il suo magisterium cathedrae, basato sulla riflessione e sulla competenza; e il magisterium del Vescovo-pastore, posto al servizio del popolo di Dio, dell'intera esperienza di fede nella Chiesa. Ma anche prima della teologia medievale, il Vescovo era contemporaneamente pastore e maestro, riassumendo in sé le due forme di ministero, come appunto Agostino, con ammirate locuzioni, riconosce nel Vescovo Ambrogio. Certamente il Vescovo Carlo, nell'esercizio del suo ministero, si lascerà guidare dalla carica di umanità propria del Buon pastore. C'è in lui un modo rigoroso ed insieme benevolo, di guardare alla realtà e alle persone. Lo sanno quanti hanno trovato in lui un amico, un fratello, un padre che li ha aiutati nelle diverse situazioni della vita. Chi ha lavorato con lui conosce la sua volontà di chiarezza e di lealtà nei rapporti con gli altri, l'impegno di una esplorazione intelligente dei problemi per pervenire ad una visione penetrante ed ampia degli stessi. L'amore paterno del Vescovo è assai esigente e richiede molta fortezza. Il suo esercizio non è facile: non può cedere per complessi innanzi alle opinioni dominanti, ad atteggiamenti di dannosa indulgenza, né può rinunciare alle proprie responsabilità personali. Deve proclamare il Vangelo in tutta la sua purezza e potenza, con tutte le sue esigenze. Deve difendere con animo vigilante ed indomito il deposito della fede. Deve tenere lontane contese e deviazioni che possono lacerare la sua Chiesa. Il Vescovo, come Cristo, è mandato ad essere testimone della Verità. Deve predicare Gesù Cristo e questi crocifisso (cfr 1 Cor 2, 2). Un Vescovo sa bene che non si deve prefiggere come scopo di raccogliere plausi e consensi: egli è fatto per servire la Verità. Nelle scelte di governo non serve se stesso e i propri interessi, ma solo il bene comune oggettivo in vista del conseguimento del fine definitivo. Mons. Carlo Chenis è stato docente di filosofia teoretica e di filosofia dell'arte presso l'Università Salesiana. Per la sua profonda competenza è stato nominato Segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. In essa ha profuso le sue doti di intelligenza, creatività e realismo pastorale. Ha sempre sottolineato come la comunità cristiana debba riconoscere in tali beni degli strumenti per realizzare le proprie finalità spirituali nel mondo: culto divino, evangelizzazione, catechesi e carità. La sua formazione teoretica nell'ambito del magistero più recente dell'arte sacra, e la sua amabilità hanno favorito l'opera di dialogo e di mediazione con il mondo degli artisti contemporanei. Nello stesso tempo, come Membro della Pontificia Commissione per l'Archeologia Sacra, ha saputo coltivare il fascino delle "memorie" dei primordi cristiani e il loro interesse pastorale, in particolare i siti catacombali, quali preziosi scrigni di un'apologetica che coinvolge vicini e lontani. Caro Vescovo Carlo, sii ora maestro, araldo, difensore della Verità; guida la Chiesa che il Sommo Pontefice ha affidato alle tue cure, sui sentieri della saggezza e della fedeltà al "depositum fidei", alla grande disciplina della Chiesa, alla sua perenne "Traditio", stando in ascolto di ciò che lo Spirito dice alle Chiese (cfr Ap 3, 13). Insieme al tuo originale stemma episcopale, hai scelto un bel motto: "Ratio et Fides in Caritate": da esso comprendiamo che, in conformità agli impegni assunti, intendi spendere te stesso al servizio della Verità nella carità perché cresca la comunione fra tutti quelli che credono in Cristo e sono uniti alla Sua Chiesa. È nella veneranda diocesi di Civitavecchia-Tarquinia, tua Chiesa particolare e tua Sposa, che sei successore degli Apostoli e che tieni le veci di Cristo. La figura di Gesù "Pastore e Vescovo delle nostre anime" (1 Pt 2, 25), sarà l'unico canone del tuo essere Vescovo che abbraccerà campi molto diversificati, verso l'interno ed esterno della Chiesa, verso i santi e i peccatori, nella celebrazione dei misteri e nell'amministrazione del vivere quotidiano. Ed ora, per concludere, oltre al grazie sincero, mi sia consentito esprimere un augurio: che, sull'esempio del santo Vescovo Ambrogio, che ho menzionato, tu continui a tenere sempre la porta aperta. Ne sarà particolarmente contento Don Bosco, infaticabile "apostolo dei giovani", fino all'ultimo respiro dedicato al servizio della Parola che salva, che ti benedice oggi, da questo Tempio a lui dedicato. Maria Ausiliatrice dei cristiani, aiuti i fedeli di Civitavecchia-Tarquinia ad aderire al Vescovo come la Chiesa a Gesù e Gesù al Padre. Aiuti il novello Vescovo ad essere segno vivente e vicario dell'amore di Cristo in mezzo al suo gregge. Perché, come dice San Paolo: "Tutte le cose siano d'accordo nella Verità e crescano per la gloria di Dio" (2 Cor 4, 15). È questo il nostro augurio, è questo il nostro abbraccio affettuoso, che si fa preghiera per te, caro Vescovo Carlo! |