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SANTA MESSA IN OCCASIONE DELLA RICORRENZA LITURGICA
DI SANTA CATERINA DA SIENA

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Basilica romana di santa Maria sopra Minerva
Domenica, 29 aprile 2007

 

Rev.mi Padri Domenicani,
Illustri Autorità,
On.le Maria Pia Garavaglia, Vice Sindaco di Roma,
cari fratelli e sorelle!

Grazie innanzitutto per avermi invitato a celebrare la Santa Messa in questa Basilica, nella quale sono venerate le reliquie di santa Caterina da Siena, Vergine, Dottore della Chiesa, Copatrona d'Italia e d'Europa. Volentieri sono venuto ad unirmi a voi per invocare la protezione di questa Santa sul vostro Ordine, sulla Chiesa, su Roma, sull'Italia e sull'Europa intera.

"Questa è la vergine saggia, una delle vergini prudenti: è andata incontro a Cristo con la lampada accesa". L'antifona d'ingresso della Messa in onore di Santa Caterina da Siena fa chiaro riferimento alla parabola delle dieci vergini, cinque sagge e prudenti e cinque stolte, che san Matteo ci propone in una pagina evangelica tanto ricca di ammonimenti spirituali.

L'evangelista colloca questa parabola, insieme a quella dei talenti, immediatamente prima della maestosa descrizione del giudizio universale, quasi a ricordarci ciò che veramente conta nella vita, ciò che dobbiamo fare per orientare la nostra esistenza verso l'incontro definitivo con il Signore, meta ultima e comune degli uomini di ogni tempo. Il nostro itinerario "quaggiù" è un pellegrinaggio verso "lassù". "In questa vita - osservava sant'Agostino - sei un emigrante, la patria è in alto; qui sei un ospite, sei di passaggio su questa terra e pertanto canta e cammina". Camminare cantando voleva dire per Agostino amare il Signore riconoscendone il volto nel volto dei nostri compagni di viaggio. Questo ha fatto santa Caterina che, secondo le parole del Canto al Vangelo, è stata la "vergine saggia che il Signore ha trovato vigilante: all'arrivo dello Sposo è entrata con lui alle nozze".

I santi vivono nella gloria di Dio e sono per noi intercessori da invocare e testimoni da imitare. Con questa profonda convinzione ci avviciniamo quest'oggi a santa Caterina da Siena, nel giorno della sua festa. Caterina è la "vergine saggia" passata alla casa del Padre alla giovane età di 33 anni, dopo un'esistenza segnata da incessante contemplazione e da intensa attività apostolica. Fin dall'età di sette anni, alla spirituale presenza di Maria Santissima, si era data in sposa per sempre a Gesù, pienamente consapevole del valore che il voto di verginità e di amore esclusivo a Cristo comportava, come lei stessa confermerà in seguito al suo confessore. Tanto è vero che quando i genitori, per distoglierla dal suo proposito, la sottoposero a pesanti lavori domestici, la piccola Caterina "fabbricò nell'anima sua una cella interiore dalla quale imparò a non uscire mai". E intima con Cristo si mantenne sino all'ultimo dei suoi giorni contrassegnati tutti da sofferenze e prove sia fisiche che morali e mistiche. Passando da questo mondo al Padre il 29 aprile del 1380, veniva accolta nel trionfo delle nozze celesti dal suo Sposo, da Cristo crocifisso e risorto, per il quale solo aveva interamente vissuto. Conservare, pur nel frastuono degli eventi umani, un intimo e incessante contatto con il suo Sposo divino era stato l'impegno della sua vita. Impegno che spronò ad assumere anche i suoi discepoli, immersi nelle molteplici attività terrestri, raccomandando loro: "Fatevi una cella nella mente dalla quale non possiate mai uscire". Cari fratelli e sorelle nel Signore, quanto diversa sarebbe la nostra vita, quanta pace potremmo diffondere attorno a noi se ci sforzassimo di mantenerci sempre alla presenza di Dio "nella cella interiore del nostro cuore"!

Il segreto della santità di Caterina da Siena sta nell'essere stata "infuocata di amore divino", come ci ricorda l'odierna liturgia, e nell'aver "unito la contemplazione di Cristo crocifisso e il servizio della Chiesa": una vita di contemplazione dunque e di fervore apostolico. Proprio perché immersa in Dio ha potuto svolgere un'enorme mole di attività con iniziative a vasto raggio e intervenire con coraggio e decisione in situazioni delicate; per questo ha potuto scrivere e lasciarci opere di alta spiritualità e mistica, sì da occupare un posto non piccolo nella storia della letteratura con il meraviglioso Dialogo della Divina Provvidenza e soprattutto con le 381 Lettere che lei stessa, con impressionante capacità e velocità, dettò ai suoi segretari. Tutto questo ha potuto compiere soltanto perché camminava nella luce di Dio, seguendo le orme di un grande maestro, san Domenico, del quale, come noto, si narra che o parlava con Dio o parlava di Dio. "Se camminiamo nella luce - pregheremo così nell'antifona di comunione - come Dio è nella luce, noi siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato". Questa è la santità: dono e opera di Cristo e del suo Spirito, e sforzo incessante a non lasciar "raffreddare" in noi e attorno a noi quell'amore per il Signore da cui scaturisce l'autentica comunione e la vera pace tra gli uomini nella Chiesa e nel mondo. Santa Caterina ci ricorda con la sua testimonianza che la santità è in definitiva Amore.

Fiamma bruciante di amore per Cristo crocifisso e per la Chiesa fu Caterina da Siena, vissuta in un periodo storico carico di controversie. Era infatti il tardo medioevo e sia in campo civile che ecclesiastico l'Europa appariva dilaniata da lotte intestine, da guerre tra stati e città, da carestie e pestilenze. Riferiscono gli storici che Siena, città della Santa, nel 1347 passò da circa ottantamila a quindicimila abitanti a causa della peste nera. Nella Chiesa si registravano divisioni e scismi che ponevano a rischio la stessa sopravvivenza della civiltà cattolica dinanzi al pericolo sempre incombente delle invasioni dei saraceni. Il Papa assente da Roma dimorava ad Avignone, e questo dramma fece dire al sommo poeta Dante che la Chiesa "s'era maritata al regno di Francia". In questo clima di particolare angoscia per la Chiesa, Caterina, toccata da una grazia speciale, intravide la sua vocazione. Si legge nella sua biografia che la sua infanzia fu segnata da una visione di Cristo, dal cui cuore usciva un raggio luminoso che la raggiunse e la ferì. Un altro episodio la segnò in modo determinante, all'età di vent'anni, quando già aveva scelto di vivere al modo delle terziarie domenicane. Una sera di carnevale del 1367, continuava a pregare incessantemente Gesù: "Sposami nella fede!". Ed ecco apparirle il Signore che le dice: "Ora che gli altri si divertono io stabilisco di celebrare con te la festa dell'anima tua". Improvvisamente, raccontano i biografi, la corte del cielo, con i Santi che Caterina più ama, è lì presente: Maria, la Vergine Madre, prende la mano della fanciulla e la unisce a quella del Figlio. Gesù le mette al dito un anello luminoso (che Caterina vedrà, lei sola, per tutta la vita) e le dice: "Ecco, Io ti sposo a Me nella fede, a Me tuo Creatore e Salvatore. Conserverai illibata questa fede fino a che non verrai nel cielo a celebrare con Me le nozze eterne". A vent'anni Gesù dona a questa ragazza una delle esperienze mistiche più intense che una creatura possa mai vivere. L'Amante divino per Caterina diviene così una presenza costante, e per questo grande amore lei sfiderà il mondo, anche quando esso sembrerà sordo e distratto.

Dopo questa esperienza, Caterina vivrà ancora solo tredici anni spendendosi e consumandosi fisicamente nella missione di riforma della Chiesa e del mondo, incontrando Papi, Cardinali, Re e Principi. Scriverà lettere taglienti nelle quali usa frequentemente l'espressione "Io voglio", con la conclusione: "Gesù dolce, Gesù amore", denominato in seguito come "il codice d'amore della cristianità". Il desiderio di riportare il Papa a Roma si avvera con Gregorio XI, ma scoppia il grande scisma e Caterina continuerà ad operare attivissima contro l'antipapa in favore del legittimo Pontefice Urbano VI. Tanto grande era il suo amore per il Papa, da lei chiamato "il dolce Cristo in terra", che Caterina fece voto, nella quaresima del 1380, di recarsi ogni mattina in san Pietro a fare compagnia allo Sposo, fermandosi davanti al mosaico disegnato da Giotto per il frontone dell'antica basilica, raffigurante la navicella della Chiesa tra le procelle della tempesta. E la santa continuava ad esortare il Papa: "pigliate la navicella della santa Chiesa" (Lettera 357).

Cari fratelli e sorelle nel Signore! Dalla vita e dagli scritti di Caterina da Siena viene a noi tutti un insegnamento quanto mai attuale in questa nostra epoca, cioè la priorità di pregare e lavorare per la salvezza delle anime. Non fu infatti questo lo scopo e la passione di tutta la sua esistenza? Talora, influenzati eccessivamente dalla cultura moderna, si ha la sensazione che la nostra pastorale rischi di apparire preoccupata, per dirla in modo paradossale, quasi solo di far stare bene la gente su questa terra piuttosto che di orientare le anime decisamente all'incontro con Cristo, l'unico Redentore dell'uomo. Nel Dialogo della Divina Provvidenza Caterina scrive che, volendo rimediare ai tanti mali dell'umanità, Dio Padre misericordioso ci ha dato "il Ponte" del suo Figlio, "acciò che passando il fiume non annegaste, il quale fiume è il mare tempestoso di questa tenebrosa vita". E pertanto ciò che più d'ogni altra cosa deve interessarci è di "piacere a Dio" e restargli uniti, come fece lei con il "suo celeste Sposo". Chi dimora in Cristo, l'Amico, il Maestro, lo Sposo, non conosce smarrimento e paura; diventa piuttosto saldo nella fede, ardente nell'amore e perseverante nella speranza .

Così è accaduto per la nostra Santa; prima ancora è accaduto agli Apostoli, alle donne che al sepolcro, sorprese, videro il Signore risorto, ai viandanti di Emmaus, che sconsolati si ripetevano: "pensavamo che fosse Lui a salvarci". Solo il Signore ci salva e redime. Lungo i secoli, Egli associa all'opera della sua redenzione i santi, coloro cioè che accettano la sua volontà e seguono fedelmente il suo Vangelo. Come questa ragazza, Caterina da Siena, che sognava una Chiesa santa, della quale si sentiva "figlia" e "madre", con Vescovi e preti pieni di zelo. La voleva così la Chiesa non per una visione trionfalistica della cristianità, bensì perché potesse essere "lievito" di rinnovamento sociale, comunicando agli uomini "il sangue" di Cristo che genera la pace. Santa Caterina, intrepida riformatrice dei frati e delle monache dell'Ordine di San Domenico, a cui era legata come terziaria, ci conduca ad una sempre più intima contemplazione dei misteri insondabili della vita divina; ci aiuti ad amare la Chiesa con cuore grande e appassionato; ci sostenga nel nostro quotidiano impegno al servizio del Vangelo, attenti sempre ai "segni dei tempi" ed alla suprema volontà di Dio nella quale è la nostra pace.

Così sia.

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