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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN OCCASIONE DEL XX ANNIVERSARIO DEL PELLEGRINAGGIO
DI GIOVANNI PAOLO II

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Cattedrale di Danzica
Sabato, 16 giugno 2007

 

È risuonato poco fa nella nostra assemblea liturgica questo appello del divino Maestro: "Andate anche voi nella mia vigna" (Mt 20, 4). Nella Bibbia, tra le numerose immagini che esprimono il mistero della Chiesa, troviamo anche questa: la vigna (cfr Ger 2, 21; Is 5, 1-7).

La Chiesa è la vigna piantata dal Signore, vigna che gode della sua costante, amorevole cura. La vite è Cristo, che dà vita e rende fecondi i tralci, cioè i suoi discepoli, se restano uniti a Lui, perché senza Cristo non possono fare nulla (cfr Gv 15, 1-5).

Cari fratelli e sorelle di Danzica e voi tutti rappresentanti del mondo del lavoro che saluto con affetto e ringrazio per la vostra accoglienza così calorosa, quest'invito del Signore è quest'oggi specialmente per voi.

La sua vigna, la Chiesa, ha bisogno della vostra opera generosa. Siate pertanto tralci vivi della Chiesa, siate tralci carichi di grappoli gustosi! Ma come?

I tralci non sono autosufficienti, ma dipendono totalmente dalla vite, in cui si trova la sorgente della loro vita. Così è per noi cristiani. Innestati con il Battesimo in Cristo, abbiamo ricevuto da Lui gratuitamente il dono della vita nuova; occorre poi restare in comunione vitale con Cristo.

Occorre mantenersi fedeli al Battesimo, e crescere nell'intimità con il Signore mediante la preghiera, l'ascolto e l'obbedienza alla sua Parola, la partecipazione ai Sacramenti e specialmente all'Eucaristia e al sacramento della Riconciliazione.

Essere tralci vivi nella Chiesa significa anche testimoniare in modo coerente la propria fede, consapevoli che tutti, a seconda delle nostre vocazioni particolari, siamo chiamati a partecipare all'unica missione salvifica di Cristo e della sua Chiesa.

La comunione ecclesiale è comunione missionaria. Nessun battezzato è semplice destinatario di cura pastorale, ma tutti siamo protagonisti della missione della Chiesa.

Esempio luminoso di apostolo e di coraggioso evangelizzatore è stato il compianto ed amato Pontefice Giovanni Paolo II, figlio della vostra Terra. Egli, servendo la Chiesa con piena dedizione sino alla fine della vita, ha commosso il mondo.

Sono, pertanto, particolarmente contento quest'oggi di trovarmi fra voi, perché ricordiamo proprio il ventesimo anniversario della sua visita alla vostra Diocesi. Riuniti attorno all'altare, ancora una volta ringraziamo il Signore per aver donato alla Chiesa questo grande Papa.

Nel suo ricordo, vorrei salutare l'intera comunità di questa Arcidiocesi, ad iniziare dal suo Pastore, Mons. Tadeusz Goclowski, che ringrazio per le sue parole pronunciate all'inizio della Santa Messa.

Saluto le Autorità presenti, i sacerdoti, le persone consacrate e i fedeli laici, con un pensiero particolare per i lavoratori di Danzica e quelli provenienti da altre località. A tutti porto il saluto e la Benedizione di Sua Santità il Papa Benedetto XVI, spiritualmente presente in questo momento di intensa comunione ecclesiale.

Giovanni Paolo II amava Danzica, finestra della Polonia sempre aperta sul mondo, diventata il simbolo della battaglia per la pace. Quella pace infranta in Europa nel 1939, quando proprio qui, su Westerplatte, ebbe inizio la seconda guerra mondiale.

Quarant'anni dopo, sempre in questa località, prese avvio il movimento sociale Solidarnosc, diventato il simbolo di una lotta senza spargimento di sangue per il cambiamento, per la libertà, per i diritti dei lavoratori e della Nazione.

Mi piace ricordare le parole a voi indirizzate da Benedetto XVI due anni orsono, in occasione del 25° anniversario della nascita di Solidarnosc:

"Tutti ci rendiamo conto di quale grande significato abbia avuto nelle vicende della Polonia e nella storia dell'intera Europa il sorgere di questo sindacato.

"Non solo ha provocato in modo pacifico nella Polonia inimmaginabili cambiamenti politici, introducendo il popolo polacco sulla via della libertà e della democrazia, ma ha anche indicato agli altri popoli dell'ex blocco orientale la possibilità di riparare la storica ingiustizia, per la quale erano stati lasciati oltre la cortina di ferro" (Lettera a S.E. Mons. Stanislaw Dziwisz, Delegato per il XXV Anniversario dell'Istituzione del Sindacato Indipendente Solidarnosc, 23 agosto 2005).

Cari fratelli e sorelle nel Signore, stiamo celebrando la Santa Messa della "Santificazione del lavoro umano". Ricordava Giovanni Paolo II, confermando e ampliando il magistero dei Pontefici precedenti, che il lavoro è "dimensione fondamentale della vita dell'uomo", e va compiuto rispettando la dignità della persona umana e le esigenze della giustizia.

Diversamente il faticare - nelle case, nei campi, nelle industrie, negli uffici - potrebbe risolversi in un logorante affannarsi, vuoto in definitiva di senso. All'uomo, creato a sua immagine e somiglianza come leggiamo nel Libro della Genesi, Dio dà il comando: "Riempite la terra; soggiogatela..." (1, 28). Nel progetto divino il lavoro appare, pertanto, come un diritto-dovere.

È necessario per rendere utili i beni della terra alla vita di ogni uomo e della società, e al tempo stesso contribuisce ad orientare l'attività umana a Dio nell'adempimento del suo comando di "soggiogare la terra".

Il lavoro va allora vissuto in una dinamica solidale, stabilendo obiettivi condivisi, ed occorre che i lavoratori si sforzino di andare al di là dei propri interessi individuali, tenendo sempre in conto il bene comune.

Né va dimenticata l'importanza di equilibrare i ritmi lavorativi con il tempo libero, dando a chi lavora la possibilità di partecipare alle celebrazioni delle festività cristiane. È importante che la moderna complessità del mercato e le sue dinamiche non impediscano di vivere la fede nei suoi momenti celebrativi ed è nostro dovere difendere tale diritto nei modi più opportuni.

Sì, cari fratelli e sorelle nel Signore, al primo posto nella nostra vita e nella società è importante che ci sia Dio, sorgente della vita e Creatore di tutte le cose. Quando mettiamo Dio al primo posto, tutto il resto diventa più armonico, e ogni esperienza, anche le croci quotidiane, trova il suo giusto significato.

I credenti non devono mai dimenticare le parole di Cristo: "Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mc 8, 34). Seguirlo significa osservare i suoi comandamenti, tutelando la libertà della coscienza, plasmata dal diritto naturale iscritto nel cuore dell'uomo.

In questo campo niente può variare: la difesa della vita dal concepimento fino alla morte naturale; la difesa della famiglia che nasce dal matrimonio, vincolo indissolubile tra un uomo e una donna.

Ai giovani raccolti venti anni fa qui, a Westerplatte (Danzica), Giovanni Paolo II ebbe a dire: "Si sottolinea, specialmente nella nostra epoca, l'importanza dei diritti dell'uomo. Non si può tuttavia dimenticare, che i diritti dell'uomo esistono affinché ognuno abbia lo spazio necessario per l'adempimento dei propri compiti e obblighi ... I diritti dell'uomo devono essere la base di quella forza morale, che l'uomo raggiunge mediante la fedeltà alla verità e al dovere" (Celebrazione della Parola, Penisola di Westerplatte di Danzica, 12 giugno 1987).

Questo indimenticabile Papa, strenuo difensore dei diritti di Dio e dell'uomo, autentico maestro di vita, ha tratto ispirazione e sostegno da una tenera devozione verso la Madonna. Ed è proprio a Lei, alla Regina della Polonia, che ora affido tutti voi. Vegli Maria sul vostro quotidiano cammino di fedeli discepoli di Cristo e di onesti cittadini della Polonia. Amen!

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