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CELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN ONORE DI SAN STANISLAO, VESCOVO E MARTIRE,
PATRONO DELLA DIOCESI DI SWIDNICA

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Cattedrale di Swidnica
Domenica, 17 giugno 2007

 

Eccellenza Reverendissima,
Onorevoli Autorità,
Cari fratelli e sorelle nel Signore!

Sono onorato di presiedere l'odierna Celebrazione Eucaristica in onore di san Stanislao, Vescovo e martire, Patrono della vostra Diocesi di Swidnica, e titolare di questa bella Cattedrale. A Lei, caro Mons. Ignacy Dec, Pastore di questa porzione del gregge di Cristo, il mio cordiale saluto e un grazie sentito per le parole che mi ha rivolto.

Il mio saluto si estende ai suoi collaboratori più stretti e a tutti i sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, come pure alle Autorità presenti, che ringrazio per la loro cortesia. Il mio saluto vuole abbracciare tutte le componenti della vostra comunità diocesana.

"Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Gv 10, 11). Queste parole di Gesù, che abbiamo ascoltato nel Vangelo proclamato poc'anzi, richiamano alla mente la stupenda figura del vostro Patrono, san Stanislao, che visse fra il 1030 e il 1079.

Egli si è ispirato al Buon Pastore nel suo ministero episcopale e come Lui ha dato la vita per il suo gregge: per questo ancor oggi è mirabile esempio di padre, di modello e di guida per la vostra Diocesi.

Educato in Occidente, si oppose severamente ad un uomo coraggioso, ma non sempre osservante dei principi della morale cristiana, quale era il re Boleslao, il Temerario oppure il Coraggioso e fu ucciso con la spada.

La breve vita e la violenta morte di questo insigne testimone della fede sarebbero passate sotto silenzio se le popolazioni di allora, e le generazioni successive, non si fossero lasciate affascinare dal suo esempio.

Il martirio di questo santo ha infatti come confermato nella fede i cristiani che vivevano in terra polacca, quasi a sottolineare le parole di Tertulliano scritte durante le persecuzioni dei primi secoli: "Il sangue dei martiri è un seme fecondo".

Il sangue di questo Vescovo-martire, caduto in terra polacca e versato per essa, è divenuto seme che non ha mai smesso di dare frutti di fedeltà e di santità, di amore di Dio e di dedizione generosa ai fratelli sino alla morte, come nel secolo scorso il sacrificio estremo di san Massimiliano Kolbe nel bunker della morte di Auschwitz.

San Stanislao, protestando per la crudeltà del re, ed opponendosi all'uccisione dei bambini e dei cavalieri senza giudizio, disse "sì" alla verità e alla libertà, disse "no" alla violenza e all'ingiustizia.

Questo suo ardito "no", pronunciato contro la violenza ed il soffocamento della dignità dell'uomo, ha continuato lungo i secoli a risuonare nella coscienza del popolo polacco. Il più grande suo insegnamento è in effetti proprio la difesa della vita e la tutela della dignità e della libertà di ogni essere umano.

Grazie anche alla sua testimonianza, questi valori sono diventati patrimonio del vostro popolo. E la Chiesa non cesserà mai di ripetere che la vita umana, dal suo inizio al suo naturale tramonto, non appartiene a nessun potere terreno: Dio solo è il padrone della vita.

San Stanislao ci insegna inoltre che la mitezza evangelica non è rassegnazione passiva o umana pusillanimità, ma gesto di volontario abbandono nelle mani di Dio e segno di eroico amore verso coloro che, accecati dall'odio e dal male, si fanno violenti oppressori dei deboli.

Quanti di questi, nel corso della storia, si sono convertiti proprio grazie al martirio di inermi testimoni di Cristo! Quante persone, apparentemente refrattarie all'annuncio del Vangelo, sono invece sensibili all'amore che si concretizza in gesti di totale dedizione verso i piccoli, gli ultimi, sino al sacrificio della vita!

"Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?" (Rm 8, 35). Nella Lettura che poco fa abbiamo ascoltato, san Paolo ci ha esortato a questo eroismo dell'amore che ha contraddistinto la vita di san Stanislao.

Ed aggiunge l'Apostolo, quasi a confortarci, che in qualunque situazione di difficoltà e di sofferenza possiamo trovarci "noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati" (v. 37).

È dunque l'amore di Dio il segreto della vittoria dei martiri, come lo fu per il vostro Patrono. È l'amore di Dio la sorgente del coraggio e della perseveranza dei cristiani, ed in modo particolare dei Pastori, nel portare a compimento la loro missione al servizio di Cristo e della Chiesa.

Non lasciamoci pertanto abbattere dalle difficoltà, inevitabili nella nostra terrena esistenza! Piuttosto, facciamo costante ricorso alla preghiera, all'ascolto della Parola, alla frequentazione costante dei Sacramenti, perché nulla e nessuno ci possa mai separare dall'amore di Dio.

So che nella vostra Diocesi si sta svolgendo il pellegrinaggio dell'immagine di Gesù Misericordioso ed il motto che avete scelto per questa bella iniziativa è: "Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia".

Così, da una parte intendete prendere coscienza della profondità dell'amore di Dio per aprirgli sempre più il vostro cuore; d'altra parte volete che l'amore misericordioso di Dio si traduca in gesti di servizio generoso verso i fratelli.

A chi ispirarsi se non a Colui che ci ha amati per primo e per noi si è lasciato inchiodare sulla croce? Se ci lasciamo animare dall'amore di Cristo, come ci ha esortati san Paolo, possiamo diventare, a nostra volta, strumenti della sua misericordia attraverso la pratica delle opere di misericordia.

Quando nel suo ultimo viaggio, nel 2002, Giovanni Paolo II venne in Polonia ebbe a dire: "Non esiste per l'uomo altra fonte di speranza al di fuori della misericordia di Dio.

Desideriamo ripetere con fede: Gesù, confido in Te! Di questo annuncio, che esprime la fiducia nell'amore onnipotente di Dio, abbiamo particolarmente bisogno nei nostri tempi, in cui l'uomo prova smarrimento di fronte alle molteplici manifestazioni del male.

"Bisogna che l'invocazione della misericordia di Dio scaturisca dal profondo dei cuori pieni di sofferenza, di apprensione e di incertezza, ma nel contempo in cerca di una fonte infallibile di speranza".

Diceva ancora l'amato Pontefice che solo "nella misericordia di Dio il mondo troverà la pace, e l'uomo la felicità". E concludeva: "Siate testimoni della misericordia". Accogliamo questo appello come rivolto a noi, quest'oggi. È un invito a convertirci all'amore divino per diventarne "profeti" e "testimoni".

Cari fratelli e sorelle nel Signore, vi aiuti a mantenervi fedeli a questa missione il santo Vescovo e martire Stanislao; vi sostenga e protegga sempre Maria, Madre di misericordia e Regina della Polonia. Amen!

 

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