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SOLENNE CELEBRAZIONE DEL PRIMO GIORNO DEL TRIDUO PETRO-PAOLINO
NELLA BASILICA PAPALE DI SAN PAOLO FUORI LE MURA

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Martedì, 26 giugno 2007

 

Cari fratelli e sorelle,

tra qualche giorno celebreremo la solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, una solennità che riveste particolare rilievo qui a Roma. Infatti, sin dai tempi più remoti, la Chiesa di Roma unisce tra loro questi due grandi Apostoli in unica festa. Ne danno testimonianza le più antiche scritte nelle catacombe, i mosaici della vecchia Basilica di San Pietro o di Santa Maria Maggiore. Questa sera, con la celebrazione dei Vespri e della Santa Messa, iniziamo solennemente il triduo di preparazione, anzi è come se entrassimo già in questa festa per assaporarne in anticipo il messaggio spirituale.

Ci prepariamo dunque a celebrare una delle feste più antiche dell'anno liturgico, inserita nel Calendario già nel IV secolo, come testimonia la "Depositio martyrum" (354), una solennità che fa memoria dei due "Principi" degli Apostoli:  san Pietro e san Paolo, uniti dallo stesso amore per Cristo, accomunati dalla stessa missione pastorale e, soprattutto, congiunti in modo misterioso dalla morte cruenta subita da entrambi qui a Roma, a causa della loro fedeltà a Cristo e al suo Vangelo.

Secondo un'antica e consolidata tradizione, l'ultimo incontro tra Pietro e Paolo, separati poi per essere avviati al martirio, avvenne sulla via Ostiense, proprio a circa trecento metri da questa Basilica, dove una lapide, posata nel corso dell'Anno santo 1975, ricorda con pochissime parole l'avvenimento. In essa si legge:  "Nei pressi di questo sito una devota cappellina in onore del Santissimo Crocifisso demolita agli albori del secolo XX per l'allargamento della via Ostiense segnava il luogo dove secondo una pia tradizione i Principi degli Apostoli Pietro e Paolo vennero separati nell'avvio al glorioso martirio". San Pietro verrà condotto nell'antico circo neroniano, che all'epoca sorgeva dove ora è Piazza s. Pietro, per essere crocifisso con la testa in basso; san Paolo invece sarà trascinato "ad aquas salvias", nell'attuale zona delle Tre Fontane, sulla via Laurentina, dove morirà decapitato. Lo stesso amore li unì in vita; lo stesso amore li conservò uniti nella morte:  l'amore per Cristo.

Da questi due grandi Apostoli il popolo cristiano ha ricevuto "le primizie della fede cristiana", come abbiamo pregato nella Colletta poco fa. Da un lato san Pietro, il pescatore scelto da Cristo per essere la "roccia" della Chiesa, il discepolo chiamato ad essere il pastore del gregge (Gv 21, 15-17), e a confermare i fratelli nella fede e nella carità. Dall'altro lato san Paolo, cooptato da Cristo risorto nel Collegio apostolico (At 9, 1-16), per essere strumento eletto dell'annuncio del Vangelo a tutte le genti. La tradizione cristiana ne accomuna il ricordo, quasi a voler comporre in unità la loro testimonianza. San Pietro e san Paolo, con le loro diverse ricchezze, con il loro personale carisma, hanno così contribuito ad edificare un'unica Chiesa. Si potrebbe quindi dire che la fede della Chiesa, la fede di ogni comunità cristiana, è chiamata a ricalcare i tratti tipici dei due Apostoli:  l'umiltà e la fortezza di san Pietro, l'entusiasmo e lo zelo apostolico di san Paolo. In particolare, guardando a queste due colonne portanti della Chiesa ci accorgiamo sempre più che la radice della fede e la sorgente autentica della missione della Chiesa scaturisce anzitutto, per usare un'espressione cara al Santo Padre Benedetto XVI, dall'amicizia con il Signore Gesù. Il segreto è l'amore.

Pietro e Paolo sono stati grandi testimoni del Vangelo in quanto anzitutto amici sinceri di Cristo sino a dare la vita per Lui. Ecco in che cosa consiste la testimonianza cristiana, ecco ciò che il Signore attende anche da noi:  Essere suoi amici, amarlo sopra ogni cosa e nulla mai anteporre al suo amore, come san Benedetto scrive nella sua regola mutuando una bella espressione dal commento di san Cipriano alla preghiera del "Padre nostro". L'invito di san Benedetto all'intimità con Gesù è certamente molto familiare per voi, cari monaci della Comunità monastica benedettina, che saluto con affetto, ringraziando particolarmente il vostro Abate per l'invito rivoltomi a presiedere questa Liturgia. Mi è gradito cogliere questa circostanza, anche a nome del Santo Padre, per esprimervi vivo apprezzamento per l'accoglienza e l'ascolto che riservate ai numerosi pellegrini che sostano in questa bella Basilica e per il ministero delle confessioni che con zelo svolgete. Come pure vi ringrazio per l'opera che compite, con esemplare impegno, per promuovere l'incontro e il dialogo ecumenico a vari livelli, seguendo sempre fedelmente le indicazioni impartite dalla Santa Sede. Inoltre, la composizione della vostra Comunità, che conta monaci di ben 13 nazionalità diverse, vi dà modo di vivere e di testimoniare la realtà della Chiesa cattolica dove l'amore di Cristo affratella in unità  persone  di  ogni  nazione  e  popolo.

Amare Cristo, la passione che consumò l'esistenza di Pietro e di Paolo, l'anelito di tutti i santi, deve diventare anche la nostra quotidiana ricerca, cari fratelli e sorelle, che saluto con affetto. La partecipazione a questa solenne celebrazione sia occasione propizia per comprendere ancor più che solo rinnovando giorno dopo giorno la nostra amicizia con Gesù, solo aprendoci costantemente al suo amore, noi possiamo diventare annunciatori convinti e convincenti della Parola che salva, testimoni credibili e gioiosi del suo Vangelo di speranza e di pace.

Dall'amore di Cristo, amore che guarisce fisicamente, come ci ha ricordato la prima Lettura; amore che converte l'uomo ridandogli dignità ed autorità, come emerge dall'esperienza di Paolo che lui stesso riferisce nel brano della lettera ai Galati che abbiamo ascoltato, scaturisce l'amore che trasforma l'esistenza e ci rende capaci di cogliere e realizzare la nostra vocazione. Così è avvenuto per Pietro secondo il racconto che l'evangelista Giovanni ci ha riproposto poc'anzi. L'umile e sincera professione di amore apre il cuore di Pietro alla fiducia nel momento in cui Gesù gli affida la guida e la cura del suo gregge. Sulla fede di Pietro riposa la nostra fedeltà a Cristo, la fedeltà della Chiesa. Il nostro amore per Cristo passa attraverso il nostro amore fedele per il Successore di Pietro, il Papa. La solennità dei santi Pietro e Paolo costituisce, pertanto, un invito a rinnovare verso il Papa il nostro amore e la nostra adesione incondizionata. Afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica che il Papa, successore di Pietro e Vescovo di Roma, "è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli" (n. 880).

Quanto mai opportuna è allora questa festa per rinnovare il nostro amore per il Santo Padre! Un amore filiale che si traduca nell'ascolto docile del suo magistero, un amore concreto che ci spinga a sostenerne in maniera fattiva il ministero secondo i nostri diversi ruoli e responsabilità, un amore che ci renda responsabili costruttori d'una Chiesa unita e fedele. Un amore che sia accompagnato da incessante preghiera per la sua persona e per tutte le sue intenzioni. Un amore infine che ci spinga a vivere con piena fedeltà la nostra vocazione cristiana. Ed in questi nostri tempi, segnati da non poche sfide e difficoltà, è più che mai importante che la comunità cristiana si stringa attorno al suo supremo Pastore e cammini unita nel docile ascolto delle sue direttive.

Tutto questo vogliamo chiedere al Signore durante la presente Celebrazione eucaristica. Invochiamo l'intercessione dei santi Pietro e Paolo perché ci aiutino ad amare il Signore sopra ogni cosa, come hanno fatto loro, e a saperlo annunciare a quanti incontriamo sulle strade della nostra vita. In particolare, in questa grande Basilica dove sono conservate le reliquie dell'Apostolo Paolo, tutto ci parla della sua testimonianza di fede in Gesù culminata nel sacrificio del martirio. Ci ottenga san Paolo quella luce interiore e quella forza spirituale che lo resero infaticabile evangelizzatore dei pagani. Ci ottenga quel coraggio e quell'ardore missionario che fecero di lui lo strenuo difensore della verità del Vangelo.

Questa festa infine sia invito per noi, che viviamo a Roma, a prendere consapevolezza della speciale missione che la Chiesa di Roma, fondata sul martirio di Pietro e di Paolo, è chiamata a svolgere e della quale tutti noi dobbiamo sentirci responsabili protagonisti. È per Roma una grande grazia, e una grande responsabilità, avere come Pastore il Papa, il successore di Pietro nel quale abbiamo la garanzia della fede:  abbiamo, cioè, la certezza e la sicurezza che il Vangelo nel quale crediamo e su cui scommettiamo ogni giorno, pur con le nostre fragilità e incoerenze, è lo stesso Vangelo proclamato dagli Apostoli. È il Vangelo di Cristo! E questa certezza di ortodossia la dobbiamo a Pietro e ai suoi successori. Chiediamo al Signore che ci renda attenti a quanto il Papa insegna; preghiamo perché il suo magistero sia sempre per l'intera Chiesa un punto di riferimento cercato, desiderato, meditato attentamente e, con la grazia di Dio, seguito.

Affidiamo queste nostre intenzioni di preghiera all'intercessione degli Apostoli Pietro e Paolo, di san Benedetto e di Maria, Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa. Amen!

      

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