IN OCCASIONE DELL'ORDINAZIONE EPISCOPALE A MONS. MICHELE DI RUBERTO, ARCIVESCOVO TITOLARE DI BICCARI, SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE Altare della Cattedra, Basilica Vaticana
Cari fratelli nel Signore, "Dio è ricco di misericordia" ed anche ora vuole elargire questa sua ricchezza in favore della Chiesa, concedendo ad essa un nuovo Vescovo. Mons. Michele Di Ruberto può far sue oggi, in verità e con impegno, in unione con il collegio episcopale, le parole suggerite dalla lettera ai Corinzi: "Investito di questo ministero per la misericordia che mi è stata usata, senza perdermi d'animo, annunziando apertamente la verità, mi presento davanti ad ogni coscienza, al cospetto di Dio". Misericordia non è soltanto clemenza, accondiscendenza: è tenerezza. E oggi, per il nostro fratello che viene consacrato Vescovo, si rende manifesta la bontà e la tenerezza di Dio Salvatore nostro. Nella fede imploriamo con trepidazione e con gioia per lui il dono dello Spirito Santo, e insieme chiediamo la santità che da questo dono deriva come grazia. Con libertà egli si assume il compito di custodire e accrescere in se stesso questi doni per il bene di tutta la Chiesa. E quale immagine della tenerezza del Signore è più eloquente di quella del Buon Pastore? La simpatia, anzi l'empatia e la delicatezza che si sprigionano dalla figura del Buon Pastore, questa icona evangelica così cara ai primi cristiani, evoca istantaneamente una nota particolare di professionalità, divinamente ispirata: quella del servizio. L'autorità, nel pensiero di Cristo, non è a beneficio di chi la esercita, ma a vantaggio di coloro ai quali si rivolge: non da loro, ma per loro (cfr A. Manzoni: "Non ci può essere giusta superiorità di uomini sopra gli uomini, se non in loro servizio". Profilo del Card. Federigo Borromeo). L'autorità è un dovere, è un peso, è un debito, è un ministero verso gli altri, per condurli alla vita a cui Dio vuole che essi possano giungere. Quale tremenda responsabilità per i Pastori! Ma una seconda nota qualifica l'autorità del Buon Pastore: quella dell'amore. L'autorità è un servizio compiuto con amore e per amore. E l'amore, se è davvero tale, porta alla sua espressione assoluta, al dono totale di sé, al sacrificio: proprio come Gesù ha detto ed ha fatto di sé, e propone ad esempio di chi nell'ufficio di Pastore lo seguirà: "Il Buon Pastore dà la vita per il suo gregge" (Gv 10, 11). I lineamenti ecclesiali e spirituali che caratterizzano il nuovo Arcivescovo sono chiaramente espressi nel suo stemma: la stella simbolo di Maria, il campanile di Pietramontecorvino simbolo della Chiesa, la fiaccola simbolo dello Spirito Santo che illumina il popolo di Dio con la carità. Tali elementi sono felicemente armonizzati nel motto: cum Maria in Ecclesia Sanctorum. Cum Maria. La ricchezza della relazione personale che il Vescovo stabilisce con la Vergine SS.ma è una relazione che si esprime anzitutto nella vita di preghiera, non solo nella devozione personale ardente, ma perché ogni preghiera viene vissuta con lei, ispirata in qualche modo e modellata sulla sua fede, speranza, carità, silenzio, accoglienza e meditazione della Parola, che il Vescovo deve annunciare. La relazione con Maria si esprime anche in quella che potremmo chiamare la familiarità. Il Vescovo, chiamato ad essere guida e pastore, la mette a parte dei suoi pensieri più intimi, si confronta volentieri con lei. Vorrei ricordare a questo punto, il compianto Cardinale Alberto Bovone, che è stato Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, del quale, quindi, Mons. Di Ruberto è stato per qualche anno stretto collaboratore. Pensando alla sua ordinazione episcopale ricordava: "Ho vissuto sotto i suoi occhi [di Maria] la bellissima emozione della mia ordinazione episcopale e da quel giorno, come era avvenuto per Giovanni, Maria - la Beata Vergine della Salve - è diventata più che mia madre, il dono con cui Gesù ha suggellato la sua compiacenza nei miei confronti per non lasciarmi mai solo nel compito che mi affidava. Io vedo e sento il suo amore. È l'amore che si può nutrire solo per una madre". Come dice Giovanni Paolo II nell'Enciclica Redemptoris Mater: "Il magistero del Concilio ha sottolineato che la verità sulla Vergine SS.ma Madre di Cristo, costituisce un sussidio efficace per l'approfondimento della verità sulla Chiesa. Maria è presente nella Chiesa come madre di Cristo e insieme come quella madre che Cristo, nel mistero della redenzione ha dato all'uomo nella persona di Giovanni apostolo. Perciò Maria abbraccia con la sua nuova maternità nello spirito tutti e ciascuno nella Chiesa, abbraccia anche tutti e ciascuno mediante la Chiesa" (n. 47). Il Vescovo, il cui servizio è proteso ad abbracciare tutti e ciascuno nella Chiesa, e tutti e ciascuno mediante la Chiesa, trova in Maria il sostegno e il conforto per la sua azione incessante, sapendo di non essere adeguato ad un compito tanto alto. Egli ha la certezza che la Madre di Gesù lo soccorre momento per momento e si lascia aiutare, attrarre, consolare da lei. San Luigi Grignion de Montfort diceva: "Quando lo Spirito Santo trova la Vergine nel cuore di un uomo, corre e vola lì". In Ecclesia Sanctorum. La Chiesa è custode di una "memoria". È la memoria del cammino dell'uomo verso la trascendenza religiosa, culturale e morale; cammino che ha nel Vangelo di Cristo il suo punto focale di riferimento, a partire dal quale può essere compresa ogni più alta esperienza umana. I santi sono coloro che realizzano al massimo gli ideali di perfezione umana. Pur nella condizione di fragilità in cui ognuno si trova, i santi sono il volto più splendente della Chiesa, quello nel quale le sembianze di Cristo e i lineamenti della stessa Chiesa si riflettono con maggiore nitidezza. Guardando le grandi figure dei santi di tutti i tempi, noi vediamo persone determinate a realizzare non solo i propri ideali, pure nobili, ma primariamente impegnate ad aderire al progetto di Dio sull'uomo. E in questo, possiamo pensare e sperare che i santi siano miriadi; non solo quelli saliti agli onori degli altari, per i quali Mons. Di Ruberto ha tanto lavorato, e tanto continuerà a lavorare, ma anche quelli che si sono conformati allo spirito delle beatitudini nascostamente, quotidianamente. La santità non è certo aliena dalla vita di un Vescovo. La sua connotazione non potrà prescindere da quella modalità d'amore che corrisponde alla dedizione del Buon Pastore. Anche la vita interiore del Vescovo dovrà essere plasmata, configurata, dal suo ministero ecclesiale. Nella preghiera e nell'azione del Vescovo non possono mai essere assenti le istanze dell'uomo. Il Vescovo è un pellegrino che cammina insieme a tutti, immergendosi con discrezione dentro la dimensione quotidiana, con i suoi chiaroscuri di gioia e di sofferenza, per cercare una sintesi più alta, illuminata dalle istanze del Vangelo. Lo abbiamo ascoltato poc'anzi nella lettura tratta dalle lettera ai Corinzi: "E Dio che disse: "Rifulga la luce dalle tenebre" rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo" (2 Cor, 4, 6). In questa venerabile Basilica Vaticana, dedicata a San Pietro, e ancora trasportati dalla solenne liturgia della festa di ieri, siamo particolarmente sospinti, a congiungere Maria e Pietro in un unico amore filiale. L'amore a Pietro, che ci rappresenta, e che ci unisce nella Chiesa, è un impegno di quotidianità, di adesione alle decisioni che Pietro continua a prendere, attraverso i suoi successori, per tutta la Chiesa. Convinti come siamo che non c'è fede senza Chiesa e che "l'io della professione di fede cristiana non è solo l'io isolato dell'individuo, ma l'io collettivo della Chiesa, impersonato da Pietro e dai suoi Successori" (Henry De Lubac), chiediamo a Maria, di rafforzare il nostro amore e la nostra fedeltà alla Chiesa e al Papa. Per essere collaboratori del Papa non si può prescindere dalla comunione, oggi più che mai riscoperta come il vero nome della collaborazione, contro ogni formalismo funzionale solo esteriore. Mons. Di Ruberto è un esempio di convinta e generosa collaborazione, di solida e comprovata fedeltà alla Chiesa e al Papa. È giunto all'Ordinazione Episcopale con una vasta esperienza ecclesiale e dopo un lungo e generoso servizio alla Santa Sede. Nei cinquant'anni di sacerdozio ha dato spazio e importanza anche al ministero pastorale diretto, che ha svolto con slancio ed efficacia specialmente tra i giovani di Lucera, di Roma e di Zagarolo, oltre che nell'Azione Cattolica e tra le suore Riparatrici del Sacro Cuore, di cui è cappellano da molti anni. Non posso sottacere che nel 1959 divenne segretario dello zio, Mons. Pietro Parente, allora Arcivescovo di Perugia e poi Cardinale Assessore alla Suprema Congregazione del Sant'Offizio, che molti di noi ricordano come illuminato Padre del Concilio Vaticano II. Papa Benedetto XVI, proprio in considerazione della sua esperienza e dei suoi meriti nella promozione delle Cause dei Santi, lo ha nominato Segretario dello stesso dicastero. Ed io oggi gli consegno l'anello episcopale, dono del Santo Padre, che gli ricorderà ogni giorno il dovere di fedeltà alla Chiesa, Sposa di Cristo. Ricevere l'anello - ricordava Benedetto XVI - è come rinnovare il "sì", è come pronunciare nuovamente l'"eccomi", rivolto al tempo stesso al Signore Gesù e alla sua santa Chiesa, che ogni Vescovo è chiamato a servire con amore sponsale. Per il suo nuovo e impegnativo incarico, la nostra preghiera allo Spirito Santo si fa più intensa e solenne: Vieni, o Spirito Creatore, e manda al tuo fedele servitore la tua luce; il tuo Amore lo avvolga, la tua gioia lo sostenga; la tua forza lo consacri. Cooperatore di Cristo Salvatore!
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