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CELEBRAZIONE DEI VESPRI
IN OCCASIONE DEI 100 ANNI DELLA POSA DELLA PRIMA PIETRA
DELLA BASILICA DEL SACRO CUORE DI GESÙ E DEI 75 ANNI
DELLA PRESENZA DEI SALESIANI A VARSAVIA

DISCORSO DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Basilica del Sacro Cuore di Gesù, Varsavia
Domenica, 16 settembre 2007

 

Eccellenza Reverendissima,
Signor Presidente,
cari fratelli e sorelle!

Desidero anzitutto ringraziare per la calorosa accoglienza che ho ricevuto giungendo in questa Basilica parrocchiale, accoglienza nella quale vedo il segno del grande affetto di tutti voi per il Santo Padre, e che non mancherò di testimoniarGli al mio ritorno a Roma. Esprimo speciale riconoscenza a Sua Eccellenza Mons. Glódz, Arcivescovo di Warszawa-Praga, e a Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica, per le cortesi parole di benvenuto che mi hanno rivolto. Ringrazio soprattutto la divina Provvidenza che mi ha permesso di realizzare il desiderio di venire qui, in questa chiesa, accogliendo - seppure parzialmente - l'invito molto gradito dell'Ispettoria salesiana. In questo modo ho l'opportunità di unirmi alla vostra gioia per i due importanti anniversari che ricorrono quest'anno, e che riguardano rispettivamente il tempio in cui ci troviamo e la presenza dei Salesiani.

Il primo. Cento anni or sono veniva iniziata la costruzione di questa bella chiesa dedicata al Sacro Cuore di Gesù, insignita successivamente del titolo di Basilica Minore. Commemorare la posa della prima pietra di un tempio cristiano costituisce sempre un invito a meditare sul mistero della Chiesa come edificio spirituale, di cui i battezzati sono le pietre vive. "Voi siete l'edificio di Dio" - scrive San Paolo ai cristiani di Corinto (1 Cor 3, 9); e San Pietro esorta i fedeli sparsi nell'Asia Minore a stringersi come pietre vive a Cristo pietra angolare, per innalzare un edificio spirituale (cfr 1 Pt 2, 4-5). Si tratta dunque di prendere nuovamente coscienza di questo mistero e di pregare il Signore che ci renda pietre valide per la costruzione. Vorrei sottolineare due aspetti. La pietra dev'essere anzitutto solida, ben tagliata. Questo fa pensare alla formazione spirituale permanente di cui abbiamo bisogno per essere utili alla costruzione della Chiesa, per essere "edificanti". In secondo luogo, la pietra deve adattarsi bene con le altre, perché, anche se fosse solida e bella, ma non si integrasse perfettamente con le altre non servirebbe a nulla rischiando addirittura di danneggiare l'edificio. Occorrono certamente pietre diverse tra loro, ma ciascuna deve potersi coordinare al meglio con le altre. Questo ci chiama a verificare la nostra capacità e disponibilità a collaborare. La Chiesa grazie a Dio è dotata di molteplici e svariati doni, ma tutti debbono concorrere al bene della comunità. I personalismi non giovano. Giova invece la concordia, il portare gli uni i pesi degli altri e l'edificazione vicendevole. In questo momento mi piace pensare a tutte le "pietre vive" che hanno cooperato in questa comunità salesiana e in questa comunità parrocchiale durante cento anni:  ringraziamo Dio per ogni persona e per tutti i talenti elargiti, e domandiamo a Lui di aiutare ciascuno a portare avanti con pazienza la costruzione del tempio vivo che è la comunità cristiana.

Il secondo anniversario è quello della presenza dei Salesiani a Varsavia: 75 anni. I figli di Don Bosco furono invitati dall'allora Arcivescovo, Cardinale Aleksander Kakowski, e dalla contessa Maria Radziwill, promotrice della costruzione della chiesa. Da allora la presenza salesiana è diventata un punto di riferimento importante per la vita della comunità ecclesiale e civile della capitale, e dopo la Seconda Guerra Mondiale è stata trasferita qui anche la sede ispettoriale. Sono particolarmente felice, cari Confratelli, come figlio di Don Bosco, di partecipare a questa lieta ricorrenza, e di associare il mio al vostro rendimento di grazie per tutto il cammino compiuto dal 1932 ad oggi. Quante vicende in questo periodo nella storia di Varsavia, della Polonia e dell'Europa! Quante prove e quanti progetti realizzati con la grazia di Dio! Quanti giovani incontrati, accolti, accompagnati, formati! Penso, in particolare, a quelli più in difficoltà, senza lavoro, senza prospettive, che qui hanno trovato dei padri e dei fratelli, con cui recuperare speranza e forza per andare avanti. Un'opera, questa, giustamente stimata dalle autorità ecclesiali e civili.

Un'opera che è posta sotto il segno del Sacro Cuore di Cristo, quasi a ricordare che i giovani occupano un posto particolare nel cuore del Signore. Da qui nasce anche il carisma di Don Bosco, da questo amore preferenziale che nel Vangelo troviamo in quell'incontro col "giovane ricco", quando Gesù "fissatolo, lo amò" (Mc 10, 21). In quello sguardo c'è tutta la vocazione e la missione educativa di Don Bosco e dei Salesiani. "L'educazione è cosa del cuore", diceva il nostro Fondatore, pensando all'animo dell'educatore. Ma tutto parte dal cuore del primo e principale educatore che è Dio, il cui Figlio unigenito si è incarnato ed ora ama col cuore umano di Gesù Cristo. Qui sta la fonte inesauribile di vita, da cui può attingere ogni ragazzo e ogni ragazza in cammino, che a volte si sentono come una "terra deserta, arida, senz'acqua" (Sal 62, 2). I giovani soffrono molto il cammino nel deserto della società contemporanea:  la loro sete di vita è forte, e non hanno ancora riserve personali; possono scoraggiarsi, prendere vie sbagliate, bere da sorgenti inquinate... Ogni giovane cerca un cuore dove abitare, dove rifugiarsi nei momenti di crisi, da cui ripartire ogni mattina per vivere la giornata con fiducia, un cuore dove purificarsi dal male che scopre dentro di sé e intorno a sé. Questa dimora è soltanto il Cuore di Cristo, da cui si irradiano nello stesso tempo verità e misericordia, fedeltà e bontà. Per questo Don Bosco cercava di condurre i suoi ragazzi al Cuore di Cristo, ed è ciò che i suoi figli hanno fatto anche qui, da 75 anni. Possa questa ricorrenza rinnovare lo slancio apostolico della vostra presenza così preziosa qui a Varsavia e in tutta la Polonia!

Mentre affido alla Vergine Maria questa intenzione, vorrei sottolineare l'importanza della devozione mariana nella vita e nella missione salesiana. Sono andato a riprendere la lettera che, proprio su questo tema, Don Egidio Viganò indirizzò a tutti i Salesiani il 25 marzo 1978, poco dopo la sua elezione a Rettor Maggiore. Nello stesso anno sarebbe salito al Soglio pontificio il Papa "Totus tuus", che ha testimoniato a tutti la centralità di Maria Santissima nella vita del cristiano e della Chiesa. Mi ha colpito questa sincronia. Il Rettor Maggiore scrisse quella lettera per spronare ad "una vera ripresa della devozione all'Ausiliatrice" e così rendere "più genuina e concreta quell'animazione salesiana di cui si sente tanto bisogno nelle comunità e con cui - scriveva Don Viganò - riattualizzeremo il carisma del nostro Fondatore" (Maria rinnova la Famiglia Salesiana di Don Bosco, Lettera pubblicata in ACS n. 289, Conclusione). Queste parole non avrebbero mai potuto ricevere un accredito più alto ed autorevole del pontificato di Giovanni Paolo II! Alla luce del suo magistero, e più ancora della sua testimonianza, è ormai chiaro ed evidente a tutti nella Chiesa che la devozione mariana non è un'appendice, una decorazione, ma ne fa parte integrante, perché intrinsecamente unita al mistero di Cristo e della Chiesa, secondo gli insegnamenti del Concilio Vaticano II. "Prendere la Madonna in casa": così esortava a fare Don Viganò, alla luce del Vangelo di San Giovanni (19, 27). Un Pontefice venuto dalla Polonia, da questo popolo consacrato a Maria, ha fatto sua in prima persona quella sublime eredità, ne ha fatto il motto quotidiano, ed ora la Chiesa intera è riconoscente alla Polonia, alla sua fede e alla sua storia per l'inestimabile ricchezza che ciò ha apportato al suo patrimonio spirituale, teologico e pastorale. Pensiamo all'Enciclica Redemptoris Mater; alla Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae a cui è seguita la rinnovata fioritura della preghiera del Rosario tanto cara al cuore degli autentici fedeli. Tutto ciò avrebbe fatto gioire Don Bosco, anzi, l'ha fatto certamente gioire in cielo, nella comunità dei Santi. Il nostro Fondatore, infatti, come sottolineava nella sua Lettera il compianto Don Viganò, è stato uno dei "grandi" devoti di Maria lungo i secoli, privilegiando il titolo di Ausiliatrice in senso spiccatamente ecclesiale, come Madre e Aiuto della Chiesa. Don Bosco era consapevole che la sua stessa vocazione e tutta la sua opera dipendevano dal concorso materno di Maria, e affermava che la Congregazione salesiana avrebbe compiuto grandi cose se avesse saputo mantenersi fedele alle "Regole date da Maria Santissima" (MB XVII, 511).

Carissimi! Questa riflessione mariana ci ha fatto sentire viva la comunione dei Santi, come una realtà di cui, per grazia di Dio, siamo partecipi. È quanto ci ha ricordato poc'anzi la Parola di Dio:  "Voi vi siete accostati... alla Gerusalemme celeste... all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli... agli spiriti dei giusti portati alla perfezione. Al Mediatore della Nuova Alleanza" (Eb 12, 22-24). Continuiamo il nostro servizio nella Chiesa e nella società tenendo sempre lo sguardo e il cuore orientati verso la comunione dei Santi. Tra poco canteremo il Magnificat: insieme con Maria, camminiamo nella storia, nei sentieri concreti del tempo, con il cuore in Dio, Santo e fonte di ogni santità. Solo se vivremo in Lui, con l'umiltà di Maria, potremo contribuire a costruire l'edificio spirituale della Chiesa e saremo in grado di aiutare gli uomini a trovare la vera pace.

      

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