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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE
DELLA TRASLAZIONE DELLA SALMA DEL CARD. ALBERTO BOVONE

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Chiesa di San Felice, Frugarolo (Alessandria)
Domenica, 7 ottobre 2007

 

Carissimi sorelle e fratelli qui riuniti intorno all'altare per la Celebrazione Eucaristica,

desidero innanzitutto trasmettervi il saluto cordiale e la grande benedizione del Santo Padre Benedetto XVI, che conosce e ricorda questi luoghi da lui visitati nel passato e, in particolare, questa Chiesa parrocchiale di San Felice nella quale è stata oggi tumulata la salma di un suo illustre figlio, divenuto Sacerdote, Vescovo e Cardinale di Santa Romana Chiesa, Alberto Bovone.

Essere qui oggi, nel suo paese natale, significa per me trovarmi nella casa dell'amico, del fratello in Cristo, con il quale ho trascorso un tratto importante della mia vita. La mia storia si è intrecciata con la sua nel comune percorso di servizio alla Santa Sede. Per molti anni, frequentando gli uffici del Palazzo del Sant'Uffizio, prima per qualche parere che mi veniva chiesto e poi in qualità di Consultore, l'ho incontrato nella sua funzione di Sottosegretario, poi di Arcivescovo Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, rispettato ed apprezzato da tutti. Per me era lo specchio del servitore saggio, fedele e prudente della Chiesa. Nulla di più indovinato, dunque, del motto che aveva scelto per il suo stemma episcopale "Fidelis et prudens".

Insieme alla disciplina imposta dalla vita nella Curia Romana, Monsignor Bovone coltivava la sua spiccata vena letteraria e poetica; aveva una grande capacità di comprendere profondamente l'animo umano e i suoi sentimenti; con raffinatezza quasi pudica praticava la carità e coltivava le amicizie. La lunga militanza nella Curia Romana non ha impedito la sua naturale disposizione all'impiego della fantasia, o meglio non ha mortificato la sua fantasia. Sfogliando le pagine dei suoi scritti, sia quelli prodotti in gioventù per i ragazzi dell'ENAOLI, sia quelli dell'età matura - si tratta a volte di preziosi testi inediti e di numerose omelie - emerge la saldezza della sua fede trasmessa con impensato vigore. In verità, il Signore ha dato al nostro fratello Vescovo e poi Cardinale Alberto Bovone, non uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Sono queste le qualità menzionate da Paolo nella lettera a Timoteo, che abbiamo letto poco fa.

Nella stessa lettera Paolo così esortava l'amico e compagno Timoteo: "Prendi come modello le sane parole che hai udito da me, con la fede e la carità che sono in Cristo Gesù. Custodisci il buon deposito con l'aiuto dello Spirito Santo che abita in noi". Certamente il Cardinale Bovone ha saputo custodire il buon deposito della fede ed ha costantemente ravvivato in se stesso il dono di Dio trasmesso per l'imposizione delle mani, che lo ha reso successore degli Apostoli. Per questo noi possiamo ora far tesoro di ciò che ci ha lasciato in eredità.

Ascoltiamo, dunque, nelle pagine da lui scritte, l'eco della sua voce e cogliamo oggi l'attualità delle sue parole:

"Viviamo in un momento drammatico della storia in cui il cristianesimo è messo a dura prova dall'insidia di dottrine perverse e sovvertitrici. Ebbene, per molti cristiani, forse, il cristianesimo è il campo o la casa da costruire, la sposa, la famiglia, la patria da difendere... In verità, il cristianesimo è il messaggio di un Dio fatto uomo e morto per tutti sulla croce e che morendo ci ha conquistato il diritto alla vita, alla vita dell'anima distinta dalla vita del corpo, nonché ai mezzi per conservarla, accrescerla e riconquistarla dopo l'esperienza del peccato: vita dell'anima che è preludio e anticipazione di quella eterna".

E ancora: "Se mi chiedeste se io vado a destra o a sinistra vi risponderei che questa è una domanda da fare a chi non conosce la strada. Per chi conosce la strada - e io la conosco perché è quella indicata dalla Chiesa che per me ha il suo centro nel Papa - la strada da battere non ha svolte, è diritta, e porta diritto allo scopo che è quello fissato nel Vangelo di Cristo".

Il Cardinale Bovone amava la sua terra d'origine. Raccontava:

"Mi piace rievocare le emozioni che io ho vissuto ogni qual volta venendo da lontano sono ritornato nella mia terra natia e prima di giungervi - in treno specialmente - ho cercato al di là degli alberi e, nelle giornate invernali, al di là delle nebbie che coprono come un grigio lenzuolo i campi e i prati della nostra campagna, la sagoma delle due torri campanarie, prima quella tornita del Convento, e poi, in rapida successione, quella puntuta e svettante del nostro campanile, che era il nostro orgoglio".

Anche noi, venuti da Roma, vogliamo oggi lasciarci prendere dal fascino di questa terra e rendere onore alla sua storia e ai suoi abitanti. Per far questo a nome di tutti, saluto il Vostro nuovo Vescovo, Mons. Giuseppe Versaldi, al quale sono legato da profonda amicizia essendo stato il mio Vicario Generale a Vercelli. Saluto le Autorità civili e militari, che ringrazio di essere presenti, in particolare sono grato al Sindaco di Frugarolo per le sue parole di benvenuto. Ringrazio l'Arciprete, Don Giuseppe Grossi e saluto con grande affetto i familiari e gli amici del compianto Cardinale Bovone, con speciale riguardo per le Piccole Suore della Divina Provvidenza.

Uniti intorno all'altare è bello far memoria del cammino luminoso di un figlio di questa terra.

Vediamo ora come, nel compito di educatore - per molti anni il giovane sacerdote Alberto Bovone ha prestato la sua opera pastorale fra i mutilatini di Don Gnocchi e come assistente ecclesiastico nazionale fra i ragazzi dell'Enaoli (Ente Nazionale Assistenza Orfani Lavoratori Italiani) - egli sapeva trovare le parole giuste, avvincenti e convincenti. Sfogliando le pubblicazioni dell'Enaoli del tempo, troviamo i suoi articoli sotto i titoli: "Una domanda per volta", "Giovane a tutte le età", "Osserva la natura", "Piccolo galateo dell'anima", e altri.

Sapeva essere incoraggiante:

"O, cari Ragazzi sono ottimista e non potrei non esserlo con il Signore alle spalle. Io sono certo che con l'aiuto del Signore voi siete tutti terreno buono".

Sapeva anche essere esigente e sincero:

"Un bel voto, una lode, un primo posto, un affetto non sono cose che si possono facilmente trovare vicino al letto ogni mattina quando vi alzate, ma sono invece il risultato della vostra costanza, della vostra forza d'animo, della vostra abnegazione, in una parola, del vostro spirito di sacrificio... Il Paradiso che il cristianesimo promette non è un'oasi che si apre improvvisamente e miracolosamente su un deserto arido, ma la conclusione, il compimento, il perfezionamento, il tocco finale - che solo Dio può dare - all'opera dell'uomo sulla terra".

Per lunghi anni Mons. Alberto Bovone ha prestato la sua opera pastorale presso le Piccole Suore della Divina Provvidenza in zona Boccea a Roma. Le Piccole Suore, che si prendono cura delle persone anziane e delle loro famiglie, facevano parte dei suoi affetti per la consuetudine di vita che lo legava ad esse da molti anni, durante i quali ne ha sperimentato la carità generosa.

La sua stima per la vita consacrata traspare da queste parole:

"Non so se ci siano ancora nel mondo delle zone non inquinate... Io penso ai tanti luoghi dove vivono anime bellissime che hanno fatto il dono di sé con la consacrazione religiosa. Non è forse qui, da questi luoghi, che si deve ricercare l'angolo nel quale rifugiarsi per respirare e riscoprire l'amore? Diciamocelo - perché anch'io ho bisogno di sentirmelo dire - che siamo noi le ultime riserve dell'amore, noi i cristiani, noi la chiesa, noi le anime consacrate... ".

A me è toccato il compito provvidenziale di essere il suo successore nell'incarico di Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il giorno del passaggio delle consegne, seduti l'uno di fronte all'altro, nello studio che era stato per tanti anni il luogo del suo impegno e del suo sacrificio quotidiano, ho avvertito che il passaggio del testimone non era indolore. Come non avere un certo fremito pensando al lavoro compiuto con passione e alla collaborazione, trasformatasi in vera e profonda amicizia con il Cardinale Joseph Ratzinger? Ma la sua tempra di servitore di Cristo fedele e prudente non gli ha concesso indugi nostalgici. Presso la Congregazione per le Cause dei Santi la sua vita umana e cristiana ha avuto la sua ultima pienezza meritando, possiamo ben sperare, la compagnia dei santi in Paradiso.

Da vero cristiano, nonostante la vasta esperienza e il lungo servizio, si considerava un "servitore inutile": "Così anche voi - dice il Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato - quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare". Egli commentava: "Per quanto mi riguarda nonostante i miei molti anni di età, io non sono ancora capace di dare la risposta che vorrei. Posso solo dire che vorrei dare la risposta giusta, quella che lui si attende da me. E io lo so che cosa Egli si attende da me: che io sia uno specchio di Lui, uno specchio non deformante, piccolo se mai ma chiaro e lucido, nel quale chi vuole possa scoprirvi le fattezze del volto di Lui. Che io sia la sua ombra, l'ombra di Lui che cammina trascinando la croce, io che della croce ho tanta paura, per essere in grado di guardare un giorno il suo volto risuscitato".

Ricordo che i funerali del Card. Bovone hanno riempito la Basilica di San Pietro di Cardinali e Vescovi più del solito, grazie alla concomitanza con il Sinodo per l'Asia, che aveva portato a Roma molti Vescovi di quel continente. Era commovente vedere come lui, tanto schivo e ponderato nelle amicizie, sia stato circondato da tanta folla. Era palpabile che i limiti della natura umana non c'erano più e tutti guardavano quella bara con un senso di pienezza e di pietà cristiane, per le grandi sofferenze che lo avevano completamente purificato nell'ultimo periodo.

Aveva ricevuto l'estrema unzione dal Cardinale Canestri, suo amico dell'anima, che gli era stato vicino giornate intere. Riuscendo a togliere la mascherina dell'ossigeno gli aveva sussurrato: "È il regalo più bello che poteva farmi... non posso non pensare al Santo Padre... sono felice di essere un sacerdote".

La felicità provata in punto di morte era come il compimento, il frutto maturo di una vocazione, che amplificava i sentimenti provati al momento della chiamata. "Con la risposta alla vocazione sacerdotale - confidava - siamo come usciti dal mucchio, dalla folla e ci siamo fatti strada come al tempo di Gesù coloro che hanno voluto stargli più vicino, parlargli, toccarlo e seguirlo. Abbiamo guardato spesso con una sorta di benevola invidia a questi personaggi del Vangelo che hanno goduto maggiormente della confidenza e intimità di Gesù, anche quando erano dei malati o dei peccatori. Ciò che ricordiamo di loro non sono le loro malattie o i loro peccati, ma il privilegio di essere stati con lui".

Una esperienza di morte in Cristo la sua. Una meditazione sulla fedeltà di Dio, che viene incontro ai nostri sforzi fatti da piccole fedeltà quotidiane. Tutto trasforma, tutto sublima, tutto purifica.
Oggi, le spoglie mortali di questo servitore fedele del Signore, hanno trovato posto nella Chiesa parrocchiale, che ha aiutato a ricostruire con le sue risorse economiche dopo il crollo del campanile. Il suo spirito continuerà a parlare ai cuori dei suoi concittadini per aiutarli a conservare saldo e inalterato il buon deposito della fede, e a puntare verso la santità di vita, fonte di serenità, di benessere e di speranza per le generazioni future.

Il Signore faccia di noi tutti, sul suo esempio, dei cristiani autentici, fedeli alle profonde radici cristiane delle nostre terre.

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