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40° ANNIVERSARIO DELL'ENCICLICA DI PAOLO VI POPULORUM PROGRESSIO

DISCORSO DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE
AI PARTECIPANTI AL II CONGRESSO MONDIALE
DEGLI ORGANISMI ECCLESIALI OPERANTI
PER LA GIUSTIZIA E LA PACE

Roma
Giovedì, 22 novembre 2007

 

1. Sono particolarmente lieto di portare il mio saluto ai partecipanti a questo II Congresso mondiale degli Organismi Ecclesiali operanti per la giustizia e la pace, convocato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Ringrazio il Presidente del Pontificio Consiglio, Sua Eminenza il Cardinale Renato Martino e il Segretario S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi per questa importante iniziativa che giunge ora alla sua seconda edizione e soprattutto per averla voluta dedicare alla riflessione sulla Populorum progressio nel suo quarantesimo anniversario. Lo «sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini» (Populorum progressio, 42), felice espressione sintetica scritta da Paolo VI quarant’anni fa, definisce ciò che da sempre costituisce l’interesse primario della Chiesa, che è chiamata a servire l’uomo, sua principale «via», secondo il piano di amore e di verità della divina Trinità.

Ringrazio anche tutti voi qui presenti che, con i vostri volti, rappresentate le tante persone e i molti Organismi che nel mondo operano con impegno per portare la luce, la parola e la mano di Cristo laddove la giustizia e la pace sono in pericolo. Rivolgendomi a voi, penso anche di rivolgermi alla «operosità feconda di milioni e milioni di uomini, che, stimolati dal Magistero sociale, si sono sforzati [e si sforzano] di ispirarsi ad esso in ordine al proprio impegno nel mondo» (Centesimus annus, 3) in difesa della persona umana e per costruire una società più giusta e pacifica.

2. La Populorum progressio ha costituito una impellente sollecitazione ad aprire i nostri orizzonti e ad affrontare la dimensione mondiale della questione sociale o, meglio, la questione sociale come questione mondiale. L’enciclica ha anche espresso con grande chiarezza il contributo che la Chiesa può dare al problema dello sviluppo ormai diventato un problema globale. Essa può dare due cose fondamentali: una visione globale dell’uomo e il comandamento dell’amore. Il primo dono che la Chiesa fa al mondo appartiene all’ambito della verità: «In comunione con le migliori aspirazioni degli uomini e soffrendo di vederle insoddisfatte, essa desidera aiutarle a raggiungere la loro piena fioritura, e a questo fine offre loro ciò che possiede in proprio: una visione globale dell’uomo e dell’umanità» (Populorum progressio, n. 13). Si tratta di una visione di ragione ma soprattutto di fede, e infatti la Chiesa vede l’intero processo di sviluppo finalizzato a Dio stesso o, come afferma la Populorum progressio, al «riconoscimento da parte dell’uomo dei valori supremi e di Dio che ne è la sorgente e il termine» (n. 21). Scriveva Giovanni Paolo II: «Nessun autentico progresso è possibile senza il rispetto del naturale e originario diritto di conoscere la verità e di vivere secondo essa» (Centesimus annus, 29). Il secondo dono appartiene all’ambito della carità: «l’unità nella Carità del Cristo che ci chiama tutti a partecipare in qualità di figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini» (Populorum progressio, n. 21). Assieme alla verità sull’uomo e sul suo destino, la carità é la principale forza per lo sviluppo in quanto «colui ch’è animato da una vera carità è ingegnoso nello scoprire le cause della miseria, nel trovare i mezzi per combatterla, nel vincerla risolutamente» (Populorum progressio, n. 75). Verità e carità promanano da un’unica realtà, perché, come ci ha insegnato Benedetto XVI nella Deus caritas est, Dio è Amore e Verità.

3. In questo sguardo alla realtà mondiale, richiestoci dalla Populorum progressio, sguardo di verità sull'uomo e di carità per l’uomo, non dobbiamo mai separare l'attenzione per questo singolo uomo che abbiamo davanti, per questa specifica situazione di sofferenza e di bisogno, dall'attenzione per le più ampie dinamiche internazionali e strutturali. L'uomo, che è la via della Chiesa, non è l'uomo in astratto, ma l’uomo concreto, ogni singolo uomo (cfr. Centesimus annus, 53). Contemporaneamente, però, egli è legato a tutti gli uomini suoi fratelli, come testimonia la Chiesa che riunisce tutti i suoi figli nell'unico Corpo di Cristo. Un ambito di crescente impegno dei cristiani nel mondo, ambito in cui questa doppia dimensione, particolare e universale, è molto evidente, è quello della riconciliazione. Riconciliazione tra etnie e tribù per conflitti in regioni di frontiera o per lo sfruttamento di risorse naturali; riconciliazione tra gruppi umani nelle periferie delle grandi città, in vertiginoso aumento; riconciliazione tra Paesi in guerra. Molti cristiani sono impegnati su questo fronte: chi agisce nel concreto, mettendo in piedi strutture di cooperazione e sviluppo per risolvere gli acuti problemi che dividono e contrappongono uomini e fazioni; chi agisce sul piano più ampio dei rapporti internazionali, dell’azione degli organismi internazionali e perfino dei governi. La riconciliazione ha spesso alle spalle problemi di sviluppo e chi lavora per lo sviluppo lavora anche per la riconciliazione.

4. La Populorum progressio lanciava anche un grande appello alla cooperazione. L’Enciclica invocava «un’azione d’insieme» (Populorum progressio, 13), intesa sia in senso etico, come espressione della solidarietà, sia anche in senso socio-economico, come capacità di operare insieme per uno scopo produttivo o commerciale. Anche questa grande indicazione dell’Enciclica è assolutamente attuale, tanto sul piano delle situazioni concrete e particolari, quanto al livello più ampio delle relazioni internazionali. La capacità di cooperare è un potente elemento di sviluppo. In alcune aree, specialmente dell’Africa, l’arretratezza è dovuta anche alla difficoltà delle popolazioni indigene a cooperare al proprio interno sul piano economico e produttivo. All’opposto, popoli che, grazie alla loro cultura, si aprono maggiormente alla cooperazione, e quindi alla riduzione del rischio d’impresa, alle economie di scala, riescono a svilupparsi con maggiore facilità. La riconciliazione è motivo di sviluppo perché favorisce la cooperazione. Questo si può agevolmente constatare sul piano di singole situazioni concrete, ma è anche evidente nei macro rapporti internazionali tra popoli, Nazioni, Stati. La cooperazione internazionale non è solo l’attività di aiuto dei Paesi più sviluppati verso quelli che lo sono meno. Essa è anche cooperazione tra Paesi in via di sviluppo – o cooperazione Sud-Sud come anche si dice –; è anche il multilateralismo, inteso come risultato della capacità e della pazienza di costruire insieme una rete di regole condivise che permettano la crescita e la giustizia; è anche l’incontro economico produttivo delle società civili dei Paesi che per costruire insieme non aspettano di avere il «via libera» dai rispettivi governi, ma si muovono in autonomia. Dalla Populorum progressio proviene un forte invito alla cooperazione, intesa in questo molteplice senso. Essa è un altro importante fattore di giustizia e di pace.

5. Sviluppo, riconciliazione, cooperazione. Oltre a questi grandi messaggi, l’Enciclica ne contiene un altro che vorrei segnalarvi e che so essere molto presente nella vostra attività a servizio della giustizia e della pace. La Populorum progressio insegna che lo sviluppo non riguarda solo gli aspetti materiali (cfr. n. 14); bisogna considerare fattore di sviluppo primario anche la cultura. L’istruzione, la conoscenza, la tecnologia ma, ancora di più, la visione dell’uomo e della comunità. L’indifferentismo culturale non aiuta lo sviluppo, perché non favorisce il vero dialogo tra le culture. Lo sviluppo può essere un valido terreno di dialogo, ma questo non si può realizzare se vengono occultate le differenze in un concordismo generico. È molto importante che la prassi per la giustizia e per la pace dei nostri Organismi non sia mai un mero fare, ma si nutra della fede cristiana, della preghiera cristiana, della teologia cristiana e di una cultura ispirata gli insegnamenti di Gesù Cristo.

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