MEMORIA LITURGICA DI SANTA BARBARA OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE Basilica di San Giovanni in Laterano
Cari fratelli e sorelle, viviamo insieme questa sera, uno spettacolo insolito, quello che offre l’imponente Basilica di San Giovanni in Laterano, Chiesa Cattedrale del Papa. La vostra presenza, la massiccia partecipazione dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, con le vostre ben note e tipiche divise fa pensare subito al servizio che il vostro corpo rende costantemente alla società intervenendo dovunque esiste un’emergenza; non possiamo non pensare anche ai rischi che affrontate in questo vostro non facile lavoro e quindi alla necessaria protezione che dall’Alto è giusto implorare. Rivolgiamo anche un pensiero ai colleghi ed amici che hanno sacrificato la vita accanto a voi, per la salvezza e sicurezza di tutti. Io stesso ricordo, quando ero ancora Arcivescovo di Genova nel gennaio 2005, di aver celebrato il funerale di un eroico Vigile del fuoco: Giorgio Lorefice morto tragicamente. Con il suo grido accorato: «Andate via, andate via!» ha salvato tante vite ed ha offerto la sua, lui che era abituato al sacrificio generoso e altruista fino al punto da dividersi tra il lavoro con i Vigili del Fuoco e il servizio alla Croce Rossa. Ci riunisce quest’oggi, il comune rendimento di grazie al Signore per la sua costante assistenza e, in particolare, il ricordo e la memoria liturgica di santa Barbara, martire dei primi secoli dell’era cristiana e Patrona della Marina Militare, del Genio e del Corpo di Artiglieria. Ella è Celeste Patrona e speciale protettrice di tutti voi, che fate parte del Corpo dei vigili del fuoco, quelli che la gente è abituata a chiamare familiarmente “pompieri”. Permettete subito che rivolga a voi tutti qui presenti il mio saluto, grato per avermi invitato a presiedere questa bella e partecipata celebrazione eucaristica. Saluto in primo luogo il vostro Dirigente Generale, il Prefetto Pecoraro e con lui saluto le altre Autorità presenti; saluto inoltre, i responsabili dei vari settori del vostro Corpo e ciascuno di voi chiamato a svolgere mansioni diverse, tutte ugualmente importanti per il buon funzionamento e l’efficacia della vostra missione civile. Sono lieto di potervi trasmettere la vicinanza speciale di Sua Santità Benedetto XVI, che estende il suo cordiale pensiero alle vostre famiglie e a tutte le persone a voi care. La Basilica Papale che ci accoglie è dedicata al SS.mo Salvatore e ai santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano, Basilica che fu la prima ad essere eretta all’interno delle mura urbane dopo il riconoscimento del cristianesimo come religio licita da parte dell’imperatore Costantino. Essa costituisce pertanto il segno di una fede che dura nel tempo ed è un costante richiamo per noi cristiani di Roma a vivere la nostra vocazione cristiana in piena fedeltà a Cristo e al suo amore. E’ proprio questa perenne amicizia con Gesù che permette ad ogni cristiano, anche oggi, di vivere in pienezza la propria vocazione nella Chiesa e nel mondo. Non sono infatti le parole, né può essere un sentimento passeggero a darci la possibilità e il coraggio di spendere la vita per il Signore Gesù, ma «l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Deus caritas est, n. 1). Una forte decisione, quindi, per un grande amore incontrato: Gesù Cristo. Questa esperienza è ciò che meglio ci aiuta a comprendere la vita della martire Barbara, che appartiene alla numerosa schiera delle prime generazioni cristiane. Nata nel 217 d.C. a Nicomedia di Bitinia, l’odierna Ismit, a sud-est di Scutari d’Asia, sentì raccontare dai servi e dagli schiavi che abitavano presso la sua famiglia, fatti della storia sacra e in particolare della vita di Gesù e del suo Vangelo. Promessa sposa al prefetto di Nicomedia, Barbara desiderava per sé un futuro diverso. Fu per questo che per essere libera di servire Dio, scelse la vita verginale e a motivo della sua fede in Cristo venne incarcerata nella fortezza di Nicomedia. Uscita miracolosamente viva e indenne dal carcere, dopo che la prigione fu attaccata dal fuoco, venne denunciata dal padre perchè cristiana e quindi condannata a morte. A distanza di secoli dalla sua morte, il 4 dicembre 1951, il Santo Padre Pio XII proclamò la nostra Santa martire, Patrona degli Artiglieri, dei Genieri, dei Marinai e dei Vigili del Fuoco. In questa solenne e familiare celebrazione eucaristica guardiamo a lei come a un fulgido esempio; la sua vicenda terrena ci accompagna e ci aiuta a fare nostra la Parola di Dio che abbiamo appena ascoltata. Risuona in particolare, l’invito del libro del Levitico a vivere la santità non come fatto intimistico, poiché la salvezza e la felicità non provengono da noi stessi; nessun uomo è infatti capace di costruire il proprio felice destino e quindi di donare la felicità agli altri se Dio non lo accompagna e non è in lui. Nulla siamo capaci di condividere se Iddio non pone in noi il germe del bene e della vita eterna, in ogni azione che compiamo, in ogni parola e in ogni gesto che manifestiamo. L’apostolo Paolo – lo abbiamo ascoltato poca fa - ci esorta a vivere e a morire non per noi stessi, ad agire e compiere azioni non per apparire e proclamarci grandi davanti agli uomini, ma unicamente con la volontà di restare fedeli alla Legge divina, per restare e vivere onestamente e in purezza di cuore davanti a Dio. Alla santità siamo chiamati tutti, ci ricorda l’odierna liturgia; tutti noi siamo chiamati a rendere testimonianza a Cristo con la nostra esistenza. La parola “testimonianza” viene espressa in greco con un termine che richiama quello italiano di “martirio”. Testimonianza dunque è martirio per alcuni, per quelli cioè che in modo cruento offrono la vita per Cristo: così è avvenuto anche per santa Barbara. Ma c’è un martirio incruento, che potremmo definire ordinario, ed è l’esperienza quotidiana di un credente, messo a dura prova fra difficoltà, incomprensioni, attacchi e persecuzioni per la sua testimonianza evangelica. La santità e la dimensione del martirio ci aiutano perciò, mentre contempliamo l’esempio di santa Barbara, a capire quali risposte possiamo dare, da cristiani, alle molteplici sfide del nostro tempo. Per essere testimoni di “una speranza affidabile”, sembra dirci il Papa nella sua recente enciclica, dobbiamo riscoprire il coraggio dei santi, di coloro cioè che ci hanno preceduto nel cammino della santità. Essi ci stimolano a non scoraggiarci quando incontriamo ostacoli sul nostro cammino, anche qualora vedessimo attorno a noi l’esempio di credenti non perfettamente coerenti con la fede che professano. L’esempio dei santi, specialmente dei martiri, è incoraggiamento a prendere sul serio ogni più piccolo frammento di umanità che siamo chiamati a condividere con gli altri perché, in ogni situazione Iddio ci chiede di vivere una sincera amicizia con Lui e di testimoniarla agli altri con la bontà e la verità dei nostri comportamenti. Cari Vigili del fuoco, Dio vi aiuta ad affrontare con serenità il vostro lavoro quotidiano. Nel vostro delicato e difficile compito quante difficoltà potete incontrare! Ma anche quante persone potete aiutare, quanto bene potete fare! Qui penso alle tante situazioni di miseria, di inquietudine, di disagio che quotidianamente incontrate nei vostri vari e complessi servizi alla società. Sappiate essere amici di ogni persona che incontrate; fate in modo che l’indifferenza non prevalga nelle relazioni umane e portate con il soccorso d’urgenza, la serenità di una solidarietà umana e cristiana che contribuisca a sollevare chi si trova in situazioni talora veramente drammatiche. Chi si sforza di amare Dio e i fratelli – contribuisce silenziosamente ma efficacemente a costruire un mondo più giusto e più umano; un mondo, voluto e amato da Dio, abitato e reso prezioso dal dono della Sua presenza. Nello svolgimento del vostro compito di Vigili del fuoco, voi siete in certo modo ministri, servitori della speranza. Quando nel mezzo di un evento drammatico, la gente in preda al panico e alla disperazione sente la sirena dei vigile del fuoco, è subito confortata dalla speranza nel vostro intervento risolutore. Essere capaci di salvare vite umane è un bel segno che ci riconduce – come in una immagine – a ciò che Dio ha realizzato per noi in Cristo: la nostra salvezza non solo per una vita terrena, ma per la vita eterna. Vorrei concludere ricordando che abbiamo iniziato il periodo di Avvento che ci prepara al Natale di Colui che è il nostro Salvatore in senso vero e totale. Il Santo Padre, durante i primi vespri di domenica scorsa, ci ha introdotti in questo nuovo tempo liturgico, ricordandoci che Dio, «all’umanità che non ha più tempo per Lui, offre un altro tempo, un nuovo spazio per rientrare in se stessa, per rimettersi in cammino, per ritrovare il senso della speranza». «Che cosa manda avanti il mondo – ha continuato il Papa – se non la speranza di Dio, riflessa nel cuore dei piccoli, degli umili, che attraverso le difficoltà e le fatiche, si impegnano ogni giorno a fare del loro meglio, a compiere quel poco di bene che però agli occhi di Dio è tanto: in famiglia, nel posto di lavoro, a scuola, nei diversi ambiti della società. Nel cuore dell’uomo è indelebilmente scritta la speranza, perché Dio nostro Padre è vita, e per la vita eterna e beata siamo fatti» (Omelia, 1° dicembre 2007). Ci assista con la sua materna protezione la Vergine Maria, martire silenziosa dell’amore divino, che seppe restare fedele a Dio in ogni istante della vita, anche nei momenti di buio e di solitudine. Ci aiuti a capire che anche la nostra vita ha valore se interamente donata a Dio e per questo generosamente posta al servizio dei fratelli. |
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