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LETTERA DEL CARD. TARCISIO BERTONE
AL CARDINALE DIONIGI TETTAMANZI
ARCIVESCOVO DI MILANO E PRESIDENTE
DELL'ISTUTUTO TONIOLO DI STUDI SUPERIORI
IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DELL'UNIVERSITÀ
CATTOLICA DEL SACRO CUORE


Signor Cardinale,

La Giornata per l'Università Cattolica, che cade domenica prossima, 6 aprile, è quest'anno una favorevole circostanza per rendere omaggio alla Venerabile Serva di Dio Armida Barelli (1882-1952), la quale, accanto a Padre Agostino Gemelli e insieme a un primo gruppo di amici, cooperò alla nascita della vostra benemerita istituzione. Ben noti a voi sono la figura, l'opera e l'impegno di Armida Barelli, che visse il travaglio di un'epoca complessa e ricca di eventi sociali ed ecclesiali.

Sua costante preoccupazione fu rendere una testimonianza evangelica vitale e appassionata nella sua quotidiana attività professionale svolta per diversi decenni nell'ambito dell'Università e del Policlinico del Sacro Cuore. L'incontro con il "Dio dell'inizio", come lei amava affermare, l'aveva spinta a servire il Signore nei fratelli, specialmente in quelli ammalati e bisognosi.

È vero: soltanto da un amore autentico per Dio scaturisce una sincera e costante attenzione alle problematiche dell'essere umano e della società; solo da un'intima "passione" per Dio nasce quella vera "passione" per l'uomo e per il suo vissuto quotidiano che si rivela scevra da interessi egoistici. Chi vive in comunione con il Signore conduce un'attività che non si ferma a risultati pratici, ma si traduce in un dono di sé ai fratelli. Questo comporta - ammoniva la Barelli - percorrere "le vie maestre" della realizzazione umana ed evangelica, accettando la fatica di ogni giorno e rifuggendo da facili scorciatoie o maldestre deviazioni. Oggi, in un tempo in cui la ricerca scientifica si avventura su frontiere non sempre aperte all'autentica realizzazione dell'uomo, occorre a maggior ragione ritrovare la "grande via" di un umanesimo integrale, rispettoso delle più profonde esigenze ed attese del cuore umano, come il Servo di Dio, Papa Giovanni Paolo II, e Sua Santità Benedetto XVI a più riprese hanno indicato.

Non è certo facile inculturare la fede nell'attuale contesto mondiale, carico di molteplici sfide. L'annuncio e la testimonianza dei cristiani deve confrontarsi e dialogare con uomini e donne appartenenti a religioni e ideologie lontane dal Vangelo. L'uomo "postmoderno", accanto ai successi del progresso tecnologico, sperimenta anche che esso non riesce ad appagare le sue aspirazioni più intime. In una parola, l'umanità del terzo millennio, dopo aver cercato di costruire nei secoli recenti il proprio destino in modo autonomo, fidando sulle proprie risorse e prescindendo da Dio - anzi talora addirittura contro Dio - oggi vede delinearsi all'orizzonte un futuro sempre più incerto. Proprio per questo essa aspira, pur senza dichiararlo espressamente, a una più salda speranza. Questa è pertanto l'ora, da parte soprattutto dei laici, di un coraggioso annuncio di Cristo, unico Redentore dell'uomo e di tutto l'uomo. Con intuizione profetica, questo volle esprimere Armida Barelli scegliendo di vivere una "consacrazione secolare" nel mondo, per il mondo e con il mondo, senza per questo assimilarsi al mondo perché capiva che, se questo avesse fatto, avrebbe defraudato il mondo stesso di quella provvidenziale "differenza" salvifica che il Vangelo offre ed assicura. Una simile testimonianza cristiana, perché sia fermento evangelico nella società, richiede che i laici fecondino dall'interno con la "novità" di Cristo le varie professioni ed attività in cui sono impegnati. Ciò domanda, come ancora la Barelli ricorda, una fede personale matura, che si traduca in una "vita buona" spesa per servire gli altri. Questa sola infatti è la fede in grado di "pro-vocare" e suscitare domande decisive sul senso e il valore dell'umana esistenza.

Il "Dio dell'inizio" è anche il "Dio della fine": con quest'espressione Armida Barelli voleva indicare che la vita dell'uomo conserva il suo valore sempre, anche quando la malattia e la stanchezza ne infiacchiscono le energie. È il mistero della sofferenza, che il Papa Benedetto XVI nella sua Enciclica "Spe salvi", indica come uno dei luoghi della speranza cristiana. La sofferenza, in ogni sua manifestazione, costituisce una specie di sigillo dell'umana finitezza, che è impossibile scrollarsi di dosso: finitezza non solo da accogliere con umile rassegnazione, bensì da comprendere e valorizzare nelle sue potenzialità misteriose, anche se cariche di dolore e, talora, addirittura drammatiche. Il senso di questa finitezza infatti può diventare via per meglio capire e dar senso alla nostra missione su questa terra, che ha importanza non solo quando siamo sani e vigorosi, ma pure quando il nostro fisico mostra i segni della sua intrinseca fragilità nella malattia, nella vecchiaia e finalmente nella morte. Ad illuminare i passi del nostro pellegrinaggio terreno sia sempre la luce delle eterne verità, a guidarci nelle ore buie del dolore sia la visione luminosa della meta definitiva, della Vita eterna, che è la vita con Dio e in Dio nell'amore.

Il ricordo di Armida Barelli permette così di focalizzare ancor meglio l'orientamento evangelico che deve guidare le scelte personali e l'attività professionale di coloro che fanno parte dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Sono certo che l'Istituto Toniolo di Studi Superiori, Ente garante dell'Università e che Ella, Signor Cardinale, presiede, non mancherà di valorizzare, a tal proposito, l'insegnamento e l'esempio che ha lasciato la Barelli. A nome del Santo Padre mi è gradito rinnovare ogni più cordiale augurio, accompagnato dall'incoraggiamento a proseguire nel cammino tracciato dai fondatori di codesta Istituzione. Sua Santità avvalora i suoi voti con una speciale Benedizione Apostolica che imparte di cuore a Lei, Signor Cardinale, ai membri dell'Istituto Toniolo, al Rettore Magnifico, al Senato Accademico ed all'intera Comunità della "Cattolica".

Come in passato, unisco alla presente il contributo che il Papa Benedetto XVI ha voluto destinare, in segno di fattiva solidarietà, a codesto stimato Istituto di Studi Superiori. Aggiungo volentieri il mio personale saluto e mi è gradito profittare della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio.

Dal Vaticano, 3 Aprile 2008

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