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VISITA DEL SEGRETARIO DI STATO A BERGAMO E A SOTTO IL MONTE

CELEBRAZIONE DEI VESPRI
NEL 50° ANNIVERSARIO DELL'ELEZIONE
DEL BEATO GIOVANNI XXIII

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Sotto il Monte
III Domenica di Pasqua, 6 aprile 2008

 

Cari fratelli e sorelle,

mentre scende la sera della terza domenica di Pasqua, con la celebrazione dei Vespri ci uniamo all’intera comunità ecclesiale nel rendere lode al Cristo risorto, che ci accompagna con la potenza del suo Spirito nel nostro cammino sulla terra. Nell’antifona al Magnificat riascolteremo tra poco una concisa rievocazione della pagina evangelica che quest’oggi è stata proclamata in tutte le chiese: Gesù si affianca ai due viandanti sulla strada di Emmaus e spiega loro il mistero della Pasqua in tutte le scritture da Mosè ai profeti. La lettura breve, tratta dalla Lettera agli Ebrei, ci ha appena ricordato che con il sacrifico consumato sulla croce “per i peccati una volta per sempre”, Cristo “ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati”. E nel responsorio breve abbiamo ripetuto: Gesù vive per sempre, la morte e gli inferi sono in suo potere. Ecco perché spontaneo e riconoscente sgorga dal nostro cuore l’Alleluja pasquale. In quest’inno di lode e di ringraziamento la nostra voce, con il Magnificat, si associa a quella della Madre del Signore risorto, che ha condiviso con Lui i patimenti della passione, e ci invita ora a gustare la gioia della resurrezione.

In questa gioia della Pasqua, assume un significato ancor più singolare l’odierno nostro incontro qui, a Sotto il Monte, dove conservate viva la memoria del beato Giovanni XXIII, il quale, avvolto in bianche vesti – come cantiamo nell’inno dei Vespri del tempo pasquale – ha attraversato il Mar Rosso ( le difficoltà e le prove di questo mondo) ed ora prende parte in cielo alla cena dell’Agnello. A lui guardiamo come esempio da imitare mentre lo invochiamo come protettore perché aiuti anche noi a seguire fedelmente le orme di Gesù Cristo. Ripercorrendone la vicenda umana e spirituale viene spontaneo chiedersi quale sia stato il segreto della sua santità. Secondo quanto alcuni riferiscono, fu lui stesso a rivelarlo proprio a conclusione dei suoi giorni terreni e a lasciarlo come suo testamento spirituale: “Ciò che più vale nella vita è Gesù Cristo benedetto, la sua santa Chiesa, il suo Vangelo, la verità e la bontà”. Tutto dunque in lui convergeva verso un unico centro: Cristo che amava invocare come Sacerdote Sommo ed Eterno il quale ha offerto se stesso a Dio Padre per la santificazione di tutti i suoi fratelli. Cristo è dunque la sorgente a cui possiamo attingere l’energia spirituale per mantenerci fedeli alla missione che Egli ci affida nella Chiesa e nel mondo; e quest’energia è il frutto dell’azione dello Spirito Santo in noi mediante i sacramenti e specialmente mediante il sacramento eucaristico, culmen et fons di ogni grazia e di tutta la vita cristiana.

I Vespri di questa domenica non fanno che evocare questa sorgente pasquale e ci aiutano a renderci sempre più coscienti e responsabili del dono che ci è dato nell’Eucaristia. In essa i discepoli del Signore trovano la loro essenziale identità. Sempre e soltanto in essa ogni comunità cristiana trova la fonte e la misura della sua autenticità. Come non accogliere questa sera da Giovanni XXIII, innamorato dell’Eucaristia, un pressante invito a partecipare assiduamente alla Santa Messa, specialmente a quella domenicale? L’ascolto della Parola e la partecipazione all’Eucaristia nutrono la comunità cristiana, che diversamente non potrebbe né vivere appieno, né adempiere fedelmente la sua missione. L’amore per la Parola e per l’Eucaristia invece faranno sì che la celebrazione eucaristica diventi per ciascun fedele il centro reale della propria esistenza; incontrare Gesù nella duplice mensa della Parola e del Pane consacrato diverrà addirittura un bisogno quotidiano imprescindibile, come lo era per Papa Giovanni. Quanto profonda è la dimensione eucaristica della spiritualità di questo nostro amato Papa! “Fra il libro e il calice - ebbe a dire nella celebrazione eucaristica in occasione della presa di possesso della Basilica Lateranense il 23 novembre 1958 - ponete il Sommo Sacerdote: ponete con Lui tutti i partecipanti al sacerdozio, di ogni lingua e di ogni rito, qui e in tutti i punti della terra” (Discorsi Messaggi Colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII, I, Città del Vaticano 1959, p. 38ss). Il binomio del libro e del calice era molto caro a papa Roncalli; lo indicava volentieri a Venezia e in altre circostanze quale sintesi del suo ministero pastorale: “Accanto al Libro, ecco il Calice […] Il Calice sull’altare e i riti venerandi che congiungono il pane e il vino consacrati in un solo Sacramento, segnano il punto più alto, la sublimità della unione tra Dio e l’uomo, e la perfezione della vita cristiana” (ibid. p. 41).

Nel suo attaccamento al grande Mistero, egli affermava la priorità di Dio, e del culto che a Lui solo dobbiamo. E in ciò possiamo cogliere l’insegnamento principale e sempre attuale che egli ci ha lasciato. Dall’amore fedele per Cristo scaturiva in lui quel tratto umano e spirituale che lo contrassegnava: un’attenzione cordiale per la storia umana, per la vita dei singoli, delle famiglie, delle comunità con le loro gioie e speranze, con tutte le povertà e difficoltà, le debolezze e le necessità che segnano l’avventura terrena degli individui e dei popoli. Sempre e soltanto in Cristo trovò origine e motivazione quell’insopprimibile ansia per la pace, per la giustizia e per l’unità, che lo rese padre e fratello “riconosciuto” dalla umanità intera.

C’è un altro invito, altrettanto pressante, che vogliamo raccogliere questa sera dal Beato Giovanni XXIII in questi luoghi dove ha trascorso la sua infanzia attingendo l’amore per Dio dalle fertili radici cristiane della sua famiglia e della parrocchia. Lo riascoltiamo dalla sua stessa voce riandando all’udienza che concesse alla Parrocchia di Sotto il Monte nel primo anniversario della sua elezione a Sommo Pontefice. In quella familiare circostanza egli ricordava i genitori, la sua comunità d’origine, i sacerdoti, in particolare don Rebuzzini, suo primo parroco e maestro incomparabile di vita insieme ad altre figure emblematiche della sua famiglia. Ed esprimeva la convinzione che avesse a permanere nella sua parrocchia questo rigoglio di fioriture cristiane, fatto di vita pura, di generosa carità, di rispetto dei dieci Comandamenti, di frequenza ai Santi Sacramenti: in una parola, di continuità nella più splendente tradizione. Ed aggiungeva che anche in mezzo alle non poche vicissitudini presentateci dalla vita, ciò che importa è questo santo patrimonio di fede: là domina lo Spirito del Signore. E notava che questo stesso fondamento può vantare anche tutta la Diocesi di Bergamo la quale, con la sua esemplare fedeltà religiosa e le sue opere, dimostra quanto efficace e provvido sia il timore del Signore, come ubertosi siano i frutti della educazione cristiana. Pure quando tali risultati non rifulgono secondo i criteri del mondo, sempre essi sono grandi per la Chiesa del Signore e davanti agli Angeli di Dio. Possano queste sue parole risuonare nel cuore di ognuno di voi, cari fratelli e sorelle, come stimolo e incoraggiamento a seguire sempre con generosità e senza compromessi gli insegnamenti di Cristo.

Questa in fondo è l’eredità che Papa Giovanni lascia non solo a voi, cari abitanti di Sotto il Monte, ma alla vostra Diocesi e, potremmo dire, all’intero Popolo di Dio. Proprio per questo ho voluto concludere a Sotto il Monte, nella chiesa parrocchiale che egli stesso ha consacrato, questa mia visita che intende essere un gioioso rendimento di grazie a Dio per quanto la Chiesa e l’umanità hanno ricevuto da quest’umile e grande Pontefice. Qui Angelo Giuseppe Roncalli venne accolto alla vita umana e cristiana; qui iniziò il cammino di fedele discepolo del Signore, nella semplicità e nella autenticità di una povertà contenta e di una sicura obbedienza; qui avvertì fin dall’infanzia, in un ambiente familiare, parrocchiale e civile segnato da solide virtù umane e da fede profonda, la chiamata al ministero sacerdotale che lo impegnò a lungo sulle vie dell’Occidente e dell’Oriente e lo condusse cinquant’anni or sono alla Cattedra di Pietro. Qui ancora egli volle sempre idealmente rimanere con ricordo di gratitudine e orante condivisione.

Come dunque avrei potuto mancare di unirmi a voi, suoi concittadini, e in questo luogo, nell’omaggio doveroso alla Divina Provvidenza per il dono di questo Beato Pontefice? La mia riconoscenza si estende alla sua parrocchia natale e alla diocesi di Bergamo perché l’impegno che in questo felice giubileo assume possa dare i frutti abbondanti voluti dal Signore a beneficio di tutti. Il carisma di Giovanni XXIII costituisce un dono che attende di essere adeguatamente conosciuto ed auspico possa fiorire ulteriormente, pur nelle condizioni storiche ben diverse in cui ci troviamo, grazie all’apporto singolare dei suoi figli e fratelli di Bergamo.

Grazie, caro Mons. Roberto Amadei per l’invito che mi hai rivolto; grazie al Parroco e al Sindaco, ai sacerdoti, religiosi e religiose, a voi tutti amici di Papa Giovanni. Ho molto gradito l’accoglienza veramente cordiale che mi avete riservato: in essa leggo il legame di fede e di amore, sempre convinto, che unisce la Chiesa di Bergamo al Vescovo di Roma. Di Lui, dell’amato Benedetto XVI, vi rinnovo la vicinanza spirituale, avvalorata dal suo ricordo orante per tutte le vostre intenzioni. E sono lieto di concludere questa mia visita trasmettendovi nuovamente la Benedizione Apostolica, che Egli imparte ai fedeli e alle comunità parrocchiali di Sotto il Monte e dell’intera diocesi bergamasca. Tornando a Roma mi farò interprete dei vostri grati sentimenti accompagnati dall’assicurazione della vostra preghiera perché il Signore lo custodisca, lo confermi nel generoso ministero petrino e gli dia forza sempre nuova a bene della Chiesa e del mondo. Amen!

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