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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN OCCASIONE DELLA RECITA DELLA SUPPLICA
ALLA MADONNA DEL ROSARIO DI POMPEI

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Sagrato del Santuario della Madonna del Rosario di Pompei
Giovedì, 8 maggio 2008

 

Cari Confratelli Vescovi e sacerdoti,
cari religiosi e religiose,
cari fratelli e sorelle!

“L’Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth” (Lc 1,26). Con queste parole si apre il brano del Vangelo di Luca che poco fa è stato proclamato, e che tante volte la liturgia ripropone alla nostra meditazione. Contempliamo con gli occhi della fede l’Arcangelo Gabriele a colloquio  con la giovane Maria; ascoltiamo le parole che Le preannunciano la missione di Madre del Verbo eterno fatto uomo per la salvezza di tutti gli uomini. Insondabile mistero di amore e di misericordia! Dio si fa uomo nel seno di una Vergine; si fa uno di noi per dare a noi la possibilità di ricevere in dono la sua vita, la vita divina.

Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te” (Lc 1, 28). Dinanzi a questo saluto, Maria rimane sorpresa e non capisce – precisa l’evangelista – che senso esso possa avere. Ancor più smarrita è quando apprende dall’Angelo la sua maternità, che richiama le profezie dell’Antico Testamento: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc 1,30-31). Il seguito del dialogo – dialogo tra cielo e terra - ci è noto; sappiamo come si conclude, e cioè con l’umile accoglienza della chiamata divina da parte della Vergine. San Bernardo, in un celebre suo discorso, quasi immedesimandosi nello stato d’animo di Maria la supplica di rispondere, di non esitare nel pronunciare il suo “si”. «Da’ dunque in fretta la tua risposta all’angelo – egli scrive -  anzi, tramite l’angelo, rispondi al Signore stesso. Di’ una parola e accogli la Parola: pronuncia la tua parola e concepisci quella divina; proferisci la parola che passa e abbraccia quella eterna». «Perché indugi?  - prosegue  il Santo di Chiaravalle – Perché trepidi? Credi, parla e accogli. La tua umiltà si faccia audace, la tua timidezza fiduciosa».

Credi, parla e accogli: nella successione di questi tre verbi è descritto il cammino interiore della Vergine Santa che, docile alla volontà dell’Altissimo, fa suo  il progetto misterioso della Salvezza.

Le verità fondamentali della nostra fede ci vengono richiamate dalla cara  immagine della Madonna che dall’alto di quest’altare veglia su noi: la Madre stringe al petto Gesù ed entrambi offrono la corona del Rosario all’umanità rappresentata dai santi inginocchiati ai loro piedi. Potremmo ben dire che tutto, in questo santuario, ci addita come mezzo semplice, ma efficace per crescere nella fede proprio la recita del Rosario. In questo tempio accorrono pellegrini e devoti d’ogni parte d’Italia e di altre nazioni, stringendo tra le mani la corona. L’alto campanile che domina non solo la città, ma il vasto territorio che si estende ai piedi del Vesuvio, chiama a raccolta tutti i devoti nella Casa della Madre per apprendere da lei la perenne lezione dell’amore: amore per Dio e amore per il prossimo. Dinanzi alle calamità e ai pericoli che segnavano la vita della Chiesa e dell’umanità del suo tempo (il passaggio tra il XIX e il XX secolo), il beato Bartolo Longo, amico di Don Bosco, diffuse la devozione del Rosario, facendo tesoro delle raccomandazioni di Papa Leone XIII che, nella prima enciclica sul Rosario, la Supremi Apostolatus officio, indicava nella preghiera mariana uno strumento sicuro per conseguire il bene della società e della Chiesa.

E’ davvero una gioia tutta speciale per me unirmi a voi, cari pellegrini, in un’occasione tanto singolare come quella odierna della tradizionale “Supplica”, che costituisce uno degli appuntamenti maggiori per la famiglia dei devoti della Madonna di Pompei, città  nota dappertutto per le due civiltà che evoca, per i due grandi comparti della storia che la contraddistinguono: “l’antica Pompei”, che gli scavi hanno restituito come uno straordinario libro aperto sul passato, e la “nuova Pompei” il cui simbolo è certamente questo santuario. Il santuario ha anzi preceduto la nascita della moderna città e in un certo modo l’ha modellata in ogni angolo; ha dato ad essa forma dopo averle assicurata la sostanza di una fede creativa e vitale, sempre pronta non solo a misurarsi, ma a essere la misura di ogni progresso civile e sociale. La grandezza di Pompei sta in questa sua origine, in questo suo inconfondibile timbro mariano che resta nitido ed incisivo pur di fronte al mutare dei tempi.

Proprio per la presenza di questo vivo centro di spiritualità mariana, Pompei è diventata un’oasi di speranza per il mezzogiorno d’Italia, perennemente segnato da non poche problematiche e sfide. Attorno alla venerata icona della Madonna del Rosario  è venuto a formarsi un unico centro spirituale che da una parte irradia  devozione mariana e dall’altra, tramite un complesso di opere sociali, traduce l’amore verso Maria nell’amore per i fratelli, rispondendo ai bisogni della società campana, specialmente alle attese dei più poveri e abbandonati, come i figli dei carcerati.

Autentica devozione mariana e generoso impegno di promozione umana sono anche oggi i “poli dinamici” del santuario e delle opere annesse grazie alla guida solerte e saggia del vostro Pastore, il caro Arcivescovo Prelato, S.E. Mons. Carlo Liberati, Delegato Pontificio, a cui sono grato per la cordiale accoglienza e per le parole che all’inizio della Santa Messa mi ha gentilmente rivolto. Lo saluto con affetto insieme ai sacerdoti della Prelatura, ai religiosi e alle religiose, alle Autorità civili e militari presenti, ai volontari che lavorano nel santuario e nelle attività collegate, ai pellegrini giunti da tante parti per quest’occasione e ai sacerdoti che li accompagnano. A tutti e a ciascuno ho il piacere di trasmettere il saluto e la benedizione del Santo Padre, il quale, unito spiritualmente a noi, ci chiede di affidare a Maria le sue intenzioni, le intenzioni della Chiesa, i problemi del mondo intero.

Papa Benedetto XVI, come ha ripetuto sabato scorso nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, ci invita, con la recita del Rosario, a ricorrere a Maria,  la Stella della speranza che guida le sorti dell’umanità. A conclusione della Santa Messa, eleveremo a Lei, alla Regina gloriosa del Rosario, la solenne “Supplica”, che costituisce un vero “atto di amore”, come ebbe a definire il beato Bartolo Longo questa dolce e forte invocazione mariana.

Ed infine, nell’imminenza della solennità della Pentecoste, che celebreremo domenica prossima, quest’invocazione a Maria diviene ancor più coinvolgente. La prima lettura, che è proprio l’inizio del libro degli Atti degli Apostoli, ci ha riproposto l’icona vivente degli Apostoli “assidui e concordi nella preghiera con Maria”. 

“Assiduità e concordia nella preghiera”. Come abbiamo visto, questo Santuario offre ai pellegrini la possibilità di una preghiera assidua e devota. Tuttavia non bisogna dimenticare che per l’efficacia della preghiera è necessaria la concordia alimentata dalla fiamma viva della carità che converte i cuori e consuma le discordie, piccole o grandi; che apre al dialogo e alla comprensione reciproca; che disarma gli animi da ogni violenza e costruisce ponti di pace fra gli uomini. Una vera cultura della pace non penetra nelle profondità del cuore umano se non attraverso gesti umili e quotidiani di carità, di bontà, di perdono, prima che attraverso gli obiettivi diplomatici e politici.

Facciamo in modo che la nostra preghiera assidua e concorde salga al cielo come in una cordata, tenuta salda dalle mani di Maria, Regina della pace e del perdono, che annoda le necessità di ciascuno (necessità di conversione a Dio; necessità fisiche, economiche, morali, ecc.) e porta benefici estensibili a tutti, perché tutti siamo un solo corpo in Cristo; una sola famiglia, un solo popolo cristiano.

Si, preghiamo perché, per intercessione della Madonna del Rosario, la Chiesa tutta, e in particolare la Chiesa che è a Pompei, possa sperimentare una rinnovata effusione dei doni dello Spirito Santo, grazie ai quali possiamo diventare coraggiosi testimoni e collaboratori di Dio nella realizzazione delle “grandi opere” del suo amore (cfr. Colletta).

 

 

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